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De Amicis: la nascita del libro Cuore
Edmondo De Amicis,
conosciuto universalmente per il suo libro Cuore, nacque a Oneglia (uno dei
9 comuni che insieme a Porto Maurizio unendosi avrebbero
dato vita a
Imperia)
il 21 Ottobre 1846 e morì a Bordighera l'11
Marzo 1908. Dopo aver intrapreso la carriera militare,
l'abbandonò per dedicarsi al giornalismo quando i suoi
bozzetti sulla rivista L'Italia militare, di cui era
direttore, raccolti in volume, fecero di lui uno
scrittore popolarissimo.
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Corrispondente
della Nazione, nel 1870 partecipò alla Presa di Roma. Si stabili poi a
Torino,
dove condusse vita ritirata dedicandosi a una serie di libri
di ispirazione socialista che trattavano i problemi e le
miserie della gente semplice, morì a Bordighera nella
notte tra il 10 e l'11 Marzo del 1908, in una casa chiamata
Casa Coraggio aperta anni prima da un inglese. Nella
città ligure lo scrittore passò gli ultimi tre inverni della
sua vita e in quella casa scrisse alcuni racconti ambientati
proprio a Bordighera. Brani dei quali si è persa ogni
traccia. Lo scrittore spirò in una delle camere dell'ultimo
piano in quello che in seguito divenne l'Hotel de la Reine,
quindi condomino privato. Era vecchio, ammalato. Se ne andò
in silenzio nel cuore della notte. La governante lo trovò a
letto, senza vita. Un medico imputò il decesso agli
acciacchi dell'età.
I
suoi primi libri, che raccoglievano le sue impressioni di
viaggio, ebbero tutti immediato consenso. In Giappone è
divenuto libro di testo per le elementari entrando
nell'immaginario di un paese culturalmente molto distante da
noi. Scrisse il suo romanzo più famoso di getto, in soli due
mesi, e in una lettera all'amico editore
Emilio Treves spiegò come gli era venuto, in mente
quel "libro per bambini". I bambini di ogni classe sociale
li aveva conosciuti vivendo la vita dei figli, Furio
e
Ugo. E l'idea gli fu suggerita proprio da un atto di
gentilezza di Ugo nei confronti di un compagno di scuola:
"L'ispirazione mi nacque in un lampo. Un giorno, il primo
gennaio 1886, stavo aspettando il mio bambino che vidi
uscire dal portone della scuola con un suo compagno
poveramente vestito, figlio di un fabbro. Il mio piccolo Ugo
fece una carezza al suo compagno, ch'era più giovane di lui;
dolcemente gli passò la manina sotto il mento, e l'altro
sorrise... Fu per me come se una folgore avesse brillato
abbacinandomi gli occhi. L'immagine della fraternità umana
annunziata dalla voce dell'infanzia! L'idea del libro
divenne immediatamente una volontà precisa del mio spirito,
un bisogno tenace di tutto il mio essere. Mi misi subito al
lavoro, mi vi sprofondai perdutamente".
Il 16 febbraio in un'altra lettera a Treves De Amicis
scrisse: "Sono in una corrente d'entusiasmo che mi
trasporta. Non ho più pensiero né affetto che non sia per
Cuore; i capitoli si succedono ai capitoli". L'ambiente
in cui maturò quel libro scritto con foga e destinato a far
piangere intere generazioni, e che ancor oggi offre spunto a
polemiche sulla sua validità morale ed educativa, era una
città che si preparava ad illuminare elettricamente via Roma
a Torino, si interessava alla formazione pezzo per pezzo del
monumento a
Vittorio Emanuele II, giocava a scacchi con l'ardore
che si confà a una sfida in campo ("quattro giorni di
combattimento con dieci ore di fuoco al giorno"),
profumava le sue donne con "Fior di mazzo di nozze che
imbellisce la carnagione".
Nelle elementari femminili di via Accademia Albertina si
distribuivano in premio alle allieve grembiuli, vestiti e
cappelli e sul pubblico passeggio, in piazza Vittorio
Emanuele e in piazza Castello, si tenevano concerti. Ma ciò
di cui più s'infervorava la gente era il carnevale che si
preparava a risorgere non più come "pubblica gazzarra a
beneficio dei locandieri e dei bettolai", ma come
"carnevale d'onore" con congresso di maschere che avrebbe
"rotto la monotonia cittadina". Mano dunque alla borsa e
apriamo una sottoscrizione per Gianduia redivivo.
Nella Gazzetta piemontese, antesignana de La Stampa (5
centesimi la copia, titoli tutti a una colonna), l'onore
della prima pagina era dedicata ai pompieri di cento comuni
che si sono riuniti a congresso a
Roma.
