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Alte Pinakothek
a Monaco di Baviera, uno dei più importanti musei d'arte europei, con
capolavori dell'arte tedesca, fiamminga, olandese, italiana e spagnola dal
XIV al XVIII secolo.
L'Alte Pinakothek
di
Monaco di Baviera è uno dei più importanti
musei di arte antica del mondo. Fa parte del
Kunstareal, un'area all'interno del quartiere di
Maxvorstadt con una massima concentrazione di musei (Neue
Pinakothek copre l'arte del XIX secolo e la Pinakothek
der Moderne). I quasi 900 dipinti in mostra in questo immenso
edificio neoclassico sono nati dalla mente geniale dei più grandi artisti
europei dal XIV al XVIII secolo. Furono i Wittelsbach a dare vita
alla prima collezione nei primi anni del Cinquecento.
Tra i capolavori presenti dipinti di Albrecht Altdorfer e
Albrecht Dürer, diverse altre opere di maestri olandesi e fiamminghi, la
Pala di San Colombano (XV secolo di Roger van der Weyden,
è la più importante di questi).
Opere di
Rembrandt,
Rubens,
Van Dyck,
El Greco,
Frans Hals, importanti figure del Rinascimento italiano,
Antonello da Messina
(Vergine Annunciata) Fra Filippo
Lippi,
Giotto,
Botticelli,
Raffaello (Sacra
Famiglia),
Tiziano,
la serie dello Splendore dei Gonzaga di
Tintoretto, la Madonna del Garofano di
Leonardo da Vinci,
Lucas Cranach, compresa la sua Venere, Pieter Brueghel.
Le Sale
Le sale espositive della Pinacoteca sono al piano terra e al
primo piano. La maggior parte delle opere sono esposte al
primo piano. Vediamo come sono disposte:
Sala I, II:
pittura dei primitivi fiamminghi, tra cui opere di Joos
van Cleve, Rogier van der Weyden, Hans
Memling, Gerard David, Dieric Bouts il
Vecchio.
Sala II, IIb:
pittura tedesca , tra cui opere di Hans Holbein il
Vecchio, Matthias Grünewald, Albrecht
Altdorfer, Albrecht Durer e Lucas Cranach.
Sala III:
pittura Colonia , tra cui opere di Stephan Lochner ,
Maestro della Pala di San Bartolomeo, maestro di
vita di Maria
Sala IV: pittura rinascimentale italiana , tra cui
opere di Fra Filippo Lippi, Sandro Botticelli,
Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio,
Leonardo da Vinci e Raffaello.
Sala V: arte veneziana , tra cui opere di Lorenzo
Lotto, Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese.
Sala
VI: pittura fiamminga del XVII secolo, tra cui opere di
Frans Snyders, Jacob Jordaens, Van Dyck e
Jan Fyt.
Sala
VII:
sala dedicata alle opere di Peter Paul Rubens e Frans Snyders
(altro pittore di
Anversa
che fu ammiratore delle opere di Rubens e con il quale
collaborò).
Sala
VIII: pittura fiamminga, tra cui altre opere di Peter Paul Ruben,
Jan Fyt, Jacques d'Arthois e Pieter Boel.
Sala
IX: pittura olandese del 17 ° secolo, tra cui opere di
Frans
Hals, Pieter Lastman, Rembrandt e Philips de Koninck.
Sala
X: pittura barocca italiana, tra cui opere di
Federico
Barocci, Guido Reni, Luca Giordano, Giovanni Battista
Tiepolo e Johann Liss.
Sala
XI: pittura francese del XVII secolo, tra cui opere di
Nicolas Poussin e Claude Lorrain.
Sala
XII: pittura francese del XVIII secolo, tra cui opere di
François Boucher e Hubert Robert.
Sala
XIIa: pittura francese del XVIII secolo, tra cui opere di
Nicolas Lancret, Maurice Quentin de La Tour e
Claude Joseph Vernet.
Sala
XIIb: pittura italiana del XVIII secolo, tra cui opere di
Antonio Canaletto e Francesco Guardi.
Sala
XIII: pittura spagnola , tra cui opere di El Greco,
Francisco de Zurbarán y Salazar, Bartolomé Esteban Murillo
e Diego Velázquez.
