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Cosa vedere ad Aosta - I 40 luoghi da non
perdere
  
Aosta è una
piccola città di 35 mila abitanti, da anni
considerata tra le più belle e vivibili città
italiane. Nonostante non sia molto grande il suo
territorio è ricco di punti d’interesse culturale,
turistico e paesaggistico. La sua posizione al
centro della Valle omonima fanno si che lo scenario
di cui è circondata (una conca verdeggiante
circondata da montagne) abbia un fascino e una
bellezza fuori dal comune.
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Il centro storico della città, caratterizzato dalla parte
romana e da quella medievale dove è molto piacevole è invita a
fare delle belle passeggiate alla scoperta dei monumenti, delle
opere d’arte, dei vicoli e delle tante risorse artistiche e
culturali. Ecco qui i luoghi di Aosta da non perdere durante una
vostra visita.
Arco
di Augusto
L'Arco di Augusto fu eretto in onore dell'imperatore
Augusto a ricordo della vittoria conseguita dall'esercito romano
sulla popolazione dei Salassi. Questi ultimi erano una
popolazione di origine celtica che abitava il Canavese e la
valle della Dora Baltea. L'arco sorge sulla via che giungeva da
Eporedia (il nome romano di Ivrea) a poca distanza
dalla Porta Pretoria, attraverso la quale si accedeva alla
città. Realizzato in blocchi squadrati di puddinga (una roccia
sedimentaria costituita da frammenti rocciosi più o meno
arrotondati). Si presenta compatto e monolitico, a un solo
fornice (costruzione arcuata), con due coppie di semicolonne sui
lati lunghi e tre su quelli brevi, sormontate da capitelli
corinzi su cui poggia un semplice fregio a triglifi (un elemento
architettonico del fregio dell'ordine dorico dell'architettura
greca e romana, una formella in pietra, decorata con tre
scanalature verticali detti appunto glifi) e metope (altro
elemento architettonico del fregio che consiste in una formella
in pietra, scolpita a rilievo). Alcune statue, oggi scomparse,
ornavano probabilmente le quattro nicchie delle facciate. Nel
Medioevo l'arco era chiamato "Saint-Voùt" da un'immagine
del Salvatore, sostituita poi dal Crocifisso ligneo
tardo trecentesco attualmente esposto nel Museo del Tesoro
della Cattedrale di Aosta. L'arco è privo da secoli
dell'attico con l'iscrizione dedicatoria. Venne coperto nel 1716
dal tetto di ardesia a quattro spioventi, con i tre stendardi.
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Cattedrale di Santa Maria Assunta
La storia architettonica e artistica della Cattedrale di
Aosta dedicata a Santa Maria Assunta è frutto di
innumerevoli sovrapposizioni dall'epoca paleocristiana fino al
secolo scorso, non sempre ben definibili cronologicamente. Non
si conosce con esattezza la data di fondazione dell'edificio,
tuttavia le ricerche condotte nell'ultimo decennio hanno
rivelato, al di sotto delle attuali strutture, le fondazioni di
un edificio risalente al 400 d.C. circa, di fronte al quale
sorgeva una chiesa dedicata a San Giovanni Battista, di cui si
ha notizia fino al XVI secolo...Continua a leggere sulla
Cattedrale di Aosta.
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Collegiata dei Santi
Pietro e Orso
Centro del quartiere cittadino di Porta Sonct Urli, la
Collegiata dei Santi Pietro e Orso godette nel corso della
sua storia di notevole prestigio e influenza religiosa, derivati
in gran parte dal fatto che, secondo la tradizione, essa fu
fondata da Sant'Orso, uno dei primi santi valdostani e
protettore della Valle. L'introduzione della vita canonicale
sotto la regola di Sant'Agostino, sancita da una bolla di
Innocenzo II nel 1132 su istanza del vescovo Eriberto, segna
l'inizio della fase di maggior prosperità della Collegiata, che
alla fine del XIII secolo contava alle sue dipendenze numerose
parrocchie e ospedali nelle diocesi di Aosta, Ivrea,
Vercelli e in Tarantasia. Nel corso del sec. XV il
Capitolo ursino si avvia a una decadenza che, dopo la felice
parentesi del priorato di Giorgio di Challant
(1469-1509), si aggrava sempre più, fino a provocare nel 1644 la
secolarizzazione della comunità...Continua a leggere sulla
Collegiata dei Santi
Pietro e Orso.
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Chiesa di Santa Croce
La
Chiesa di Santa Croce venne costruita a partire dal
1682-'83 con il generoso contributo del tesoriere generale del
Ducato di Aosta Bonifacio Festaz (la Confraternita
fornì il materiale e Festaz pagò le spese della mano d’opera).
Era la era sede della
Confraternita della Misericordia, dedicata all'assistenza ai
carcerati e ai condannati a morte. La facciata della chiesa
presenta una decorazione pittorica a trompe-l'oeil di
fattura ottocentesca, al centro
della quale vi è un affresco con la Ritrovamento della Vera
Croce da parte di Sant’Elena, madre dell’imperatore
Costantino. Più interessante è l'interno, a pianta
rettangolare, dotato di tre altari lignei barocchi con ricche
cornici intagliate e dorate, tele e statue. Si trova sulla
centralissima via Aubert nei pressi della Biblioteca regionale.
