Villa d'Este Cernobbio, storia e misteri

Può la storia di una villa come Villa d'Este di Cernobbio, tra intrighi, storie d'amore, omicidi, sogni di gloria, ricerca della quiete perduta, summit di grandi potenze e di grandi potenti, riflettere un po' la storia politica e di costume dell'Italia intera?  

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Cernobbio non è solo il luogo dove si sono riuniti e si riuniscono i potenti del mondo a parlare dei nostri destini prossimi venturi. Il panorama è talmente bello che mi sono chiesto se non si riuniscano qua per farsi venire qualche idea (dato che ci sono). Il poeta Shelley usò a tal proposito parole che non ammettevano replica "questo lago che supera qualsiasi idea di bellezza". Una delle cose più plasticamente belle quando si arriva nei dintorni di Como e del suo lago sono le ville a pelo d'acqua, o vista lago, presenti un po' ovunque nelle zona.

 

Villa d'EsteQuando viaggio e vedo abitazioni nei posti più disparati e diversi da quelli dove sono cresciuto, mi chiedo sempre come vivano le persone che si intravedono dietro le finestre di appartamenti, case, ville e palazzi. Certo, uno immagina che dietro una finestra di una villa viva qualcuno che possedendo di più sia più felice. A parte il fatto che già starete dicendo che non sempre è così (per alcuni quasi mai), a me personalmente interessa il fatto che dietro ogni abitazione, piccola o grande che sia, si celi quasi sempre il sogno (o il sogno infranto) del proprio nido, l'emanazione di se stessi, i recinti tra noi e il mondo.

 

Villa d'Este a CernobbioDietro le ville di qualsiasi tipo di solito esiste una storia di una famiglia umile che ha fatto fortuna e lo vuole dimostrare a se stessa e al mondo, o di una famiglia ricca da molto tempo che vuole competere con le altre famiglie ricche della stessa zona. Oggi voglio provare a raccontarvi la storia di una villa, Villa d'Este, simbolo di ricchezza e di dolci vite impossibili, se non nei sogni, ai più,  di arrampicate e di arrampicatori sociali, di incontri che a volte hanno cambiato l'esistenza anche a persone distanti migliaia di chilometri.

 

Villa d'EsteSe ci fosse un premio per una villa simbolo nell'immaginario collettivo, il premio potrebbe andare sicuramente a Villa d'Este, di cui avrete sentito parlare moltissime volte anche grazie alla passerella di politici, industriali e potenti vari che vengono qui ogni anno durante il meeting Ambrosetti. Inizio col dire che il nome Este ha poco a che fare con gli Estensi di Ferrara, Modena e Piacenza, anche se fu la più famosa e discussa proprietaria della villa, Carolina di Brunswick, consorte del futuro Giorgio IV d'Inghilterra, che acquistò la villa nel 1815, a chiamarla così rivendicando per sé quelle origini.

 

Villa d'EsteProvate, se non vi fate vincere dalla timidezza, ad arrivare all'Hotel Villa d'Este dal lago, anche dal grazioso paese di Cernobbio, in una di quelle barchette manzoniane che vi faranno un po' sentire Renzo o Lucia, arriverete all'imbarcadero da dove sono arrivati tutti quelli che hanno fatto la storia del luogo. A me personalmente, venne in mente Hitchcock, che qui era di casa e la musichetta di Hitchcock Presenta. Scesi sulla terra ferma, superato un gazebo con un tendone bianco, dopo una curva in salita e un arco di pietra, entrerete in un parco e penserete tra voi il primo di molti Wow.

Villa d'EstePrima di entrare nei saloni con i divani impeccabili, dove avrei voluto tuffarmi, così tanto per sciogliere il ghiaccio con il personale poliglotta, che sembra sapere già esattamente a quanto ammonta il tuo conto in banca, avrei anche voluto avere uno specchio, per risistemarmi un po' la giacca e i pantaloni sgualciti e poco presentabili in un simile contesto, (davanti tra l'altro a una scultura del Canova).

 

Villa d'EsteIl prezzo minore che sono riuscito a trovare per una notte in camera doppia (ma non ci sono andato) è 677 € a fine settembre. Badate bene, non esistono molti luoghi del genere. Le camere sembrano saloni, gli armadi piccole stanze, i bagni (quasi) più grandi della piscina termale di Montecatini. Ogni camera ha una terrazza con affaccio sul lago dove osservare i riflessi dell'acqua e le ombre degli alberi secolari e immalinconirsi un po' senza sapere bene perché. Tutto molto sobrio, come direbbero Mario Monti, o Corrado Passera, che è stato anche azionista della società che controlla la magione e che qui ha tenuto il suo ricevimento di nozze, dopo il secondo matrimonio, celebrato nel 2011 con Giovanna Salza. La piccola reggia, oggi grandioso hotel, considerato dalla rivista Gourmet, qualche anno fa, la struttura alberghiera più di atmosfera al mondo, oltre alla bellezza, ha dalla sua anche una storia incredibile.

 

Villa d'EsteUna storia piena di aneddoti, tra clero, nobiltà e ricchi artigiani all'inizio, tra gli azzurri di Bearzot, qui in ritiro spirituale prima dei mitici mondiali dell'82, e due regine (quella inglese, Carolina di Brunswick, che fu regina solo per pochi giorni e una zarina), tra generali napoleonici e summit di grandi potenze, tra l'omicidio dell'industriale Carlo Sacchi, da parte dell'amante, la contessa Pia Bellantani, durante una festa nel 1948 (passato alla storia come il Giallo dell'Ermellino) e i furti eccellenti a danno dei clienti facoltosi dell'Hotel, ad altre storie che si dipanano tra alti e bassi fino ai giorni nostri, fino alle riunioni di politici, imprenditori, banchieri, economisti e premi Nobel sulle sorti del mondo e Umberto Bossi che nel 1996 diceva: "Cernobbio è terra mia, questa non è l'Italia, è la Padania, chiaro?"

