Duomo di San Gimignano

Duomo di San Gimignano

 

Il Duomo di San Gimignano, dedicato a Santa Maria Assunta, o Chiesa Collegiata, sorge sul lato ovest dell'omonima piazza del Duomo. Ricordiamo che una "Collegiata" è, nella tradizione della Chiesa cattolica, una chiesa di una certa importanza, pur non essendo sede vescovile (e perciò non ha il titolo di cattedrale), vi è istituito un collegio o capitolo di canonici. Questo bellissimo monumento dell'architettura romanica in Toscana è da sempre il fulcro della cristianità città.

Collegiata San Gimignano EsternoL'importanza di questa collegiata fu sancita nel tempo da "bolle" papali e vescovili che riconoscevano i privilegi dei capitolo dei canonici retto dal Proposto, e cioè la supremazia su molte chiese del circondario, il diritto di raccogliere le decime e il permesso, per il capitolo, di eleggere da solo il Preposto o di infliggere scomuniche e chi avesse ignorato o contravvenuto queste regole.

Collegiata San Gimignano Affresco Santa FinaLa Chiesa fu consacrata, secondo la tradizione, dal Papa Eugenio III nel 1148. Il documento di questo evento sembra essere andato perduto nell'incendio della sacrestia alla fine del quattrocento, ma il fatto che era stato dipinto, come del resto è successo per altri avvenimenti, sulla facciata della chiesa stessa. Fino all'anno 1336, i cappellani, i chierici, i canonici facevano vita in comune (i locali dell'antico dormitorio sono oggi occupati dal Museo d'Arte Sacra) ed erano sempre numerosi. Una statistica del 1742, per esempio ci informa, che erano presenti in città 235 religiosi su un totale di 1308 abitanti. Chi si voleva confessare non aveva scuse.

Collegiata San Gimignano EsternoLa chiesa fu dedicata a Santa Maria Assunta durante la sua seconda solenne consacrazione del 1575, dopo i lavori di ampliamento: fino a quel momento era stata sotto la protezione di San Gimignano, vescovo di Modena, che si festeggiava il 31 gennaio, come era stato stabilito già dagli statuti del 1255. L'architettura della basilica rispecchia stili diversi (romanico-gotico, quattrocentesco, neoclassico) che, anche se sovrapposti e accostati nel corso di numerosi rifacimenti e restauri, non sciupano l'armonia complessiva.

Collegiata San Gimignano esternoQuesta non fu la prima pieve Sangeminese. La più antica si trovava in località Camporeccia, fuori fuori dalle mura, vicino alla fonte di Pietratonda ed era dedicata a San Nicolò. Secondo le fonti questa sorgeva dove più tardi fu fondato l'Ospedale degli Innocenti. Trasferita la pieve dentro le mura, essa ebbe per diverso tempo l'aspetto di un semplice oratorio, come si nota nell'abside rivolta a est, che troviamo appena entrati in chiesa, fra le due porte, è venuta la luce con il restauro del 1958.

Ossequi a Santa Fina morente - GhirlandaioLa modifica fu dovuta alla necessità di consentire l'ingresso ai fedeli della Via Francigena che era la via di transito e al mutato assetto politico religioso maturatosi con il progressivo consolidarsi del libero comune. La pieve che sostituì l'oratorio fu romanica a pianta basilicale, a tre navate con colonne in pietra e capitelli di forme diverse. Nel 1239 Matteo Brunisend costruì la facciata, a due porte, forse per rispettare la piccola abside originaria. Il piano di accesso sotto gli scalini che degradano dai portali d'accesso è asimmetrico. La scalinata sottostante fu giunto nel 1299 da Ranieri da Colle e lavorata con pietrame di Castelvecchio, ma rifatta più volte nei secoli successivi.

Collegiata San Gimignano - Navata destraIn origine le porte erano più strette, poi ampliate inserendo mattoni negli stipiti, mentre si rialzavano le navate laterali nel XIV e XV secolo. In quest'epoca la facciata e veniva dipinta con scene di vita cittadina che la comunità doveva per motivi diversi tenere presente. Nel 1818 fu stuccato e ridipinta di grandi quadri dal pittore locale Tommaso Baldini, ma nel 1896 fu ripristinato il suo aspetto originale.

