Storia della Guerra: la guerra antica

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Storia della Guerra: la guerra antica. Dallo scontro tra cavernicoli all'era atomica, la guerra ha segnato la storia umana. Analizzarne le cause, l'evoluzione e il ruolo nelle società può aiutare a comprendere questo tragico e complesso elemento della civiltà.

 

Storia della Guerra: la guerra antica

Storia della Guerra: la guerra nel medioevo

 

La storia militare è un aspetto tutt'altro che trascurabile nella storia dei popoli in tutte le età, ed è certo eccessiva la preoccupazione di coloro che la vogliono escludere dal patrimonio di conoscenze delle persone, soprattutto dei giovani, nel timore che essa possa suscitare atteggiamenti bellicosi o violenti, o che esalti quanto nell'individuo e nei popoli è considerato "moralmente deteriore".

La storia della guerra, la storia militare, invece significano anche storia di tecniche complesse e ingegnose, stimolo alla ricerca scientifica, significano anche dimensione etica ed eroica della vita, che ha pure il suo posto nelle vicende umane, non si può negare. La preoccupazione è legittima, ma certo la storia militare è parte importante, anche se non prevalente della storia dei popoli e non si può cancellare. Essa si lega alla storia della tecnica e a quella delle scoperte scientifiche (basti citare come esempio i problemi della balistica  o le leggi della dinamica nel loro sviluppo storico), e quindi aiuta alla formazione di quella prospettiva della storia come "sviluppo" o "svolgimento" che appare una dimensione fondamentale del tempo che ci ha preceduto.

 

La guerra antica

 

Primi ArchiNelle società primitive ogni uomo del gruppo era un guerriero che doveva difendere o conquistare il miglior territorio di caccia, il pascolo, il campo. Armi tanto rozze da confondersi con pietre qualsiasi sono i primi documenti dell'umanità. Poiché l'uomo aveva imparato che su il suo pugno era più micidiale, il suo braccio più potente se il pugno si armava di pietra, se il braccio si protendeva in una mazza. Ma presto aveva saputo inventare un'arma più complicata: uno strumento flessibile che lanciava proiettili lontano, la meravigliosa macchina che nell'arco.

 

Esercito di città e esercito di imperi

La guerra impose gerarchie: gerarchie tra i migliori e più validi combattenti, tre vinti e vincitori. L'organizzazione politica creò il suo strumenti di guerra, l'organizzazione militare. Schematizzando, si possono indicare due tipi di eserciti: l'esercito delle città, l'esercito degli imperi. Nell'esercito delle città, un esercito "nazionale", i soldati sono i cittadini. L'organizzazione civile condiziona quella militare: i consigli nelle città dispongono dello stato così in pace come in guerra; le divisioni sociali e politiche hanno la loro corrispondenza negli effettivi dell'esercito.

 

I modello greco diverso di Atene e Sparta

Triera grecaPerciò l'ateniese Temistocle, quando si rese conto che la guerra contro i persiani si doveva vincere sul mare, volle operare la trasformazione sociale della società nel senso che la condotta di guerra da lui pensata imponeva. I cittadini nullatenenti che, sui banchi delle nuove 100 triere (nome greco della trireme), erano un elemento indispensabile per la nuova guerra marittima, acquistarono peso anche nelle assemblee e nei tribunali, nonostante la versione delle classi ricche, che fino ad allora, potendo fornirsi di armi proprie, avevano costituito l'esercito degli opliti (guerrieri della fanteria pesante, armati di lunga lancia e spada; erano così chiamati per lo scudo di cui si servivano, in greco oplom).

 

OplitiIl tipo estremo di questa città esercito era Sparta. Gli spartani non sono altro che una guarnigione e la loro città una caserma: sottoposti a dura disciplina militare dai venti ai sessant'anni, erano sempre mobilitati. A Sparta i perieci e gli iloti lavorano, gli spartani (o spartiati) combattevano o si preparavano a farlo (i perieci a Sparta, non avevano libertà politica pur conservando quella personale: militavano in speciali reparti dell'esercito, dedicandosi in tempo di pace all’agricoltura e al commercio; gli Iloti, erano schiavi del territorio spartano, appartenenti allo stato, del tutto distinti dai servi e schiavi di proprietà dei privati).