Lo sviluppo della Pinacoteca
Desiderando assegnare un nome speciale all'eccezionale
collezione di dipinti di Monaco Ludovico I di Baviera
(sul trono dal 1825 al 1848), decise di chiamarla Pinakothek,
pinacoteca, un termine the aveva scoperto nei trattati di
architettura dello scrittore latino Vitruvio e che diventò
sinonimo di una delle più importanti gallerie del mondo (il
termine pinacoteca deriva del greco e significa "scrigno",
"ripostiglio", con questo nome che è passato nel linguaggio
moderno, i Greci indicavano le raccolte di tavole dipinte,
particolarmente di carattere votivo). A questo nome venne
aggiunto l'aggettivo "Alte" ossia antica (inizialmente-Alters
piu antica) solo quando fu creata la "Neue Pinakothek" che
ospitava i dipinti del XIX secolo. Una collezione come questa,
comprendente capolavori di
Dürer,
Raffaello, Rubens, van Dyck e Rembrandt
non avrebbe potato essere messa insieme da una sole persona.
Indubbiamente Ludovico I vi diede un considerevole contributo:
in sintonia con lo spirito dell'epoca. tesa alla riscoperta del
Medioevo e del primo Rinascimento. monarca arricchì la raccolta
di dipinti di antichi maestri italiani e tedeschi e di primitivi
olandesi. Inoltre con le collezioni del Castello di
Schleissheim e della Hofgartengalerie di Monaco,
poteva disporre della ricca eredità dei Wittelsbach, e quindi di
un notevole numero di opere di altissimo livello.
La collezione di Monaco si formò nell'arco di molti secoli, non
in modo graduale e continuo ma in un alternarsi di fasi di
ristagno e di crescita improvvisa. Nel 1528 si racconta che il
duca Guglielmo IV di Baviera (che governò dal 1508 al
1550) e la sua consone Jacobea von Baden iniziarono ad
arredare un imponente edificio nell'Hofgarten di Monaco con un
ciclo di dipinti raffiguranti grandi gesta di uomini e donne
famosi. Questo gruppo di opere.,tra cui la Battaglia di
Alessandro di Albrecht Altdorfer si è conservato, ed
è ritenuto il nucleo originario della successive Pinakothek,
sebbene inizialmente i dipinti fossero stati acquisiti come
elementi decorativi destinati a trasmettere un messaggio
storico-morale piuttosto che nell'ottica del collezionista.
Ai suoi albori il collezionismo dei principi si rifletteva non
tanto in speciali collezioni suddivise in categorie - del tipo
che ci è oggi familiare - ma in gabinetti di curiosità destinati
ad accogliere tutto ciò che il mondo poteva offrire in fatto di
cose artistiche e curiose. Zanne di trichechi e cristallo di
roccia stavano in compagnia di congegni tecnici, calchi tratti
dalla natura, dipinti, incisioni e disegni. Anche Monaco
possedeva una collezione di questo tipo, formatasi nel corso del
Cinquecento. L'inventario del 1598 elencava già 778 dipinti.
Albrecht Dürer
fu uno dei primissimi artisti ad attirare l'attenzione
dei collezionisti. L'imperatone Rodolfo II di Praga e
Massimiliano I (duca e successivamente principe elettore di
Baviera: sul trono dal 1597 al 1651) figurano tra quelli
che per primi ne collezionarono le opere accanto a quelle di
altri esponenti del Rinascimento tedesco. Massimiliano
s'interessava però anche all'arte contemporanea e commissionò
delle opere a Peter Paul Rubens. In questo suo amore per
Rubens rivaleggiò con il parente Wolfang Wilhelm, conte
palatino di Nauburg e duca di Julich-Berg (che governò dal 1614
al 1653), in cui il mecenatismo, motivato da considerazione
religiose, si sarebbe più tardi riflesso nella collezione di
Monaco.
La raccolta di dipinti fu notevolmente incrementata grazie alle
iniziative del principe elettore Massimiliano Emanuele II
sul trono dal 1679 al 1726, che nel 1698 durante il periodo in
cui fu governatore dei Parai Bassi spagnoli acquisì
un'importante collezione privata di pittura fiamminga. nella
quale spiccavano i ritratti di famiglia di Peter Paul Rubens.
