|
Sei
qui: Biografie
>
Vita di Francisco Goya - Biografia e opere
A volte
chiamato il padre dell'arte moderna, il pittore spagnolo
Francisco de Goya (Francisco José de Goya y Lucientes) dipinse,
tra la fine del del 1700 e l'inizio del 1800, ritratti dei
reali di Spagna così come opere più intime e sovversive. I suoi
dipinti, disegni, incisioni riflettevano gli sconvolgimenti
storici contemporanei e influenzarono enormemente i pittori del XIX e XX
secolo. La serie di incisioni I Disastri della Guerra
(1810-1814) mostra gli orrori dell'invasione napoleonica. I
suoi capolavori in pittura includono la Maja Desnuda, la
Maja vestita (c. 1800-1805) e il
3 Maggio
1808 (1814). |
|
Il 30 marzo del 1746 a Fuendetodos, un
villaggio aragonese in provincia di
Saragozza,
nasceva Francisco Goya, in un ambiente anonimo e
modesto. Il padre José, figlio di un
notaio, era doratore e la madre, Gracia Lucientes, aveva
un piccolo possedimento terriero appunto a Feundetodos,
e questo spiega la nascita dell'artista in questo villaggio
dove la famiglia, abitualmente residente a Saragozza, si
era trasferita temporaneamente, costrettavi da esigenze
economiche.
Della complessa, agitata vita di Goya (per tradizione
colorita da elementi leggendari o picareschi) fisseremo quei momenti
essenziali che possono servire a illuminare il
carattere, la partecipazione e le reazioni alle vicende
esterne, nonché le tappe fondamentali dello sviluppo
dell'artista. La nascita sembra collocare già
naturalmente Goya in quella condizione di ambiente
geografico e sociale, peculiare di gran parte della Spagna del XVIII
secolo; un suolo arido e assolato, lontano dei fasti
dell'assolutismo di corte.
Malgrado le alterne vicende e fortune dell'artista,
malgrado le differenti e talora contrastanti
esperienze culturali, l'unità della vita e dell'opera
sarà ricostruibile infatti proprio nella linea di una
fondamentale componente spagnola di carattere e di
esperienza di vita.
Trascorsa la prima fanciullezza a Fuendetodos, nel 1760 Goya
si trasferisce con la famiglia a Saragozza dove per
quattro anni frequenta una scuola religiosa, l'Esquela
Pia del Padre Joaquìn, seguendo poi i corsi di disegno e
pittura di Josè Luzàn, mediocre pittore di impostazione
accademica, che ebbe forse l'unico, seppur involontario, merito di far conoscere agli allievi molte stampe, che
faceva loro copiare.
Due incontri importanti per l'artista avvennero comunque
in questo periodo: quello con Martin Zapater,
l'amico fedele con cui Goya mantenne un carteggio tutta
la vita, preziosa fonte di notizie, e quello con
Francisco Bayeu, condiscepolo più anziano di lui, futuro
cognato dell'artista e in tempi diversi suo maestro,
protettore, collega e addirittura accanito antagonista.
Questi viene chiamato da Mengs a Madrid nel 1763, dove poco
dopo Goya lo segue tentando in quell'anno, senza
riuscirvi, un primo concorso all'Accademia San Fernando.
Tre anni dopo ritenta, ma viene di nuovo a respinto. Non
si conoscono le opere presentate, ma è facile supporre
che soggetti storici proposti dell'Accademia poco
potessero incontrare le simpatie di Goya.
La situazione artistica della Madrid di quel
tempo si presentava d'altronde piuttosto complessa e
confusa per chiunque; gli artisti erano divisi in
partiti opposti: la corte aveva fino ad allora ospitato
con eguale il favore italiani come Corrado Giaquinto e francesi
come Houasse, Ranc e Van Loo; poi, nella seconda metà
del secolo, il vecchio e il nuovo furono entrambi
rappresentati da grandi artisti che in campi avversi
costituivano la "grande tradizione": nel 1761 è arrivò a
Madrid Anton Raphael Mengs, nel 1762
Gianbattista Tiepolo (che restò a Madrid fino alla
fine della sua vita). L'epigono del barocco e l'alfiere del neo classicismo coesistevano e, sia pure
fraintesi e per ragioni opposte, trovarono il consenso
di un largo strato di artisti e amatori.