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Cappella
di San Grato
In uno slargo di
via De Tillier è ancora oggi visibile, l'antica
piccola Cappella di San Grato. oggi sconsacrata e
utilizzata per mostre di opere realizzate dall’Associazione
Artisti Valdostani, che l’hanno ribattezzata "Galleria San
Grato". Non si
hanno notizie precise sulla sua fondazione, che pure dovrebbe
essere molto antica: la chiesa è menzionata per la prima volta
in un documento del 1203, tuttavia la tipologia del campaniletto con la bifora sostenuta da un capitello a intrecci foliacei risale almeno alla metà del secolo precedente. La
costruzione attuale, con la finestra gotica in facciata, è
probabilmente della fine del XV secolo o dell'inizio del XVI.
L'interno presenta una pianta a forma rettangolare, coperta da
una volta archiacuta con costoloni. Sulla chiave di volta è
rappresentato lo stemma del capitolo della Cattedrale, a cui la
chiesa appartenne fino al 1781, anno in cui venne ceduta al
Comune di Aosta.
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Museo archeologico
regionale (MAR)
La
Valle d'Aosta e la sua storia è indissolubilmente legata
al passaggio delle genti e degli eserciti e porta le tracce di
tutti coloro che l'hanno abitata nel corso dei secoli. Come è
possibile capire una regione con queste caratteristiche, se non
si attinge a piene mani nella sua storia? Il Museo archeologico
regionale si trova proprio nel cuore della città di Aosta,
nell'ex Caserma di Challant a pochi passi da piazza
Chanoux, e offre un tuffo nel passato a chi ha appena
visitato la città per la prima volta come a chi ci abita da una
vita. In questo luogo rivive l'antica Augusta Praetoria
attraverso i più importanti ritrovamenti della zona e grazie
alla possibilità di scendere al livello della città romana,
attraverso un percorso nel sottosuolo del museo alla ricerca di
mura sopravvissute ai secoli e alle successive ristrutturazioni.
Grazie ai ritrovamenti dell'aerea urbana regionale, si
ripercorrono le varie tappe della storia della città, dal 3500
a.C al V secolo d.C., dal neolitico all'età paleocristiana.
All'interno si trova anche una collezione epigrafa, vetri
antichi, monete. Consigliatissimo.
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Museo
Manzetti
Innocenzo Manzetti
nacque ad Aosta nel 1826 e viene ricordato come il 'vero' inventore del telefono. Non Alexander Bell e neanche Antonio Meucci,
che ai suoi tempi pur riconobbe il lavoro di Manzetti ed ebbe modo di accendere una vivace disputa contro l'americano con i risultati che tutti oggi
conosciamo. Il lavoro si deve ad un valdostano quasi finito nel dimenticatoio.
Manzetti fu inventore tra i più appassionati ed è noto quanto egli precorse con anticipo quello che poi tutti hanno avuto modo di conoscere come il
'telefono': a quel tempo, un apparecchio elettrico in grado di comunicare a distanza. Era il 1865, il riconoscimento pubblico non tardò ad arrivare;
tuttavia fattori esterni legati non ultimi alla 'eccessiva' posizione periferica di Aosta, portarono il tutto nel dimenticatoio del Regno italiano e
nell'allora comunità scientifica. Di Manzetti ?
che morì prematuramente ?
nessuno sentì più parlare. Il lavoro e gli studi sul telefono, che perfezionò tra
il 1843 e il 1865, non furono mai brevettati.
Oggi, a ben parlare di lui è il Museo Manzetti, un piccolo gioiello di scienza e meccanica che tutti dovrebbero conoscere. Vanto di tenacia e
orgoglio italiano. Il museo è stato inaugurato nella primavera del 2012 presso il Centro espositivo di Saint-Bénun, nel centro di Aosta, e
nasce dalle determinazione di Mauro Caniggia Nicolotti e Luca Poggianti, biografi e massimi esperti della vita e del lavoro di Manzetti, e
con l'ausilio della regione Valle d'Aosta, che oggi ne gestisce la sede...Continua
a leggere sul
Museo Manzetti.
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Ponte-acquedotto di Grand Arvou
Costruito in tempo medievale e situato in località Chiou
a Porosson, frazione di Aosta, il
Ponte-acquedotto di Grand Arvou resta a tutt'oggi uno
dei più importanti esempi di ingegneria idraulica
medievale italiana e secondo alcuni, non a torto, uno
dei più bei monumenti che ci abbia conservato il Medioevo.
Venne costruito in cima alla gola del torrente Parléaz,
sopra il canale ru Prévôte grazie alla stretta forma
della stessa, che ne permise l'edificazione. La sua portata
è di 400 litri d'acqua al secondo, tuttoggi prelevati dal
torrente Buthier per irrigare circa 225 ettari di terreno
nei comuni di Roisan, Aosta, Saint-Christophe, Quar...Continua
a leggere sul
Ponte-acquedotto di Grand Arvou.
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Museo del Tesoro
della Cattedrale
Il
Museo della Tesoro della Cattedrale di Aosta si trova nel
deambulatorio della stessa Cattedrale di Santa Maria Assunta e
presenta una interessante panoramica dell’arte valdostana tra il
XIII e il XVIII secolo. Agli oggetti già importanti del del
ricco tesoro della Cattedrale sono state aggiunte alla
collezione alcune opere d’arte provenienti da diverse parrocchie
della Valle. Tra gli esemplari più significativa della raccolta
museale ci nono un cammeo di età romana incastonato in una
cornice d’oro con pietre e perle del XIII secolo, utilizzato
come fibbia di piviale, nonché un pezzo unico, un dittico
consolare di Onorio, esempio di arte tardo-romana. Altrettanto
importanti sono alcune sculture gotiche, tra le quali spicca un
antico paliotto in legno scolpito del XIII/XIV secolo.