 

Esercito PersianoMeno rigida invece era ad Atene l'identità tra cittadino e soldato. Solo lo stato di guerra impegnava al servizio attivo e mobilitava alcune classi; ma la società ateniese aveva un aspetto più demilitarizzato, né le virtù guerriere sono ritenute le sole che devono differenziare i cittadini tra loro. L'esercito degli imperi era invece essenzialmente un esercito di sudditi e di mercenari. L'esercito invasore de re persiano Serse, per cui sembrò, disse Eschilo, "Vuotata l'Asia di tutti i suoi maschi", era composto dalle truppe di 46 nazioni messe insieme nelle province dai satrapi, ma il nerbo era costituito dal dalla grande guardia personale del re.

 

Pretoriani e mercenari

Alessandro MagnoCosì nell'armata di Alessandro Magno, che penetrò nel cuore dell'Asia, le truppe macedoni non erano altro ormai che formazioni di pretoriani al servizio del loro dio.  Gli imperatori tennero separata con la lunghezza del servizio e l'abbondanza di particolari favori, la loro "guardia permanente" dalla società dei sudditi, poichè doveva essere un fedele strumento della loro onnipotenza. A questo scopo la denazionalizzarono e la infoltirono di stranieri.

 

La storia di Roma presenta una evoluzione esemplare. L'esercito regio fu un esercito che formava i suoi quadri dalle gentes (cioè le famiglie di più antica tradizione): ne è un esempio eclatante ancora nel 407 a.C. la guerra che contro Veio mossero i 306 Fabii. I primi anni della repubblica romana vedevano il conflitto tra i nuovi ordinamenti della città e la vecchia organizzazione gentilizia:

"La gens Fabia si presentò al senato. A nome di tutti parlò il console (Fabio Cesone): [...] Riservate ai Fabii la guerra contro i Veienti [...]. Noi intendiamo condurre questa guerra come se riguardasse solo la nostra famiglia, a nostre spese; per questa guerra la repubblica non dovrà dare nessun contributo, né di uomini né di denaro." Livio, II, 48, I sec. a.C.- I sec. d.C. In seguito avvenne La disfatta dei Fabii al Cremera "I Fabii furono trucidati tutti fino all'ultimo [...]. Si dà per certo che ne morirono 306 e che ne rimase uno solo [...] destinato a perpetuare la stirpe dei Fabii". Livio, II, 50, 11

 

Esercito nazionale

Esercito RomanoMa la necessità di più impegnative conquiste trasformò poi l'esercito romano in esercito nazionale. Il servizio militare fu obbligatorio per tutti i cittadini. Ecco però, che accanto alle legioni, presto preseto posto le truppe delle città confederate: già alla fine del III secolo a.C. le legioni costituivano solo il 43% degli effettivi. Poi, accanto ai socii, (letteralmente  i contingenti forniti dagli alleati all'esercito romano in qualità di truppe ausiliarie) ecco comparire i mercenari: cavalieri iberici, arcieri cretesi. Ma ecco nelle guerre civili (Mario, Silla, Pompeo, Cesare) che l'esercito diventa un qualcosa di personale, fedele al capo di cui difendi il prestigio ricevendone continui favori. Con la creazione dell'Impero l'esercito è ormai diventato un'organizzazione permanente di volontari stipendiati, impegnati a servire per vent'anni.