Urna di Santa Fina nella cappella omonimaAll'interno, nel secolo XIII, furono compiuti lavori di rialzamento delle navate, si aprirono finestre monofore della navata di mezzo, si decorarono in cotto i muri perimetrali sotto il tetto. Nel 1314 gli Statuti parlano ancora di nuovi ritocchi ai coro nuovo, di pitture, del colonnato e degli ornamenti del tetto, dell'esistenza del transetto e delle scale, di forma curvilinea, (come recenti restauri hanno confermato) per salire al presbitero. Dalle porta destra entravano e uscivano le donne, da quella a sinistra gli uomini.

Nel 1327 la Chiesa aveva già subito modifiche negli archi e nelle volte che sono gotiche; nel 1333 ebbe una volta reale e furono chiuse le finestre della navata centrale, riaperte poi nel 1465.  Anche le finestre sulle pareti laterali nel corso del trecento furono chiuse e di li a poco ospitarono quella serie mirabile di affreschi che fanno della collegiata di San Gimignano un museo pressoché ineguagliabile.

Collegiata San GimignanoFino all'anno 1462 la Chiesa aveva una cappella di ogni colonna, affidato ad un santo protettore: gli altari erano 21 il Fonte Battesimale del 1257, che da Nicoletto da Poggibonsi aveva collocato tra la quarta e la quinta colonna di sinistra, era stato sostituito nel 1379 del Fonte di Giovanni di Cecco, dove il neonato veniva battezzato solo per "abluzione" anziché per" immersione" come avveniva nel precedente.

Duomo di San Gimignano - Navata destraNel 1458, Comune e Chiesa, d'accordo, deliberarono di togliere di mezzo gli altari della navata destra, affinché la chiesa apparisse più bella e più ampia. Giovanni Di Taddeo Braccieri ebbe l'incarico di provvedere, cosicché nel 1430, tutti gli laterali furono trasferiti nella crociera, le cui dimensioni erano quasi uguali alla chiesa della base. Solo sul finire del quattrocento sotto Onofrio di Pietro Vanni operaio della pieve (il cui sarcofago, già a San Domenico, si trova pure alla sinistra dell'altare maggiore) fui innalzato il coro e fu allargato il transetto includendovi una torre che diventerà poi il campanile.

In questo periodo fu distrutta la Sacrestia, detta del Campanile, a destra e rimase perciò in uso soltanto quella attuale costruito nel 1427 a sinistra, fra il chiostro e il transetto. Gli architetti che collaborarono a questi lavori furono quasi tutti fiorentini, e i più importanti furono senza dubbio i due fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano. Giuliano nel 1466 venne a San Gimignano a fare il disegno della nuova pieve e a risolvere i problemi architettonici che questi rifacimenti comportavano. Insieme a Benedetto sistemò l'altare maggiore con il suo ciborio sostenuti da angeli, che sostituiva il precedente in pietra ma che a sua volta fu poi rifatto nel XVII e XVIII secolo con due successivi interventi

Cappella di Santa Fina

Cappella di Santa Fina - Collegiata San GimignanoL'opera più notevole dei due fratelli fiorentini Giuliano e Benedetto da Maiano resta comunque la Cappella di Santa Fina, costruita nella navata destra ai piedi del transetto. La cappella di Santa Fina è uno splendido esempio di arte rinascimentale: il disegno della cappella fu opera di Giuliano da Maiano che ne era stato incaricato dall'Opera del Duomo per una spesa di  "11 lire e sei soldi" nel 1458. Ma soltanto nel 1468 il lavoro fu compiuto. Vent'anni più tardi, sistemati tutti i lavori nella cappella, Nicolò vescovo di Pistoia venne a consacrarla, dopo avere collocato in un'urna di marmo le reliquie della santa (al secolo Fina dei Ciardi che nacque a San Gimignano nel 1238 e morì qui nel 1253). L'altare invece fu opera di Benedetto che l'abbellì con una serie di formelle a bassorilievo in cui sono stati scolpiti episodi della vita della fanciulla: i fregi in oro rendono luminoso in marmo di Carrara; gli angeli, i candelabri, le testine alate, i calici, sullo sfondo rosso del padiglione circondato da finti panneggi marmorei, coronano l'urna. Sopra l'altare due distici scritti da Giovanni Battista Valentini detto Cantalicio, maestro di grammatica nel 1475, invitano a soffermarsi davanti a quest'opera mirabile che ricorda una vita altrettanto mirabile. Anche questo altare subì modifiche, quando le ossa della santa, riunite in una cassa di legno dall'intagliatore fiorentino Antonio Noferi (l'autore del crocifisso sopra l'altare maggiore) nel 1738 furono deposte nella cappella.

