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Palazzo Pubblico - Siena
Il
Palazzo Pubblico, che domina la piazza, era la
sede del governo di Siena e dove sedeva il
Consiglio dei Nove. I Nove amministravano la
città ed erano effettivamente confinati nel Palazzo
e potevano uscire solo nei giorni di festa. Stando
di fronte ad esso, si può vedere che l'intero
edificio si curva leggermente per adattarsi alla
curva del Campo.
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La sua imponente torre fu costruita appositamente per essere più alta di
qualsiasi torre di Firenze, la grande rivale di Siena. Infatti, al momento
della sua costruzione, era la torre più alta d'Italia. L'architetto si
assicurò anche che fosse alta quanto la cattedrale di Siena - per far capire
che potere civile e religioso erano alla pari a Siena. Il
Palazzo Pubblico a Siena è uno dei palazzi principali della città, realizzato tra il 1288 e il 1342 nello stile gotico imperante dell’epoca. Il
Palazzo Pubblico ha ospitato da sempre il Governo cittadino, esso è stata la sede del Governo dei Nove, il famoso governo che nel 1300 cambiò
radicalmente l’aspetto della città. Furono proprio questi nove reggenti che lo progettarono e lo realizzarono, facendolo durare fino ai giorni nostri.
Quando venne realizzato il Governo della città emise un’ordinanza, per la quale, su
Piazza del Campo potevano essere costruiti solo palazzi che avessero lo
stesso stile del Palazzo Pubblico e nessuno di essi doveva superare le dimensioni di questo luogo. Oggi il palazzo è sede dell’amministrazione comunale e del Museo Civico. Assolutamente da ammirare è il
Salone del Gran Consiglio e gli archi che sostengono
tutto il piano inferiore del palazzo. Sono archi particolari, tipici di Siena, che vengono abbelliti da un’ogiva. La facciata è formata da quattro ordini
centrali e tre ordini ai lati e al centro spicca un enorme rosone. Su questo rosone è raffigurato il
Trigramma di Cristo, progettato da San Bernardino da
Siena e realizzato nel 1425 da Battista di Nicolò. Analizzando la facciata è facile comprendere i vari periodi, nei quali la stessa venne realizzata,
infatti abbiamo un primo blocco fino alle trifore, interamente realizzato in pietra, successivamente, invece, troviamo il laterizio. Le finestre del
palazzo sono tipiche di Siena, con tre archetti che poggiano su piccole colonne, su ogni finestra troviamo una
balzana bianca e nera, che è il simbolo
stesso della città. Viene considerato da turisti e residenti uno dei più belli palazzi del nostro Paese, molto armonioso, nonostante la sua grandezza.
Facciata
Sulla facciata, si dispiega tutta la maestà ed
eleganza del Palazzo Pubblico, la cui fronte e fra le più celebrate
architetture gotiche civili in Italia. Costruito tra il 1297 e 1310 forse su
un progetto di Agostino di Giovanni e di Agnolo di Ventura,
comprendeva, allora, la parte centrale che si alzava come le torri sulle ali
laterali intuite dal pianterreno ed al primo piano di trifore, sino
all'altezza degli archetti ciechi, ancora oggi visibili. Dal 1327 il palazzo
venne ingrandito con l'aggiunta, sul fianco destro, delle carceri, poi tre
1330 e il 1342 della sala del consiglio della campana tre 1680 e il 1681 fu
aggiunto il secondo piano di trifone
La facciata primitiva del Palazzo Pubblico
servì da modello a molti dei successivi palazzi trecenteschi, e anche
quattrocenteschi della città si Siena. In esso già coesistevano gli
elementi tipici del gotico senese: l'arco acuto includente un arco a sesto
ribassato, chiamato appunto "arco senese", che conforma porte finestre del
pianterreno; le trifore ad archetti trilobati della finestrata del primo
piano; l'impiego del travertino nella zona inferiore e della terracotta
sopra.
I due estremi della torre centrale sono
sormontati da celle campanarie ora vuote: la cella di destra è la più
antica; quella opposta è una aggiunta settecentesca. Nell'ultimo piano della
torre appare il Simbolo di San Bernardino da Siena: un gran disco di
rame col monogramma di Cristo, dipinto nel 1425 da battista di Nicolò di
Padova; agli spigoli, due lupi è in pietra. Lo stemma dei Medici, al centro
delle trifone del primo piano fu aggiunto nel 1560, dopo la conquista di
Siena da parte delle truppe del Medeghino, il crudele condottiero
milanese mandato da
Carlo V.
