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Cosa vedere a Aquileia

 

Aquileia a volta sembra un po' fuori dai sentieri più battuti? Certamente, come abbiamo visto nelle altre pagine di questa guida, non lo era 2000 anni fa. Colonizzata nel 181 a.C., Aquileia era una delle città più grandi e ricche dell'Impero Romano, a volte seconda solo a Roma, con una popolazione di almeno 100.000 abitanti al suo apice.

Dopo che la città fu distrutta da molte invasioni in successione, una su tutte quella degli Unni di Attila di 452 d.C., i suoi abitanti fuggirono a sud e ad ovest dove fondarono Grado e poi Venezia.

Una città più piccola sorse al posto dell'Aquileia romana nell'alto medioevo, e con la costruzione dell'attuale basilica, divenne la più grande e significativa diocesi cristiana d'Europa. Dichiarata patrimonio mondiale dell'Unesco nel 1998, questa affascinante città rurale e un museo vivente a cielo aperto. Ancora oggi, si trova al di sopra di uno dei siti romani più completi e non scavati d'Europa. Ma c'è molto da vedere anche in superficie.

Basilica di Aquileia

La Basilica di Santa Maria Assunta, antichissima e testimone di tutta la lunga fase del patriarcato della città è un passaggio imprescindibile nella vita di Aquileia. Fu ricostruita dopo il terremoto del 1348. All'interno si trova il più grande mosaico paleocristiano del mondo, che può essere ammirato da vicino grazie alle passerelle di vetro. Le due cripte della basilica contengono anche superbi mosaici appartenuti ad una domus soggettiva romana del I secolo (cripta di scavo) e affreschi del XII secolo (cripta ad affresco). Questa basilica patriarcale ha svolto un ruolo decisivo nello sviluppo del cristianesimo nell'Europa centrale nell'Alto Medioevo.

Nel sito già occupato da una casa d'abitazione augustea e da una serrie di magazzini ad andamento parallelo, sorse, nel corso del III secolo, un oratorio a cui il vescovo Teodoro (310 al 319) aggiunse, subito dopo l'Editto di Milano (313), un edificio destinato alla celebrazione eucaristica, mentre il primo doveva ospitare i catecumeni. In un piccolo vano tra le due sale parallele fu posto il Battistero. Al tempo di Teodoro (ricordato nell'epigrafe dell'aula sud: "Omnia fecisti et gloriose dedicasti") risalgono i mosaici delle due sale: quelli dell'aula nord (in parte mutili a causa della fondazione del campanile del periodo del Patriarca Poppone) sono eseguiti da un gruppo di arateti più attenti alla resa del colore e alla ricerca volumetrica, quelli dell'altra sala da esecutori più propensi alla stilizzazione delle immagini.

Allusiva e simbolica, quest'ultima corrente domina nell'aula teodoriana sud, visibile nel pavimento dell'attuale basilica, col tema del Buon Pastore, nei ritratti di giovinetti, e soprattutto nella grande scena di pesca raffigurante la Storia di Giona, alludente alla morte e alla resurrezione di Cristo. Alla fine del IV secolo il vescovo Fortunaziano ampliò l'aula nord, mentre Cromazio abbatté quella sud, innalzando al suo posto una basilica di dimensioni maggiori della precedente, davanti a cui venne costruito un grande battistero, ottagonale all'interno e quadrato all'esterno.

Dopo la distruzione di Attile del 452 risorse solo la basilica meridionale col battistero, che venne a costituire l'intelaiatura fondamentale per ogni ulteriore sviluppo. All'inizio del IX secolo (sotto il patriarca Massenzio, 811-837) l'edificio venne ristrutturato con l'aggiunta della cripta e dei bracci: la chiesa ebbe così forma a croce, con la riduzione in lunghezza delle navate laterali. Nel nuovo portico, collegante la basilica al battistero, fu costruita la Chiesa dei Pagani su due piani pressoché identici, mentre il battistero assunse una forma più chiaramente ottagonale.