Cappella di Santa Fina - Collegiata San Gimignano esternoLe storie della santa sono opera di Domenico Ghirlandaio e dei suoi aiuti, il fratello David e cognato Sebastiano Mainardi, i cui ritratti si scorgono tra le figure dei personaggi che assistono al funerale (sono le tre persone dietro il vescovo e il chierichetto, alla sinistra di chi guarda). Sulla parete destra, San Gregorio predica a Fina la sua morte, il 12 marzo. La fanciulla sta distesa su una tavola di quercia (il cui originale si conserva nella cappella dell'ospedale a lei dedicato) e, assistita dalla sua Cappella di Santa Fina - Collegiata San Gimignanonutrice Beldia e da una vicina, aspetta il trapasso. L'armoniosa proporzione dell'insieme appare tuttavia ridotto dalla pesante corposità del mezzobusto di San Gregorio Papa, sospeso nell'aria in un angolo della stanza la quale, benché piccola appare col suo aspetto quattrocentesco, molto ariosa, abbellita da una cassapanca e da un piatto bronzeo, come ne erano prodotti a Dinant in Belgio, la cui figurazione in dipinti del XIV secolo è assai rara, specie quando l'ambiente rappresentato non è patrizio.

Nella parete sinistra le esequie della Santa ci riportano all'atmosfera pubblica della partecipazione del popolo all'avvenimento, costellato di miracoli la restituzione della vista al chierichetto, l'uso della mano ridato alla nutrice, il suono improvviso delle campane mosse dagli angeli, il fiorire delle Cappella di Santa Finaviole sulle torri. Figure dall'aspetto altero solenne seguono la cerimonia; mentre, sullo sfondo, l'immagine della città ci consente di rivederla com'era, col suo campanile ancora cuspidato, al tempo del Ghirlandaio. Tutto l'affresco, interamente opera di questo grande pittore, conferma i canoni dell'arte che lui esprime, attraverso le composizioni, la predilezione per il documento e da imminenza di un'epoca.

Le volte della cappella, affrescate con santi profeti, sono opera del Mainardi e sono state dipinte più volte e anche malamente, poi riportate nel 1975 ha una policromia in azzurro e rosso cupo. I pancali in legno intarsiato sono opera di Bartolomeo da Colle del 1482; la cancellata e moderna e pavimento in origine era in progetti di valenza in terracotta a fiorami, maiolicato, di forma esagonale, il cui solo esemplare rimasto si trova al Museo di Arte Sacra.

La navata sinistra

Navata Sinistra - Collegiata Santa Maria Assunta San GimignanoLa prima serie di riquadri inizia con la "Cacciata dal Paradiso terrestre", parte restaurata tempera nel XVII secolo e poi staccata. Questa serie appare in molti tratti sciupata nella serie inferiore invece, troviamo le Storie della vita di Giuseppe, Mosé e Giobbe. Manca, perché staccato, il primo affresco di questa sede, sciupato dal restauro malamente eseguito, che rappresentava "L'arresto dei fratelli per ordine di Giuseppe". Tutta l'opera di Bartolo di Fredi (vissuto tra il 1330 e il 1410) è un affascinante scenario cromatico, dipinto con ricchezza di particolari e con un senso già pieno dei primi piani e dei fondi, con indugi sulla descrizione di usanze che naturalmente ci riportano a suo tempo e ci danno un'immagine assai chiara e accurata delle abitudini dell'epoca come, ad esempio, si nota nelle scene del convitto, le figure sono ancora un po' rigide, ma l'effetto delle masse e notevole perché nei dipinti di Bartolo ciò che colpisce è la semplicità e la verità del disegno.  Nella stessa navata sinistra, di fronte al Vecchio testamento, sono dipinte sette figure di profeti: una di esse, quella di Abramo, è attribuita a Benozzo Gozzoli, le altre al Pier Francesco Fiorentino, decoratore anche della navata centrale

La navata centrale

Navata centrale - Collegiata San GimignanoSopra il portale appaiono alcune tracce di affreschi che sembrano potersi attribuire a Memmo di Filipuccio: rappresentano "Storie di San Nicola" e "Santa Caterina". Lungo le pareti, Bartolo di Fredi dipinse le "Storie del Vecchio testamento", in doppia fila di riquadri in una serie di lunette nella parte superiore. Non tutti gli affreschi eseguiti intorno al 1365 sono oggi visibili: alcuni furono rovinati da un restauro approssimativo effettuato nel 1745 da Bartolomeo Luminari; otto riquadri e due lunette furono sacrificati alla costruzione della cantoria scolpita nel 1467 dal Rossellino, nonché della Cappella della Concezione del 1477 e dell'organo, rinnovato nel 1501, per 60 fiorini d'oro, da pratese Pietro Donati. Sotto ciascun episodio Bartolo di Fredi lasciò il titolo.

