Hitler
progettò la costruzione di un grande museo a Linz, sua città
natale, per ospitare opere trafugate da tutta Europa. Il
Führermuseum non venne mai realizzato, ma il progetto rivela
le ambizioni culturali del regime nazista.
La storia non si fa con i se, ma questo "se" viene a
tutti quelli che si imbattono in questa storia cosa
sarebbe successo se Adolf Hitler fosse
diventato un apprezzato pittore? Questo non
successe, si sa come andò a finire e il dittatore
nazista,
nonostante il fatto che fosse uno scarso pittore di
acquarelli, rifiutato due volte dall'Accademia delle
Belle Arti di Vienna (nel 1907 e 1908) e che odiasse l'arte
moderna considerata come "degenerata", detestandola
senza capirla, ebbe il desiderio fino all'ultimo di fondare
un prestigioso museo a Linz, la città che lo aveva visto
crescere e che probabilmente voleva impressionare. |
|
Per
questo fece sequestrare migliaia di opere d'arte in tutta Europa. Nel
2004 uscì uno studio di Birgit Schwarz
dal titolo emblematico, il Museo di Hitler. La storia
delle numerose opere d'arte acquisite a prezzi di svendita
o, il più delle volte, sottratte con la forza dai nazisti
(nella maggior parte dei casi a persone di religiose
ebraica), a inermi collezionisti, non è mai stata del tutto
chiarita. Considerevole fu lo scalpore suscitato a suo tempo
dal ritrovamento, compiuto dagli alleati, della cospicua
collezione di Hitler,
celata nei meandri della miniera di salgemma di
Bad Aussee, una cittadina nella regione austriaca della
Stiria molto conosciuta ancora oggi per le cure
termali.
Il dittatore non trafugò le numerose opere per
goderne in forma esclusivamente privata: tutti i cittadini
del Terzo Reich avrebbero potuto ammirare il suo bottino. Il
Fuhrermuseum avrebbe dovuto aprire i battenti nel
1950. Tra le opere trovate nelle saline vi furono, come
ricorda Joachim Fest nella sua biografia del
dittatore, il celebre Altare di Gand dei fratelli
Van Eyck (vedere al riguardo
Cattedrale di San Bavone) e la Madonna di Bruges di
Michelangelo. A dispetto di quanto scrive Fest, le due
magistrali opere non erano destinate al museo personale di
Adolf Hitler.
Negli ultimi mesi della guerra, i nazisti
avevano trasformato questa miniera di Bad Aussie in un deposito segreto
in cui erano state radunate tutte le opere d'arte razziate nei paesi
invasi e che avrebbero dovuto costituire, secondo i progetti di Hitler,
il nucleo di un "centro artistico europeo" delle arti figurative, una
specie di super museo che raccogliesse i più celebri prodotti dell'arte
classica "germanica" antica e moderna e annunciasse tangibilmente il
predominio culturale tedesco sull'intero continente. Quando i soldati
americani penetrarono in quel labirinto di tunnel e di gigantesche
caverne scavate nella montagna e servite da una ferrovia a scartamento
ridotto, si trovarono di fronte ad un'incredibile esposizione artistica:
addossate ai muri, sistemate in apposite nicchie o ancora imballate in
cassoni di ferro, vi erano 6755 tele di tutti gli antichi maestri della
pittura e capolavori. oltre a quelli citati, la pala d'altare di
Dirk Bouts di
Lovanio,
dipinti italiani del
Rinascimento,
sette Van Dyck, 19 Rubens, un dipinto inizialemente
attirbuito a Leonardo da Vinci, dei Rembrandt (compresi "Uomo
con barba" e "L'uomo col turbante"), poi Tintoretto,
l'Infanta di Velasquez, un Fragonard, un Goya,
lo scrittoio appartenente al cardinal Mazzarino, due Lucas
Cranach, Il vecchio e II giovane,
due dipinti di
Vermeer (L'astronomo e
Allegoria alla pittura,
quest'ultimo acquistato da Hitler), dipinti a
Delft
e oggi conservati uno al
Louvre di Parigi e l'altro al
Kunsthistorisches, uno dei più importanti
Musei di Vienna:
vi furono anche diversi dipinti del
Museo di Capodimonte di
Napoli.