Il patriarca Poppone, rappresentante dell'aristocrazia tedesca, rifacendosi alle tendenze dell'architettura renana, sopraelevò la basilica e la riconsacrò nel 1031. A questo periodo risale forse anche il campanile, costruito coi materiale dell'anfiteatro romano e il ciclo degli affreschi absidali, esaltanti i programmi politici e culturali attuati durante il lungo patriarcato di Poppone. All'epoca di quest'ultimo risalgono alcune opere importanti come i capitelli, che mediano influssi bizantini e occidentali, e gli affreschi della cripta, una volta nota come Cappella dei Martiri (SS. Ermagora e Fortunato). Tali pitture documentano la qualità e la cultura degli artisti bizantini già operosi nella Basilica di San Marco a Venezia, con tendenze espressionistiche collegate al patetismo che si ritrova nella pittura mediobizantina del XII secolo. I cicli della Passione di Cristo, le Storie di San Ermagora e il velario (più chiaramente occidentale) si situano intorno al 1180.

La Basilica, così come ci appare ora, si rifà al restauro compiuto dal patriarca Marquardo di Randek (1365/81) a seguito del terremoto del 1348. Questo sisma provocò danni gravissimi alla struttura e fu necessario compiere radicali opere di consolidamento: a questa fase si debbono le arcate gotiche che collegano i capitelli delle colonne del periodo del Patriarca Poppone, dagli interessanti e singolari capitelli ad acanto spinoso.

La decorazione di stile rinascimentale che notiamo soprattutto nel presbiterio appartiene invece al periodo della dominazione veneziana. La struttura ha origini antichissime: la serie di scavi, che hanno portato alla scoperta e valorizzazione delle rovine emerse, ha permesso di comprendere nella sua pienezza la genesi e lo sviluppo di questo splendido monumento.

Prima che il patriarca Poppone negli anni 1021/1031 restaurasse profondamente la Basilica, nello stesso posto sorgeva una chiesa del IX secolo, a sua volta eretta dove prima c'era una basilica paleocristiana del V secolo che aveva preso il posto di un'aula di culto della metà del IV secolo e di due aule parallele degli inizi sempre del IV secolo.

Opportuni accorgimenti tecnici hanno reso possibile la visita di pavimenti musivi dell'aula settentrionale che sorgeva affiancata a quella attuale, sotto il campanile.

Si tratta della cosiddetta Cripta degli Stavi: si ritrovano resti di tre epoche, quella più antica relativa ai mosaici di una ricca abitazione sopra la quale si è impostata l'aula settentrionale del 310 circa e infine la basilica settentrionale della metà del IV secolo, distrutta durante il passaggio distruttivo di Attila.

Molti sono i mosaici che si trovano qui raccolti, alcuni di ammirabile bellezza e squisita fattura come la celeberrima lotta del gallo e della tartaruga. Non tutti i mosaici sono pregevoli, molti mancano di tecnica e si notano solo per la fantasia delle specie animali raffigurate.

Torniamo al corpo principale della Basilica: al visitatore appaiono i segni dei restauri  e degli scavi operati nei secoli, soprattutto all'esterno del complesso. Varcato lo splendido portale, discesi i gradini che portano al livello del pavimento musivo, ci si trova immersi in : uno spazio di rara grandiosità. Colpisce immediatamente una strana frattura, seppur armonica, tra l'esplosione di coloratissima fantasia del pavimento a mosaico e la severa tensione spirituale delle solide colonne, degli archi e del Soffitto.

Effettivamente fra queste parti architettoniche corrono nove secoli. Il pavimento, realizzato al tempo di Teodoro agli inizi del IV secolo, faceva parte di una fabbrica le cui caratteristiche erano quelle di un'aula rettangolare (37x20 metri), ampia e smagliante nella decorazione del mosaico, degli affreschi parietali e del soffitto: nasceva da una esigenza di spiritualità gioiosa, che visualizzava già nell'architettura la certa speranza del paradiso e della vittoria di Cristo sulla morte.