Questo segnò uno dei momenti più significativi nella storia
della collezione dei Wittelsbach. Massimiliano Emanuele raccolse
oltre mille dipinti nel Castello di Schleissheim e quando
questo venne ricostruito, i progetti inclusero inevitabilmente
una "Grande Galerie". Più o meno in questo periodo il principe
elettore Giovanni Guglielmo di Pfalz (sul trono dal 1690
al 1716), nipote di Wolfang Wilhelm, si fece costruire una
galleria nella sua sede di
Düsseldorf
per ospitare la sua piccola ma selezionata collezione di
dipinti che annoverava capolavori di van Dyck, Joardaens
e
Rembrandt (il famoso ciclo della Passione) e, di nuovo, numerose
tele di Rubens, fra cui il Giudizio Universale.
Dopo
l'estinzione del ramo bavarese del Wittelsbach (e
successivamente anche di quello palatino) i loro tesori d'arte
furono alla fine riuniti a Monaco in una raccolta comprendente
anche opere provenienti da altre collezioni. Nel 1798 il principe elettore Carlo Teodoro (sul trono dal 1777
al 1799) fece trasferire nella capitale bavarese, dalla sua
galleria di Mannheim, 778 dipinti, principalmente opere olandesi
e fiamminghe secentesche. Intorno al 1780 questo principi
illuminato ordinò la costruzione, nella sua residenza, della
Hofgartengalerie: in quanto galleria pubblica, questa
costituisce l'immediato predecessore dell'Alte Pinakothek. Il
sucessore di Carlo Teodoro fu il principe elettore Massimiliano
IV Giuseppe del ramo Zweibrucken dei Wittelsbach (sul trono dal
1799 al 1825, dal 1806 come Massimiliano I Giuseppe). Possedeva
una
ricchissima collezione: oltre duemila dipinti, soprattutto di
artisti olandesi e francesi. Nel 1806 anch'egli fece trasferire
a Monaco la sua raccolta di Dusseldorf, allora ritenuta una
delle più belle d'Europa.
In questo periodo di
grandi cambiamenti sociali e di sconvolgimenti politici, durante
il quale si delineò l'odierna
Baviera, fu intrapresa una riforma amministrativa
che ebbe un peso determinante anche sulle collezioni d'arte.
Sotto il nome di "Bayerische Staatsgemaldesammlungen"
(collezioni di dipinti dello Stato bavarese), venne costituito
un organismo centrale che tutt'oggi continua a gestire le opere
di proprietà dello Stato. Dal 1803 in poi, col la
secolarizzazione dei beni ecclesiastici in Baviera e con
l'annessione dei territori imperiali, entrarono a far parte del
patrimonio statale circa 1500 dipinti. La quantità esorbitante
di pezzi che ne risultò rese necessario un qualche tipo di
decentralizzazione, una strategia di gestione che è tutt'oggi in
vigore e che si riflette nel sistema delle "gallerie succursali"
bavaresi.
Era questa la collezione - accresciuta delle
acquisizioni d'arte Italiana che lui stesso aveva effettuato
come principe ereditano - su cui Ludovico I deteneva il
controllo all'epoca in cui venne posta la pietra di fondazione
della Pinakothek. Nel 1827 e 1828 il sovrano poté arricchire la sezione del Rinascimento tedesco con l'aggiunta di oltre
quattrocento preziosi quadri facenti parte delle collezioni
di Öttingen-Wallerstein e Melchior Boisserée di
Colonia (che, insieme al
fratello, mise insieme la sua collezione
comprando moltissime opere dei primitivi
tedeschi e fiamminghi svendute negli anni
napoleonici): fu proprio in seguito a questo
acquisto che prese forma la collezione di pittura olandese
primitiva. Fu proprio la perseveranza di Ludovico I, che portò a
Monaco, grazie ai suoi viaggi in Italia opere di
Botticelli, Domenico Ghirlandaio,
Filippino Lippi e Beato Angelico,
tra gli altri. Famosa resta la sua perseveranza
per l'acquisto della Madonna Tempi di
Raffaello (avvenuto nel 1829) dalla famiglia
Tempi di
Firenze,
che durò vent'anni (per una tavola tutto
sommato molto piccola di 75 cm di altezza per 51
di
larghezza).
