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Abbazia di San Galgano – Eremo
Montesiepi
Sono i
colori uniti alle forme a colpire l'animo quando si arriva all'Abbazia di
San Galgano (Siena),
defitita, lo "scheletro" più bello del mondo.
Un unisono di antichità, storia medievale e mistero, immerso in paesaggio
unico come quello toscano. Forse non molti conoscono la suggestione
di questo luogo, ad una trentina di
chilometri da Siena. Qui, i monaci cistercensi
iniziarono la costruzione di una chiesa abbaziale in
stile gotico, nel 1218, poi completata nel 1288.
Abbazia che fu rigogliosissima per secoli,
condizionando, col peso della sua potenza economica,
anche la politica della repubblica senese. Quello che oggi rimane è
appunto lo scheletro in pietra
della struttura, senza tetto. Ancora là in piedi,
radicata al terreno.
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San
Galgano si trova nella parte orientale del territorio comunale di
Chiusdino, in una
vasta piana una volta paludosa, ai piedi di un piccolo poggio chiamato
Montesiepi, coi ruderi della chiesa, noti non solo per la profonda
suggestione della località e dei cospicui avanzi del monastero e del tempio
annesso, ma anche per esser stata la sede di una delle più potenti comunità
monastiche della Toscana centro-meridionale e per la rilevanza
architettonica di questi grandiosi resti, uno dei primi e fondamentali
esempi di Gotico cistercense in Italia. Le due costruzioni, il tempietto
circolare romanico sulla collina di Montesiepi, Eremo o Rotonda di Montesiepi
(1185) e la vasta abbazia alle sue pendici, sono legate alla vicenda
religiosa di Galgano Guidotti, cavaliere di Chiusdino, poi eremita
nella solitudine della Val di Merse. Questi luoghi custodiscono la tomba di San Galgano
e la mitica spada nella roccia
che ha tracciato il destino di questi luoghi.
I monaci, come si sa, edificavano i loro monasteri o in luoghi desolati,
bonificandoli, o dove c’era un buon flusso di pellegrini diretti ad un
qualche luogo santo, o da esso reduci, ristorandoli e se del caso curandoli.
Questo era un luogo di pellegrinaggio, meta di innumerevoli pellegrini
attirati dall’aurea leggenda di San Galgano.
L'Abbazia è legata del santo che qui nel 1180 iniziò a vivere
un periodo da eremita. Galgano Guidotti di Chiusdino era un cavaliere
toscano, diventato poi eremita su questo collina, che porta il nome di
colle di Montesiepi. La decisione fu indotta da vari sogni e visioni che
lo portarono a rinnegare la sua vita precedente e ad affrontare un profondo
cambiamento interiore. La leggenda narra che proprio qui, Galgano infilò la
sua spada nella roccia come segno di distacco dalla vita precedente. Era il
giorno di Natale di quel lontano anno, egli inflisse nel terreno la sua
spada allo scopo di trasformare l'arma in una croce. La spada rimase
conficcata nella pietra per i lunghi secoli fino a noi... e oggi è ancora
lì, esposta a curiosi e devoti. Non saranno forse pochi tuttavia, una volta
visitati questi santi luoghi, a domandarsi semmai sia vera la tradizione
popolare che in realtà riconosce il condottiero poi diventato santo, in
Guglielmo X d'Aquitania, padre di Eleonora, e legato in
qualche modo alle vicende dei miti arturiani e al Santo Graal
così come descritte da Chrétien de Troyes, poeta francese di
letteratura medievale vissuto nel XII secolo e noto Trouvère di
romanzi dedicati al ciclo bretone (autore tra l'altro del Le Roman de
Perceval ou le conte du Graal, opera
nella quale per la prima volta viene menzionato il Santo Graal).
Prima di lasciarsi prendere la mano da qualche audace nuovo re Artù
(oltretutto la spada è protetta da una teca in vetro), resterete sicuramente
meravigliati dalla splendida architettura che questo luogo ancora conserva.
La
geometria sacra di questi luoghi è incomparabile. Il sito di per sé è
costituito dalla carcassa della struttura dell'Abbazia di San Galgano,
ridotta alle sole mura e senza il tetto, e a 6 minuti di cammino, dalla
Rotonda (l'Eremo) ancora ben conservata. I lavori di costruzione
dell'abbazia vennero completati nel 1268, quando fu ufficialmente consacrata
dal vescovo di Volterra (Alberto Solari). Furono quelli anni di grande
prestigio e ricchezza finanziaria per l'intero complesso: i monaci andavano
assumendo un ruolo determinante nella vita economica e culturale della
Repubblica di Siena; tanto importante che a loro furono assegnate
responsabilità architettoniche, come quelle della costruzione della
Cattedrale di Siena
(viene riportato che frate Melano dell'Abbazia di
San Galgano, nel 1266 assunse Nicola Pisano per la realizzazione del
celebre pulpito della cattedrale), e poi bonifiche e costruzioni di
acquedotti, fino ad importanti ruoli finanziari, come la gestione
dell'erario della stessa Repubblica. Il patrimonio fondiario del monastero
era tale, da scatenare una contesa tra la Repubblica di Siena ed il Papato.