Ad Alt Aussee accorse una missione del
ministero italiano degli Esteri, quella presieduta da Rodolfo Siviero,
sorta a
Firenze l'indomani
dell'armistizio nell'ambito della Resistenza e dei servizi speciali
americani col compito d'impedire il trafugamento del nostro patrimonio
artistico e di recuperare quanto era già stato asportato sia con le
razzie, sia con gli acquisti illeciti. Nella vecchia miniera Siviero
ritrovò fra l'altro un gruppo di opere appartenenti ai musei di Firenze,
di Napoli e di
Venezia rubate dai tedeschi a
Montecassino durante la primavera 1944. Non era tutto, naturalmente,
perché ad esempio le 86 mila pergamene dell'archivio storico di Napoli
erano state bruciate dalle SS; la famosa tela dei "ciechi" di
Brughel giaceva in una pozza d'acqua, la "Dane" di Tiziano
era coperta da uno strato di muffa, il bronzeo "Ermes" di
Lisippo aveva la testa frantumata in 62 pezzi; ai "Cervi" di
Ercolano, anch'essi in bronzo, erano state spezzate le zampe.
Solo l'"Apollo" di Pompei appariva intatto, ma tutti
questi capolavori, con un lungo e paziente restauro, furono salvati.
Le prossime righe fanno capire, anche
attraverso l'arte, come il fascismo fosse completamente succube del
nazismo.
"Talvolta
? spiego in seguito Siviero alla stampa ? dipinti e statue
venivano regalati da Mussolini a Hitler o a Goering; più spesso erano i
capi nazisti che, malgrado il vincolo delle Belle Arti e il parere
negativo della Soprintendenza, li acquistavano dalle collezioni private
e li trasferivano sistematicamente in Germania a bordo dei loro treni
speciali. In un caso almeno fu Hitler stesso a disporre il dono di una
determinata opera: è il "Discobolo" dì Mirane, la celebre statua di
marmo rinvenuta nel 1781 a Roma sull'Esquilino e che il 18 maggio 1938
Mussolini regalò a Hitler in occasione del suo viaggio in Italia
(quest'opera fu poi restituita dalla Germania il 16 novembre 1948)".
Così, nel 1941 Mussolini obbligò il principe fiorentino Tommaso
Corsini a vendere a Hitler il "Ritratto di gentiluomo" di
Hans Memling, una delle più significative tele del maestro di
Bruges. La stessa sorte subirono "Giuditta
con la testa di Oloferne" di Rubens, ceduto a Goering nel 1942, "Santa
Caterina" e "Santa Cecilia" di Bernardo Strozzi e due
paesaggi del Canaletto, mentre gli arazzi delle Fabbriche di
Torino e di Napoli vennero trafugati dai tedeschi in ritirata dalla
villa Farnese di Caprarola. Questa sistematica rapina recò un danno
incalcolabile al patrimonio artistico italiano, ma avvenne soprattutto
grazie all'indifferenza del fascismo in generale e, in particolare, di
Mussolini il quale ripeteva scioccamente a Ciano che "nei
musei italiani preferisco meno opere d'arte e più bandiere strappate al
nemico".
L'unico inventario completo dell'intero
patrimonio trovato a Bad Aussee destinato a Linz
venne confiscato nel 1945 dalle truppe sovietiche e
trasportato a
Mosca. La Schwarz scoprì a
Berlino, 19 dei
31 album fotografici con i quali i responsabili del progetto
museale di Linz, avviato nel 1938, rendevano periodicamente
conto al Fuhrer dello stato di avanzamento dei "lavori" di
cui era stato incaricato Hans Posse, precedentemente
direttore della
Pinacoteca di Dresda, un esperto d'arte
incaricato dal dittatore in persona, deceduto nel 1943 e
sostituito da Hermann Voss. Questi, vedendo scemare sempre
più la forza militare delle armate tedesche, adottò,
rispetto al suo predecessore, una politica di acquisizione
delle opere molto meno rapace, privilegiando l'acquisto e
limitando la pratica del ratto brutale ad armi spianate.