 

Breve storia di Villa d'Este

 

Toleomeo GallioComo dista da Cernobbio pochi chilometri. Già ai tempi dell'Impero Romano, erano presenti sul lago ville favolose, come quelle dei due illustri comaschi Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane. All'inizio del Rinascimento, i ricchi produttori della città che producevano soprattutto filati, come la lana e, a partire dal 1500 grazie all'allevamento dei bachi, la seta, accumulati ingenti capitali, facevano a gara, insieme all'aristocrazia milanese, a costruire sul lago le ville più sfarzose. Villa d'Este fu costruita a partire dal 1568 sulle rovine di un convento, dal membro di una di queste famiglie comasche, Tolomeo Gallio, all'epoca cardinale e segretario di Stato vaticano, in seguito anche Camerlengo del sacro collegio e Duca d'Alvito (un ducato da lui comprato in Campania).  Tolomeo Galli era segretario di stato sotto Gregorio XIII, un un periodo molto delicato per la Chiesa di Roma, quello che seguì al terremoto della Riforma Protestante per il cattolicesimo. Gallio venne fatto Cardinale dal papa Pio IV, autore tra le altre cose della bolla di scomunica contro la regina d'Inghilterra Elisabetta I che liberava altresì i suoi sudditi dall'esserle fedeli. In qualità di segretario di Stato vaticano, in seguito, il cardinale Gallio approvò l'interpretazione della bolla papale fatta dal gesuita inglese Robert Parsons, secondo cui la stessa giustificava anche l'assassinio della regina. Come vedremo, la monarchia inglese apparirà altre volte in seguito nella storia della villa.

 

Versailles non era stata ancora costruita e pare che la fama acquisita dalla villa in Italia e all'estero era così forte che nel 1615 venne visitata dal Sultano del Marocco, accompagnato da un seguito di cavalieri con turbanti e scimitarre ricche di pietre preziose. (Recentemente il Sultano del Brunei ha offerto 280 milioni di euro per acquistare il pacchetto di maggioranza del Gran Hotel Villa d'Este di Cernobbio, ma questa è un'altra storia.)

 

Dopo essere stata affittata ai Gesuiti 1749, venne acquistata dal Conte Mario Odescalchi nel 1769, quindi nel 1778 passò di mano a un colonnello dell'esercito austriaco, il Conte Marliani, che vi fece qualche lavoro di adattamento e restauro (viale in salita, col suo Ninfeo d'invito, detto "il Mosaico", catena d'acqua a cascatelle, tempietto o ninfeo terminale, gruppo neoclassico di sculture di Ercole e Lica). Dopo soli due anni la villa cambò nuovamente proprietario passando al Marchese Bartolomeo Calderara. Il Marchese, e soprattutto alla moglie Vittoria Peluso, migliorarono ancora la villa, soprattutto il giardino, facendo costruire il grande viale di cipressi che costeggia la cascata di fontane, oggi chiamato il Viale dell'Ercole. La Marchesa, era stata una ballerina della Scala di Milano soprannominata "La Pelusina". In questo periodo nella villa si tennero memorabili feste a cui tutti volevano partecipare; gli inviti della "Pelusina" erano ambitissimi anche da parte dell'aristocrazia milanese, che l'aveva precedentemente snobbata e considerata un'arrampicatrice sociale. La marchesa divenuta di lì a poco vedova, si risposò con il Conte Pino, un brillante generale napoleonico. A tel proposito ho letto un aneddoto che mi ha divertito. Pare che la contessa temesse che il suo bel generale potesse soffrire da inattiva da combattimento e gli fece quindi costruire una serie di fortezze e torri che sono ancora visibili nel parco. Il Conte, nominato tale per meriti di grande valore, da Napoleone in persona, organizzò un gruppo di cadetti e simulo numerose finte battaglie. La Marchesa, ora Contessa Pino, nella speranza di avere come ospite l'Imperatore, fece allestire un appartamento con pareti rivestite di seta gialla e broccati e la famosa "N" imperiali di cui, se mai vi capiterà, potete vedere una sala ancora esistente.

 
Nel 1815 la villa venne acquistata da Carolina di Brunswick consorte del Principe di Galles, (di cui vi parlerò di seguito in modo più approfondito) che le diede l'attuale nome. Fu grazie a questa dama singolare, avventurosa e davvero poco incline a lasciarsi comandare che la villa diventò più o meno quella che conosciamo oggi. Carolina spese moltissimo per abbellire la villa arruolando architetti e pittori per ridecorare le stanze e si indebito con il Principe Torlonia di Roma, che divenne il successivo proprietario. Quest'ultimo lasciò cadere la villa in uno stato di abbandono. Nel 1829 Torlonia vendette al Principe Domenico Orsini, che la rivendette dopo pochi anni, nel 1833 al Barone Gaetano Ciani. Quest'ultimo fece costruire il Padiglione della Regina, in onore di Carolina, in tromp-l'oeil.

Nel 1868 Villa d'Este venne affittata per due anni da Maria Feodorowa, futura zarina di Russia dal 1883, moglie dello zar Alessandro III, e madre dell'ultimo zar di Russia Nicola II. Maria Feodorowa fece rivivere al luogo i fasti del passato. Ricevimenti, feste con fiabesche luminarie nel parco e sulla costa, fuochi d'artificio e musiche. Alla sua partenze nessun sovrano o principe, nessuna famiglia voleva più assumere le enormi spese della manutenzione del palazzo e del parco.

 

A partire dal 1873, su iniziativa di un gruppo di imprenditori, tra cui il Conte Bellinzaghi e il senatore Besana, trasformano Villa d'Este nel lussuoso Hotel che mi trovo a osservare oggi, che all'inizio venne battezzato alla francese, come si usava in quel periodo, Hotel de la Reine d'Angleterre, facendone, da quel momento in poi, un punto di riferento per il jet set internazionale.