All'interno della mostra è in evidenza anche la ricchissima
collezione orafa con oggetti di provenienza francese di arte
limosina e pregevoli busti reliquiari in argento incisi ed
incastonati con cristalli e pietre. Un altro oggetto per cui il
museo è conosciuto è la grande Cassa reliquiario di San Grato,
la cui esecuzione, inizialmente affidata a Guglielmo di
Locana, fu completata dopo la sua morte dal fiammingo
Jean de Malines.
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Piazza Émile Chanoux
La
piazza principale di Aosta, nonché cuore della città, è
dedicata a Émile Chanoux, che fu uomo di punta della
resistenza valdostana contro il nazifascismo, morto il 18
maggio1944 all'età di 38 anni in carcere torturato dalle SS. La
municipalità di Aosta gli dedicò la piazza, già intestata in
precedenza a Carlo Alberto. Sulla stessa area che oggi è
occupata dalla piazza Chanoux, in precedenza esisteva il
complesso monastico di San Francesco fatto costruire da Amedeo
VI di Savoia, che restò in piedi fino a quando cominciò la
costruzione del municipio nel 1835. La piazza che si trova a
nord del municipio è chiamata appunto Piazza San
Francesco...Continua a leggere sulla
Piazza Émile Chanoux.
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Chiesa
di San Lorenzo
Nel corso di scavi effettuati negli anni '70 del secolo
scorso, sotto la Chiesa di
San Lorenzo, antistante la Collegiata, sono venute alla luce le
fondazioni di una grandiosa chiesa cruciforme paleocristiana,
costruita nel V secolo su un'antica necropoli romana
extraurbana, nei pressi dell'arteria che giungeva da Eporedia
(Ivrea). La sua destinazione prettamente funeraria è confermata,
oltre che dalla pianta a croce latina i cui bracci sono conclusi
da quattro absidi (tale tipologia ricorda la
Basilica di Sant'Ambrogio e la
Basilica di San Nazaro maggiore a
Milano), anche dal rinvenimento di
un'area privilegiata all'incrocio dei bracci in che trovavano
sede numerose tombe di grosse dimensioni, tra cui il sarcofago monolitico di uno dei primi
vescovi della diocesi aostana, Agnellus, morto il 29 aprile
528, come ricorda la sua epigrafe.
Nella medesima chiesa si
trovava anche la tomba, rinvenuta nel 1300, del vescovo Gallo,
morto nel 546, la cui lapide funeraria è attualmente murata in
una nicchia presso l'altare maggiore della Collegiata. In epoca
carolingia, in seguito a un'inondazione del Buthier, le
dimensioni dell'edificio vennero ridotte e occuparono solo il
settore orientale della chiesa paleocristiana. La chiesa venne
nuovamente ingrandita in epoca romanica e ricostruita nel XVII
secolo, periodo a cui risalgono le strutture attuali con
l'abside orientata a ovest.
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Chiesa di Santo
Stefano
La struttura architettonica
della Chiesa di Santo Stefano risale al 1728; di poco
posteriori sono gli affreschi policromi che decorano la
facciata, al di sopra del bel portale in pietra di Aymavilles.
Tuttavia le origini della chiesa sono ben più antiche, essendo
documentata fin dal XIII secolo la sua appartenenza al Capitolo
di Sant'Orso, che la cederà nel 1234 alla Cattedrale. L'antico
edificio doveva presentare maggiori pregi artistici di quello
attuale, interamente ricostruito in un'epoca in cui la
parrocchia aveva perso ormai gran parte della sua importanza.
Dalla Chiesa di Santo Stefano proviene un polittico trecentesco
raffigurante otto Storie dell'Infanzia di Cristo, attualmente
conservato al Museo Civico di Torino: esso si pone tra gli esempi più precoci di
una produzione locale di bassorilievi lignei che continuerà per
tutto il secolo seguente. Alla fine del XIV secolo risale la
grandiosa Statua di San Cristoforo, dipinta e dorata, ricavata
da un unico ceppo di noce, che costituisce un punto di
riferimento imprescindibile per la statuaria lignea della Valle.
Tra i numerosi pezzi di oreficeria ricordiamo la croce in lamina
di rame argentato che porta la data 1451. L'altare maggiore in
legno intagliato e dorato, con tele raffiguranti la Vita di
Santo Stefano, è del XVIII secolo; dello stesso periodo sono gli stalli in noce del
coro, provenienti dalla distrutta Chiesa di San Francesco.
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Convento delle Suore di San
Giuseppe
La comunità delle suore del
Convento di San Giuseppe ha sostituito nel 1831
quella delle canonichesse di Santa Caterina, in seguito al decreto
napoleonico di soppressione dei conventi, del 1803. Giunte dal
Vallese attraverso il colle del Teodulo, le canonichesse di Santa
Caterina costituirono il primo monastero femminile nella
Valle, stabilendosi definitivamente ad Aosta a partire dalla
metà del sec. XIII. Del convento originario, fatto costruire da
Goffredo di Challant, rimangono il campanile a torre quadrata e
la chiesa, che subì Arco_di_Aori.