L'incertezza
stilistica del giovane Goya e il suo l'istintivo
anticonformismo lo resero ovviamente inaccettabile in
quel momento a quel mondo. Intorno al 1770 viaggia in Italia, probabilmente
a
Roma, e nel 1771, pur avendo ottenuto solo il secondo
premio nel concorso per l'Accademia di Belle Arti di
Parma,
è menzionato con qualche favore dalla cronaca. Si
scrive di lui che avrebbe avuto il primo premio se non
si fosse allontanato troppo dal soggetto e se avesse
usato più il colore in modo più naturale. Curiosità
interessante, che già dimostrava il naturale spirito
ribelle di Goya, benché fosse ancora un giovane
artista non ancora formato.
Nel 1773 sposa a Madrid Joefa Bayeu, sorella del pittore che certamente lo
introdusse nell'ambiente madrileno. Sostanzialmente la
sua
prima grande occasione fu l'incarico della
serie dei cartoni per arazzo che Mengs -dietro
raccomandazione forse di Bayeu - gli affidò per la
Manifattura Reale di Santa Barbara (Real
Fábrica de Porcelana del Buen Retiro); Grande occasione in
quanto viene introdotto in quanto il genere gli consente
una maggiore libertà inventiva. Soprattutto gli evita, data la natura
bozzettistica del cartone per arazzo, la necessità di
"finire" le opere.
Comunque la maturazione stilistica di
Goya fu lenta; diede prova di grande abilità e
fluidità di mano ma non di genialità; inoltre, l'attività che gli veniva proposta presentava, in parte,
il pericolo di cadere nella tradizionale pittura "di
genere" nel gustò della pastorelleria francese o della
bambocciata olandese, a lungo e ripetute nella
tradizione dell'arazzo.
Carlo III, forse il sovrano più aperto tra quelli
dell'epoca di Goya, propose un
rinnovamento dei temi, probabilmente in un'ansia
nazionalistica, con personaggi, costumi e vicende
spagnole. Perciò il pittore, dopo una prima serie mediocre,
trova la nota giusta, con una maturità espressiva e una
padronanza di mezzi sempre crescente a partire dal
1776-77: La Colazione sull'erba, Il Ballo sulle rive del Manzarre,
il Parasole, la Fiera di Madrid, il Venditore
di Vasellame ed altri tele che inaugurarono la felice
vena goyesca che attinge direttamente alle fonti della
vita spagnola e, attraverso questa, si volge
all'approfondimento dell'osservazione della vita tout
court, cioè dell'uomo e della sua condizione.
Secondo lo storico Francisco Javier Sánchez Cantòn, che
fu anche direttore del Museo del Prado, su Goya fu forte l'influenza
del pittore francese di René-Antoine Houasse o meglio
sul fatto che il pittore spagnolo guardasse con simpatia a scene di genere e a quadri religiosi di Houasse
che
evidentemente sentiva congeniali per una certa
loro "spontaneità".
La svolta
nella carriera
Da questo momento la vita di Goya sarà un
crescendo, e non solo perché si affermerà sempre di più
a corte e entrerà nel gusto popolare, ma soprattutto
perché egli stesso andrà chiarendo in sé posizioni e
programmi, sentendo l'impossibilità del giogo accademico
e avvertendo, una volta morto Mengs, il cui prestigio e
la cui serietà costituivano pur sempre una remora, una
solitudine di fronte allo squallore dell'accademismo dei
mediocri cui era impossibile non reagire.
Le
tele si susseguono in varie serie in una qualità
stilistica e una originalità d'interpretazione dei soggetti
sempre più matura e moderna. La qualità pittorica, certo
più che la modernità di interpretazione, di conquista un
largo a favore sì che egli nel 1780 fu accolto
all'Accademia con un Cristo Crocifisso, che
chiaramente poteva soddisfare il conformismo, ma che può offrire una chiave di
lettura per il carattere dell'uomo e dell'artista: carattere forse debole e
aperto al compromesso nei rapporti sociali per timore di insuccesso e di
povertà, ma al tempo stesso dotato di una carica istintiva di umanità che si
traduceva in una altrettanto istintiva abilità pittorica che lo salvava dal compromesso estetico. Questo può spiegare come, anche più
avanti, la lettura di certe opere che potrebbero sembrare
"impegnate" nel senso moderno del termine offrisse
possibilità di interpretazioni diverse, tanto che
proprio a coloro che in quella pittura venivano presi di mira,
sfuggiva il contenuto polemico e "caricato"
perché
presi da ammirazione per la qualità pittorica. Nel
frattempo comunque il contatto con la corte gli aveva
fatto conoscere Diego Veláquez, del quale Goya incide alcuni
quadri in una serie del 1777-78 che invia a Zapater.