Altre importanti opere italiane raccolte
includono un ricchissimo nucleo di pittura
italiana tra '300 e '700, che annovera opere
importanti soprattutto del rinascimento
fiorentino e veneto. S'incomincia con la pittura
toscana del '300: Giotto (Ultima Cena,
Crocefisso); Taddeo Gaddi
, Segna di Bonaventura
(Maddalena), Nardo di Cione. La
stagione del rinascimento fiorentino è
testimoniata da Masolino da Panicale,
Beato Angelico (La leggenda dei
Santissimi Cosma e Damiano e una Pietà),
Filippo Lippi (Annunciazione), un
grande capolavoro di Leonardo da Vinci (Madonna
del garofano), da Pietro di Cosimo,
dall'ultima impresa del Ghirlandaio (Trittico di
Santa Maria Novella), da Sandro
Botticelli (Compianto sul Cristo morto
con i santi Girolamo, Paolo e Pietro) e da Andrea del
Sarto. Importanti sono anche le opere del
Sodoma, di Antonello da Messina (Vergine
Annunciata),
del Mantegna, di Giovanni Bellini
e Cima da Conegliano (San Gerolamo e
la Maddalena) che annunciano l'eccezionale
nucleo di pittura veneta del '500 con capolavori
di Giorgione (Ritratto Virile),
Veronese, Paris Bordone, Jacopo
Bassano (Madonna con Bambino),
Lorenzo Lotto (Sposalizio mistico di
Santa Caterina), Jacopo Palma il Vecchio,
Tiziano (La vanità terrena, il
famoso Ritratto di Enrico V del 1548, e
l'innovativo Cristo Coronato di Spine,
dove il pittore ottantenne rinunciò alla sua
celebre ricchezza cromatica per una pennellata
libera e vibrante) e
Tintoretto (Vulcano
sorprende Venere e Marte e Gesù in casa
di Marta e Maria).
Il settore dedicato al
rinascimento italiano si chiude trionfalmente
con Raffaello, oltre alla già citata
Madonna Tempi, con la Madonna della tenda e
una Sacra Famiglia, cui fanno da corona
altri rappresentanti della pittura dell'Italia
centrale, come Francesco Raibolini detto
il Francia (Madonna adorante),
Luca Signorelli, Perugino (Visione
di San Bernardo, La Vergine e i
Santissimi Giovanni evangelista e Nicola adorano
il Bambino). Di notevole livello è anche la
selezione di arte italiana del secoli XVII e
XVIII: Alessandro Magnasco (Paesaggio
con monaci), Guido Reni, Orazio
Gentileschi, Luca Giordano (Due
Filosofi cinesi), Canaletto (Vedute
di Venezia) e Gian Battista Tiepolo (Il
Papa Clemente XIII adora la Trinità,
Adorazione dei Magi).
La Madonna del
garofano, di Leonardo, realizzata tra
il 1473 e il 1478, fu tra le prime opere
individuali del giovane Leonardo, è identificata
con quella "Madonna della Caraffa" descritta da
Giorgio Vasari
nelle collezioni di papa Clemente VII, nato
Medici. L'opera fu inizialmente attribuita al
maestro di
Leonardo, Verocchio e arrivò all'Alte
Pinakothek solo nel 1866 da un poco noto
precedente proprietario, tal Haug di
Gtinzburg. Alcuni studiosi sono ancora
dubbiosi sull'attribuzione a Leonardo di questo dipinto,
attribuendolo comunque alla sua bottega. L'Ultima Cena,
la Crocifissione , La discesa dal Limbo di
Giotto, fanno parte di un gruppo di dipinti chiamato Le
Sette tavolette con storie di Gesù sono un gruppo di dipinti a
tempera e oro su tavola, databili tra il 1320 e il 1325 circa e
conservati in vari musei oltre alla Pinacoteca di Monaco: una
nel Metropolitan Museum di New York, una nell'Isabella
Stewart Gardner Museum di Boston, una nella
collezione Berenson di Settignano a
Firenze e una
nella
National Gallery di
Londra.
Il Compianto sul Cristo morto con i santi Girolamo, Paolo e
Pietro di Botticelli, eseguito nel 1495 proviene
dalla Chiesa di San Paolino di Firenze. Probabilmente
dopo le soppressioni entrò nelle collezioni granducali e da qui
agli
Uffizi. Nel 1813 venne ceduta a Massimiliano I
Giuseppe di Baviera (che erano imparentati con gli
Asburgo-Lorena che regnavano in Toscana).
La politica delle acquisizioni della Alte Pinakothek negli anni successivi
- e in effetti fino al giorno d'oggi - ha sempre mirato ad
assicurare alla collezione opere di grande rilievo con
l'obiettivo di ampliarla ulteriormente. Alla lampante assenza di
opere settecentesche, poco apprezzate all'epoca di Ludovico, si
è sopperito nella seconda metà del '900. Un altro elemento innovativo fu l'uso dello
stile alto rinascimentale, volto a produrre un'espressione
architettonica che non ospitasse soltanto la storia dell'arte ma
che la raffigurasse in dipinti e sculture decorativi all'interno
come all'esterno dell'edificio.