L'affresco con la Madonna e il Bambino tra Santa Caterina e San
Francesco, al di sopra del portale di entrata, reca la data
1496, a testimonianza della parziale campagna di ricostruzione
dovuta a Francesco Carmagna, vicebalivo di Aosta dal 1496 al
I501. La congregazione delle suore di San Giuseppe si riallaccia
alla fondazione fatta a Le Puy dal gesuita Jean-Pierre
Médaille; deve la sua istituzione a Evasio Agodino,
vescovo di Aosta, che nel 1831 invitò nella sua diocesi le suore
della congregazione di
Lione.
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Campanile del
Priorato di Saint-Bénin
Il Campanile romanico del Priorato di Saint-Bénin,
decorato da tre ordini di archetti ciechi sovrapposti e da
bifore nella cella campanaria, è quanto rimane dell'antico
Priorato di Saint-Bénin. Fondato dai Benedettini di
Fruttuaria e da essi retto fino al XII secolo, divenne proprietà
dei Canonici del Gran San Bernardo. Dotato di benefici e
possedimenti, il priorato svolse un ruolo dominante fino al
1344, anno in cui passò in commenda. Destinato in seguito a
coPonte romano sul Buthierul Buthierì un'importanza fondamentale per la storia della
cultura locale. Affiancata al campanile sorge la chiesa,
costruita nel 1676 per volontà di Bonifacio Festaz,
dotata di begli altari barocchi. Oggi chiusa al culto, è in
parte utilizzata come palestra.
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Foro Romano di Aosta
Il foro
era fulcro della vita sociale, politica ed economica di
Augusta Praetoria. Aveva forma rettangolare allungata e
occupava i quattro isolati localizzati nell'area delimitata a
nord dal criptoportico e a sud dal decumano minore. Il
criptoportico, che doveva risolvere la pendenza del terreno in
chiave architettonica, si sviluppa per tre lati formati da una
doppia corsia con volte a botte, illuminati da finestre a gola
di lupo equidistanti sui lati simmetrici. Le due corsie
comunicano attraverso basse e massicce arcate, poggianti su
pilastri a sezione rettangolare in travertino. I suoi lati
delimitano un'area soprelevata rispetto al piano di calpestio
del criptoportico, sulla quale sorgevano due templi: è tuttora
visibile un tratto di basamento di quello orientale. Un'ampia
gradinata permetteva di superare il salto di quota
congiungendo l'area sacra alla sottostante platea forense di
cui, durante gli scavi archeologici, sono emersi tratti del
muro perimetrale orientale.
La parte superiore del
criptoportico doveva essere costituita da un triportico che
fungeva da portale all'area dei templi, con fronte aperta sul
lato del decumano minore e sul foro sottostante. Adiacente
all'area forense era l'edificio termale, i cui resti
sono stati rinvenuti sotto la scuola "XXV Aprile". Esso è costituito da
alcuni vani riscaldati interpretati come calidoria e tepidaria,
da un praefumium e da alcuni tratti dei condotti di scarico e di
strutture murarie. Il calidorium biabsidato possedeva una
vasca a temperatura differenziata poiché l'esedra orientale era
prossima al forno di combustione. L'esistenza di un sistema di
riscaldamento è attestata dal rinvenimento di suspensurae
(nell'Antica Roma una suspensura era un piccolo pilastro a base
quadrata utilizzato come sostegno del pavimento rialzato di
ville o di edifici pubblici) che
sostenevano il pavimento e che permettevano, insieme con i
tubuli posti lungo le pareti, la circolazione di aria calda.
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Ponte romano sul
Buthier
Nei pressi dell'Arco di Augusto ad Aosta, situato nel quartiere orientale della città, si ammira il ponte sul torrente Buthier, di
epoca romana, che un tempo consentiva l'accesso alla città di Augusta Prætoria Salassorum (il nome con cui era conosciuta l'antica Aosta).
Si tratta del primo monumento romano che si incontra visitando
la città. Il ponte è largo circa 6 metri e venne costruito
in età augustea con blocchi di pietra, secondo i consueti
modelli romani...Continua a leggere sul
Ponte romano sul Buthier.
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Casa Barillier
In via Croix-de-Ville è situata la Casa Barillier fatta
costruire nel 1781 da Claude-Michel Barillier, ricco
commerciante di stoffe. Notevoli sono i balconi in ferro battuto
che ornano la facciata. I Barillier, al pari di altre poche
famiglie valdostane quali i Bich e i Gervasone, furono i
committenti di due tra i più significativi esempi di edilizia
abitativa privata del tardo Settecento in Valle: la casa di via
Croix de Ville, appunto, e il villino fuori porta di Montfleury,
anch'esso commissionato da Claude Barillier, e risalente agli
stessi anni, nonostante le evidenti differenze stilistiche.
Queste realizzazioni architettoniche permettono di affermare che
le fortune del Barillier, già almeno dalla metà del secolo,
erano tali da permettergli anche la costruzione di un così
importante edificio. L'edificio di via Croix de Ville è la
tipica casa urbana dell'alta borghesia e si inserisce in una
sequenza di esempi imponenti a livello internazionale: in tal
senso la Maison Barillier potrebbe essere effettivamente citato
come l'unico esempio di spicco di edilizia residenziale rococò
nella città di Aosta.