Conoscenza feconda, malgrado l'insuccesso di queste
incisioni, perché la lezione pittorica e realistica di Veláquez non rimarrà senza eco nell'arte di Goya e
sempre più rafforzerà l'artista nella coscienza della
necessità di un'autonomia stilistica. Così, quando
dall'ottobre 1780 al giugno del 1781 viene incaricato dei bozzetti per la
decorazione di una delle cupole della Basilica di
Nostra Signora del Pilar
a Saragozza, si è dedicata alla Regina Martyrum,
scoppia un contrasto di fondo con il cognato Francisco Bayeu, direttore ufficiale dei lavori nella
chiesa,
contrasto sostanzialmente insanabile. Goya infatti, pur
piegandosi di malanimo a modificare parte dei bozzetti,
nell'esecuzione dell'affresco non può rinunciare a una
libertà di esecuzione, a una deformazione espressiva, a
una forma aperta e a un'attenzione
realistica -malgrado l'impianto scenografico di "maniera
grande" in ossequio alla tradizione - assolutamente in
contrasto con l'estetica megsiana che costituiva invece
un canone imprescindibile per Bayeu.
Queste ansie di
fronte alla possibilità di contrasti di rotture con
l'ambiente ufficiale si ripeteranno a lungo in Goya, ma
sempre negli stessi termini: da una parte la volontà di
compiacere il gusto corrente nella composizione, nei
temi, nell'impianto generale dell'opera, dall'altra
l'affiorare istintivo delle qualità personalissime, e
ciò con risultati evidentemente non sempre uguali nè sempre
felici. Così nella commissione per la Chiesa di San
Francisco el Grande di Madrid egli trionfa con un San
Bernardino che predica davanti ad Alfonso V di Aragona
che viene inaugurato nel 1784. In questo
periodo di alterne crisi, incertezze, improvvisi slanci,
documentato solo in parte per quanto riguarda le opere,
supponiamo che egli trovasse più larga soddisfazione nella
ritrattistica che aveva già da tempo felicemente
intrapreso (Ritratto di Don Pedro Alcantara de Zuniga
Del 1774, quello di Cornelio van der Gotten del 1781, e
quindi quello del Conte di Floridablanca del 1783),
attività sempre più incrementata dalle commissioni reali specie per conto dell'infante Don Luis.
Anche il ritratto
conosce le alternative stilistiche della pittura
religiosa, ma certo consente all'artista una maggiore
possibilità di introspezione psicologica. Le lettere di
questi anni all'amico Zapater riflettono questo periodo
di crisi, di malinconia e di severità alternate.
Testimoniano insomma una gestazione lenta e difficile della
concezione estetica. Comunque non tardano altri successi
ufficiali quale la nomina a vice direttore
dell'Accademia a San Fernando per il settore della
pittura nell'anno 1785 e quindi la nomina del 1786 a pittore del Re.
Questo contemporaneamente a varie commissioni
per l'immagine di casate, i Medinaceli, gli Osuna (Vari
ritratti, due quadri sulla vita di San Francesco Borgia
nella cappella della famiglia nella cattedrale di
Valencia e le sette e composizioni per la Alameda), per
esempio, o per il Banco di San Carlos. Era ritornato
proprio nel 1786 ai cartoni per arazzi che avevano
contribuito largamente al suo successo. I temi sono
vari: da quelli leziosi a quelli di un realismo
sconcertante; ma certo si stenta a farli rientrare nel
quadro della tradizione "Pittura di genere". Il genere,
non sempre nel tema, ma nella sua interpretazione, è
infatti nuovo e sfiora qua e là l'impegno e la denuncia
sociale.