 

Erano senza dubbio più limitati gli eserciti delle città: solo nel 431 a.C. Atene per la spedizione in Sicilia potè mettere in campo 27.000 uomini (ma 9000 erano meteci, cioè stranieri che godevano di diritti civili ma non politici)  e imbarcare, sulle 134 triere, 5000 opliti e 30 cavalieri. Non più numerosi erano gli eserciti degli interpi. Erodoto esagerando incredibilemente aveva calcolato l'armata di Serse in 2.641.000 combattenti: cifre assurde certo, che Platone ridusse, ma non abbastanza, a 300.000 fanti e 6 mila cavalieri. L'esercito di Alessandro Magno alla conquista dell'India poteva contare 120.000 uomini circa. Sotto Augusto la difesa dell'impero era affidata a 350.000 uomini.

 

Un conto era attacare un conto difendere

L'esercito romano aveva un vastissimo territorio da difendereMa era sempre insufficiente, si deve sottolineare, la forza dell'esercito antico quando non aveva compiti di conquista, ma di difesa di un territorio troppo sterminato.

 

I soldati di Augusto accettavano la disciplina del celibato (si impegnavano cioè a non contrarre matrimonio), in cambio dello stipendio: alla fine del servizio ricevevano un premio e una terra in proprietà nelle colonie militari, che costituivano così stabili centri di veterani. La colonia romana (di diritto romano) più antica fu Anzio, fondata nel 338 a.c. Verso la fine della Repubblica Romana, le colonie servirono soprattutto da territorio abitabile dai proletari o dai veterani dell'esercito romano riducendo così la pressione demografica di Roma. Dal IV sec. a.c. sorsero così nuove città romane o ne vennero Sondati Romani-Barbariciassimilate delle vecchie alla cittadinanza romana. Con il progredire delle conquiste, sempre nuove colonie vennero fondate nelle province ai confini dell’Impero, per la difesa dei confini e la valorizzazione economica del territorio. Colonie di questo tipo si diffusero in tutta l’Europa. Le colonie, specialmente quelle dei veterani erano tuttavia troppo scarse e sparse, per risolvere il problema della difesa dell'impero. E neppure il limes, linea continua di vigilanza più che di invalicabile resistenza, poteva bastare per salvare il territorio dalla pressione delle popolazioni barbariche sempre in cerca di nuove e migliori terre. Fu a questo punto che parve alla fine più conveniente inserire alcune tribù barbariche nell'impero, perché lo garantissero esse stesse dall'assalto di altre sopravvenienze. E sarà così che un  generale barbaro, Odoacre, che deporrà all'ultimo imperatore d'Occidente nel 476, Romolo Augustolo.

 

Prime evoluzioni nelle armi e nelle tattiche

Fanteria pesante grecaL'armamento delle città e degli imperi aveva avuto una sua evoluzione: se le armi delle società primitive erano state nient'altro che gli strumenti usati nella caccia, dopo la scoperta del bronzo fu rivoluzionata l'arte del combattere. Corazze, elmi e scudi, che resistevano all'urto delle pietre, le punte delle frecce e dei giavellotti, obbligarono a cercare nella precisione del colpo di lancia usata a breve distanza, e più nella scherma della spada corta corpo, la vittoria. La fanteria pesante (dal sesto secolo a.C. dominavano gli opliti greci),  costituì così la forza risolutiva gli eserciti. Alla cavalleria erano riservati compiti di esplorazione e, nel combattimento, azione di disturbo o d'inseguimento del nemico disordinato sì nella fuga. La fanteria leggera aveva compiti di appoggio della fanteria pesante. Non mancarono certo particolari invenzioni. Nel campo della tattica (nell'arte militare, la tattica è il ramo che studia il modo di operare delle singole unità di combattimento, per il raggiungimento degli obiettivi generali dell'azione di guerra, fissati questi dalla strategia), a prescindere dalle trovate fantasiose, di cariche, ad esempio, di bovini con fascine di legna incendiate appese alle corna (la serie di queste "invenzioni" ha il suo posto nella letteratura più che nell'arte militare), si deve ricordare l'ordine di battaglia su sei linee dell'altro famoso re persiano Ciro: i carri defalcati, la fanteria pesante (con la cavalleria e lati), la fanteria leggera, gli arcieri, fanti scelti di riserva, torri mobili con arcieri.