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Casa
di Sant'Anselmo
Nella via omonima(via
Sant’Anselmo 66,) sorge la casa dove, secondo una tradizione
probabilmente infondata, nacque Sant'Anselmo. Qui
sarebbe nato il futuro abate del Monastero di Bec
in Normandia, apprezzato da Guglielmo il Conquistare
e dal suo successore Guglielmo II, che lo appoggiò per diventare arcivescovo di
Canterbury
in Inghilterra. Anselmo d’Aosta è famoso come teologo e
filosofo; il suo nome è in particolare legato alla prova
“ontologica? dell’esistenza di Dio. Questo edificio, Già dimora dei
nobili La Tour di Gressan, fu ceduta nel 1504 alla
famiglia Favre, che la fece interamente ricostruire nelle
austere forme attualmente visibili. Un'iscrizione lapidea indica
il I505 come da-ta di riedificazione della casa.
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Casa
de La Grive
In
via De Sales (numero 22) sorge la casa costruita verso il 1525
da
Giovanni La Grive antiquario e collezionista. La costruzione
presenta una serie di belle finestre sormontate da timpani
triangolari e ornate da protomi umane, dovute probabilmente ai
rifacimenti promossi alla fine del XVIII secolo dal conte
Antoine-Philippe-Auguste Nicole di Bard, sindaco della città
nel 1799, antiquario e collezionista appassionato, vi riunì le
sue ricche collezioni epigrafiche. Fu in seguito proprietà dei
Nobili Brunel e quindi di un avvocato di nome Flandin.
Questo palazzo che, molto probabilmente, prese allora l'aspetto
bizzarro (ma fortemente simbolico). Si tratta del primo dei
palazzi dell'Aosta "moderna". Attraverso un'arcata nella
facciata si prosegue per via Lostan, dove ai numeri 8-10 si
trova la casa dei nobili Lostan, fatta costruire dal balivo
Mathieu de Lostan (1539).
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Casa
Lostan (Maison Lostan)
L'antica famiglia nobiliare Lostan, originaria di
Lydes nel Vallese, fece costruire (il balivo Mathieu de
Lostan nel 1539) la grande casa
nella via che da essa prese il nome. Dell'edificio
cinquecentesco, rimaneggiato all'inizio del secolo XVIII dai
nuovi proprietari, rimangono gli stipiti interni dell'ingresso,
ornati da modanature lapidee. Gli archi ribassati settecenteschi
visibili nel cortile hanno accreditato la leggenda che la
costruzione fosse un antico convento. Attualmente L'immobile è
oggetto di un intervento di recupero condotto
dall’Amministrazione regionale, proprietaria dello stesso.
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Casa Tollen
Il notaio Martino Tollen, primo esponente della famiglia
originaria di Biella, venne a stabilirsi ad Aosta nel 1440
alle dipendenze del conte di Challant; egli stabilì la sua
residenza nella casa medioevale costruita sul bastione romano,
tra la Porta Pretoria e la Torre dei Balivi. I
restauri a cura della Sovrintendenza hanno riportato alla luce
le antiche strutture dell'edificio, tra cui due finestre
trilobate del XIV secolo e i piedritti cinquecenteschi del
portale di ingresso. Attualmente la Casa Tollen è adibita a
deposito del Museo Regionale. A sud sorge l'edificio dell'Antica
Zecca, anch'esso di origine trecentesca, dove i Tollen batterono
moneta per il ducato dal 1549 al 1590.
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Municipio di Aosta
Sul luogo dove sorgeva la Chiesa di San Francesco e il
Convento dei Cordigeri, distrutto nel 1836, venne edificato,
tre anni dopo, il Palazzo del Municipio (Hôtel de Ville). L'edificio inglobò
nell'attuale ala ovest I'Hòtel des Etats, costruzione della
prima metà del XVIII secolo che, a partire dal 1730, aveva
ospitato le riunioni dei Tre Stati ed era divenuta in seguito
sede dell'amministrazione della giustizia. Il palazzo in stile
neoclassico si deve al progetto dell'architetto Dogliotti.
L'interno, decorato da busti di personaggi famosi, presenta il
salone ducale affrescato dai fratelli Artari. Davanti al
porticato sono poste due fontane monumentali raffiguranti la
Dora e il Buthier.
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Palazzo Ansermin
All'inizio di via Porte Pretoriane si trova il palazzo costruito
da Francois-René, barone di Nus, verso il 1670. La
costruzione, presenta una facciata in pietra a vista, arricchita
dal portale in legno e da un bel balcone in ferro battuto di
gusto barocco. All'interno vi sono sale decorate con stucchi e
affreschi. Nelle cantine del palazzo sono ancora visibili i
resti della cloaca del decumanus maximus. Nella seconda
metà del secolo XVIII il palazzo divenne proprietà della
famiglia Ansermin, originaria di Ollomont. Durante la
costruzione del Palazzo del Municipio (1836 ?
1842) ospitò gli
uffici amministrativi della città di Aosta.
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Palazzo Roncas
Sulla piazza omonima, anticamente denominata Vaudan, sorge il
più prestigioso edificio rinascimentale della città: la sontuosa
dimora che il barone Pierre Léonard Roncas, ministro di
casa Savoia per circa cinquant'anni, fece costruire nel 1606,
all'apice della sua carriera. Gli affreschi che decorano il
portico d'ingresso, la scalinata e il loggiato del cortile
interno, costituiscono un raffinato esempio del gusto tardo
manierista ispirato all'arte dell'Italia centrale. Le
grottesche, dipinte su fondo bianco, con figurine di divinità,
scene di genere e allegoriche, segni zodiacali, costituiscono un
fatto artistico isolato nel contesto della Valle, richiamando
piuttosto analoghe decorazioni presenti nelle ville della zona
di Firenze. In seguito all'estinzione della famiglia Roncas alla
fine del Seicento, il palazzo, acquistato nel 1702
dall'amministrazione del ducato di Aosta, venne denominato "Maison
du Pays" e utilizzato come dimora del vice balivo e sede
dell'intendenza ducale. Oggi è sede del Comando dei Carabinieri.