Navata destra - Duomo di San GimignanoLa navata centrale e sostenuta da archi appoggiati su colonne e capitelli riportati al loro primitivo aspetto dopo essere stati liberati dall'intonaco. Sugli archi sui muri sovrastanti appare invece perfino troppo indulgente il gusto verso la decorazione in finti marmi, in bianco e nero e festoni di foglie, a putti alati in movenze varie, a tondi su motivi di conchiglia con figure di apostoli a chiaroscuro. Gli autori furono il Maestro Alessandro e Pier Francesco Fiorentino eseguiti tra il 1475 e il 1476.

Ultima cena - Navata Centrale - Duomo di San GimignanoLe volte tutte in azzurro punteggiato di stelle di foglie ornamentali sono del Cambi, del 1203. Sull'arcata sopra il presbiterio, l'esecuzione di un tondo con il Cristo uscente da sepolcro è attribuita a Sebastiano Mainardi, che nel 1501 dipinse anche la volta sopra l'altare maggiore. Sulla destra della navata centrale collocato il pulpito in legno intarsiato costruito da Antonio da Colle nel 1469. Da qui i predicatori parlavano al popolo durante i quaresimali e per le feste solenni di San Gimignano Santa fina: vi parlò anche il famoso predicatore di Ferrara Girolamo Savonarola nel 1483 e nel 1884 è, un secolo dopo, quello che sarà il Papa con il nome di Sisto V. Sulla quarta colonna sinistra un'antica iscrizione ricorda la prima collocazione del fonte battesimale. La parte superiore della navata centrale, fra le due porte d'ingresso, e delle due prime arcate di destra di sinistra, è stata affrescata da Taddeo di Bartolo alla fine del XIV secolo, o più probabilmente secondo gli ultimi studi, ai primi del quattrocento. Gli affreschi appaiono firmati; è illeggibile invece la data esatta. In questa vasta composizione la fantasia di pittore si sbizzarrisce e si esalta seconda del soggetto trattato. Al centro, il Cristo Giudice sta seduto in trono con atteggiamento di condanna nei confronti dei reprobi, circondato dalle gerarchie angeliche, della madre e la San Giovanni.

Sebastiano Mainardi - Collegiata San GimignanoI 12 apostoli stanno seduti nella parte centrale, composti solenni. L'iconografia del Giudizio rispetta il soggetto tipico dei sermoni penitenziali, molto diffusi in quel tempo, sull'esempio offerto da Jacopo Passavanti. Sull'arcata di destra si trova il Paradiso con la Madonna Cristo e i santi in gloria, in una composizione ordinata e ricca di particolari. Lucifero impera su una schiera di demoni feroci che straziano i dannati e li seviziano nella parete di sinistra in cui è raffigurato l'inferno. Le pene sono sottolineate da scritte, esempio quasi unico dell'arte di quell'epoca, e i dannati sono disposti a caso: ma, terribile a vedersi, dovevano servire a dare al popolo l'immagine della punizione divina promessa dai frati predicatori ai peccatori. Tutta la parete centrale, sopra l'abside primitiva, è occupata, sotto l'opera di Taddeo di Bartolo, da un affresco rappresentante il "Martirio di San Sebastiano".   L'opera fu commissionata a Benozzo Gozzoli per 41 lire,  nel 1464, in ringraziamento per la cessata pestilenza che aveva colpito la città. In questa composizione troneggia Benozzo Gozzoli - Martirio San Sebastiano - Duomo di San GimignanoSan Sebastiano, su un piedistallo, nella sua consueta immagine: ferito da più frecce, con le mani legate dietro la schiena; ma l'insieme è arricchito da numerose altre figure partecipante al supplizio, mentre sul capo del martire quattro angeli sostengono la corona gli porgono la palma, simbolo dei martiri della Chiesa.