 

 

Hollywood sul lago

 

Hollywood sul lagoPrendo qualcosa da bere sul terrazzo sul lago e immagino tutte le persone note che sono passate di qui, magari qualcuno sulla stessa sedia dove sono seduto in questo momento, di certo lo scenario era il solito, anche la Luna è sempre la stessa. Il Grand Hotel Villa d'Este ha sempre avuto fama di coccolare i suoi clienti in qualsiasi modo possibile. Una volta Orson Welles si trovava qui mentre era intento a scrivere La Signora di Shangai e si disperò per un foglio che aveva distrattamente lasciato sul balcone e che volò in acqua. La leggenda vuole che il personale dell'albergo ripescò il foglio dal lago in qualche modo e lo riconsegnò allo scrittore asciutto. Ho letto da qualche parte che una volta il Duca di Windsor mentre era ospite qui avesse finito il suo specialissimo lucido per le scarpe che puliva personalmente (non sia mai). Venne creato una specie di ponte aereo da Londra per farglielo recapitare nel più breve tempo possibile. Ad ogni modo...nelle stanze di questa villa-albergo sono passati eserciti di potenti, divisioni di politici di tutti i colori, schiere di duchi, re e regine, presidenti, star di Hollywood, scrittori, cantanti, musicisti, stilisti. Il primo cliente fu Giorgio Ricordi, quello della famosa etichetta musicale, che affittò un intero piano del padiglione Regina d'Inghilterra ed ebbe come ospiti Giuseppe Verdi e poi Giacomo Puccini, che poi forse ispirato si comprò a sua volta una casa si lago, ma quello di Massaciucoli vicino a Lucca. Qui sono passati personaggi come il già citato Alfred Hitchcock, Rita Hayworth, i duchi di Windsor, Josephin Baker, Leopoldo del Belgio, Vittorio Emanuele, i principi di Monaco, Elizabeth Taylor, Frank Sinatra, Arturo Toscanini, Clark Gable, Greta Garbo, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Kirk Douglas, Robert Mitchum, Ingrid Bergman, Richard Burton, Gregory Peck, Robert de Niro, Barbra Streisand, Madonna, Mick Jagger, Bruce Springsteen, John Kennedy, Gorbaciov, Churchill, Ava Gardner, lo Scià di Persia, la Callas con Onassis e i recentissimi George Clooney, che possiede una villa da queste parti e che capita spesso all'Harry's Bar dell'hotel a volte con gli amici Brad Pitt e Angelina Jolie (più volte è uscita la notizia sul fatto che si sarebbero dovuti sposare proprio a Villa d'Este) e una delle suo ultime fiamme.

 

Continuo a guardare il lago, tocco con un ramo l'acqua, per assicurarmi che non sia di plastica, una quasi celebrità mi guarda mettendomi a fuoco, sicura di non conoscermi.

 

Carolina di Brunswick una Lady Diana di altri tempi

Carolina e Giorgio IV il giorno del matrimonioA Cernobbio, subito dopo le guerre napoleoniche, si insediarono, dal 1815 al 1817, Carolina di Brunswick, la sfortunata consorte del principe di Galles reggente d'Inghilterra, e poi Giorgio IV, figlio del re Giorgio III, il re pazzo. Nel 1794,  l'ambasciatore inglese Lord Malmesbury si recò nel piccolo regno del Brunswick per concordare le nozze tra il principe e Carolina che aveva all'epoca 14 anni, mentre Giorgio ne aveva 32. Carolina ebbe un'educazione rigidissima, non le era consentito avvicinarsi alla finestra, circolare nel palazzo, se non accompagnata da una dama di compagnia, le era quasi sempre vietato pranzare con la famiglia se c'erano ospiti, partecipare ai balli di Corte e neppure poteva rivolgere la parola ai sudditi del suo piccolo regno. Doveva studiare sotto la guida di vari precettori ed esercitarsi per diverse ora al giorno al clavicembalo. Leggeva, in francese e in tedesco, spaziando dai classici a Shakespeare, dalla poesia al romanzo, dalle biografie alla storia.

CarolinaSconfitti i timori iniziali Carolina partì per l'Inghilterra piena di speranze. Ma per una giovane principessa, l'ambiente della corte inglese era carico di insidie. Fu tanto amata dal popolo e dal re Giorgio, quanto osteggiata e invisa alla corte, detestata dal marito, il futuro Giorgio IV, assente e corrotto, e dalla regina madre, accredita da una stampa scandalistica che non gli diede pace, proprio come accadde con Lady Diana. Sbarcata in Inghilterra il 5 Aprile del 1794, giorno di Pasqua, a Greenwich venne accolta da Frances Villiers, contessa di Jersey, attuale amante di Giorgio, che era stata designata Lady of the Bedchamber (Dama di camera) di Carolina. Lo spendaccione Principe di Galles si era già segretamente sposato anni prima con la cattolica Maria Fitzherbert, ma il matrimonio venne in seguito dichiarato non valido.

Alla vista per la prima volta della sua futura moglie, Giorgio chiese un bicchiere di brandy e restò di pessimo umore, evidentemente deluso. Allo stesso modo, Carolina disse a Lord Malmesbury che l'aveva accompagnata che il suo futuro consorte era "molto grasso e non ha niente di meglio che essere bello come il suo ritratto". Il matrimonio venne comunque celebrato l'8 aprile 1795 nella Cappella Reale del St James's Palace a Londra. Alla cerimonia, Giorgio era ubriaco. I due sposi vissero sempre separati, ed ebbero relazioni intime pochissime volte. Da una di queste nacque la Principessa Carlotta, unica loro figlia legittima. Entrambi i principi avevano relazioni con amanti e l'opinione pubblica già la chiamava The Immoral Queen.

Carolina di BrunswickPoco dopo la nascita di Carlotta, Giorgio redasse un nuovo testamento dove lasciava tutti i suoi beni a Maria Fitzherbert, mentre alla moglie lasciava uno scellino. Da questo momento in poi, la popolazione inglese cominciò ad essere dalla parte di Carolina considerando Giorgio un perditempo sprecone. Dal 1797 la coppia di principi cominciò a vivere separatamente. Carolina andò a vivere a Blackheath avendo, pare, diverse relazioni amorose con militari e politici. Paradossalmente, un antenato diretto di Lady Diana , il ministro per gli affari interni Lord Spencer, fece parte della commissione pubblica istituita per esaminare la condotta di Carolina e le accuse di dissolutezza che le venivano rivolte da più parti. Il verdetto finale della commissione fu che le accuse nei confronti della principessa erano infondate.