Può essere un esempio il
Muratore ferito. Pittura di costume è anche la Prateria di San Isidro.
Ancora questa produzione si alternano pittura religiosa e ritratti: tre quadri
per Sant'Anna a
Valladoid, le due tele già menzionate per la cattedrale
di Valencia, e stupendi, variati e ritratti tra cui quello del bambino Manuel
Osorio de Zuniga. Dopo uno scacco all'Accademia nel 1788, quando non viene
votato come direttore, fatto imputabile alla meschinità e alle rivalità
personalistiche dell'ambiente, ecco la grande rivincita della nomina pittore di
camera, seguita alla elezione al trono di Carlo IV nel 1789. La nomina viene in
definitiva a consacrare l'attività ritrattistica di Goya che sarà sempre più
assillato dal lavoro e dalle necessità di sapersi destreggiare nell'ambiente di
corte, senza divenire un cortigiano. Scrive allora che per il suo carattere è
necessario imparare a controllarsi e insieme "rispettare una propria idea
precisa e conservare quella dignità che ogni uomo deve avere". Benché
rallenti, continua tuttavia la sua attività alla manifattura degli arazzi: è del
1786 l'Aia, nel 1789 la Moscacieca, nel 1791 il Pelele, per
citare solo i più celebri.
Col 1791 cessa la sua attività alla
manifattura di Santa Barbara, ma temi analoghi a quelli trattati nei cartoni
continueranno in varie riprese a interessarlo; ripeterà anche gli stessi
soggetti in quadri autonomi, come già era avvenuto prima con varie serie di
composizioni. In questo spirito deve anche classificarsi la serie ispirata alle
corride.
La sordità
A partire dal 1786 si erano stretti
maggiori rapporti con i duchi d'Alba e Goya era stato anche loro ospite. La
presunta amicizia e il legame con la duchessa sarebbe però arrivato più tardi,
tra il 1795 e il 1797. Nel 1790 Goya si trova a Valencia nominato membro
dell'Accademia di San Carlo e poi a Saragozza dove dipinge il ritratto di Martin Zapater. Nel 1792 e presumibilmente a
Cadice dove dipinge il Ritratto di
Sebastiano Martinez e tre quadri per l'oratorio della Santa grotta, e dove è
colpito dalla grave malattia che lasciandolo completamente sordo. Questo fatto
inciderà tanto, come è comprensibile, sulla sua vita sulla sua arte.
Da alcune lettere che Goya scrisse
a Martinez e a Zapater, si credeva che si trattasse di sindrome vestibolare, una
labirintite. E tuttavia certo che a partire dalla sua guarigione, relativa in
quanto la sordità permanente è ormai cosa certa, Goya rivela una così piena e
cosciente padronanza dei mezzi e dei modi espressivi da risultare
sostanzialmente mutato comunque veramente arricchito. È evidente che la
difficoltà di comunicare con gli altri e il naturale isolamento che tale tipo di
menomazione fisica comporta devono aver messo Goya più introspettiva mentre
davanti a sé stesso o meglio di fronte a una realtà senza intermediari e senza
schemi. La fantasia conosce allora ingoia una possibilità di sperimentare la
realtà per trarne suggestioni infinite e diversissime, nella trasfigurazione,
nel sogno, nell'esaltazione o nella osservazione spietata, l'accusa emerge
sovrana nel quadro di un vigore morale, quasi religioso che investe ogni cosa. I
temi affrontati da questo momento sono spesso nuovi o almeno sorprendenti.
Quando,
ristabilitosi, torna a Madrid, Goya dipinge 11 quadri per l'Accademia sulla cui
identificazione si è incerti, data l'estrema difficoltà di una datazione in base
ai soli caratteri stilistici. Comunque nel 1794 scrive a Bernardo de Iriarte: "per
occupare l'immaginazione mortificata dalla meditazione sui minimali e per
sopperire in parte le forti spese che questi mi hanno causato, mi sono messa a
dipingere un complesso di quadri dal gabinetto nei quali sono riuscito a far
posto all'osservazione che generalmente è assente nelle opere commissionate
nelle quali il capriccio all'invenzione non possono essere sviluppati". La critica
odierna tende a collocare in questo primo momento opere come il Bandito che
assale una donna, il Naufragio, l'Incendio, tutti oli su rame
di piccolissime dimensioni, varie scene di brigantaggio o rappresentazione di
vita popolare e così pure dipinti di intonazione fantastico surreale quali la
Lampada del diavolo, l'Incantesimo, e il Notturno con Streghe,
comprati dei duchi di Osuna nel 1798, ma dipinti molto probabilmente già prima.