Fu
Hitler stesso a voler ampliare il catalogo del museo,
inizialmente incentrato sul Diciottesimo e Diciannovesimo
secolo, includendo lavori più antichi, tra cui anche
un'opera ritenuta di Leonardo da Vinci, la Leda
con Cigno degli Uffizi, ma che in realtà è solo
una copia di scuola. Tra i dipinti italiani, gli album
contavano tra gli altri 13 lavori del Tintoretto, 2
quadri del Tiziano e 2 del Veronese. Oltre ad
alcuni Tiepolo, Parmigianino, Pinturicchio
e Solimena. La collezione includeva non solo quadri, ma anche tappezzerie,
sculture, mobilia e porcellane.
Nel
maggio del 1945 vennero trovati dai soldati americani nella camera da
letto di Hitler nel Castello di Neuschwanstein (a sinistra) 39
volumi di un personale catalogo di opere che dovevano far parte del
futuro Museo di Linz. È opinione condivisa dagli storici che esistano un
centinaio di simili album. Stando ai documenti ufficiali del 1944
dell'organismo nazista predisposto alle confische, gli oggetti d'arte
sequestrati in Francia furono 21.903, provenienti da 203 collezioni.
Molti appartenevano a ricche famiglie ebree
come
i Rothschilds, Alphonse Kann, Veil-Picards.
Tutte opere che ora sono sparse in tutta Europa. Molte di queste opere
sono state identificate e restituite ai paesi di appartenenza dagli
Alleati dopo la Seconda Guerra Mondiale. Molte altre ancora vennero
vendute illegalmente, altre andarono perdute. Per esempio, si è scoperto
una decina di anni fa, dopo la ricerca di Birgit Schwartz che il Cupido
si lamenta con Venere della
National Gallery di
Londra, un capolavoro di Lucas
Cranach il Vecchio del 1525 comprato nel 1963, era nell'appartamento
di Monaco di Hitler. Il museo londinese
ha lanciato un appello nel 2008 a chiunque avesse maggiori informazioni
per ricostruire la storia e la proprietà dell'opera. La National Gallery
acquistò il dipinto dai commercianti d'arte di New York E&A
Silbermann. Questi ultimi hanno dichiarato di essere entrati in
possesso del dipinto durante che faceva parte della collezione di
Emil Goldschmidt da Francoforte - messo all'asta da Rudolph
Lepke a Berlino il 27 aprile 1909 - e venduta a loro da discendenti
familiari del compratore all'asta 1909.
Recentemente la la National Gallery ha appreso
che il dipinto è stato effettivamente acquistato nel 1945 dalla signora
Patricia Lochridge Hartwell (1916-1998), un corrispondente di
guerra americano nella Germania nazista. Un parente della signora
Hartwell ha informato il museo londinese che nel 1945 le fu permesso di
prendere il dipinto da un magazzino pieno di opere d'arte poi
controllato dalle forze statunitensi nel sud della Germania. La signora
Hartwell prese quindi il dipinto per tornarsene a casa negli Stati
Uniti. Resta quindi un buco temporale sulle sorti del dipinto tra il
1909 e il 1945. Quello che si sa è che a un certo punto il dipinto entrò
in possesso di Hitler durante questo periodo. Un indizio è quello venuto
fuori nel 1939 da un un giornalista britannico, Ward Price, che
notò che Hitler aveva un Cranach nel
suo appartamento di Monaco, che gli sarebbe stato donato per il suo
come un 50° compleanno dal tenente colonnello delle SS
(SS-Obersturmbannführer) per la regione della Turingia, Fritz Sauckel
(tessera numero 1,395 del partito nazista) condannato poi a morte al
processo di
Norimberga e
impiccato nel 1946 per la responsabilità nella deportazione di
circa cinque milioni di lavoratori stranieri
in Germania, che svolsero lavori forzati per l'industria e per
l'agricoltura tedesca. Un paio di giorni fa ho trovato un riferimento,
da un giornale tedesco che cita il quadro di Cranach nel Museo di
Weimar (da dove Sauckel lo avrebbe
requisito per darlo a Hitler):
Zeit.de
Circa
1700 sono ancora appese incredibilmente nelle sale dei musei tedeschi (fonte
Der
Spiegel), che ha sempre fatto ostruzione (così come il
governo austriaco), alla restituzione ai legittimi
proprietari e ai loro eredi.