 

Falange macedone

Falange macedonePiù potente fu la celebre falange macedone, formidabile nella lotta frontale, interamente aperto e piano, caratterizzata da una selva di aste, le sarisse, lunghe circa 7 m, che i falangisti delle prime cinque file protendevano compatti contro gli avversari. I macedoni seppero perfezionare il famoso ordine obliquo, già usato dal tebano Epimanonda: un arretrare improvviso dell'ala minacciata, che sbilanciava l'avversario subito colpito dal cuneo compatto della falange obliqua.

 

La legione romana

Legione RomanaLa formazione tattica perfetta, agile e manovriera, armata di corte spade, di picche di due metri, il pilum, terribile nel bloccare la cavalleria, ma capace di integrare con lancio preciso le file della fanteria accorrente, fu la legione romana. La legione classica, quella della metà del II secolo a.C. comprendeva 1200 hastati, giovani armati di pilum e spada, 1200 principes, soldati più esperti e con eguale armamento, 600 triarii, soldati anziani armati con asta da urto. Oltre questi 3000 legionari vi erano 1300 velites, armati di giavellotto, truppe d'assalto di disturbo e 300 equites, cavalieri. La legione si articolava in manipoli dei tre ordini, formati da due centurie l'uno, che si schieravano divise tra loro così da rappresentare un fronte di circa 350 metri. L'esercito del periodo consolare era costituito da due legioni. Poi le legioni, modificando altresì il numero degli effettivi, aumentarono: arrivarono a 45 durante le guerre civili, poi furono ridotte a 25 durante il periodo di Augusto, per moltiplicarsi di sette volte al tempo di Diocleziano.

 

Marina a Remi

Navi da guerra anticheIl mare, nell'antichità, era quasi un fiume lungo le coste, che le navi, per meglio sfuggire le tempeste, percorrevano solo nella buona stagione, andando di capo in capo (il cosiddetto cabotaggio); ma il mare era pur sempre una via più agevole per i trasporti rispetto alle strade di terraferma ed era al contempo una via necessarie per le invasioni improvvise sulla costa nemica. Se le merci pesanti erano imbarcate su tozze navi a una vela, per la difesa e l'offesa si adoperavano invece imbarcazioni più sottili: queste ultime si avvalevano dell'uso della vela prima dell'avvistamento del nemico, per poi affrontarlo rapidamente a forza soltanto di remi. La guerra marittima, nell'antichità, era una guerra di eserciti imbarcati. L'equipaggio e remi non partecipava al combattimento;  cercava solo di scagliare la prora munita di Corvorostro (un pesante oggetto di bronzo per lo sfondamento) contro il fianco della nave avversaria, per permettere ai propri soldati di irrompervi. Una vera e propria battaglia terrestre ma combattuta sul mare potrebbe essere stata quella combattuta nelle acque di Milazzo durante la prima guerra punica, quando i romani si servirono dei famosi  corvi (nella foto), cioè ponti levatoi con ramponi, per rimediare alla minore manovrabilità delle loro più pesanti quinqueremi e aver insieme una salda piattaforma per la lotta corpo a corpo. Era una vera e propria arma segreta, che cambiò le sorti del conflitto. Fu la prima vittoria navale di Roma nei confronti della flotta cartaginese.