La carestia e la peste che imperversava in città nella prima metà del XIV
secolo non risparmiò nessuno, neanche i monaci. Nel XVI secolo, l'ordine
abbaziale risultava ancora in auge, ma nel secolo successivo le
testimonianze storiche documentano di una parte del tetto crollato e del
crollo totale dello stesso due secoli dopo per via di un fulmine. Nel 1576
venne riportato che abitasse presso il monastero un solo monaco. Dopo la
serie di sventure, nel 1789, con la Rotonda di Montesiepi elevata a Pieve,
la grande abbazia venne sconsacrata e lasciata definitivamente alla rovina.
Il restauro della chiesa fu eseguito — a scopo di consolidamento e con
parziali anastilosi — alla fine del XIX secolo. Anche ciò che resta del
complesso abbaziale a sagrestia, la sala del Capitolo, il dormitorio, la
sala dei monaci e parte del chiostre offre un analogo effetto di qualità
esecutiva.
La
struttura in rovina della chiesa presenta l'abside volta ad est ed ha una
facciata a doppio spiovente. Pavimento e copertura sono oggi inesistenti.
L'edificio misura 69 metri di lunghezza per 21 di larghezza e
originariamente era a pianta a croce latina, a tre navate e con il portale
maggiore ancora decorato con un fregio in cui sono scolpite delle figure.
Nel lato sinistro della struttura risulta notevole il prospetto del
transetto, con elementi architettonici di grande rilievo; così in
particolare l'abside, racchiusa tra due contrafforti e con due ordini di
aperture di tre monofore ad arco a sesto acuto. Nella fiancata destra, stava
il chiostro e oggi si possono ancora notare i segni di quella che costituiva
la vita sociale dell'abbazia. Tra le varie aree della struttura,
all'estremità meridionale del pian terreno si trovava un vasto ambiente,
conosciuto come lo scriptorium, dove i monaci copiavano i
manoscritti.
L'ambiente meglio conservato è il Capitolo, bassa e vasta aula, aperta con
due bifore a doppie colonnine, di gusto prettamente romanico, fornita di
volte a crociera che poggiano su pilastri costituenti due navate. Del
chiostro rimane un elemento angolare con una serie di archetti a tutto sesto
sostenuti da colonnine binate.
L'imponente rudere presenta una facciata fornita di tre portali: quello
centrale ha un architrave decorato a girali e il soprarco rivestito in
travertino leggermente archiacuto. Al di sopra si aprono due finestre
ogivali. L'interno manca completamente delle volte, crollate nel Seicento.
Il pavimento è ricoperto d’erba, e da esso s’innalzano piloni a fascio, che
formano le tre navate e su cui s'impostano lesene destinate a sostenere le
volte, le cui nervature posano su mensole coniche. La dicromia s'ispira a
forme locali di tradizione romanica, qui fuse con elementi di origine gotica
transalpina. Ogni particolare architettonico mostra una grande qualità
esecutiva: così nei rosoni, ciò che rimane mostra una notevole eleganza
formale nelle lobature e negli intagli
A circa 800
metri, l'Eremo di Montesiepi si presenta nella sua singolare forma
cilindrica con architettura in travertino e mattoni, e decorazioni di
sculture simboliche e uno stemma mediceo. Da un lato è posta una piccola
abside con analogo rivestimento. Al corpo circolare si appoggia una cappella
laterale quadrangolare con rivestimento ancora in laterizio e travertino.
All’interno, nella volta della cappella rotonda, sotto la quale si conserva
la roccia tradizionalmente creduta di San Galgano (la spada che il Santo vi
infisse è di imitazione) si ripetono le fasce ornamentali dell'esterno.
Questa struttura è più antica
della grande Abbazia. Fu edificata tra il 1182 ed il 1185, sulla collina
dove San Galgano visse il suo ultimo anno di vita e proprio nel punto in cui
infisse la sua spada nella roccia. Al suo interno è situata la tomba,
posizionata a nord della spada e verso la porta d'ingresso, in direzione
Chiusdino. Cattura particolare
l'attenzione l'ambiente interno, decorato in stile romanico pisano-lucchese.
La cappella quadrangolare ha volte a crociera con le pareti decorate da
affreschi, opera trecentesca di Ambrogio Lorenzetti e aiuti, con la
Visione di San Galgano, San Michele che conduce San Galgano nella
corte celeste, Figure di Santi e Profeti, la Madonna in maestà
e Annunciazione. Gravemente deteriorati e assai ridipinti, gli
affreschi hanno ricevuto un magistrale restauro che ha portato alla scoperta
delle sinopie e alla risistemazione della superficie dipinta. Essi si
riferiscono alla matura attività di Ambrogio, come mostrano le figure piene
di vigorosa avvenenza (per esempio la fiorente Eva della Maestà) e
quindi posteriori al 1340. Lorenzetti, fu un mastro pittore della
scuola senese tra i più rinomati (suoi sono i famosi Trittico di San
Procolo, 1332, conservato alla
Galleria degli Uffizi di
Firenze; la Presentazione al Tempio, 1342, oggi conservato
sempre agli Uffizi; Annunciazione, 1344, conservato alla Pinacoteca
Nazionale di Siena).
Magia, arte
e mistero medievale in una terra unica come la Toscana senese.
Come arrivare:
L'Abbazia
di San Galgano si trova a circa 20 km a sud di Siena.
Prendere la
SS223 Siena - Grosseto. Al bivio per Monticiano (vedi distributore) si
seguono le indicazioni locali.
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