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Giovani
arte e cultura
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Estasi mistica ed esuberanza decorativa: il Barocco
rappresenta il trionfo dei sensi e delle passioni umane,
in un connubio esplosivo di arte e fede. Un esempio:
Santa Maria del Popolo a Roma.
Che cos'è il Barocco?
"
È del poeta il fin la meraviglia": così
Giovan
Battista Marino (poeta seicentesco, autore di versi
preziosi come l’"
Elogio della rosa" nell’Adone)
sintetizza in modo magistrale le aspettative che gli
uomini del tempo avevano verso l’arte, la letteratura,
le arti figurative. Non c’è secolo che non abbia
mescolato tra di loro discipline diverse, all’insegna
del virtuosismo, della spettacolarità e della sorpresa,
più e meglio di quanto non lo abbia fatto la creatività
barocca.
Il linguaggio barocco nelle arti figurative ha
caratterizzato moltissime opere, diverse tra di loro, ma
per lo più ricche e sfarzose, drammatiche e intense,
innovative e artificiose, sempre
capaci di far sollevare
il sopracciglio di chi le guardava.
La Roma papalina degli anni 30 del
Seicento è tradizionalmente considerata l’epicentro del
terremoto barocco.
Fu il Milizia nel Settecento a scagliarsi contro
Pietro da Cortona pittore, Bernini scultore e
Borromini architetto, individuando proprio nella
Roma di quel periodo e nelle opere di questi tre artisti
il centro propulsore del gusto Barocco. Chiaro che, come
spesso succede, le semplificazioni forzano e non sempre
spiegano i nodi cruciali della storia, ma alcune opere
prodotte in quel periodo sono così emblematiche della
sensibilità e delle tendenze contemporanee che le
lascerò parlare per le altre.
Stavolta ci troviamo quindi nella grande Roma papale,
dove nel XVII secolo religiosi e famiglie nobiliari
gareggiavano tra di loro e con i grandi mecenati europei
per ricchezza e bellezza delle commissioni o delle
collezioni, nonostante l’inasprirsi dei controlli dopo
la fine del
Concilio di Trento (1542-1563). In effetti,
la censura e l’Inquisizione da una parte resero il 600
un periodo difficile e pieno di restrizioni, dall’altra
lasciarono a molti artisti la possibilità di
sbizzarrirsi mediante l’uso dei simboli o per vie lecite
nel produrre prodotti grandiosi e magnificenti, come la
volta del salone di Palazzo Barberini
(Pietro da Cortona), la bella Galleria dei Carracci nel
michelangiolesco Palazzo Farnese (opera classica o
barocca?), le tante opere scultoree del Bernini, dalla
Barcaccia di Piazza di Spagna, all’Estasi di Santa
Teresa (Chiesa di Santa Maria della Vittoria), alla
Fontana dei Fiumi in Piazza Navona, alle opere
conservate presso la Galleria Borghese (Apollo e Dafne,
Enea e Anchise, Il ratto di Proserpina ecc.), alle
ardite realizzazioni del Borromini, come la Prospettiva
di Palazzo Spada, S. Ivo alla Sapienza, S. Agnese in
Agone a Piazza Navona ecc., per citare solo alcuni
esempi dei tanti che nel Seicento trasformarono Roma in
un prezioso centro artistico e culturale.
Scelgo di trattare alcuni interventi berniniani (e non
solo), all’interno di una chiesa importante del centro
di Roma, S. Maria del Popolo, situata nella piazza
omonima.
La commissione di Alessandro VII Chigi,
intenditore d’arte, ricchissimo mecenate del barocco,
andò a Bernini, già molto famoso a Roma, ma nativo di
Napoli. Alessandro VII, tra il 1656 e il 1660, gli fece
restaurare la chiesa quattrocentesca per l’arrivo a Roma
della Regina Cristina di Svezia. La chiesa, di origine
antichissima, conservava la sobrietà di un primo
Rinascimento di matrice conventuale (maestranze lombarde
di Andrea Bregno?), mentre al gusto barocco piacevano
ricchezza, dinamismo e varietà. Lo scultore, proprio per
movimentare le sobrie volte a crociera della navata
centrale, aggiunse per ogni arcone una coppia di sante
in stucco (materiale docile da domare) mosse e vive,
invadenti, ma discrete, forti, ma giocose al tempo
stesso nel conciliare le loro drammatiche storie con un
contegno leggero, a tratti divertito. La scelta dei
soggetti femminili era un chiaro omaggio
all’intitolazione mariana della chiesa.