 

La triere fu una nave da guerra più armoniosa e più adatta alla manovra da combattimento: lunga dai 35-38 metri e larga quasi 6 metri, aveva a bordo 170 rematori e 30 armati. Lo spazio ristrettissimo non consentiva rifornimenti di viveri e acqua, di solito, se non per tre giorni.  Come fossero disposti i rematori è questione discussa. Non è facile immaginare un remare di tre ordini di remi, senza impacci e bracci di leva impossibili. Ci fu chi pensò che il remeggio nelle triere fosse a scaloccio, tre uomini cioè per remo, come si usò in nel medioevo. La triere ateniese aveva un albero Battaglia di Aziomaestro e un albero minore verso la prora, un primo abbozzo dell'albero di bompresso, capace con la sua vela di sfruttare un vento laterale. Ma in battaglia, avanzava solo a forza di remi (alberi e velatura, se c'era tempo di prepararsi al combattimento, che sempre si svolgeva vicino alla costa, venivano lasciati a terra). Le flotte a remi erano spesso numerosissime e da esse furono combattute alcune battaglie decisive per la storia: la Battaglia di Salamina, tra greci e persiani e nella Battaglia di Azio tra Augusto e Antonio. L'ultima grande battaglia a remi sarà nel 1571, fu la Battaglia di Lepanto.

 

Fortificazioni e primi sistemi di assedio

TerramaricoliLe società sedentarie primitive dovettero allestire difese stabili contro gli eventuali assalti che l'accumulo di ricchezze rendeva probabile. Se le palafitte lacustri potevano trarre dall'acqua su cui sorgevano una naturale difesa, una difesa idrica artificiale fu creata dai terramaricoli: a Castellazzo di Fontanellato, nell'attuale provincia di Parma, un terreno di circa 20 etttari di superficie risulta aver avuto intorno un fossato di 30 m di larghezza, attraversato da un argine di terra battuta rinforzato da un sistema di gabbioni. Una disperata fatica di decenni per fare del loro territorio un'isola. Ma più spesso ci si accontentava di creare un estremo rifugio, per salvare la vita. Tipici in questo senso, i nuraghi , le strutture megalitiche, per molti versi ancora misteriose, della Sardegna. Lw città antiche venivano cinte da mura, si ricordano solo, come una delle poche eccezioni, le città cretesi, che si affidavano alla protezione della flotta e, prima della minaccia persiana, alcune città greche, che si avvalevano come rifugio della loro acropoli. Mura possenti di cotto (mattoni), più spesso di pietra a grandi massi squadrati, custodivano la vita dei cittadini, dando ad essi la consapevolezza di un destino comune. La cinta di mura, limite sacro, era l'espressione della loro individualità, della loro potenza anche economica. Siracusa, al tempo del tiranno Dionisio, era diventata così un'immensa fortezza di quasi 30 km di perimetro. L'assedio di una città fortificata poteva richiedere una lunga preparazione. Giulio Cesare per esempio circondò nel 53 a.C Alesia, Torre mobile romanauna città della Gallia, di una doppia circonvallazione (il vallo era un fosso con palizzata), una di 16 km, destinata agli assediati, l'altra di 21 km, per sventare tentativi di soccorso dall'esterno. Isolata la città, si muoverà all'assalto. Si cercava di squarciare le mura con arieti e di farle crollare con scavi sotterranei; O, accostando le mura delle torri di legno, ti scavalcarle. Spesso si allestiva una rampa di terra perpendicolarmente alle mura, per spingervi le macchine da lancio e le torri oppugnatorie, cioè torri mobili. Per renderle stabili e proteggerle dal fuoco e dai proietti nemici, i Romani usavano guarnirle con lamine di ferro, anche se ciò avveniva non sempre dato l'alto costo di questo materiale. Ovviamente le torri dovevano avere una altezza eguale o maggiore di quella delle torri della città assediata, ed erano montate su robusti carrelli di legno trainati da buoi o spostate con l'ausilio di argani. Erano a base quadrata con lato dai nove ai quindici metri; internamente erano suddivise idue o tre piani comunicanti tra loro con due scalette. Ad ogni piano era sistemato un ponte d'assalto che poteva accostarsi alle mura abbassandosi a mezzo di pulegge (sambuca) o scorrendo su apposite guid e (exostra). Spesso le torri portavano all'interno un ariete manovrabile (elepoli arietaria). Con catapulte e baliste si cercava di impedire che dalle mura gli assedianti annullassero la manovra posizionale e distruggessero con il fuoco lettore.

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