Le pagine dei giornali sono dedicate ai collegi, ai
candidati, ai "movimenti elettorali", sino a che ,
dopo il 23 maggio, si può finalmente tirare il fiato: "La
battaglia è finita e ormai possiamo contare il numero dei
vincitori e dei vinti. Prima di tutto una parola sui caduti".
Ma per il buon padre-scrittore, maggio è soltanto il mese in
cui ha finito il libro e ne dirama notizia a tutti gli
amici: "In questo momento a mezzanotte ho finito il mio
libro per bambini Ah, vedranno i fabbricanti di libri dì
scuola come si parla ai bambini poveri!". Treves manda
subito il manoscritto alle stampe e già dal 15 ottobre,
prima che si inizino le scuole, Cuore è nelle
vetrine. I giornali furono quasi tutti prodighi di elogi e
in due mesi se ne vendettero 41 edizioni, mille volumi al
giorno. Cuore
ebbe il pregio di essere una lucida opera di storia di quel
presente; un racconto costruito abilmente sull'unità di
tempo (dieci mesi), di luogo (una scuola), di personaggio
(un ragazzo e il suo diario) ma che comunque dà una precisa
immagine di una società nel difficile equilibrio dei suoi
rapporti di classe, di ideologie, di lingua, di costume.
Cuore
fu pubblicato in tutto il mondo, diventando, come nel caso
del Giappone, libro di testo delle scuole primarie. Il
successo fu incredibile. Fu pubblicato anche negli Stati
Uniti con il titolo The Heart of a Boy. Tra i suoi
lettori ci fu anche il futuro scrittore Henry Miller, che lo
a distanza di più di ottant'anni lo ricerco e lo rilesse,
ricordandolo così: "Immaginando che The Heart of a
Boy, dovesse essere già da molto tempo fuori catalogo,
chiesi al mio buon amico Irving Stettner, editore della
rivista Stroker, di dare un'occhiata in giro per New York e
vedere se per caso riusciva ancora a trovarne una vecchia
copia. Con grande sorpresa e piacere Stettner ci riuscì e in
pochi giorni mi arrivò un'edizione inglese del 1904 con le
stesse illustrazioni che avevo visto quand'ero ragazzo.
Appena presi a leggere il libro le lacrime cominciarono a
bagnarmi gli occhi. E pensare che non avevo toccato quel
libro per quasi ottant'anni! La cosa incredibile è che il
libro ha avuto lo stesso impatto sia sull'uomo di 88 anni
che sul bambino di otto o dieci che ero una volta. (Ci sono
libri per bambini come questo al giorno d'oggi?, mi domando.
Ne dubito seriamente. Oggi i bambini di quell'età non
leggono ma guardano la televisione, non c'è nulla di più
disastroso). Ho definito Cuore un libro per ragazzi, ma in
effetti è anche un libro per adulti. Infatti ho
l'impressione che il suo messaggio fosse, e sia ancora,
rivolto agli adulti piuttosto che ai ragazzi. Prima di
andare avanti vorrei raccontare una cosa piuttosto curiosa
legata a questo libro. Lo avevo lasciato poggiato sul mio
tavolo ed era mezzo aperto quando arrivò una visita inattesa
del mio traduttore vietnamita (anche lui fuggito con i
battelli). Durante la nostra conversazione notò il libro, lo
prese ed esclamò: «L'ho letto in francese quando avevo dieci
anni, in Vietnam». E il giorno dopo mi raggiunse una
signora, una italo-svizzera cresciuta nei pressi di Locarno,
e anche lei aveva letto il libro, in italiano. Mi disse che
secondo lei era ancora oggi letto dai bambini nelle scuole
italiane. Sto scrivendo a proposito di questo libro così
poco conosciuto nella speranza che tanti possano dirmi dove
trovarne altre copie. (Voglio regalarle ad alcuni amici).
Non c'è bisogno di dirlo. Non è solo un libro sentimentale
ma anche moralistico. Ci sono i ragazzi buoni e quelli
cattivi. L'azione si svolge in Italia. ?il resoconto di un
anno scolastico (probabilmente vissuto dallo stesso autore)
in una scuola elementare. C'è patriottismo (ricordi di
Garibaldi), eroismo e scelleratezze. Ogni immaginabile tipo
di ragazzo, ricco o povero, in salute o messo male, studioso
o svogliato, pigro o strioso. Ogni capitolo è dedicato a un
«evento» che ci mostra un personaggio dietro l'altro. Su
tutto c'è tenerezza, Una grande tenerezza, come la
intenderebbe D. H. Lawrence. Il maestro è ombroso ma non
severo. Ama i suoi ragazzi e ne è riamato. Qualche volta i
ragazzi gli vengono incontro. In ogni caso, anche se sono
dei veri ragazzi (i ragazzi saranno sempre ragazzi), non
assomigliano mai agli scolari di oggi. Oggi un maestro non
solo deve conoscere bene le sue materie, ma essere anche
addestrato alle arti marziali. Egli deve vedersela,
specialmente nelle grandi città, con dei criminali in erba.