Nella stessa piazza è situato un altro edificio del XVII: si
tratta della Casa dei marchesi Vaudan, il cui stemma compare
nella decorazione ad affresco affiancato a quello dei Roncas, in
seguito al matrimonio di un'esponente della famiglia con il
marchese Pierre Léonard.
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Palazzo Vescovile
Costituito da un complesso di edifici di epoca diversa, il
Palazzo Vescovile occupava probabilmente fin dal XIII secolo
l'area su cui sorge oggi. Attualmente il nucleo più antico è il
salone al primo piano che monsignor Bailly fece costruire
e ornare con la serie di ritratti dei vescovi aostani, dipinti
entro medaglioni. Un'iscrizione attesta che nel 1750 venne fatta
erigere dal vescovo del tempo a proprie spese l'ala orientale
del palazzo. Al successore di questi, Solar di Villeneuve,
tra il 1786 e il 1790, si devono l'atrio e la scalinata, che
presentano una ricca decorazione a stucco e ad affresco, con
soggetti allegorici. Lo stesso fece aggiungere nel salone gli
stucchi di gusto tipicamente tardo settecentesco, i ritratti dei
principi di casa Savoia e la monumentale carta della diocesi. La
cappella, fondata dal Solar, fu interamente riedificata e
decorata in stile neoclassico al tempo del vescovo Jourdain,
nella prima metà del XIX secolo. Ottocentesco è anche il ponte
in muratura che collega il palazzo alla Cattedrale: esso
rimpiazza il passaggio gotico, in legno, fatto costruire nel
143I da Oger Moriset.
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Villa
(Castello) di Montfleury
Il Villa Montfleury
(chiamato anche Castello di Montfleury), il palazzo che sorge alla periferia
di Aosta, sulla strada che conduce a Courmayeur, fu fatto
costruire verso il 1785 da Jean-Jacques Barillier, notaio
aostano, per la sua sposa. L'edificio, notevole per la
singolarità della pianta centrale ottagonale, è circondato da un
porticato. Proprietari diversi vi si avvicendarono nel corso del
XIX secolo. Nel 1950 la villa fu acquistata dai canonici del Gran
San Bernardo e destinata a sede della scuola regionale di
agricoltura.
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Porta Pretoria
La Porta Pretoria, costituiva l'ingresso orientale della
città, all'imbocco del decumanus maximus. Di proporzioni
monumentali, è uno dei più interessanti e originali esempi di
porta fortificata che il mondo ro-mano abbia realizzato. Essa
consta di due grandiose cortine mura-rie parallele, realizzate
in blocchi di puddinga, a tre fornici, fiancheggiate da torri e
racchiudenti un cortile d'armi interno. La facciata esterna a
levante era rivestita da lastre di bardiglio verde (un tipo di
marmo) e decorata in alto da un fregio a motivi classici (ovoli,
foglie di acanto), di cui restano poche tracce. L'arco centrale
era profilato di marmo bianco. Nei documenti medioevali la Porta
Pretoria viene denominata Porta Soncti Ursi, da cui prese
il nome la famiglia nobile che si era insediata in una delle
torri laterali. Fin dal XII secolo è documentata la presenza,
nella parte superiore della porta, di una cappella absidata
dedicata alla SS. Trinità (da qui il nome di "Porta de la
Trinité" col quale talvolta era indicata). Il cortile d'armi era
occupato dal mercato di granaglie e sotto uno dei fornici
maggiori vi era il forno del quartiere.
La Porta Decumana, all'estremità occidentale del decumanus,
descritta dal De Tillier come meno imponente della Porta
Pretoria, fu rasa al suolo nel 1810. Nulla o quasi resta anche
delle altre due porte della città romana, la Porta
Principalis sinistra e la Porta Principalis dextera,
rispettivamente a nord e a sud del tracciato del cardus maxi-mus.
Presso la Porta principalis dextera è stata rin-venuta una
lapide dedicata dai Salassi al loro patronus Augusto
(oggi conservata al Museo Archeologico). Solidamente
incastrata nel paramento murario, reca la data 23 a.C.,
riferibile, evidentemente, anche al compi-mento dell'imponente
cinta di mura.
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Priorato di Sant'Orso
Il
Priorato di Sant'Orso è l'impresa architettonica più felice tra quelle
patrocinate da Giorgio di Challant, che fece ricostruire
interamente l'edificio verso la fine del 1400, eleggendolo a sua
dimora nel corso dei soggiorni ad Aosta. La costruzione è a due
piani; essa è costituita da tre corpi uniti ad angolo retto e da
una torre ottagonale con scala interna a chiocciola che conduce
al belvedere. Al piano terreno, sui lati prospicienti la
Chiesa di Sant'Orso, si apre un porticato. La facciata
dell'edificio, restaurato all'inizio del 1900 da Alfredo d'Andrade,
è caratterizzata dall'uso del cotto. Le grandi finestre crociate
del primo piano presentano cornici in laterizio stampato con
figure di putti tra fogliami, originariamente policrome; gli
stessi motivi decorano il cornicione che separa il primo dal
secondo piano. Della struttura interna originaria del Priorato
si conservano soltanto la sala priorale, la cappella, la torre e
un'attigua saletta con una chiave di volta scolpita. Nella sala
priorale, le pareti sono rivestite da intagli lignei
strettamente legati agli stalli del coro della Collegiata e
dovuti probabilmente al medesimo autore. Più interessante è la
cappella, un piccolo ambiente coperto da due volte a crociera,
interamente affrescato con Figure di Santi, l'Annunciazione e
Storie di San Giorgio. Sulla parete di fondo, dietro
l'altare, è rappresentata la Vergine col Bambino venerata
da Giorgio di Challant, il cui stemma ricorre più volte
nella decorazione dipinta. Il ciclo di pitture, stilisticamente
affini a quelle nell'atrio del Castello di Issogne si data
verosimilmente verso il 1470.