Per
contro vengono spostate da un periodo alquanto posteriore la Processione dei
flagellanti, la Corrida
de Toros, il Tribunale dell'inquisizione e il Funerale della
sardine nello stesso manicomio che, in base a osservazioni di carattere
storico più che stilistico, la critica più antica considerava tra le prime cose
dopo la malattia della sordità. Comunque, l'assenza di documenti e la difficoltà
di una classificazione dell'opera di Goya per fasi stilistiche, lasciano incerti
sulla datazione che, in ogni caso, non può andare molto oltre 1800, essendo gli
anni posteriore a questa data abbastanza largamente documentati e non trovandosi
invece menzioni di tali opere.
L'attività di ritrattista continua
ad impegnare Goya, che realizza nel 1793 il Ritratto di Caveda, nel 1794
quello dell'attrice la Tirana (che ritrarrà ancora nel 1799), quelli del
Generale Ricardo, di Ramon Posada ly Soto, della Marchesa di
Villafranca nel 1795, quello del Cognato Bayeu (che muore in
quell'anno lasciando libero per Goya il posto di direttore dell'Accademia per la
sezione della pittura) è i ritratti del Duca e della duchessa d'Alba,
quest'ultimo un personaggio che entra a far parte, e caldamente, della vita di
Goya (si voglia o no dare credito la fantasiosa leggenda del grande amore del
pittore per la gentildonna, che in ogni caso va ridimensionato nei limiti di un
profondo rapporto di amicizia e di stima che certamente vi fu tra loro).
Fatti nuovi più importanti sono
invece gli affreschi dell'Eremo di Sant'Anton de la Florida del 1798 è la
serie di Caprichos del 1799, opere entrambe che, per ragioni diverse, ci
riconducono alla tipicità della personalità di Goya. Inoltre come primo pittore
di camera del re, comincia la stupenda serie dei ritratti singoli o collettivi
dei sovrani e di infinite personalità che gravitano intorno alla corte di Spagna
il Ritratto di Maria Luisa di Parma che esegue a la Granja (Palazzo
Reale della Granja de San Ildefonso) (che ora si
trova al Museo nazionale di Capodimonte a
Napoli), e il
Ritratto di Carlo IV nel 1799 e quindi quello del liberale Mariano
Luiz de Urquijo. Del 1800 uno dei più celebri ritratti di gruppo, quello
della famiglia di Carlo IV, eseguito a Aranjuez, che è il quadro
della monarchia spagnola, della Spagna stessa vista dall'occhio di un cittadino,
di un uomo del popolo. Si può dire che da questo momento, e per tutto il primo
decennio del nuovo secolo, il ritratto ufficiale sia la fondamentale occupazione
di Goya; ritratto di impostazione aulica che tuttavia, come già quello di
Velásquez, rifiuta il celebrativismo per insistere sulla moralità del
personaggio.
Nel
frattempo Goya non abbandona le rappresentazioni di vita vissuta che sono
indubbiamente la sua più autentica vocazione. Così dipinge presumibilmente tra
il 1806 e il 1807, la serie dei sei quadretti che raffigurano la Cattura del
bandito Maragato, nuovissimi per
la vivacità dell'azione, lo spirito cronistico, la spregiudicatezza delle
interpretazioni.
