Sia
Adolf Hitler che Ludwig Wittgenstein nacquero a Linz sul
finire del XIX secolo. Due personalità molto diverse, che
ebbero un impatto significativo sulla storia del '900.
Entrambi lasciarono la città natale in giovane età.
Anni
fa uscì una teoria, secondo la quale
Ludwig Wittgenstein,
il celebre filosofo viennese approdato all'Università di
Cambridge, fosse stato l'elemento scatenante
dell'antisemitismo di Hitler. Una tesi che fece discutere
molto in un libro di Kimberley Cornish, dal titolo
The Jew of Linz (L'ebreo di Linz). Secondo la Cornish
Hitler e Wittgenstein ebbero contatti più che casuali: nel
1904, quando entrambi avevano 14 anni, nelle aule
scolastiche della Realschule a Linz. Non erano nella
stessa classe, il futuro filosofo era un anno avanti e il
dittatore un anno indietro; ma c'è una foto che li
coglie a un metro l'uno dall'altro.
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Il libro sostiene, un po'
artificialmente, che Hitler provasse un odio di classe
verso il futuro filosofo figlio di uno degli uomini più
ricchi d'Europa. Sebbene cresciuto come cattolico,
Wittgenstein aveva per tre quarti ascendenze ebraiche. Altre
illazioni riguardano il fatto che il giovane Hitler, pur
tacendone il nome, additasse i primi fremiti del suo
antisemitismo in uno studente di Linz. Uno "di cui non ci
fidavamo": il seme, forse, del suo odio. Le umili
origini di Hitler erano ben diverse da quelle di
Wittgenstein, il cui padre Karl controllava con i
Rothschild, altra famiglia di religione ebraica,
il 60 per cento delle produzioni di ferro e acciaio
dell'impero austro-ungarico. Una famiglia potente quella di
Wittgenstein, nella Vienna di
Freud,
Klimt,
Brahms, Mahler, Schoenberg, Kokoschka,
Schnitzler che erano di casa. Ludwig fu
mandato alla scuola di Linz, dove non legò mai con nessuno,
ma dove fece di Hitler, forse, un nemico eterno (secondo il
libro). Le presunte prove, sarebbero state numerose. Alla
Realschule i due erano grandi fischiatori di temi musicali;
ma Wittgenstein aveva il difetto di fare il precisino, di
correggere tutti (probabilmente, anche Hitler). Hitler
sosteneva che: "Sono stati gli ebrei a portare Brahms al
vertice". E ancora, quando ci fu una spaccatura
artistica fra i Secessionisti (corrente culturale viennese),
Hitler si schierò con la fazione avversa a Klimt (suo fra
l'altro un celebre ritratto della sorella di Ludwig). E c'è
un lungo passo in cui si criticano presunte delazioni scolastiche: "Un
ragazzo che fa la spia sui compagni è uno che tradisce (...)
esattamente come se tradisse il proprio Paese". Guarda
caso, era stato proprio il giovane Wittgenstein, alla
Realschule, a predicare trasparenza fino al limite della
delazione, come documenta un suo diario giovanile.
Nel Mein Kampf (La mia battaglia), dove Hitler espone il
proprio pensiero politico e delinea il programma del partito
nazista, non lesina attacchi agli ebrei che diventano
cristiani, che manipolano la Borsa, che controllano
l'economia: come i Wittgenstein. Certo è che, secondo il
lavoro di ricerca della Cornish, qualcosa, fra i due,
accadde; forse, non ultimo, potrebbe esserci stato il peso
della nascente omosessualità del futuro filosofo. Anziché
ignorarsi, è la tesi del libro, Wittgenstein e Hitler si
confrontarono per tutta la vita. E così il primo era
convinto che "solo il Comintern potesse fare barriera al
nazismo", sposò il comunismo dell'Unione Sovietica e
fece proseliti a Cambridge andando a reclutare delle
famosissime spie per il KGB, tra questi Kim Philby.
Il libro sostiene anche che Wittgenstein sarebbe stato
l'artefice della decrittazione del codice cifrato di
comunicazione tedesca chiamato Enigma,
fondamentale per la vittoria finale degli alleati. Le tesi
della Cornish sono forse suggestive, ma fanno acqua da tutte
le parti. In tutti questi decenni, dalla fine della Seconda
Guerra Mondiale, in tanti hanno cercato di trovare il
significato a quello che è stato uno dei periodi più bui
dell'umanità. Quello che pochi sono riusciti ad accettare
sono la semplice e mediocre "banalità" del male.
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