Sui basamenti intorno al quadro del "martirio" una ricca composizione di foglie e di ornati si alterna ai gusti e alle figure interne dei santi Gimignano, Rosa, Fina, Nicola, Domenico ed altri, via via interrotti dagli stemmi del Comune, dell'opera e delle confraternite che si fecero interpreti della devozione del popolo. Questo San Sebastiano fece scomparire l'affresco preesistente che secondo gli storici locali e rappresentava una annunciazione di Ventura di Moro nel 1427. Probabilmente però Ventura si limitò a decorare a fregi e pitture la parete interna della facciata Sculture Jacopo della Quercia - Duono di San Gimignanosoltanto perché ha il sontuoso scenario ad un'altra annunciazione, quella espressa singolarmente delle due splendide statue lignee che ancora oggi si ammirano.

Se sul piedistallo dell'annunciata si era già letto "Martinus Bartolomei" de Senis 1426, sull'altro, più volte ridipinto non appariva alcun nome: perciò Angelo e Madonna furono a lungo ritenuti soltanto opere lignee di una scuola senese del quattrocento. Ma già in un libro della collegiata del 1754 appariva che l'opera era stata eseguita dal maestro Jacopo della fonte da Siena, nome con il quale era notoriamente conosciuto Jacopo della Quercia, autore della Fonte Gaia di Piazza del Campo a Siena e del Monumento Funebre a Ilaria del Carretto nel Duomo di San Martino a Lucca. e del portale della Basilica di San Petronio a Bologna. L'ultimo restauro ha confermato la notizia: sul piedistallo dell'Angelo si legge "Jacopbus Pieri Sculpsit". Le due statue appaiono di grande potenza plastica di armoniosa bellezza, specialmente dopo il restauro avvenuto nel 1975.

Storie del nuovo testamento - Barna da Siena - Duono di San GimignanoSulla navata destra si presentano i motivi decorativi tipici della tradizione cristiana (pavoni per esempio, simbolo dell'anima) e figure di santi sui pilastri. Sul fianco sinistro della porta si trovava una Santa Fina, in cui si riscontrano le caratteristiche dell'arte di Memmo di Filippuccio. Lungo le pareti, in tre ordini sovrapposti (uno di lunette e due di riquadri) è affrescata tutta la storia del nuovo testamento, attribuita non senza dubbi e polemiche sulla reale esistenza di questo pittore, a Barna da Siena. Il ciclo di affreschi si fa risalire intorno agli anni 1340 e sarebbe stato ultimato, in seguito alla caduta dal palco di Barna, dal suo allievo ed aiuto Giovanni da Asciano, a cui si attribuiscono alcuni dei riquadri di questa parete, dove le figure più rigide o le proporzioni sono meno curate. La prima lunetta raffigura l'Annunciazione dell'opera pregevolissima: di straordinaria vivacità è la figura della serva che ascolta dietro la porta l'annuncio dell'angelo a Maria. Gli episodi di queste lunette sono uno specchio fedele delle scene riguardanti argomenti religiosi chiamate "misteri", che venivano rappresentati nelle chiese del medioevo.

Tutte le storie dell'infanzia di Gesù, la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al tempio, la Strage degli innocenti, la Fuga in Egitto anche quanto sciupata, occupano la parte alta della parete. Sotto le lunette, le storie della vita pubblica di Gesù appaiono sull'intera navata destra è, benché migliorate da pittori giudicati oggi senza alcun dubbio mediocri del 700. Tuttavia conservano ancora un loro fascino particolarmente evidente nella grande "crocifissione" che prende vigore e forza persuasiva dalla molteplicità delle figure che circondano il Cristo e che diventa un quadro a sé nella ricchezza del particolare e nella sostanza del significato. Vediamo dunque nella zona centrale:

  • Gesù fra i dottori, episodio raffigurato con uno straordinario senso del movimento, nelle persone e nei panneggi e con una notevole visione prospettica;

  • Il battesimo di Gesù e Pietro viene scelto come pastore di anime dove si può notare qualche somiglianza con la scuola luce esca senese.

Navata Centrale - Duomo di San GimignanoSuccessivamente vediamo: Le nozze di Canaan che sembrano essere una delle fatiche di Giovanni da Asciano, fatta eccezione per la testa di Cristo che sicuramente di un'altra mano più raffinata; la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, dove gli apostoli sono opera sempre di Giovanni da Asciano; così pure sembra essere tutta opera sua l'episodio seguente raffigurante la Resurrezione di Lazzaro, dove l'espressione estatica, il disegno dei piedi e la composizione per fasce orizzontali è senz'altro rivelatrice dell'impronta dell'allievo del Barna. È  fatica comune dei due pittori invece l'Ingresso di Gesù a Gerusalemme che occupa due riquadri.