Il realismo, non inteso nella sua
accezione naturalistica, bensì come fatto ideologico, come critica, al di sopra
di ogni moralismo o pseudomoralismo, come rigorosa coscienza dell'artista che va
definendo la funzione del proprio operare, entra in scena nell'Europa
travagliata degli inizi del XIX secolo, con una anticipazione di oltre mezzo
secolo rispetto alle posizioni di Gustave Courbet o di un Honoré
Daumier, attraverso la voce isolata, deliberatamente ignorata o più spesso
equivocata, della pittura di Goya. Così con l'incalzare degli eventi politici,
con l'occupazione napoleonica e le conseguenti reazioni popolari, le alterne
vicende della monarchia, l'attività dei liberali, Goya ha modo di chiarire
ancora di più la sua posizione estetica. Ancora una volta l'istinto del pittore
e la naturale schiettezza dell'uomo che vede senza schermi la realtà prevale
sull'atteggiamento cosciente e deliberato dell'artista ufficiale: se infatti
esaminiamo la vita di Goya in questo periodo la sua posizione non sempre
chiarissima, poiché l'artista rimane vicino, per incarichi, alla corte e
all'Accademia proprio mentre la sua pittura diventa sempre più apertamente
denunciata aria e polemica. Ed è curioso notare come la sua produzione rispecchi
passo per passo gli eventi; rispecchi in quanto li rappresenta in quanto la
differente qualità delle opere finisce col diventare un interpretazione degli
eventi stessi. Nel 1808 Napoleone incalza alle porte; il popolo si rivolta ad
Aranjuez contro i sovrani sperando nel libertarismo francese e determina così l'abdicazione
di Carlo IV e la conseguente elezione di Ferdinando VII; ma l'inetto
sovrano, che Napoleone vuole levare di mezzo, abbandona Madrid, così che
Gioacchino Murat entra pacificamente in città.
L'invasione francese
Il
2 maggio il popolo di Madrid insorge contro lo straniero e attacca un
distaccamento di mamelucchi; la repressione fu violenta, le fucilazioni si
susseguirono nella notte del 3 maggio e la Spagna venne dilaniata da una
guerriglia che durerà quattro anni sotto l'effimero regno del fratello di
Napoleone, Giuseppe Bonaparte. Gli amici di Goya tra cui molti
intellettuali con simpatie francesi, avevano applaudito alle riforme
antiassolutistiche e alla Costituzione. Goya rimane nella sua carica di pittore
ufficiale a corte per cui, con quella sconcertante naturalezza che gli è tipica
in ogni situazione, dipinge una ritratto di Ferdinando VII a Cavallo,
consacrazione ufficiale del nuovo inutile sovrano che sembra il simbolo della
vacuità e dell'anacronismo di questi sovrani assoluti e, poco dopo (il problema
della datazione incerta, poiché alcuni propendono per il 1808 ed altri per il
periodo 1810 e 1820 come epoca di realizzazione), i disastri della guerra, la
serie di acqueforti in cui con una modernità assoluta di linguaggio, con una
coscienza delle possibilità espressive e inventive della tecnica, affronta il
tema della sofferenza generata dalla violenza della brutalità. Nell'autunno del
1808 fu a Saragozza per vedere e dipingere proprio disastri che la guerra aveva
provocato nella sua città; queste opere furono trovate distrutte dai soldati
francesi nella casa del generale Palafox. Tornato a Madrid, Goya continuò a
lavorare intensamente come ritrattista mantenendo la sua posizione di pittore di
camera.
Suo malgrado, data la carica, è
designato a scegliere 50 opere spagnole da inviare in Francia; deve assistere
alla seduta dell'Accademia per salutare un progetto di Giuseppe Bonaparte e
viene insignito dell'ordine di Spagna. Non tutto è chiaramente documentato circa
l'attività degli anni che vanno dal 1812 al 1814; sono noti solo alcuni
avvenimenti in base ai quali, e a qualche documento più preciso, sono
ricostruibili alcune fasi di attività. Nel 1812 morì la moglie, Josefa Bayeu;
in questa circostanza venne redatto un inventario dei beni che un importante
fonte di notizie poiché vi compaiono anche 73 opere di Goya, parzialmente
descritte, e quadri di artisti che
egli prediligeva. Perciò il 1812 diventa
anche un termine per datare le opere elencate che tuttavia non è sempre agevole
identificare; confronti stilistici rendono possibile una datazione approssimata
così risulterebbero eseguiti intorno al 1812 l'Acquaiola, i Due
bevitori, l'Arrotino, un gruppo di Nature Morte, il Colosso,
la Città sulla Roccia, Il globo, Soldati che sparano su un
accampamento, nonché alcune Majas e due quadri che oggi si trovano al museo
di
Lille in
Francia, il Biglietto e le Vecchie.