Come edificio museale la Alte Pinakothek fu il prodotto di
una fruttuosa collaborazione tra due specialisti di cui poté
avvalersi il re: l'architetto Leo von Klenze e l'allora
direttore della galleria. lohann Georg von Dillis. Molte delle
loro idee pionieristiche si confermano tutt'oggi valide: per
esempio la suddivisione (ora apparentemente scontata) in
grandi sale e salette appartate, interni inondati dalla luce
naturale che piove dall'alto, con la conseguente possibilità
di riservare le intere pareti all'esposizione dei dipinti e di
assicurare agli ambienti un'illuminazione soffusa. Anche Il modo
in cui i dipinti sono oggi presentati nella gran parte delle
gallerie d'arte del mondo può essere fatto risalire alle idee di
Dillis e Kenze. Seguendo l'esempio del
Museo del Louvre la suddivisione in
'scuole' e periodi permette di rendere giustizia ai risultati
conseguiti dagli artisti operanti in situazioni molto
diversificate. Il catalogo, pubblicato fin dal 1838 rivela
criteri di conservazione tuttora validi (condizioni atmosferiche
costanti, per esempio e protezione dalla polvere) erano già stati
presi in considerazione al momento della costruzione della Pinakothek.
Molte cose sono cambiate dal tempi di Klenze e Dillis e re
Ludovico. I creatori della galleria cercherebbe invano
l'ingresso e il vestibolo originali sul fronte est, affacciato
sulla Barerstrasse. Due leoni posti ai lati della scalinata
richiamano la vecchia configurazione. I visitatori non vedranno
la loggia dipinta e riccamente decorata di stucchi al piano
superiore dell'edificio. Sono scomparsi anche i pesanti stucchi
parzialmente dorati delle grandi sale della galleria. Non sono
più al loro posto, al pianterreno dell'ala ovest, né la
collezione di vasi antichi, che offriva una visione più ampia
della storia dell'arte, né quella di disegni e incisioni.
All'esterno, il fronte sud dell'edificio sfoggiava un tempo una
notevole serie di statua realizzate da artisti di primo piano, e
sul tetto troneggiava, visibile da distante, una struttura
progettata per fornire luce dall'alto agli ambienti.
L'odierna Alte Pinakothek è in gran parte il risultato della
ricostruzione avvenuta nel dopoguerra sotto la guida
dell'architetto Hans Dollgast. L'edificio, che era stato
gravemente danneggiato dai bombardamenti, fu riaperto al
pubblico nel 1957 dopo quattro anni di lavori. Seguì, nel 1961 e
nel 1964, la conversione dei sotterranei dei lati est ed ovest.
Gli effetti dei danni provocati dalla guerra sono visibili
sulla facciata esterna. Un elemento particolarmente suggestivo è
l'imponente scalinata che, con la sua grandiosità priva di
impacci e la sua ariosità piena di luce, conferisce un nuovo
tono all'edificio e potrebbe, senza esagerazione, essere vista
come un simbolo di apertura democratica. Gli storici
dell'architettura riconoscono all'Alte Pinakothek un esempio
classico dell'architettura tedesca del periodo della
ricostruzione.
Agli artefici dell'Alte Pinakothek stava a cuore che la galleria
non risultasse isolata, e questa idea ha continuato a dare i
suoi frutti fino a oggi. Il visitatore troverà l'Alte Pinakothek
incastonata in quelle che è sicuramente un contesto museale
unico. Con la Neue Pinakotek e la Pinakothek der
Moderne da un lato e la Glittoteca, anch'essa
costruita da re Ludovico, e la Collezione di Antichità
dell'altro, il risultato è un insieme che offre un panorama
dell'arte europea dagli inizi della storia fino ai giorni
nostri.