L'alzato dell'attuale costruzione invece, costruita nel corso dei secoli XI-XIV dal Patriarca Marquardo di Randeck, ha la tipica impronta della basilica latina ma rivissuta nello spirito medioevale. L'architettura perciò, dalle pareti nude, accentua il verticalismo e raccoglie lo sguardo del visitatore nella decorazione a fresco dell'abside e del catino absidale dove là Vergine con il figlio, tra i sottostanti martiri aquileiesi e le immagini dell'imperatore e del patriarca Poppone compendia e riassume la spiritualità tipica di una società cristiana rivolta a Dio e a lui condotta dalla duplice guida del papato e dell'impero.

La parte più importante e prodigiosa nel suo essere unico è indubbiamente il mosaico paleocristiano che fu scoperto negli anni 1909-1912 e si estende nella navata centrale e in quella di destra. Risale al IV secolo ed appartiene all'aula teodoriana; è il più vasto tra i mosaici pavimentali cristiani d'Occidente e conserva intatta l'originaria bellezza, della ricca figurazione a vivaci colori, in cui si condensa e traspare la simbologia cristiana dei primi secoli. E' composto di 9 grandi riquadri uguali (tre navate di tre campate ciascuna), divisi da cornici d'acanto, e di un'area per il presbiterio che si estende su di un'asse trasversale e quella dello Spazio destinato ai fedeli.

La decorazione è particolarmente fantasiosa: bellissima la già menzionata raffigurazione centrale della vittoria cristiana tra le coppe del vino e il canestro dei pani, che ri rileva ben compita tra la corona degli offerenti, quella del gallo che lotta con la tartaruga e i ritratti dei donatori nella navata di mezzo. Nel settore meridionale alla immagine del Buon Pastore è dato il massimo rilievo tra le differenti raffigurazioni alludenti al mistico gregge di Cristo.

Il mosaico del presbiterio, diviso originariamente dalle navate con una transenna è la rappresentazione del mare, con tutti i pesci allora conosciuti tra scene della storia del profeta Giona.

Questi pesci sono di una vivacità e di una bellezza incredibili, tanto che sembrano guizzare incontro  allo stupefatto visitatore in una miriade di colori. Il cedimento del fondo del pavimento ha ondulato il mosaico contribuendo in tal modo a conferirgli una maggiore plasticità. L'interpretazione simbolica di queste scene era ben nota ai cristiani di allora: richiamava ad essi la morte e la resurrezione di Cristo e l'annuncio della buona novella a tutte le genti.

L'iscrizione musiva posta entro un clipeo (l'effige compresa entro un cerchio), nel pieno delle onde pescose, nomina il vescovo Teodoro che dedicò insieme al suo gregge il complesso culturale e ne assicura pertanto la datazione agli inizi del IV secolo. Sul clipeo fu presumibilmente fissata la cattedra, poi tolta, come testimoniano le abrasioni del mosaico in quattro tacche. All'inizio della navata destra è posto un fonte battesimale marmoreo cinquecentesco di scarso valore artistico.

La cappella Torriani fu eretta nel 1298 e contiene quattro grandi sarcofagi gotici senza epigrafi di Patriarchi, due in pietra d'Istria, due in granito veronese. Per una porticina posta presso la gradinata dell'altare si scende alla Cripta.

Entro il muro perimetrale quadrato risalente alla risistemazione carolingia, cui appartengono anche i capitelli, si dispose nel periodo del patriarca Poppone l'attuale struttura a conclusione semicircolare. Le pareti e i soffitti sono decorati da un rilevantissimo ciclo di affreschi (metà del XII secolo); storie della fondazione della Chiesa di Aquileia e scene della vita di Cristo, si dispongono sopra la riproduzione di un velario con immagini di storie cavalleresche. Lo stile è composito: i modelli bizantini sono risentiti e rivissuti con l'intonazione occidentale, più robusta e drammatica.