Del 1814 sono due quadri che
restano una pietra miliare nella storia della pittura moderna: il 2 maggio 1808
e le Fucilazioni del 3 maggio. Goya viene incaricato ufficialmente di dipingere
questi quadri celebrativi della resistenza spagnola. Nessun quadro storico esce,
più di questi dalla tradizione
della pittura di storia, dalla maniera grande
dell'Accademia per diventare storia essi stessi. Il ritorno di Ferdinando VII
aveva comportato una persecuzione dei liberali e lo stesso Goya è in un certo
modo sotto epurazione, benché continui di malavoglia a fare ritratti del sovrano
e dei cortigiani.
La
pittura di di soggetto sacro era stata per lungo tempo trascurata da Goya o
comunque aveva costituito solo un'attività sporadica. Nel 1812 dipinge una
Assunzione della Vergine per
la Chiesa parrocchiale di Chinchon, mentre negli anni successivi andrà
intensificando la sua attività anche in questo genere; del 1819 sono la
Comunione di
San Giuseppe Calasanzio e l'Orazione nell'Orto degli Ulivi,
opere queste ultime, che per tecniche libertà di mezzi, giungono alla soglia
della civiltà pittorica moderna. Esperienza determinante in questa direzione fu
per Goya l'attività disegnattiva e incisoria. Se i Capricci e i
Disastri della guerra avevano rappresentato un esempio eccezionale di
inventiva, in cui alla libertà della forma corrispondeva quella del mezzo
espressivo, la Serie della Tauromachia è ancora di più quella dei
Proverbi, entrambe collocabili intorno a 1819, costituiscono un esempio di
impaginazione insolita, nuova, dettata dall'impulso fantastico.
Nel 1819 Goya aveva comprato una
casa di campagna lungo il fiume Manzanarre che divenne, per tradizione popolare
la Quinta del Sordo, la casa del sordo (anche se sembra da uno studio che
il nome fosse anteriore alla presenza di Goya) e negli anni dal 1820 al 1822,
dopo aver superato una grave malattia, si dedicherà alla decorazione di questa
sua abitazione. Nascerà così la serie delle "Pinturas Negras", le Pitture
Nere, che sono un po' il punto d'arrivo dell'esperienza di Goya, per la totale
affermazione dello spirito d'immediatezza del bozzetto semplificato al massimo e
tradotto in scala monumentale con una pennellata sempre più rapida e sempre più
intensa che sembra stenografare una drammaticità divisione, in cui "I mostri",
divenuti parte integrante della realtà, sembrano di dimensione umana, familiare,
rappresentando la forza stessa, l'essenza delle cose.
Le vaste composizioni della Quinta
del sordo, a cui Goya non dette titoli, furono in tutto 14, ad oggi si trovano
tutte al
Museo del Prado, e
furono dipinte a olio direttamente sul muro preparato a calce. Queste
decoravano un vasto ambiente di soggiorno a pianterreno: accanto alla porta una
Manola, e un Vecchio frate con un demonio che urla alle sue orecchie.
Di fronte Saturno che divora i figli e Giuditta e Oloferne. Ai
lati due scene dell'Eremitaggio di San Isidro e dell'Aquelarre. Al
piano superiore, nello studio un Cane seppellito nella sabbia, Due
vecchi che mangiano, Due donne che ridono, la Lettura; ai lati
il Destino e la Rissa nonché il Pellegrinaggio alla fonte di
San Isidro e la Visione Fantastica.
Fu quasi un caso che queste pitture
siano giunte fino a noi; fu infatti merito del barone di Erlanger,
divenuto proprietario della casa, averle fatte staccare è in telare nel 1873.