Nella zona inferiore c'è tutta la storia della Passione, dall'Ultima cena al Tradimento di Giuda, curato dal Barna nei suoi particolari, dove l'angoscia dell'apostolo venduto al sinedrio si rivela nella tensione del volto e nella composizione raccolta intorno alla figura di lui, quasi prologo della passione intera, fino alla grande crocifissione, uno dei quali più drammatici, purtroppo danneggiato dalle cannonate della Seconda Guerra Mondiale, nel 1944. Alla spesa di questi lavori contribuì l'Opera del Duomo e forse anche l'Arte della Lana, come si può ricavare dagli stemmi visibili nel fregio periferico degli affreschi. Nelle lunette di contro al nuovo testamento, i profeti col cartiglio sono attribuiti al Barna, mentre appare opera di Nicolò di Segna nel 1327, la Predizione di San Gregorio Papa a Santa Fina.

Transetto e Coro

Il transetto appare asimmetrico con la parte destra più corta della sinistra: vi si aprono le cappelle e gli altari, dedicati a Dio, o alla Madonna o ai santi, costruiti per volontà di una famiglia o di un particolare personaggio con lasciti o offerte.  A destra si trova l'altare in stucchi dedicato al Santissimo Sacramento, con una pala d'altare rappresentante la "Cena di Gesù a Emmaus", opera di Gaetano Cannicci padre del più famoso Nicolò, del 1838.

Nella successiva Cappella del Crocifisso, un altare in legno e tabernacolo, ha al centro un Cristo in rilievo e ai lati le figure dipinte della Madonna e San Giovanni, e opera del cinquecento che fu portata nella collegiata dalla soppressa Chiesa di San Martino. La terza cappella è quella delle reliquie e vi si conservano resti della croce e di santi. In stile tutto settecentesco, quest'ultima mal si accorda con il resto della chiesa.

A sinistra ci sono la Cappella dedicata a San Gimignano col suo reliquiario, che ha il baldacchino in marmo, opera di Benedetto da Maiano, mentre le sovrastrutture sono di epoca più tarda, e la Cappella del Sacro Cuore con altare in legno dorato che proviene dal Convento di San Domenico. L'altare della purificazione risale al XVII secolo: la grande pala centinata già attribuita a Bernardino Pocetti e invece opera di Nicola Lapi; la balaustra in mano apparteneva alla cappella di Santa Fipna: tutte queste opere sono del sei settecento e sono testimonianza di una devozione assai viva che si manifestava con offerte alla chiesa e commissioni agli artisti, anche se era evidente la decadenza economica pubblica e privata. Gli stalli del coro, che portano la data 1490 e il leggio su colonna attorno a tortiglione a base irregolare sono opere di Antonio da Colle maestro legnaiolo

Sacrestie

Deposizione della Croce - Passignano - Duono di San GimignanoDal transetto sinistro si passa alla stanza del lavabo, nella sacrestia vera e propria detta Stanza dei Cappellani e nella Sacrestia dei Canonici, dove sono conservate opere di autori meno conosciuti perché non appartenente al periodo della massima fioritura artistica di San Gimignano. Sono da ricordare una "Discesa limbo" su tela di Matteo Rosselli, una "Deposizione" su tavola di quercia che proviene dal soppresso Convento di Santa Maria Maddalena, attribuita a Jacopo Ligozzi e una seconda "Deposizione" di Domenico Crespi, detto il Passignano. Identificato è anche l'autore di una "Incoronazione della Vergine" rimasta a lungo senza paternità: si tratta di un lavoro di Matteo Rosselli, contemporanea del Passignano, al quale alcuni sono ancora inclini ad attribuire la paternità dell'opera, dipinta su tavola, che proviene dal soppresso Convento della Vergine Maria. Interessante per la leggenda che vi si rappresenta è la tela che porta il titolo di "Fuga di Attila", episodio al quale si fa risalire l'origine della città. Per onorare il vescovo di Modena apparse improvvisamente al re barbaro sopra la porta delle fonti. Fin dal 1342 è stata in questo luogo collocata la statua del Santo si trova ora sull'arco di accesso alla Piazza Pecori, a fianco della facciata del Duomo, dove fu portata nel 1930.

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