Nei due bracci della crociera troviamo affreschi di varie epoche e sarcofagi. Nel braccio di destra, attraverso una botola, si possono vedere i resti di un tratto del pavimento musivo della basilica del V secolo. Questi mosaici sono stati scoperti con gli scavi degli anni 1970/72. Nel braccio di sinistra è esposta la parte anteriore di un sarcofago con scene di San Marco che presenta le caratteristiche stilistiche dell'arte gotica veneziana del Trecento.

Nel braccio di sinistra, a sinistra dell'abside, su un pregevole capitello medievale, è collocata la Madonna detta del latte o dell'umiltà, gruppo policromo del  XIII secolo. Nel presbiterio cui porta un'alta scalinata trionfa il Rinascimento.

L'altare di destra del Sacramento è di Bernardino da Bissone; è sostenuto da uno stilobate decorato con pilastrini e corone con dischi di marmi rari. Sopra, una bellissima balaustra e un ciborio che copre l'altare nel quale è posta una finissima Pietà. A sinistra, in posizione simmetrica, c'è l'organo del 1898.

Nel mezzo fa spicco la tribuna capolavoro di Bernardino da Bissone (1491 circa). L'altare maggiore è opera di Sebastiano e Antonio da Osteno (1498), ma la mensa è romanica.

Nell'abside si trovano i grandiosi affreschi che risalgono all'età di Poppone: entro la mandorla sono rappresentati la Madonna col Bambino in trono tra i simboli evangelici e, ai lati, Santi aquileiesi. Come d'uso all'epoca si vede l'effige del patriarca Poppone, in dimensioni minori rispetto alle altre figure, che, tra i santi Ilario e Taziano presenta alla Madonna il modello della Basilica. A destra della Vergine tra i Ss. Ermacora e Fortunato c'è l'imperatore Corrado II il Salico. Sotto è dipinta una teoria di Santi martiri. Rimangono anche pochi lacerti di posteriori affreschi post-giotteschi con storie di San Ermacora. Al centro dell'abside è posta la Cattedra patriarcale, forse risalente a Poppone.

È una singolare usanza, pervenuta fino a noi che, nella notte di Natale, il Diacono canti il Vangelo con la spada in mano e l'elmo in testa, a simbolizzare la potestà civile del patriarcato (tale rito oggi si svolge di norma nella Collegiata di Cividale del Friuli).

Questa Basilica è un monumento particolarmente complesso ed è difficile poter illustrare tutte le opere d'arte che racchiude, come è pure impossibile trasmettere al lettore la suggestione intensa e profonda che coglie il visitatore anche se distratto e non preparato culturalmente quando si varca la sua soglia.

Indirizzo

Piazza Capitolo Aquileia

Orari

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00 da aprile a settembre. Dalle 9.00 alle 18.00 da marzo a ottobre. Dalle 10.00 alle 16.00 da novembre a febbraio (sabato, domenica e giorni festivi 9.00-17.00). 1 gennaio dalle 10.00 alle 17.00. Ingresso alla basilica: 3 €.

 

Basilica di Monastero

Preceduta da un nartece quadrangolare, la basilica a navata unica risale alla fine del IV secolo d.C. Il mosaico pavimentale consta di motivi geometrici di vario tipo e iscrizioni votive di ben 39 offerenti. Nel corso del tempo l'edificio subì numerosi adattamenti: dapprima abbandonato, fu poi adibito a monastero (il toponimo deriva appunto dal monastero benedettino femminile soppresso nel 1782 e sostituito da un'azienda agricola). Nello spazio aggiunto alla fine del XVIII secolo è stato allestito nel 1960 il Museo Paleocristiano, in cui sono esposti i materiali relativi a questo periodo rinvenuti ad Aquileia e nelle zone limitrofe.


Museo Paleocristiano

Il Museo Paleocristiano, ha sede nella Basilica paleocristiana del Monastero, edificio insigne datato al IV secolo. È stato istituito sia per valorizzare i preziosi mosaici e gli altri reperti archeologici scoperti nella Basilica stessa, sia per raccogliere in un solo luogo tutto il materiale paleocristiano (di cui Aquileia è ricca) che prima era esposto insieme a quello romano nel Museo Archeologico. Si può dunque considerare un Museo strettamente specialistico di rilevante interesse.