Quando in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi del 1878 furono
esposte, non vennero notate da nessuno e solo più tardi furono acquistate dal
Museo del Prado. La posizione ufficiale di Goya, che mantenne intatta la sua
vitalità, l'ansia di lavorare e di sperimentare (sono del 1825 le litografie
della serie dei Tori di Bordeaux che attestano la felicità dei risultati
di questa nuova tecnica) diventa sempre più difficile e compromessa. Già nel
1814 aveva avuto qualche noia con l'Inquisizione per le due Majas
(l'Inquisizione Spagnola fu abolita solo nel 1834);
ma dopo la restaurazione
dell'assolutismo e le conseguenti repressioni, Goya cedttee, per timore della
confisca, nel 1823 la Quinta del Sordo al nipote Mariano; nel 1824 si nasconde
presso Don José de Duaso y Latre, poi chiede, ed ottiene il permesso di
allontanarsi dalla Spagna per una cura termale a Plombières, cittadina
nella Lorena in Francia, che sostanzialmente suona come un volontario esilio. Si
reca infatti subito dal suo vecchio amico drammaturgo e poeta Leandro Fernández de Moratìn, rifugiato a
Bordeaux, e
poi soggiorna a lungo a
Parigi dove ritrae anche
Joaquin Maria Ferrer e la
moglie di questi. Tornato a Bordeaux, decide di stabilirsi in questa città con
Leocadia Zorrilla Weiss, (la Manola della Pintaras Negras e
protagonista di altri dipinti dell'ultimo di Goya) che diventerà la compagna inseparabile dei suoi ultimi anni.
Naturalmente la corte gli accordò il permesso di prolungare il suo soggiorno.
Quasi rinato a nuova vita e più disteso, Goya si dedicò con fervore alla
pittura; dipinse il ritratto di Moratìn e si dedicò alla miniatura su avorio.
Benché accolto felicemente a Madrid
in occasione del suo ritorno nel 1826 , egli chiese di essere dispensato da ogni
incarico ufficiale e tornò nell'estate a Bordeaux dove realizzò le sue ultime
opere, tra cui una ritratto del nipote Mariano, alcune immagini di religiosi e la
celebre Lattaia di Bordeaux, esempio di ulteriore apertura moderna della pittura
di Goya per l'ideazione e l'esecuzione; infine nel 1828, iniziò il Ritratto di
José Pio de Molina che rimarrà incompiuto. Il 16 aprile di quell'anno
Francisco Goya muore a Bordeaux nella casa n. 39, attuale 57, della Strada
dell’Intendenza, dove viveva con Leocardia Zorrillia e di Rosarito Weiss,
figlia di questa. Alla morte del grande pittore aragonese erano presenti
anche Pìo de Molina e Antonio Brugada, un allievo. Fu seppellito
nel cimitero della Chartreuse, della certosa, nella città francese.
Da morto, la fama di Goya
crebbe a dismisura. Capitò quindi un fatto insolito. Quando divenne console di
Spagna a Bordeaux Joaquìn Pereyra, la cui moglie morì qui e fu anch'essa
inumata nel cimitero della Chartreuse, il diplomatico vedovo, si imbatté un
giorno nella tomba di Goya, ormai in stato di abbandono, e da quel momento fece
di tutto per riportare i resti del maestro spagnolo nella sua patria.
Il 16 novembre 1888, alla presenza di alcune autorità fu aperta la tomba. E qui
accadde un altro colpo di scena, allo scheletro del grande pittore mancava il
cranio. Ma non che nel 1899 che vennero riesumato nuovamente la salma del
pittore e quella del consuocero di Goya Martìn Miguel de Goicoechea
grazie a un diretto interessamento del governo francese. Il 5 giungo le ossa
partirono per la Spagna e l'11 maggio del 1900 furono deposte nel sepolcro
costruito appositamente nella Sacramental di San Isidro. Ma da lì vennero
infine portate nella chiesa di San Antonio de la Florida il 29 novembre
1919.
Copyright © Informagiovani-italia.com. La riproduzione totale o parziale, in qualunque forma, su qualsiasi supporto e con qualunque mezzo è proibita senza autorizzazione scritta.
Se questa pagina ti è piaciuta e ti è stata utile, per favore prenota con noi un hotel o un ostello ai link che trovi in questa pagina, è un servizio di Booking, non spenderai un euro in più, ma ci aiuterai ad andare avanti, per quanto possiamo e a scrivere e offrire la prossima guida gratuitamente. Oppure se vuoi puoi offrirci un caffè (ma non ci offendiamo se ci offri una pizza :) ) con una piccola donazione:.:
Paypal
☕
Torna suu
Ostelli Madrid
Ostelli Spagna
Hotel Madrid
Hotel Spagna
Carte de Madrid
Karte von Madrid
Mapa Madrid
Map of Madrid
Carte d'Espagne
Karte von Spanien
Mapa de España
Map of Spain
|