Deve tener testa a ragazzi che hanno familiarità con il
linguaggio del Tropico del Cancro e forse ne sanno anche di
peggio. Deve vedersela inoltre con ragazzini che hanno già
avuto esperienze sessuali con le loro compagne di classe.
Quando io ero un ragazzino queste situazioni erano
assolutamente sconosciute. Nessuno avrebbe mai osato alzare
una mano su un insegnante. Se accadeva di trovarsi davanti
un professóre omosessuale noi non ce ne rendevamo conto.
Eravamo noi che venivamo presi a ceffoni - a casa. Forse la
cosa più indovinata del libro è il ritratto di un piccolo
cosmo. ("The New York Review of Books").
Per capire alcuni tratti anticipatori di quello che era e
sarebbe diventata l'Italia di lì a pochi decenni basta
ricordare brani come questo, che raccontano della migrazione
dal Sud al Nord dell'Italia: "Il Direttore, dopo
aver parlato nell'orecchio al maestro, se ne uscì,
lasciandogli accanto il ragazzo, che guardava noi con quegli
occhioni neri, come spaurito. Allora il maestro gli prese
una mano e disse alla classe: "Voi dovete essere contenti.
Oggi entra nella scuola un piccolo italiano nato a Reggio di
Calabria, a più di cinquecento miglia di qua. Vogliategli
bene, in maniera che non s'accorga di esser lontano dalla
città dove è nato; fategli vedere che un ragazzo italiano,
in qualunque scuola italiana metta il piede, ci trova dei
fratelli.""
Ma non furono solo cose belle quelle attorno a De Amicis e
al suo romanzo più famoso. Anni dopo Luciano Tamburini
nella rivista del Centro Studi Piemontesi pubblica un
articolo dove sostiene che il sensibile autore di Cuore,
fosse in realtà un marito senza... cuore. Tamburini, ripesca
un romanzo — Conclusione — edito a Torino nel 1901 e
firmato con lo pseudonimo Calista da Teresa Boassi,
la moglie dello scrittore. La vita sentimentale di De Amicis,
non fu delle più liete. Alla fine del 1898 il figlio Furio,
appena ventiduenne, si suicidò; un anno dopo Teresa se ne
andò di casa. Conclusione è il racconto — settecento
pagine — di tre vite, un racconto che dipinge un "uomo
noto e danaroso" che "sfugge e deride la soggezione
di ogni morale", un uomo "sdrucciolevole" in ogni vizio
che "si smarrisce in mezzo a tutte le grandi e piccole
tentazioni" e senza vergogna resta "prepotente,
freddo, feroce". Questo fu l'unico romanzo di Teresa De
Amicis, che dopo la fine del suo matrimonio con Edmondo
aveva scritto due opuscoli, che lo scrittore tentò in ogni
modo di far sequestrare. De Amicis appere sadico, canaglia,
mostro, libertino spietato e senza scrupoli. Per molti
studiosi, come Lucio Villari, il libro di Teresa de Amicis
ci parla di un uomo che visse un tragico rapporto coniugale
accanto a una donna gelosa, profondamente turbata, che
identificava l'adesione al socialismo del marito con una
sorta di libertinaggio morale, contrapponendo la sua
immagine di donna borghese e savia a quella delle abbiette
femmine che scalzano le basi delle famiglie e del mondo. Il
testo riscoperto da Tamburini, arrivato alla Biblioteca
Nazionale di Torino, è un esemplare unico, sopravvissuto ad
un intera edizione ritrovata in un grande armadio e
meticolosamente bruciata da Ugo De Amicis, l'altro figlio di
Edmondo. Quest'ultimo fu sempre custode della memoria del
padre, divenne un alpinista famoso e sull'argomento scrisse
diversi libri, visse sempre a Torino e morì a 83 anni il 14
ottobre 1962 senza lasciare eredi.
Anche l'eredità di Edmondo De Amicis a Torino fu al
centro di un giallo mai definitivamente chiarito: doveva
finire nelle casse del Comune, ed essere destinata alla
beneficienza, e invece si perse persa nei meandri di una
vicenda dove comparivano parenti avidi e imbroglioni da
romanzo. Più di due miliardi di lire di allora, una cifra
ingentissima per i tempi, tutti avuti dai diritti di
Cuore, andarono "Misteriosamente" persi, tra la Svizzera
e l'Italia.
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