Nell’immagine,
ecco una visione d’insieme della navata centrale, con
vista sulle volte quattrocentesche e sulle sante del
Bernini (e scuola). A destra l'’immagine del volto della nota Santa
Teresa in estasi del Bernini per confronto (Cappella
Cornaro, Santa Maria della Vittoria,
Roma). Questo
è il barocco: movimento delle masse, ancor più
spettacolare perché si tratta di scultura, la più
statica delle arti figurative; bravura e virtuosismo
tecnico; intensità\drammaticità del messaggio. Queste
martiri, oltre ad essere belle da vedere, sono forti,
sofferenti, vittoriose, patetiche, mistiche, la
combinazione più intensa per stimolare l’occhio, la
fantasia e la religiosità dello spettatore. Non a caso,
i santi più "
estatici" piacevano di più agli uomini del
Seicento, committenti in primis, proprio perché
consentivano all’artista di sbizzarrirsi nello
sperimentare le espressioni, le pose e i gesti del
misticismo più spirituale ed al tempo stesso carnale si
potesse concepire.
Sono del Bernini (e scuola: Ferrata, Giardè, Raggi,
Mari) anche i progetti dei due altari del transetto,
oltre che dei due organi, bellissimi esempi di sinergia
tra le arti, propria della sensibilità artistica del
tempo. Che vuol dire? L’epoca barocca è colta e ricca.
Quale migliore sfoggio di cultura e ricchezza di
un’opera d’arte che unisce tanti materiali diversi,
usando diverse tecniche, coinvolgendo perciò diverse
"
abilità" artistiche, oltre che stimolando sensi
diversi?
Gli organi sono strumenti musicali, perciò si
riferiscono alla musica; ma non sembrano questi dei
palchi teatrali, quindi omaggi al teatro? E non sono
anche progetti architettonici, come pure opere scultoree
altissime per gli angeli reggistemma Chigi? E la
pittura? Si esprime nella scelta di materiali di diverse
cromie, come il legno, l’oro, lo stucco bianco, il
metallo delle canne, il bronzo dei parapetti. Per
finire, l’arte dell’oreficeria reclama il suo posto,
perché i due organi sembrano gioielli, in particolare
per i dettagli minuziosi dei rami di quercia dipinti
d’oro che si intrecciano intorno alle canne metalliche
di quello di destra (sopra accanto al titolo, opera del
Raggi).
I due altari del transetto sono ancora più "
sinergici":
l’uno, quello di sinistra, ha al centro una "
Sacra
famiglia con simboli della passione" di Bernardino Mei,
tela sorretta da due angeli scultorei che distolgono lo
sguardo, spaventati dalla tragicità della scena (perciò
è noto come "
Altare dello spavento"); l’altro quadro, di
Giovanni Maria
Morandi,
rappresenta una "
Visitazione di Maria" (a lato): gli
angeli, simili agli altri, ma diversi al contempo, non
solo guardano, ma partecipano gioiosi, con il trasporto
di tutto il corpo, alla scena dipinta nella tela, con
quello di destra che fa addirittura eco alla posa ed al
contegno di Maria nel dipinto. Scultura e pittura
collaborano per rendere l’insieme più efficace, unico,
spettacolare.
Proseguendo il percorso berniniano all’interno della
chiesa, si finisce nella famosa Cappella Chigi, iniziata
nel 1500 da Raffaello per volere di Agostino Chigi,
banchiere senese, e ripresa da papa Alessandro VII
(sempre Chigi) alla metà del 1600, con l’intervento di
Bernini. Stavolta lo scultore aggiunse alle due tombe di
Agostino e Sigismondo Chigi marmi colorati e tondi con
ritratto; poi fece il pavimento, con scheletro
reggistemma, reso speciale dallo stratagemma barocco
delle lettere MDCL di dimensioni più grandi nella
scritta Mors aD CaeLos per ricordare l’anno dei lavori
nella cappella, il 1650.
Lo scheletro è un’altra ricorrente immagine
seicentesca: la Chiesa cattolica, pur così amante dello
sfarzo e della preziosità, non voleva che il fedele
dimenticasse che i beni materiali sono effimeri e che
tutti, prima o poi, dobbiamo morire. Lo scheletro serve
a questo: riporta ad una riflessione morale anche
l’occhio più pieno di immagini luccicanti (è il
cosiddetto "
Memento mori"). Ecco un’altra delle
luci\ombre del Barocco: sfarzo e morte, bellezza e
distruzione che coesistono nella mentalità degli uomini
come nel gusto dei committenti.
Ma
il pezzo forte della cappella sono le due sculture nella
prima nicchia di sinistra e nella seconda di destra,
raffiguranti due profeti, Daniele e il leone e Abacuc e
l’angelo.