Nei tre piani dell'edificio sono collocati, oltre a mosaici paleocristiani, resti di sarcofagi paleocristiani e alto medievali, vari reperti di scavo, plutei scolpiti, una lastra di altare paleocristiana e una ricca collezione di iscrizioni. Fra tutte è degna di essere ricordata soprattutto l'epigrafe con la raffigurazione simbolica del Battesimo; il bellissimo bassorilievo raffigurante un cervo, e il bassorilievo con i busti degli apostoli Pietro e Paolo affrontati e stretti in un abbraccio di pace (fine IV secolo).

Al primo piano i grandiosi emicicli del pavimento a mosaico, qui ricomposto, che ornava l'abside della suntuosa e vasta Basilica ora scomparsa, che s'innalzava nell'area suburbana dell'antica Aquileia, dedicata a Beleno.

Beleno era una antica divinità celtica, il dio della luce; era la i divinità principale del Norico e il suo culto si diffuse anche ad Aquileia. È stato trovato molto materiale epigrafico che riguarda Beleno (nella tradizione popolare si parla di lui in una filastrocca friulana): A lungo si è mantenuto il ricordo di questa divinità solare ad Aquileia e sempre nella località che ora è detta "alla Beligna" sorgeva il Santuario di San Martino dove un tempo c'era l'antico tempio dedicato al dio pagano.

Foro

Situato al centro della città, era costituito da una piazza lastricata (m 120x60) circondata da portici. Sul lato meridionale sorgeva la Basilica Forense: entrambi appartengono, per le parti decorate, al II secolo d.C. Del portico rimangono quattordici colonne, restaurate e rialzate.

Gli scavi del foro iniziarono nel 1812 ma quanto vediamo oggi risale agli scavi del 1934. La piazza, rettangolare, fiancheggiata nei lati maggiori da un portico sopraelevato di tre gradini, a sud era chiusa da una basilica a tre navate in comunicazione con il foro e con il decumano meridionale. Sotto la pavimentazione della grande piazza corrono le condutture dell'acquedotto. Una duplice serie di "Tabernae" cioè di uffici e negozi importanti per la vita commerciale della città si disponevano oltre i portici orientali e occidentali della piazza. Il Foro fu ideato come centro religioso e vitale dell'Aquileia romana e fu realizzato in forme fastose e solenni, particolarmente ricco di fregi come si può ancora vedere nei resti di bassorilievi.

Museo Archeologico Nazionale

Il Museo Archeologico Nazionale è molto interessante per le varie e nutrite collezioni di statue, di monumenti, di mosaici, di pezzi architettonici, ma anche di ambre, di vetri, di suppellettili domestiche, di monete. Qui è raccolta soltanto parte delle memorie dell'antica Aquileia che sono andate disperse in numerosi musei italiani e stranieri.

La storia del museo iniziata con il canonico aquileiese Gian Domenico Bertoli nei primi anni del XVII secolo, continua nel 1807, quando il pittore e restauratore Leopoldo Zuccolo, sovrintendente agli scavi di Aquileia espose nel Battistero quanto era stato trovato. Nel 1873 il comune aprì un proprio Museo Civico che venne definitivamente collocato nella attuale sede di Villa de' Cassis nel 1882. In quest'ultima confluirono le collezioni private (famiglia Ritter) che comprendevano, tra l'altro, tutto il materiale raccolto dal canonico Gian Domenico Bertoli ed i beni del soppresso Monastero delle Benedettine.

Il Museo venne ampliato nel 1898 con la costruzione della Galleria lapidaria; fu completamente riorganizzato nel 1955 alla luce dei nuovi numerosi reperti e secondo dettami più moderni, legati ai nuovi concetti di museografia.

