Frosinone tradizioni, folklore, feste
Molto ricca
è la storia delle tradizioni Ciociare di
Frosinone, tra cui spicca la Radeca, unica in
Italia. Qui folcklore e feste sono
colorati e appassionati. La "Radeca" per
esempio è una festa frusinate che affonda le proprie
origini in un’epoca estremamente lontana nei secoli,
forse addirittura precristiana, infatti, Frosinone
ha origini antichissime e la tradizione può essere
facilmente ricollegata ai Saturnali romani e
di conseguenza ai riti della fertilità e della
fecondità. La lunga foglia della "
Radeca", non
rappresenta altro che una foglia d’agave
simbolo di fertilità per eccellenza nell’antichità. |
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Ci sono documenti ufficiali negli statuti comunali del XIII secolo che
parlano in maniera esplicita di una norma in base alla quale venivano
sospese tutte le attività giudiziarie durante le festività come il
Natale, l’Epifania, i periodi delle messi, della vendemmia, e le
giornate antecedenti le ceneri, cioè quelle della festa della
"
Radeca"appunto.
Tale ricorrenza assunse un significato molto importante tra il 1798 e il
1799, quando i frusinati si ribellarono contro le truppe d’occupazione
Francesi presenti in città.
Il 26 luglio 1798 l’intera popolazione di Frosinone insorse scacciando
la guarnigione transalpina, non potendo più tollerare le ingenti tasse
imposte dopo il costituirsi della Repubblica Romana spalleggiata appunto
dai Francesi.
Alla sommossa popolare seguì una violenta repressione, così dura da
portare al massacro di moltissimi innocenti ed anche al danneggiamento
di alcuni edifici sacri, un’intera armata capeggiata dal generale Girarban saccheggiò la città senza alcuna pietà.
Un anno dopo i frusinati, nonostante fossero ancora intenti a leccarsi
le ferite, vollero ugualmente festeggiare il carnevale e quindi onorare
la festa della "
Radeca", per esorcizzare fame, paure e per irridere i
potenti. Quel giorno mandarono un messo ad Anagni dove stazionava il
generale francese Jean Etienne Championnet, annunciandogli che Frosinone
si era nuovamente ribellata.
Nel frattempo nella zona dove oggi si può identificare più o meno
l’incrocio tra la Casilina e il piazzale De Mattheis, si era radunata
una gran folla in attesa dell’ufficiale e ogniqualvolta da lontano si
sentivano gli zoccoli d’un cavallo sopraggiungere, la gente urlava "
esseglie….esseglie!! Eccuglie..!"
Quando
finalmente Championnet giunse, si trovò in mezzo ad un clima goliardico
e sbeffeggiante, capì d’essere stato menato per il naso, ma non se la
prese e si mischiò alla folla bevendo il tradizionale vino rosso e
mangiando le famose e ineguagliabili fettuccine ciociare.
I soldati transalpini ricevettero in dono delle graditissime botti di
vino rosso e da allora Championnet divenne simbolo del carnevale,
infatti, ogni anno un fantoccio vestito da generale francese satollo e
sbronzo viene festeggiato e poi dato alle fiamme alla fine della
giornata.
Il cuore della manifestazione è sempre stato nel rione "
Giardino" dove
ancora oggi si svolge la parte più importante della festa, presso la
chiesa di Santa Elisabetta e proprio la c’è la casa di Carnevale,
lascito di un facoltoso frusinate, edificio che un tempo era
probabilmente una caserma: luogo da cui stare alla larga!
Tutti i Rioni Storici della città,
ovvero il Giardino, il Centro Storico, Madonna della
Neve, La Pescara, Via Gaeta, rappresentati da gruppi
organizzati e vestiti secondo la tradizione dell’epoca gareggiano come
se si trattasse d’un palio.
A chiudere il lungo serpentone sbraitante e festante, ci sarà il
carrettino, sul quale spicca il fantoccio del generale Jean Antoine Etiennè Championnet, protagonista del nostro Carnevale.