Oltre a realizzare due pezzi di bravura per dinamismo,
bellezza e perfezione, Bernini si è superato,
collegando virtualmente due soggetti già collegati nella
storia sacra: Daniele, condannato a morire mangiato dai
leoni, fu protetto da Dio, per cui i leoni si limitavano
a leccargli i piedi; Abacuc, chiamato dall’angelo, che
lo prese per una ciocca di capelli, gli portò una cesta
con del cibo, visto che D. rischiava di "
morire di fame"
(ironia della sorte)... Un volo di marmo ed un filo
rosso di significato collegano quindi le due sculture,
così barocche, emblematico esempio della maniera 600esca
di trattare il soggetto sacro: spettacolare,
virtuosistico, dinamico.
Un altro esempio della maniera barocca: non posso
ignorare il discorso pittorico. Senza allontanarmi
troppo da Santa Maria del Popolo e da Bernini, quasi in
contemporanea lavorava alla volta della cupola della
chiesa il senese Raffaello Vanni, artista non troppo
noto, ma per questo ancor più adatto per chi voglia
capire cosa significava in generale la grande
decorazione pittorica del tempo, al di là delle
caratteristiche del singolo grande pittore, come Pietro
da Cortona o Baciccio. È un "
Trionfo della Vergine",
soggetto sacro, ancora un omaggio a Maria, dedicataria
della Chiesa, ma reso come un turbine, un vortice, una
spirale luminosa di personaggi, vesti e nuvole. Questa
maniera di dipingere le cupole, o le navate, o le volte
è propria della grande decorazione barocca; già col
Correggio (o col Mantegna) nel secolo precedente furono
prodotte volte illusionisticamente sfondate, profondi
scorci su cieli sconfinati, ma l’ampiezza del respiro
che è propria della sensibilità barocca è tutt’altro. Il
sacro nel Seicento non deve rinunciare a nessun elemento
per essere prezioso: il colore, la luce, il movimento,
l’abilità prospettica, la spazialità più ampia. L’uomo
del Seicento, come compie grandi progressi nelle scienze
ed in filosofia, come produce mirabili opere nella
musica e nella letteratura, così in pittura crea
fantastici esempi di come la materia possa farsi stoffa,
la pietra aria, il pennello gioco per arrivare alla più
pura e semplice meraviglia…
"Non c’ è pittura se non c’è energia".
Chiuderei questo
brevissimo excursus sul barocco con questa frase di
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Vissuto
tra Cinque e Seicento, si può considerarlo un pittore
barocco? Di barocco ebbe la tragica visione della
religiosità, come il senso vitale ed energico del
movimento, come l’uso potente e magistrale della luce.
Nella stessa Santa Maria del Popolo (Cappella Cerasi)
due suoi dipinti ci aiutano a capire: la Crocifissione
di Pietro e la Conversione di Paolo. Mi soffermo sul
secondo.
Caravaggio
stravolge l’iconografia tradizionale. Non c’ è posto per
cavalli bianchi, bei paesaggi sullo sfondo, cieli
preziosi e volti ben disegnati, in questa Conversione di
Saulo tutta nuova. Ogni cosa è intensa, violenta nella
sua verità. Il cavallo pezzato diventa inaspettato
protagonista della scena sacra, mettendo addirittura lo
zoccolo anteriore destro al centro della composizione.
Un servitore vecchio e rugoso reclama un posto nella
narrazione figurata, semplice esempio di una
quotidianità straordinaria nella sua semplicità. Per
terra, visione nel buio, Paolo, corpo, viso e sensi
completamente abbandonati nell’estatico abbraccio con
Dio, un Dio che è luce, e come luce invade, riempie,
abbaglia senza controllo. Il misticismo della scena si
fa ambiguo nella sensualità dell’espressione e della
posizione del corpo di lui. Ma come evitarlo? L’estasi è
irrazionale. Nelle vite dei santi le estasi erano spesso
descritte come stati di godimento carnale estremo. Basti
pensare alla Santa Teresa del Bernini. Il massimo
scultore barocco e il genio ribelle Caravaggio, maestro
del naturalismo di lombarda derivazione, sono più vicini
di quel che sembra: al servizio ufficiale dei grandi il
primo, pittore per intenditori anticonformisti, come
anticonformista fu lui, il secondo, ma entrambi figli
del loro tempo, desiderosi di fama, abilissimi tecnici,
fautori di un’arte che non passa inosservata, per forza,
per intensità, per passione.
Il Seicento, oltre che "
barocco", è
Caravaggio, con i suoi chiaroscuri drammatici, con
la sua sacralità violenta, con la sua capacità di
stupire positivamente per la tecnica e negativamente per
l’iconografia, con le sue ambiguità da processo.
Ancora luci e ombre sul Seicento ricco e prezioso:
divieti e licenze, ricchezza e morte, dinamismo del
corpo ed immobilità delle coscienze. Ma, forse, un
elemento comune: un’energia sotterranea, cheta,
silenziosa, pronta a trasformarsi in fuoco d’artificio
per la meraviglia (positiva o negativa che sia) dello
spettatore di turno…
Laura Panarese per
Informagiovani Italia
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