Pittura tedesca
La Alte Pinakothek ha la più vasta raccolta di dipinti antichi
tedeschi, tra cui opere di Stefan Lochner (Adorazione
del Bambino, 1445), Michael Pacher (Polittico dei
Padri della chiesa, 1480 che si trovava nel Monastero di
Novacella presso
Bressanone),
Albrecht Dürer (Autoritratto con pelliccia 1500) (Altare Paumgartner- 1503) (I
quattro apostoli 1526),
Hans Baldung ( Margravio Christoph von Baden, 1515),
Albrecht Altdorfer (San Giorgio nella foresta,
1510), (Susanna al bagno e lapidazione dei vecchioni
1526), ( Paesaggio del
Danubio, 1525), (La battaglia di Alessandro e Dario a
Isso, 1529), Lucas Cranach il Vecchio (Crocifissione, 1503),
Hans Holbein
(Il martirio di San Sebastiano, 1516), Matthias Grünewald (I
Santi Erasmo e Maurizio, intorno al
1520), Hans von Aachen (Vittoria della verità, 1598),
Adam
Elsheimer (Il fuoco di Troia, 1600), (Fuga in Egitto, 1609),
Johann Liss (Morte di Cleopatra, 1622)
Pittura Spagnola
La sezione spagnola dell'Alte Pinakothek con i suoi ventidue
dipinti, è la più piccola, ma anche una delle più complete,
poiché vi sono rappresentati tutti i grandi maestri. Le opere
più antiche della collezione sono i ritratti di Alberto il
Pio e di sua moglie l'infanta Isabella Clara Eugenia di Spagna
dipinti nel 1599 da Juan Pantoja la Cruz e giunti a
Monaco nel 1804 come beni secolarizzati dal Convento di
Hohenwart. La Spoliazione di Cristo di EI Greco
fu invece acquistata nel 1909 da Hugo von Tschudi
(storico e collezionista austriaco che fu anche, direttore del
Museo Nazionale di Berlino dal 1896 al 1908 e direttore
del Museo di Monaco di Baviera dal 1909 al 1911). Il
principe Massimiliano Emanuele comprò ad Anversa. quando era
governatore dei Paesi Bassi. probabilmente nel 1698 due quadri
di genere di Murillo: Ragazzi che mangiano uva e melone e
Piccoli mendicanti che giocano ai dadi.
L'ampliamento della collezione Murillo con La piccola venditrice
di frutta e La toeletta sotto il principe Massimiliano III
Giuseppe (1727-1777) è dovuto alla generosità del consigliere
della Camera di corte (Kammerrat) Franz Joseph von Dufresne, il
quale nel 1768 lasciò in eredità alla galleria queste opere. Con
la collezione di Mannheim arrivarono a Monaco San Francesco in
estasi di Zurbaran, San Pietro di Alcantara di Ribera
e il quinto quadro di genere di Murillo, Ragazzi che mangiano
una torta. E insolito il fatto che già nel Settecento sia
pervenuta a una galleria fuori della Spagna un'opera di Zurbaran, poiché questo pittore incominciò a essere stimato a livello
europeo solo nel XIX secolo. In realtà l'acquisto fu dovuto a un
errore (fortunato) poiché il suo San Francesco era considerato all'epoca un
capolavoro di Guido Reni. Dalla galleria di Düsseldorf proviene
il Giovane gentiluomo spagnolo di Velàzquez, acquisizione del principe Giovanni Guglielmo, che fu uno dei
primi, insieme al contemporaneo Massimiliano Emanuele a
inserire nella propria collezione dei dipinti spagnoli.
Massimiliano I Giuseppe di Baviera non si limitò a riunire in
una galleria le diverse collezioni dei Wittelsbach, ma mise
anche a disposizione ingenti fondi per nuove acquisizioni. Il
principe ereditario Ludovico poté cosi acquistare a Parigi per
la collezione dei pittori spagnoli, con la consulenza di Johann
Georg von Dillis, tre importanti opere, tra cui San Pietro di Alcantara attraversa il fiume Guadiana di
Claudio Coello e La
Madonna appare a sant Antonio di Alonso Cano. L'ultima
acquisizione. recentissima (1985). della sala degli spagnoli è
La sepoltura di santa Caterina sul Sinai, risalente al
1637 circa di Zurbaran. Le opere che erano presenti nella
collezione dell'Alta Pinakothek di
Francisco Goya
sono state trasferite alla Neue Pinakothek.
Alte Pinakothek
Barer Straße 27
D-80799 München
Trasporti: U-Bahn: Theresienstrasse. Tram: 27.
Bus: 53
Orari e Costi
lunedì chiuso
da martedì a domenica ore 10-17
giovedì 10-20
Domenica ingresso gratuito
Prezzo ingresso: 10 euro. Minori di 18 anni non pagano.
Dove si trova?
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