Dalla fine del 1811 le condizioni di Giorgio III peggiorarono ulteriormente (la famosa Pazzia di re Giorgio) ed il principe di Galles venne proclamato reggente del regno.  Carolina venne ancor più isolata dal marito all'interno della società inglese. Poco tempo dopo la principessa si trasferì a Connaught House, nel quartiere londinese di Bayswater, da dove, con l'aiuto del politico liberale Henry Brougham, iniziò una campagna diffamatoria nei confronti di Giorgio, che fece lo stesso contro di lei. Ma l'opinione pubblica inglese anche questa volta si mise dalla parte di Carolina. La scrittrice di Orgoglio e Pregiudizio Jane Austen scrisse a tal proposito: "Povera donna, la sopporterò finché potrò. Soprattutto perché è una donna, e poi perché odio suo marito".

Carolina e Giorgio IVUmiliata dopo essere stata confinata presso Windsor, lontana da tutti, Carolina decise di andarsene dall'Inghilterra. Negoziò con il governo inglese, un finanziamento annuale di 35.000 sterline e l'8 agosto 1814 lasciò l'Inghilterra pochi mesi dopo la caduta definitiva di Napoleone. Dopo una breve passaggio di due settimane nella natia Brunswick, Carolina arrivò in Italia dalla Svizzera. La principessa prese al suo servizio come valletto un italiano di nome Bartolomeo Pergami che nel giro di poco tempo divenne suo segretario personale, guardia del corpo e, probabilmente, amante. Alcune fonti sostengono che la principessa incontrò Pergami e Milano, altre che lo incontrò proprio a Villa d'Este, presentato dal Generale Pino ufficiale napoleonico, da cui poi comprò la villa. Verso la metà del 1815 Carolina acquistò Villa d'Este dai Pino. La moglie del Conte Pino che chiamavano "la Pelusina", aveva rinverdito i fasti del luogo. Questo fu, senza alcun dubbio, uno dei capitoli più interessanti della Villa. Probabilmente la futura regina trascorse uno dei periodi più belli della sua vita proprio a Cernobbio.

Come ho già accennato fu lei a dare l'attuale nome alla dimora, precedentemente chiamata Villa Garovo, dedicandosi ad abbellirla ancora di più. Carolina fu molto ben voluta dalla gente di Cernobbio, così come lo era stata dagli inglesi per il fatto di essere molto generosa. Fece costruire una strada che univa Cernobbio a Como, una biblioteca e un teatro, andati perduti. Dopo una crociera nel mediterraneo, che vedeva Carolina accompagnata dal Pergami, i pettegolezzi  sulla sua relazione con il valletto dilagarono in tutta Europa. Oberata dai debiti Carolina fu costretta a vendere Villa d'Este e a trasferirsi nei pressi di Pesaro. Qui venne a sapere dopo che la figlia, l'adorata Carlotta, era morta di parto. Intanto Giorgio, sempre più incattivito, cercava di portare avanti le pratiche del divorzio, tentando di provare che Carolina fosse una adultera. Il governo inglese cercò di patteggiare un accordo con la principessa, proponendogli un aumento della sua rendita, in cambio della rinuncia al titolo di principessa di Galles, offerta che non venne accettata. Il 29 gennaio 1820, morì re Giorgio III. Suo marito divenne re con il nome di Giorgio IV e lei, anche se solo nominalmente, regina del Regno Unito. Disse addio a Pergami e tornò in Inghilterra.

Processo a CarolinaIl governo inglese, vista l'impopolarità di tutta la vicenda, si rifiutò di concedere il divorzio al sovrano arrivando ad offrire un aumento annuo di 50.000 sterline alla regina, a patto che restasse all'estero. Poco dopo tuttavia cominciò un processo pubblico contro di lei atto a dimostrare la sua infedeltà al re e la relazione con il Pergami. Vennero chiamati numerosi testimoni italiani, tra cui barcaioli del lago di Como e giardinieri, che divennero famosissimi per le loro risposte - in italiano - "non ricordo", un' espressione passata nel gergo giudiziario d'oltremanica. Il processo, sempre per il timore di eventuali tumulti, anche se la regina venne considerata colpevole, si concluse in un nulla di fatto e la sentenza fu annullata. Il giorno dell'incoronazione di Giorgio IV, nel luglio del 1821, Carolina si presentò a Westminister ma non venne fatta entrare. Subito questo smacco di lì a poche ore si senti male, andando progressivamente a peggiorare, fino al 7 agosto, giorno in  cui si spense definitivamente: aveva 53 anni. Si sospettò da allora sul fatto che fosse stata avvelenata per ordine del re. Alla processione funebre, che doveva arrivare fino alla costa per imbarcare il corpo della regina, venne negato di attraversare il centro di Londra.  I sostenitori di Carolina, eressero delle barricate per costringere il corteo a passare per il centro di Londra. Ci furono degli scontri e anche due morti. Per evitare altre sommosse, il capo della polizia concesse infine l'attraversamento del centro di Londra. Come risultato, il capo della polizia venne rimosso qualche giorno dopo. La sfortunata regina venne sepolta nella sua Brunswick  (Braunschweig in tedesco) il 24 agosto dello stesso anno nella cattedrale cittadina.

Summit di grandi potenze

 

A Villa d'Este si incontrarono nel maggio del 1939 i ministri degli esteri italiano e tedesco, Ciano e Von Ribbentrop.  Nell'agosto sempre del 1939, giunse a Villa d'Este l'ambasciatore giapponese in Italia Toshio Shiratori, raggiunto dall'ambasciatore giapponese a Berlino Hiroshi Oshima, che dichiararono, in una conferenza stampa, l'adesione dell'Impero giapponese all'alleanza tra Germania nazista e l'Italia fascista. Di lì a pochi giorni la Germania avrebbe attaccato la Polonia, dando il via alla Seconda Guerra Mondiale.