C'è stato su tutti il caso eclatante di
Rudolf Leopold (1
marzo 1925-29 giugno 2010) collezionista d'arte di Vienna
scomparso pochi anni fa., Quest'ultino mise insieme una
collezione di 5.000 opere d'arte acquistata poi dal governo
austriaco e utilizzata per creare il
Museo Leopold,
di cui fu nominato direttore a vita. Molti
ebrei sopravvissuti dell'Olocausto hanno rivendicato più volte e
in tutte le sedi possibili che alcuni dei pezzi della collezione
erano parte delle
requisizioni e dei furti perpretati dai nazisti e che qui
dovrebbero dovuto essere essere restituiti ai legittimi
proprietari, tra questi
Case sul lago di
Egon Schiele
del
1914. L’obbligo di restituzione, in Austria, riguarda solo le
pubbliche istituzioni; per anni il ministero della Cultura ha
affermato che sarebbero state varate norme più severe, ma non è
successo.
Il dipinto che vedete sulla sinistra è il
Ritratto di Giovane Uomo di Raffaello che si trovava nella stesso
Museo a Cracovia che ospitava anche la
Dama con l'Ermellino di Leonardo da Vinci (il Museo
Czartoryski). Questo dipinto non venne mai ritrovato.
In tempi recenti, un libro sul saccheggio di
opere d'arte naziste destinate al museo di Hitler a Linz di Lynn H.
Nicholas dal titolo Il ratto d'Europa, ha suggerito che se il
dipinto riapparisse oggi, avrebbe un valore di oltre 100 milioni di
dollari.
Chi volesse può consultare il database delle
opere destinate al Museo Hitleriano di Linz sul sito del Museo Nazionale
di Storia tedesca (Deutsches Historisches Museum)
di
Berlino:
Dhm.de
Il "Museo del Führer" di Linz sarebbe dovuto essere secondo i
progetti un edificio lungo 1.100 metri e avrebbe dovuto ospitare circa
16 milioni di opere d'arte, la maggior parte prese da collezioni private
di ebrei, ma non solo come abbiamo visto. Avrebbe incluso anche opere
saccheggiate dai commandos speciali tedeschi nei musei, nelle chiese e
nei castelli dei territori occupati dai tedeschi. La cosiddetta "riserva
del Führer" era uno strumento giuridico che permetteva a Hitler di
prendere quello che voleva. A Linz insieme al museo sarebbero dovuti
sorgere l'Adolf Hitler hotel, un campanile alto 162 metri che
doveva ospitare i resti dei genitori di Hitler, una piazza d'armi con
spazio per 100.000 seguaci e un salone delle feste che avrebbe dovuto
ospitare 30.000 persone. Di certo il dittatore nazista voleva colpire i
suoi ex concittadini che da giovane lo avevano in gran parte ignorato.
Tutta questa bellezza artistica rubata destinata al museo di Hitler era
comunque quanto di meglio la cultura e la civiltà umana erano state in
grado di produrre a livello artistico. Eppure il "ratto" era stato perpetrato dai
più grandi assassini di massa che l'umanità fino ad allora aveva
conosciuto. A voi le considerazioni.
di M.Serra per Informagiovani Italia
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