Nelle numerose sale il Museo di Aquileia custodisce una ricchissima serie di reperti molto belli che testimoniano l'antica grandezza della città e che permettono di tentare la ricostruzione fedele della vita quotidiana dei suoi abitanti; numerose sono le statue in marmo e in pietra di eccezionale importanza artistica, frammenti di architetture e sculture di varie dimensioni, alcune di ottima fattura; iscrizioni che ricordano gli uomini e le attività da loro svolte nell'industriosa e dinamica città; tra queste ricordiamo la famosa lapide con l'iscrizione che ricorda la fondazione della città (181 a.C.) con la raffigurazione tradizionale dell'aratro che traccia il solco del suo perimetro. Particolarmente importanti sono la raccolta delle pietre preziose, incise e tagliate, cammei ed infine quella, interessantissima, delle ambre provenienti dal baltico, materiale per la cui lavorazione Aquileia era nota in tutto l'impero.

Altrettanto cospicua è la collezione di vetri, boccette di tutte le dimensioni e dai colori brillantissimi ci ricordano i maestri aquileiesi che, dopo la distruzione della città (così dice la leggenda), si rifugiarono a Murano e gettarono le basi per la fiorente arte, che ancora oggi tutto il mondo ammira.

Talmente grande è il numero dei reperti ritrovati che un'intera ala del musèo è stata adibita a deposito, riservato di norma agli studiosi, e che conserva materiale altrettanto interessante.
Una nota divertente e curiosa: nella vicina Piazza San Giovanni, all'inizio della via XXIV maggio, fu posta una grande pigna in pietra usata nei secoli passati come "berlina" (l'antica pena inflitta a certi condannati che consisteva nel rendere nota la loro colpa con un bando e nell'esporli al pubblico ludibrio, legati, appunto, ad una colonna o ad un cippo, "Messi alla Berlina") che era originariamente il coronamento di un grande monumento, forse funerario.

Via Sacra e Porto Fluviale

Varcato un grande cancello si inizia la passeggiata archeologica percorrendo la Via Sacra: lungo questo suggestivo viale fiancheggiato di cipressi si vedono le rovine del Porto Fluviale; oggi il letto di quello che fu l'antico corso del Natisone alla confluenza del fiume Torre (che in epoca romana sfociava direttamente in mare, mentre ora sboccano nell'Isonzo) appare quasi del tutto prosciugato e questo crea un'impressione alterata rispetto all'imponenza che doveva avere nel momento del suo splendore. Sorto in età Claudia, aveva infatti una larghezza di almeno 48 metri e un fronte di oltre 300 metri.

Sono ancora visibili gli anelli di ormeggio che su due livelli dovevano servire a natanti di diversa stazza. Dalla riva si dipartivano rampe di carico e scarico per le varie merci che proseguivano all'interno dove erano situati i magazzini. Sopra le banchine sono impostate anche le mura tardo antiche che dovettero essere costruite a più riprese nei momenti di massimo pericolo per la città, spesso minacciata dai barbari ma anche per i contrasti fra vari imperatori romani nel corso del III e IV seolo.

La riva destra del bacino portuale era organizzata con una banchina e un sistema di magazzini collegati a questa mediante rampe. All'impianto era collegato il canale artificiale Anfora, creato per offrire un accesso più agevole al porto stesso oltrochè per bonificare i terreni circostanti.

 

Palazzo Patriarcale

All'estremità opposta della Via Sacra si arriva nel settore orientale del complesso patriarcale che, anche da questo angolo, si presenta in tutta la sua suggestiva bellezza. A Sud del complesso basilicale, prima di raggiungere il piazzale d'accesso frontale, si vedono, bianche in mezzo agli alberi a larga foglia e ai cipressi piantati nel XIX secolo, due delle cinque colonne che facevano parte di una sala a sua volta parte di un complesso più grande: è tutto quello che resta del palazzo patriarcale ricavato dall'imponente magazzino "Rorreum" di età tardo antica.