 

Delitti e misteri a Villa d'Este

Pia BellentaniNel 1947 Rita Hayworth passava per Villa d'Este, accompagnata dal compositore svizzero Stauffer. Le persone del luogo che la videro pensarono che la diva americana fosse molto più alta, molto più bionda, forse molto più bella della star che avevano ammirato al cinema e rimasero un po' delusi. L'anno dopo, nel 1948 l'Italia intera si schieò per Pia Bellentani, la contessa protagonista del "delitto dell'ermellino". Nel settembre ancora caldo di quell'anno la contessa Bellentani da Polenta uccise il suo amante Carlo Sacchi, industriale comasco (manco a dirlo) della seta. Un colpo di pistola calibro 9, fulminante. Al processo dissero che se avesse sparato altre 500 volte non avrebbe colpito il bersaglio, il cuore dell'amante. Fu la prima e l'ultima volta che la contessa impugnò un'arma in vita sua. Il delitto attirò da subito la curiosità dei lettori e i giornali aumentarono non poco la loro tiratura. Fu definito il "delitto del secolo" a cui seguì il "processo del secolo". L'Italia era appena uscita dalla guerra, le città erano ancora piene di macerie e l'unico traffico che si intravvedeva per le vie era quello di biciclette malmesse. I due amanti avevano entrambi due figli, si erano conosciuti tra i giri bene a Venezia nel 1940.

Dellitto dell'ErmellinoNel 1948 Sacchi considerava la sua relazione già conclusa, ma non così la contessa che si avvicinò a lui alla festa a Villa d'Este nei pressi del bar, dicendogli "Bada che ti uccido", al che lui rispose "Spacconate da terrona". Carlo Sacchi, poeta dilettante, che scrisse in dialetto meneghino un poema erotico in 3999 versi, poi usato contro di lui al processo, amava conquistare le donne, o circondarsi di esse, anche quando erano ormai parte di un mondo decadente e decaduto. Gli avvocati difensori dipinsero Sacchi come un pervertito e l'opinione pubblica si schierò come detto, fin da subito, dalla parte della Ballentani. La Contessa, fu difesa in modo straordinario in particolare dall'avvocato Angelo Luzzani, con un' arringa fiume, che durò il tempo record ben otto giorni. Come disse il grande Gianni Clerici in un suo articolo sul Corriere Luzzani "Parve a molti che quel grande avvocato difendesse non soltanto una omicida, ma un' intera classe sociale". La Bellentani venne condannata e riconosciuta semi inferma di mente (quello che voleva la difesa) e rinchiusa nel manicomio criminale di Aversa per 8 anni,  dove per compagne di prigionia ebbe, tra le altre, la terribile Saponificatrice di Coreggio, Leonarda Cianciulli, e una delle sorelle Cataldi, entrambe pluri-assassine. Tuttavia la sua ricchezza gli permise di avere una cella tutta per sé e ottenere addirittura un pianoforte su cui esercitarsi e passare il tempo. Soltanto tre anni prima dell'omicidio Sacchi, la guerra era finita e, non molto lontano da Cernobbio, a Giulino di Mezzegra, con un' altra esecuzione, veniva ucciso Benito Mussolini e finiva una pagina inquietante della storia d'Italia.

Pia Bellentani uscì dal carcere il 23 dicembre 1955. L'inviato del settimanale Oggi che avrebbe dovuto descriverne la scarcerazione, Enrico Roda, non telefonò alla redazione di Milano. Il pezzo, non suo uscì lo stesso, con poche righe. Si seppe poi che Roda aveva aspettato la contessa senza intervistarla ma con un mazzo di rose rosse andando in seguito a convivere con lei. Uscita di prigione tornò nel suo Abruzzo, a Sulmona, e poi si trasferì a Roma con le sue due figlie (il marito che la difese sempre morì pochi anni dopo a Montecarlo). Dopo anni di curiosità, l'Italia del boom, del miracolo economico e della dolce vita l'aveva dimenticata. Quando uscì di prigione aveva solo 32 anni. Fu Aldo Moro, allora ministro della giustizia, a firmare il decreto per il suo rilascio. Mori nel 1980.

Oltre al Giallo dell'Ermellino ci furono altri due omicidi alla villa. Quello di Adriana Mandelli e quello di Guglielmo Hoemberger. La notte di Natale del 1967 Villa d'Este fece da sfondo ad un altro omicidio passionario, quando il barbiere dell'Hotel Nicola Pangrazio che uccise la sua amante Adriana Mandelli che, secondo l'omicida, circuiva il figlio sedicenne. Pangrazio prese 14 anni di carcere. L'omicidio di Hoemberger da parte di Bruno Merazzi si portò dietro un'altra storia incredibile.

 

Lo strano caso della grazia presidenziala a Bruno Merazzi

 

Facendo ricerche su Villa d'Este mi sono imbattuto in questo caso di un po' di anni fa veramente curioso. Bruno Merazzi era un pugile dilettante quando uccise nel giardino dell'Hotel Villa d'Este di Cernobbio, una mattina del 1939, Guglielmo Hoemberger, che i giornali di allora definirono "eccentrico" visto che "osava" fare bagni di sole disteso seminudo sull'erba di un prato ai piedi di una statua di Ercole. Merazzi lo derubò di qualche gioiello e un po' di denaro. Il corpo della vittima venne ritrovato qualche giorno dopo in uno stagno con sassi legati ai piedi e al collo. L'assassino venne arrestato e sottoposto a processo e condannato a 30 anni di reclusione, dopo avere anche rischiato la pena di morte, allora in vigore in Italia. Venne rinchiuso nel carcere di Castelfranco Emilia. La prigione venne distrutta durante un borbandamento areeo alleato durante la Seconda Guerra Mondiale. I reclusi che si salvarano, e tra questi c'era Merazzi, vennero in gran parte catturati dai tedeschi e mandati nel campo di concentramento di Buchenwald.

