Il cacciatore di aquiloni

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"Il cacciatore di aquiloni" di Khaled Hosseini è un romanzo che racconta la storia di due amici, Amir e Hassan, che crescono insieme nella Kabul degli anni '70. La loro amicizia viene messa alla prova dai conflitti etnici e politici che agitano l'Afghanistan e dalla loro posizione sociale diversa. Il romanzo esplora temi come l'amicizia, la colpa, il perdono e la redenzione attraverso la voce narrante di Amir, che cerca di affrontare il suo passato e trovare una forma di redenzione per i suoi errori. "Il cacciatore di aquiloni" è un libro commovente e potente che offre un'immagine intensa dell'Afghanistan e della vita dei suoi abitanti.

 

Dire che questo libro mi ha cambiato la vita forse sembrerà esagerato. Ma se non mi ha cambiato la vita, mi ha comunque aperto gli occhi, forse molto brutalmente, relativamente ad alcune realtà odierne e non, su cui alle volte si tace, per paura, per sgomento, per orrore.

"Il cacciatore di aquiloni" è stato un libro che, ad eccezione di tutti gli altri, ho letto da subito e in ben quattro giorni. Non dovrebbe stupire, se non che il volume del tomo si aggira intorno alle 390 pagine. E infatti non c’è alcun motivo per rimanere a bocca aperta: è scorrevole e piacevole.

Il libro è così appassionante che non è affatto pesante da leggere; frasi brevi, comprensibili, nessun periodo eccessivamente lungo nella composizione, nessun rigiro di parole. Solo tanta semplicità, e tanto contenuto informativo ed emotivo.


L’autore Khaled Hosseini, infatti, è riuscito completamente a farmi capire quanto siano sbagliati gli stereotipi attuali che i media ci forniscono in merito all’Afghanistan. Il modo in cui noi lo vediamo oggi, infatti, non corrisponde affatto a com’era sino a una ventina di anni fa, e Khaled, attraverso le storie di Amir e Hassan, lo illustra in modo chiaro, senza banalità.
Per Amir, protagonista della storia, narratore in prima persona, l’Afghanistan era il luogo accogliente della fanciullezza, fatto di naan, di polpette di carne, di piccole lotte tra ragazzini, giornate passate con Hassan a raccontarsi storie fantastiche … un Paese come tutti quelli sereni, dove i ricordi di una infanzia tranquilla e felice si intrecciano con scadenze e ricorrenze religiose, e la famosa gara degli aquiloni.
In una rigida giornata d’inverno, però, tutto cambierà. L’innocenza sarà violata da un infido gesto, riprovevole, terribile, che purtroppo ha come destinatario Hassan, il migliore amico di Amir. Da quel momento, in cui il timore ha la meglio e tiene chiusa la bocca di quest’ultimo su quanto ha visto, la vita non sarà più la stessa, la vittoria alla gara degli aquiloni non la sentirà mai come meritata, e soprattutto il senso di colpa addenterà per molti anni avanti il cuore di Amir.
Il riscatto per la propria anima, il desiderio di riparare, faranno continuamente parte della vita di Amir, anche quando si lascerà alle spalle un Afghanistan ormai travagliato dalle ingiustizie e dalle guerre, scappando con suo padre a San Francisco, e anche quando si sposerà con Soraya, la donna della sua vita.
L’occasione per rimediare al più grave errore della sua esistenza gli si presenterà, come una mano tesa ad accettare una nuova amicizia: si ritroverà a tornare nella ormai cambiata Kabul, per salvare la vita di un bambino, rischiando la sua, e non per un piccolo qualunque, ma per il figlio di Hassan. Le vicissitudini vedono Amir, ormai uomo, sopraffare la sua paura di morire, e ora non si tira più indietro, non tace più su quella scia di sangue, vergogna e squallore lasciata da quegli uomini sporchi nell’anima. La sofferenza fisica sarà per lui quasi contentezza, espiazione di quel terribile rimorso e senso di colpa risalente ad anni e anni prima.

Leggendo questo libro ho pianto, perché vedersi sbattute in faccia certe sofferenze, certi soprusi e certe violenze è qualcosa di molto profondo, che non ti permette di andare oltre quella pagina senza prima provare un senso di disgusto e di vergogna per quelle azioni umane. Mi sono sentita molto colpita, e tutto ciò che è riportato in questo splendido romanzo mi ha impedito di continuare ad avere un visione dell’Afghanistan tipica dell’occidentale impaurito – a causa dei fatti, a causa dei media - da quel mondo.
Ho scoperto un territorio violato, così come le sue persone umili e semplici. Ho scoperto di aver preso coscienza di quanto nel mondo c’è di sbagliato, anche nelle ideologie, nei pensieri verso l’altro, nel tapparsi gli occhi, nel girare la testa dall’altra parte, nei pregiudizi.


Nessuna morale di fine storia nel libro, ma solo fatti solo quali sono. Via il velo quindi; urterà in modo tagliente la sensibilità, ma proprio per questo permetterà, a quanti lo leggeranno, a quanti faranno proprie quelle storie e quelle emozioni, di lasciare da parte ovvie considerazioni dettate da un mondo troppo spesso superficiale. Non esiste nessuna religione, nessuna lingua e nessun colore di pelle che possa differenziarci nella sofferenza fisica, nell’omicidio dello spirito di purezza infantile. Troverete solo la realtà, così com’è. Una amara verità cui, forse, è concessa un po’ di speranza.

Articolo di Luana Donetti per Informagiovani Italia

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