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Seminario Maggiore
L'attuale edificio del Seminario Maggiore fu fatto
costruire dal vescovo de Sales nel 1772, nel luogo dove sorgeva
il Priorato Saint-Jacquéme, soppresso una ventina anni
prima. Dell'antico priorato romani: rimangono una parte di
abside decorata l'esterno da archetti ciechi, e il campanile
fortemente rimaneggiato in epoca posteriore (la bifora della
cella campanaria risalente al XV secolo) e attualmente occupato
da abitazioni. Nel Settecento venne privato della guglia, con la
quale figura nelle vedute seicentesche di Aosta. La torre
campanaria era posta sulla facciata della chiesa a navata unica
costituendo uno dei pochi esempi di questo genere nella Valle.
Il seminario, privo di interesse architettonico, è sede di una
ricca biblioteca che si fregia, tra l'altro, di numerosi
incunaboli e di preziosi codici manoscritti. Nell'atrio è
conservato un dipinto della fine del Cinquecento, attribuito
alla scuola di Gaudenzio Ferrari, raffigurante la Deposizione.
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Teatro e Anfiteatro
Romano
All'interno della cinta muraria romana, nell'angolo
nord-orientale, sorgevano due importanti edifici pubblici
risalenti ai primi decenni del I secolo d.C., il teatro e
l'anfiteatro. Del teatro si conservano monumentali
vestigia, tra le quali spicca l'alta facciata (25 metri) in
opera quadrata, costituita da tre ordini sovrapposti di finestre
e scandita da contrafforti che ne sottolineavano il
verticalismo, arricchendola di effetti chiaroscurali. L'edificio
scenico, che doveva raggiungere in altezza il terzo ordine di
aperture del muro perimetrale, è attualmente ridotto alle
fondamenta, ma la caratteristica principale, piuttosto rara,
della cavea semicircolare inscritta in una struttura
rettangolare e quasi sicuramente coperta, è tuttora facilmente
leggibile. Scarse sono le testimonianze archeologiche
dell'anfiteatro (che misura 86 x 76 metri) posto a nord del
teatro, di cui sono visibili solo i resti della struttura
portante dei due ordini di gradinate, attestati da una volta
anulare, e otto arcate del settore nord-occidentale inglobate in
un fabbricato appartenente alle suore di San Giuseppe. Nel
Medioevo l'anfiteatro, denominato anche Polotium rotundum,
era la residenza fortificata dei nobili detti "de Palatio".
Dopo l'estinzione della famiglia, avvenuta nel secolo XIV,
cambiò diversi proprietari, fino a entrare in possesso del
Convento di San Giuseppe.
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Castello e Torre Bramafam
Anticamente conosciuta come "turris Beatrix", dal nome
medioevale della Porta principalis dextero che la fiancheggia,
la Torre Bramafam era la residenza dei visconti di Aosta,
i signori di Challant. Questi estendevano il loro dominio
a tutta la parte sud-occidentale delle mura, che recingeva il
quartiere di Bicaria. La torre cilindrica, coronata da merli
guelfi, presenta nell'alzato due tecniche costruttive ben
differenziate, dovute all'uso di materiali diversi. Alla torre è
affiancata una casaforte (qui chiamato castello) a pianta rettangolare, dotata sul lato
ovest del ponte levatoio e di una cisterna fuori terra; la
facciata settentrionale presenta una serie di belle bifore.
Entrambe le costruzioni, probabilmente già in abbandono nel
corso del '400, paiono risalire al secolo XII.
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Tour
Fromage - Torre
Casei
La Torre Casei
(detta anche Tour Fromage) deve il suo nome agli antichi proprietari,
i nobili Casei, feudatari dei signori di Porta San
Orso. Menzionata fin dall'anno 1191, la massiccia torre
quadrata è inserita in un gruppo di edifici medioevali
prospicienti le rovine del Teatro romano, tra la Casa Tollen e
l'antica Zecca. Nel XV secolo passò alla famiglia Vaudan, una
delle famiglie più potenti della nobiltà feudale dell'epoca.
Probabilmente a questo periodo risalgono le finestre ad arco
ogivale e l'architrave a goccia rovesciata. Interamente
restaurata negli anni Settanta a cura della Sovrintendenza per i
Beni Culturali, è attualmente destinata ad accogliere mostre
temporanee.
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Torre
dei Balivi
La torre quadrata, che sorge all'angolo nord-orientale delle
mura, menzionata fin dalla fine del sec. XII, appartenne ai
signori "de Palatio" fino al 1263, anno in cui fu venduta
ai Savoia. Da allora divenne la residenza ufficiale dei balivi,
che vi alloggiarono fino al '600; in seguito venne adibita a
prigione. Dopo il trasferimento del carcere, la torre è stata
destinata a sede dell'Archivio di Stato. Nel corso del XV e del
XVI secolo alla torre furono affiancati alcuni edifici, tra cui
locali per abitazione, il tribunale di giustizia e una torre
rotonda, fatta costruire nel 1406 dal balivo Jean de Pectigny.