 

Il Presidente EinaudiL'ex pugile riuscì a salvarsi anche da Buchenwald, ma tornò in Italia praticamente in fin di vita, ridotto a una larva umana. Fu nuovamente arrestato per finire di scontare la sua condanna per l'omicidio del '39. Sarebbe dovuto uscire nel 1965, ma si ammalò di cancro che secondo il medico che lo visito gli lasciavano due mesi di vita nel 1954. L'avvocato di Merazzi e sua madre fecero un appello per la grazia, vista l'imminente morte, al Presidente della Repubblica di allora Einaudi, che la concesse. I giornali riportarono le parole commoventi della madre di Merazzi "È tornato per morire su questo letto, dove era nato una mattina che c'era tanto sole".  Ma poi succede qualcosa di incredibile e che fece un certo scalpore: Merazzi non muore, anzi ritorna in forma smagliante e riprende 25 chili di peso. I giornali parlano di una cura miracolosa svizzera proveniente dal policlinico di Zurigo. Un'inchiesta del settimanale l'Europeo farà poi luce sull'accaduto dimostrando che era stata semplicemente sbagliata la diagnosi di malignità del tumore. In ogni caso Merazzi dopo una vita più che travagliata aveva riconquistato la libertà. Non chiarì mai le dinamiche dell'omicidio che lo avevano visto coinvolto.

Una questione di fisica

Enrico FermiNel luglio del 1954 a Villa d'Este arrivò il fisico e premio Nobel Enrico Fermi per partecipare a un convegno, una persona di poche parole. Osservava il lago, sorrideva senza rispondere alle domande dei giornalisti, o degli altri ospiti dell'hotel, si teneva stretto alla sua giacca di lana benché facesse un discreto caldo e gente a pochi metri si tuffasse nel bagno nel lago. Fermi era considerato uno dei padri della progetto Manhattan, insieme a tanti altri fisici tra cui Albert Einstein, che sviluppò la bomba atomica. Le persone non erano ancora del tutto consapevoli dei danni che l'energia atomica provocava. Il barcaiolo che accompagnò Fermi al molo della Villa chiese ridendo se l'atomica poteva ringiovanire gli uomini e, dato che sia lui sia lo scienziato erano calvi, se c'era qualche speranza che facesse almeno ricrescere i capelli. In quel momento arrivò un altro celebre fisico, il Professor Rossi, che aveva recentemente scoperto l'antiprotone, che chiese a Fermi: "Non ho ben capito la tua teoria sulla relazione fra la velocità della particella infinitesimale e le nuvole." Fermi, con il suo ormai caratteristico italiano dall'accento americano, rispose quasi scuotendosi dal torpore come se stesse parlando di una cosa ovvia: "La velocità della particella è proporzionale a quella della nuvola e si esprime in beta uguale sen alfa." Il professor Rossi non capì un accidente ma non lo ammise mai mentre il barcaiolo ancora presente con le orecchie tese faceva di si con la testa.

La riunione del gruppo Bilderberg

Enrico FermiNell'aprile del 1965 si tenne a Villa d'Este l'incontro dell'ormai famoso gruppo Bilderberg (nato nel 1953), di cui oggi fa parte, come si sa anche Mario Monti. Allora, l'incontro organizzato da Bernard Von Lippe, marito della regina Beatrice d'Olanda, anch'essa presente, contava 90 personalità, tra gli altri partecipanti: Filippo di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta d'Inghilterra; George Ball, sottosegretario di Stato americano, il ministro della difesa inglese Healey; David Rockfeller banchiere, allora come oggi tra gli uomini più ricchi del mondo (a cui si ispirò la figura disneiana di Rockerduk); l'"Avvocato" Gianni Agnelli; Guido Carli presidente della Banca d'Italia; gli onorevoli La Malfa, Rumor, Petrilli, Malagodi; il vicepresidente della Comunità Europea Robert Marjolin; Leopoldo Pirelli; il presidente dell'Eni Eugenio Cefis; il segretario della Nato Manlio Brosio. Eugenio Cefis, secondo alcuni, fu una delle figure più controverse e a tratti sinistre della cosiddetta Prima Repubblica, tra gli anni '60 e la fine degli anni '70 per il suo ruolo nella loggia massonica P2 e i forti sospetti avanzati da Mauro de Mauro e Pier Paolo Pasolini su un suo coinvolgimento nell'attentato a Enrico Mattei, cui succedette come Presidente dell'ENI. Mauro de Mauro fu in seguito ucciso a Palermo dalla mafia, proprio mentre indagava per conto del regista Francesco Rosi sulla morte di Mattei. Secondo altri, come l'economista Giulio Sapelli, la fama oscuro di Cefis, il "Partigiano bianco" era del tutto immeritata.

Ci fu un'altra riunione del gruppo Bilderberg nell'aprile del 1987, organizzato da Alfredo Ambrosetti, con la presenza di molti italiani tra cui, oltre a Gianni Agnelli: Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi, Luigi Calligaris (che poi sarebbe stato tra i futuri fondatori di Forza Italia); Cesare Romiti; Franco Reviglio (allora presidente e amministratore delegato dell'Eni, ma più volte ministro); il diplomatico Renato Ruggiero; Gaetano Scardocchia (allora direttore del quotidiano La Stampa, tra gli autori dell'inchieste "Il caso Lockheed" del 1976 che portò alle dimissioni del Presidente della Repubblica Leone); Paolo Zannoni, (allora vice presidente della Fiat Usa, per il settore difesa, poi diventato uno dei manager di punta della Goldman Sachs per l'Europa); Mario Monti (presente per la prima volta all'incontro del 1994).

Tra i temi trattari in questo incontro ci furono, la strategia da adottarsi con l'Unione Sovietica, le politiche del commercio e del protezionismo, il ruolo del settore pubblico nella crescita economica, il ruolo crescente della Cina, il dibattito sul controllo degli armamenti.