Il comitato organizzatore del quartiere Giardino nel guidare la
manifestazione dall’origine curando ogni dettaglio, si occupa dei
festeggiamenti fino a tarda sera, riscuotendo ogni anno grande consenso
popolare, dai costumi splendidi dei gendarmi francesi e dei nobili
dell’epoca, al carro del Generale, ai cori, ai canti, sino ad arrivare
al rogo del fantoccio che in fine arderà tra le fiamme come catarsi,
purificazione, liberazione e per esorcizzare infine paure e tristezza e
soprattutto la miseria.
Vino a fiumi, radiche sollevate al cielo aritmicamente nella danza degli
uomini, come buon auspicio e cantine piene di avventori che bevono e si
divertono al ritmo del "Salterello".
Dunque il tradizionale fantoccio del generale Championnet verrà
messo al rogo dopo la lettura del testamento e l’intervento del "
notaro"
che in punta di satira sbeffeggia i potenti come accadeva nel 700’.
La festa continua fino a tardi con la distribuzione di vino, e
maccheroni fini fini.
Euiua Carnuale, Euiua la Radeca".
Ma nella nostra terra di Ciociaria ci sono altre tradizioni simili ad
altre famosissime d’altri paesi del mediterraneo.
Nella Provincia di Frosinone ogni festività ha sempre avuto la
caratteristica d’essere festeggiata con manifestazioni popolari vissute
in piazza tra processioni, bande, canti e balli tradizionali come
l’immancabile "
saltarello"!
Fino alla fine dell’ottocento e anche agli inizi del novecento, nei
paesi di Ceccano, Morolo, e anche a Pofi, durante il giovedì grasso
venivano organizzate delle vere e proprie corride popolari non molto
dissimili dalla mitica e famigerata corsa dei tori di "
Pamplona", città
che ogni anno si riempie di migliaia di turisti, i quali da ogni parte
del mondo arrivano per vivere il pericolosissimo, ma estremamente
affascinante spettacolo!
Lo stesso
Hemingway, colpito dalla corsa sfrenata ai limiti tra il
coraggio e la follia, nella quale si calò completamente alla ricerca di
umori mediterranei, scrisse il suo mitico romanzo "
Fiesta", regalando a
Pamplona
un altro pizzico di leggenda.
La nostra manifestazione Ciociara, si chiamava invece: "Caccia alla
Bufala"!
Si tratta di una sorta di giostra del tutto simile a quelle ispaniche,
infatti, tale tradizione è legata alle corride importate dalle truppe
spagnole, che per moltissimo tempo presidiarono la zona influenzandola
culturalmente.
Per consentire lo svolgersi della manifestazione, un lungo tratto
dell’arteria più importante del paese veniva chiusa e vi si trasportava
una bufala, che veniva letteralmente imbestialita da gruppi di ragazzi
temerari, che agitavano in aria fazzoletti rossi e che pungolavano
l’animale con lunghe pertiche acuminate, procurando delle ferite
superficiali, sufficienti a far infuriare la bestia.
La bufala, ferita, spaventata, completamente disorientata dalle grida
della folla esaltata dallo spettacolo e impaziente di vedere compiersi
il rito, e soprattutto aizzata dagli abili giostratori, con ripetute
cariche a capo basso, si scagliava contro questi ultimi, che cercavano
scampo dalle incornate, arrampicandosi sulle palizzate tirate su lungo
il percorso.
Quando infine la bestia infuriata e ferita stava per raggiungerli,
veniva distratta da altri giostrai usando sempre lo stesso rituale.
Sprezzanti del pericolo, i ragazzi affiancando talvolta la bufala,
correvano lungo la via più volte, fino allo sfinimento.
Alla fine della "giostra", l’animale veniva abbattuto e la carne data al
popolo.
Simona Aiuti
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