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Torre
del Lebbroso
La Torre del Lebbroso apparteneva anticamente ai
Friour, che controllavano parte della cinta occidentale di
mura. Rimasta per molti secoli inabitata dopo l'estinzione della
famiglia nel XIV secolo, fu acquistata nel 1660 da Bonifacio
Festaz, che la donò al contiguo Ospizio di Carità da
lui fondato. L'Ordine Mauriziano la rilevò nel 1773 per
alloggiarvi una famiglia di lebbrosi. Lo sventurato Pietro
Guasco, che ne era l'ultimo esponente ispirò a Xavier de
Maistre il celebre racconto Le Lépreux de la cité d'Aoste.
La pianta quadrata e l'alzato a due piani ricalcano quelli del
bastione romano, peraltro trasformato da interventi successivi.
Intorno al XV secolo all'edificio principale ven-ne affiancata
una torre scalare merlata, per meglio accedere al corpo di
abitazione. Restauratadalla Sovrintendenza per i Beni Culturali,
la torre è attualmente sede di mostre ed esposizioni.
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Torre
di Porta Sant'Orso
La Torre di Porta Sant'Orso (o dell'"Insinution").
Addossata alla Porta Pretoriana, una delle torri più imponenti
quanto a di-mensioni e struttura. Essa si presenta in buone
condizioni di conservazione, grazie al materiale impiegato per
la costruzione blocchi regolari di travertino. Fin dalla fine
del XII secolo era la residenza dei nobili di Porta Sant'Orso,
feudatari del vescovo, che controllavano tutto il quartiere
omonimo. In seguito all'estinzione della famiglia, nel XIV
secolo, venne adibita a usi diversi. Nel Settecento, ormai
completamente abbandona-ta, fu utilizzata come magazzino e come
ri-paro per il mercato di granaglie che aveva luogo nella piazza
attigua. All'inizio del secolo XIX venne restaurata per divenire
sede degli Archivi dell'Insinuation, da cui prese il
nome.
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Torre
Pailleron
La
Torre Pailleron sorge di fronte alla stazione, fiancheggiata dalla porta
medioevale detta "Scala". E l'unica torre romana che non sia
stata rimaneggiata in epoca medioevale. Essa trae il suo nome
dall'antica de-stinazione a pagliaio. Parzialmente distrut-ta da
un incendio nella seconda metà dell'800, fu restaurata alla fine
del secolo da Alfredo D'Andrade sul modello della Torre
del Lebbroso, mediante la reintegrazione in mattoni del secondo
piano finestrato, ben distinguibile dal corpo originario in
materiale tufaceo di reimpiego.
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Tourneuve
Inglobata nell'angolo nord-occidentale delle mura, al di sopra
di una base quadrata, si eleva la Torre Tourneuve
cilindrica appartenuta ai signori di Challant. Questi ultimi la
infeudarono ai signori di Villa o di tour. Alla fine del XIV
secolo passò ai nobili Ruilliard. Come indica il nome, si
tratta della più recente tra le torri medievali di Aosta: la
tipologia costruttiva e la caratteristica merlatura paiono farne
risalire la costruzione alla seconda metà del XIII secolo.
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Museo
dell'artigianato valdostano tradizionale (MAV)
Il Museo dell'Artigianato Valdostano Tradizionale di
recente apertura si trova a poca distanza dal Castello di
Fénis (a circa un quarto d'ora dal centro di Aosta) e offre
una panoramica completa degli oggetti tipici della valle. L'Institut
valdotain de l'artisanat tradition ne ha raccolti circa 860,
esposti con cura in scenografie che ne riproducono l'ambiente di
utilizzo, accompagnati da foto, pannelli esplicativi e filmati.
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Museo Etnografico
dell'alimentazione
In
Valle d'Aosta la cultura alimentare non passa solo
attraverso la scoperta di prodotti e sapori nuovi. Grazie
all'Atelier du Galli della Maison Bruil (in località Ville
Dessus di Introd), potrete approfondire le tecniche di
produzione e i contesti culturali che rendono possibili tali
scoperte. Forme, sapori, odori: la storia del territorio
valdostano rivive grazie a questi canali primordiali e alle
tracce che possiamo trovarne nei processi di produzione e
conservazione tipici di questi luoghi. La Maison Bruil, è uno
dei maggiori esempi dell’architettura rurale del Gran Paradiso.
Si caratterizza come un’antica casa rurale a funzioni
concentrate: tutti gli spazi necessari alla sopravvivenza di
persone e animali erano infatti raggruppati sotto un unico
tetto. La forma attuale è frutto di una evoluzione
architettonica complessa databile tra il 1680 ed il 1856,
periodo in cui diversi corpi di fabbrica si sono fusi a formare
un unico nucleo. La visita si snoda su tre piani fra i vari
ambienti tipici della casa tradizionale e riportati con un
restauro alla loro funzione originaria. La "crotta", la
ghiacciaia naturale, il "crotteun", il "peillo", le zone di
essiccazione e il solaio sono alcuni degli spazi a disposizione
del pubblico che voglia approfondire la propria conoscenza
sull’architettura tradizionale.
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