Che dire del gruppo Bilderberg? Di certo per i partecipanti meno noti diventa un bel biglietto da visita e un notevole "porta fortuna."

Forum Ambrosetti

"Non ci sono più soldi per pagare sprechi." Sunto del Forum Ambrosetti del 1982 tra Beniamino Andreatta e Gianni de Michelis.

 

Furum AmbrosettiPassiamo all'incontro, o meeting, o workshop, o riunione di lavoro, anche conosciuto come Forum Ambrosetti (fate voi) che si tiene a Villa d'Este ogni inizio settembre dal 1975. Passeggiando nello splendido parco della villa, leggendo gli archivi dei giornali e andando a spulciare qua e la, ho cercato di farmi un'idea di questo avvenimento, politico, economico, sociale che riempie immancabilmente le pagine dei giornali e dei telegiornali ogni anno in questo periodo. Innanzi tutto mi sono chiesto "chi paga tutto questo e quanto costa"? Ancora non sono riuscito a trovare la risposta. In una recente puntata del programma Report (del 21/10/2012) su Rai3, si faceva riferimento al fatto che l'Inps aveva pagato 13mila euro per la partecipazione del suo presidente Antonio Mastrapasqua al meeting. Poi nulla più. Sul sito del Forum Ambrosetti, ad esempio, leggo il titolo del programma, ad altissimo rischio di sbadigli, "Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive". Il titolo dell'incontro di apertura recita "Quale leardershep in questa epoca di paradossi?" Insomma, roba piuttosto tecnica. Dai twitt che vengono fuori durante i convegni in tempo reale emerge che molti non riescono a non addormentarsi. Per i giornalisti presenti agli incontri vige la famigerata Chatham House Rule. Questa regola dice che si può parlare in generale di quello che si dice ai convegni, ma non si può dire chi l'ha detto specificatamente.


Alfredo AmbrosettiL'idea di questo incontro di tre giorni a Villa d'Este, nasce da Alfredo Ambrosetti nel 1974, dopo un colloquio in treno tra lo stesso Ambrosetti e lo scienziato Umberto Colombo. La prima edizione fu nel 1975, con una formula che da allora non è mai cambiata, tre giorni e tre temi. I primi relatori furono l'economista Beniamino Andreatta, il sociologo Francesco Alberoni e lo stesso Colombo. Vennero invitate tutte le grandi aziende italiane, ma fu un flop, i partecipanti furono in tutto 14. Il secondo anno i partecipanti furono 37. Dall'edizione del 1977 fa la sua comparsa a Mario Monti negli anni '80Cernobbio la vera anima dell'evento, Mario Monti, che Ambrosetti intervista per Panorama, dicendo: "Monti è arrivato da noi nel '77, quando il seminario era alla sua terza edizione. È stato l'anno del salto di qualità, quando il seminario ha preso una fisionomia più precisa e internazionale, grazie alla collaborazione di Franco Modigliani, non ancora premio Nobel. In quell'occasione spuntò quel giovane economista così serio e preciso, mi colpì subito per la sua competenza e la proprietà di linguaggio: mai un aggettivo fuori posto, mai una sbavatura. Da quel momento decisi che la sua sarebbe stata una  collaborazione preziosa."

 

Romano Prodi nel 1986Da allora Monti è sempre stato relatore del convegno di Cernobbio costruendosi una rete di relazioni internazionali di tutto rispetto. Solo nell'ultima edizione è stato "ospite" in qualità di Presidente del Consiglio. Poi parlando del rapporto tra Monti e Napolitano aggiunge: "Con Napolitano c'è sempre stata una forte corrente di simpatia e di stima reciproca, per quel che posso testimoniare. Il presidente è stato un ospite assiduo del seminario e Monti ha sempre curato di persona le sessioni che lo hanno riguardato". Napolitano come si sa avrebbe poi nominato Monti Senatore a Vita. Dalla terza edizione in poi dove parteciparono Romano Prodi Franco Modigliani (premio Nobel per l'Economia nel 1985) ci furono un boom di iscrizioni e la decisione di imporre un numero chiuso di 200 invitati, cioè quanti ne entrano nella Sala Impero di Villa d'Este (nella foto) e mettere gli altri in lista d'attesa.

 

Villa d'Este - Sala ImperoPoi ovviamente fuori ci sono centinaia di giornalisti pronti ad assalire di domande i potenti d'Italia e del mondo circa il nostro futuro. In questi anni gli incontri di Cernobbio sono diventati il salotto italiano establishment mondiale. Ospiti molto presenti negli anni sono stati anche Giulio Tremonti e Corrado Passera, letteralmente di casa quest'ultimo. Un altro è stato Cirino Pomicino (che ora grida ai quattro venti che Monti era suo assistente al ministero delle finanze tra '89 e il 92). Non sono mancati vari momenti clou durante questi anni. Nell'edizione del 1993 Gianni Agnelli, che arrivava in elicottero, disse una frase lungamente riportata: "Il capitalismo è una parola inappropriata e sorpassata, ma non ci sono alternative". Nel 1994 gli imprenditori si videro arrivare, spaventati dopo mani pulite, Antonio Di Pietro che in realtà seppelliva l'ascia di guerra: "Basta con lo scontro, passiamo alla collaborazione affinché ciò che è successo non si ripeta più". Altri assidui partecipanti italiani di quegli anni erano oltre all'onnipresente Mario Monti, Giovanni Goria, Sabino Cassese, Leopoldo Elia, Nino Andreatta, Tommaso Padoa Schioppa, Romano Prodi, Gianfranco Miglio, Franco Bernabè, Carlo de Benedetti, Silvio Berlusconi, Mario Schinberni, Steno Marcegaglia e Guido Rossi.