Torre Campanaria

Sul piazzale, di fianco alla basilica, si erge la poderosa Torre campanaria, a canna quadrata, . risalente al patriarca Poppone. L'immagine di Aquileia è legata anche a questo campanile che ci ispira più facilmente sentimenti di solidità terrena che un mistico desiderio di spiritualità. Nelle giornate limpide è possibile, dalla cella campanaria, ammirare un panorama splendido sulla cerchia delle Alpi Giulie fino Austria da un lato e sulla laguna di Grado dall'altro.

Battistero

Di fronte, alla Basilica troviamo altre due costruzioni, uno di queste è il Battistero del V secolo secolo, che originariamente era a base quadrata esternamente ed ottagonale internamente, oggetto continuo di scavi; nel 1982 si è scoperta sotto l'attuale vasca esagonale, una precedente vasca ottagonale e, ancora più in profondità, i resti di strutture e pavimenti di una casa romana.

Chiesa dei Pagani

La costruzione che collega il Battistero con la Basilica è la cosiddetta Chiesa dei Pagani, perché vi si raccoglievano durante il Medioevo i catecumeni per essere guidati alla dottrina e alla fede cristiana. una rara costruzione, del IX secolo, a pianta rettangolare. All'interno resti di affreschi del XIII secolo. Una curiosità storica: sopra la Chiesa dei Pagani sorgeva il Santuario di Santa Anastasia con singolare affresco della Crocefìssione e gli Evangelisti effigiati con il corpo d'uomo e con la testa del loro simbolo.


Mausoleo

Questo monumento funerario cuspidato, rinvenuto in frammenti nel 1891 a poca distanza da Aquileia, fu ricostruito nei 1955 lungo la via julia Augusta, nel pieno centro della città antica, a sud-est del Foro. Una larga base, in cui sono stati inseriti i frammenti dell'epigrafe dedicatoria (evidentemente il destinatario dell'opera ricoprì in vita un'importante carica municipale), sorregge la stretta edicola superiore cilindrica.
Tale elemento, rappresentativo dell archi- lettura funeraria delia città, risale alla metà del I secolo d.C.


Mercato pubblico

Situato a sud ovest del centro antico, vicino ai fiume, era articolato in due grandi padiglioni. Il complesso ebbe vita dalla ime della Repubblica alla tarda antichità; successivamente vi è stata sovrapposta uria grande strada.


Mura

Le mura repubblicane, originariamente di tracciato pressoché quadrato, vennero in seguito ampliate verso nord secondo lo sviluppo della città, legata alla presenza del porto. Le mura tarde, dell'età di Massimino il Trace e di Teodosio, consistono in due cerehie più ampie, di un perimetro di quasi 5 km, più sviluppate a sud-ovest ad abbracciare l'abitato che andava progressivamente ampliandosi. I resti delle mura patriarcali denotano invece il brusco restringersi dell'abitàto in quell'epoca.


Sepolcreti

Sono articolati ai lati delle strade extraurbane per vari chilometri di lunghezza. Consistono in aree tombali contrassegnate da cippi e vistosi monumenti figurati e inscritti. La ricchissima suppellettile si trova ora depositata nei vari musei della regione e soprattutto in quello locale, fondato nel 1882.

Pineta di Belvedere

A pochi chilometri, verso la laguna nella bella pineta di Belvedere (tutto quello che permane della ben più vasta pineta che da Ravenna ricopriva la costa adriatica fino a Pola), è stato creato un complesso turistico balneare e un campeggio attrezzato. Si è già accennato all'interesse turistico di Aquileia come importante centro culturale, non va dimenticato quello legato alla vicinanza delle cittadine con la laguna e con il mare.

Villa Guglielmo Ritter a Monastero

La Villa Guglielmo Ritter a Monastero fa parte di quel grande complesso edilizio già citato che diede il nome alla località e fu dall’età carolingia al XVIII secolo la sede di un monastero benedettino. Questa località ospitò, nel secolo scorso, la collezione archeologica del Canonico Bertoli (poi donata al Museo Civico di Aquileia). La villa è un bell’edificio settecentesco, dalla struttura semplice e con aggiunte posteriori. Al centro si trova un bel timpano ampio che sovrasta un semplice portone.

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