 

Peres a Dick Cheney parlano a CernobbioNel 1995, presenti al Forum Ambrosetti ancora l'Avvocato Agnelli e Marco Tronchetti Provera, c'era Giuliano Amato, in un dei suoi molteplici incarichi (allora era presidente dell'Antitrust). Tutti a parlare di come l'Italia ce l'avrebbe fatta durante le crisi di quegli anni e di come la nostra vecchia lira sarebbe potuta rientrare, dopo essere uscita, nello Sme, il sistema monetario europeo prima dell'Euro. L'ex Segretario di Stato americano Kissinger mostrava ottimismo con una sua logica nebulosa perché, diceva a un pubblico di giornalisti che pendeva dalle sue labbra, in fondo l'Italia ce l'ha sempre fatta. A chi gli chiedeva qualcosa di meno vago che giustificasse il suo gettone di presenza, Kissinger ripose: "Se penso all'Italia del 1946 e vedo com' è l'Italia oggi, mi convinco che le vostre attuali difficoltà siano relativamente piccole rispetto a quelle che avete superato allora". I politici attuali si potrebbero segnare queste perle di saggezza e, quando sono in difficoltà dire che l'Italia uscita dalla Secondo Guerra Mondiale era pur sempre peggio. Anche l'allora ambasciatore italiano Sergio Romano, presente come il prezzemolo in tutto questo genere di convegni, era molto ottimista.

 

Le parole chiave cambiano, rispetto alle figure degli interlocutori, a seconda che siano economisti, industriali, politici o sindacalisti, ma nel corso degli anni, appaiono abbastanza simili. Per esempio per i sindacati la parola chiave più usata dal 1975 era "I lavoratori hanno già dato". Le imprese, da parte loro, dicono di avere fatto la loro parte e chiedono ai politici meno tasse e più incentivi agli investimenti. Gli economisti, ispirati forse dal panorama idilliaco, sono quasi tutti propensi a ostentare ottimismo dando ricette varie per superare o prevenire una crisi, senza quasi mai prevederle o, come direbbe Di Pietro azzeccarci.

Certo, si sostiene da più parti (e probabilmente è così), che la cultura economica italiana deve tantissimo alla "cattedra" di Cernobbio.  Ma se ha avuto questa così grande influenza nel nostro tessuto economico, siamo poi sicuri che il Forum Ambrosetti sia servito allo scopo, alla luce di con'è oggi l'Italia, oltre a quello, sempre raggiunto, di riempire per tre giorni all'anno il contenitore mediatico italiano?

 

I furti di Villa d'Este

 

Renato PucciNel 1967 ci fu un furto di gioielli del valore di 100 milioni di lire di allora (circa due milioni di euro attuali) che fece abbastanza scalpore. Pochi mesi dopo venne arrestato come autore del furto, Renato Pucci, di 79 anni, ex elettricista, detto "Il Torinese", ma che in realtà era di Bologna, ma chiamato anche "Il Gentiluomo", mentre cercava di vendere parte della refurtiva a Milano. Considerato il re dei topi d'albergo, Pucci, che non voleva saperne di andare in pensione, riusciva a ingannare tutti con le sue buone maniere. Dopo i fatti di Villa d'Este venne assolto per infermità mentale e rinchiuso nel manicomio giudiziario di Reggio Emilia. Uscito dopo tre anni venne nuovamente catturato a Venezia mentre tentava un altro colpo all'Hotel Danieli. Venne arrestato ancora nel 1973 a 85 anni dopo un'altra serie di furti. Anche a quelle veneranda età Pucci era considerato il terrore dei portieri d'albergo, che con la sua gentilezza riusciva sempre in qualche modo a ingannare. La rivista dei portieri d'albergo, "Chiavi d'Oro" metteva sempre una sua foto tra le sue pagine e cercava di mettere in guardia i suoi iscritti raccontando per filo e per segno le sue gesta e il suo "modus operandi".  Questa era la sua tecnica: arrivava in un noto albergo, più di lusso meglio era, e prendeva una camera per qualche giorno. Si prendeva il tempo per studiare le abitudini dei clienti, poi una mattina, quando tutti erano impegnati per la colazione, svaligiava le loro camere. Riusciva a riempire spesso la sua valigia di gioielli, poi chiamava un taxi, pagava il conto lasciando anche una mancia, spendeva parole di ringraziamento per il personale e se ne andava. Nella sua "carriera" lunga più di 60 anni non usò mai violenza con nessuno, non sarebbe stato in grado di fare del male a una mosca.

 

Nel luglio del 1983 venne rubato a Villa d'Este il collier di diamanti da 120 milioni di lire dell'epoca (375 mila euro attuali)  della suocera di Christiaan Barnard, il chirurgo sudafricano celebre per avere effettuato il primo trapianto di cuore al mondo. Il collier non venne mai più ritrovato.

 

Nel 1998 si verificò un furto miliardario (c'erano ancora le lire) di oggetti di antiquariato e argenteria del '700 e '800. I ladri saccheggiarono la villa annessa all'albergo, in cui viveva il direttore dello stesso, con un colpo spettacolare venendo dal lago, probabilmente con un gommone.

 

Infine un'immancabile fantasma

 

Fantasmi nel lago di ComoIn un luogo come Villa d'Este non poteva di certo mancare un fantasma che pare si aggiri nel parco, con un lungo velo di candido chiffon. La gente del luogo racconta, sicuramente esagerando, che appartenga a una ricca signora, lì uccisa nel 1940 da un ladro che giunse a mozzarle le dita per strapparle gli anelli. Ho personalmente cercato negli archivi dei giornali la notizia di un omicidio alla villa nel 1940 ma non vi ho trovato traccia. Se qualcuno trova qualche riferimento ci scriva.

 

Nel 1976 nel golf club di Villa d'Este cadde un fulmine. La probabilità che un fulmine ti colpisca non è molto alta, ma in quel caso risparmiò i clienti dell'albergo, già baciati di loro dal destino, colpendo però due "caddy", due sfortunati ragazzi che portavano le mazze da golf per i giocatori. Uno di loro, Mario Fuselli, 15 anni morì sul colpo.

 

Mi rimetto a guardare il lago, cercando uno spunto per il buon umore perduto.

 

Di M.Serra per Informagiovani-Italia

 

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