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Torre del Mangia
Dall'angolo sinistro del palazzo svetta, agile
ed elegantissima, la torre del mangia: opera di Lippo Memmi, cognato
di Simone Martini, che la ideò nel 1341 il profilo della torre, alta
88 metri, che fu costruita tra il 1338 e 1348 dai fratelli Minuccio e
Francesco di Rinaldo da Perugia; il coronamento, che raggiunge, col
parafulmine, 102 metri, venne eseguito (su progetto, come si è detto, del
Memmi) da Agostino di Giovanni. La cella campanaria che si trova in
mezzo a questo coronamento, ospita una grande campana, fusa nel 1666, detta
Campanone o Sunto, abbreviazione senese della Vergine
Assunta a cui si era Siena si era votata prima della Battaglia di
Monteaperti. L'appellativo di mangia della torre deriva da
Mangiaguadagni, soprannome di tale Giovanni di Duccio, cui era stata
affidata inizialmente l'incarico di battere le ore, e creature diventata poi
leggendaria. Più tardi tardi, sino al 1780, si usò un automa che continuò ad
essere chiamato "mangia"...Continua a leggere sulla
Torre del
Mangia.
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Cappella di Piazza
Sotto
la Torre del Mangia, addossata al palazzo pubblico la Cappella di Piazza,
eretta dai senesi come scioglimento di un voto fatto durante la peste del
1348. In origine tra 1352 il 1376, Domenico di Agostino e poi
Giovanni di Cecco avevano eretto solo i pilastri coperti da un tetto
piano. Un secolo dopo circa, dal 1463 al 1468, Antonio Federighi
provvede a dare un aspetto più monumentale, aggiungendo gli archi
rinascimentali è una nuova copertura. Le statue dei santi poste nelle
nicchie incavate nei pilastri furono eseguite da Mariano di Angelo e
Bernardino di Tommè tranne il San Bartolomeo, nel pilastro
sinistro in basso, modellato da Lando Di Stefano. Cingono i
lati della cappella marmi duecenteschi, con rilievi di gusto pisano, altri
più recenti, posti nel 1848 sono di Enea Bacheroni ne chiudono la
fronte. Sono invece trecentesche le cancellate in ferro battuto eseguite da
Pietruccio di Betto è da Conte di Lello Orlandi.
Anticamente nella Cappella di Piazza si
celebrava la messa quotidiana e al Sanctus (Santo, santo,
santo il Signore Dio dell'universo | I cieli e la terra sono pieni della tua
gloria | Osanna nell'alto dei cieli | Benedetto colui che viene nel nome del
Signore | Osanna nell'alto dei cieli), come ricorda il Michel de
Montaigne, si suonava una trombetta per sollecitare la devozione dei
presenti. Per una delle porte che affiancano la Cappella di Piazza,
si entra nel Cortile del Podestà, così sistemato intorno al 1325.
Svetta da qui, come una dolomitica guglia, la Torre del mangia, incombente
sulle strutture. Le pareti recano stemmi di antichi reggitori della città.
Ad una di esse è accostata la mutilata statua del Mangia, pressappoco, come
la statua di Pasquino a Roma, alla quale si faceva dire battute scherzose.
Sulla parete retrostante la statua affiorano affreschi trecenteschi in
cattivo stato di conservazione.
Dal cortile sia l'accesso al Teatro Comunale
dei Rinnovati, in origine Sala del Gran consiglio della Repubblica, adattata
a terra a teatro dal senese Bartolomeo Neroni detto il Riccio nel 1560, ma
rinnovata, dopo incendi, dal famoso Antonio Galli detto il Bibiena nel 1753.
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Interno
L'ingresso al Palazzo Pubblico avviene dal
portale di destra abbellito da un fregio a fogliame sormontato da una
statua, vicino alla quale una colonna reca una copia della Lupa
stagno dorato di Giovanni e Lorenzo Torino, il cui originale si trova
all'interno. Si entra nell'atrio dove sono in mostra due bracciali con
campanelle in bronzo provenienti dal Palazzo del Magnifico, eseguiti
da Giacomo Cozzarelli. Dall'atrio si passa al vestibolo (il vestibolo
è un vano o passaggio posto tra la porta d'entrata e l'interno di un
palazzo)
diviso in quattro campate, alle cui pareti sono posti due lupi in
pietra e doccioni (motivi ornamentali) forse di Giovanni Pisano o
della sua scuola del XIV secolo, affiancati da una statuetta di Mosé del
Federighi. Sulla parete destra della terza campata, si trova un affresco
di Sano di Pietro, nel 1446, Pietro alessandrino e i beati senesi
Ambrogio Sansedoni e Andrea Gallerani.
Le sale ai lati del vestibolo sono sedi di
uffici e perciò difficilmente visitabili (solo con permesso speciale).
Decorate anch'esse da opere pittoriche plastiche, accolgono, fra l'altro,
una delle più scenografiche composizioni di Sano di Pietro, l'Incoronazione
della vergine e dei santi del 1445, nella Sala Biccherna, nonché dipinti
del Vecchietta, di maestri senesi del 300 e 400 e in particolare, del Sodoma
del XVI secolo che vi eccelle in una meditata Resurrezione del 1535,
ornamento della sala del segretario generale.
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Sala del
Mappamondo
Al
primo piano del Palazzo Pubblico si trova il grande salone dove si
radunava il Consiglio della Repubblica di Siena, detto Sala delle
Balestre o più comunemente conosciuta come Sala del Mappamondo. Il
nome deriva dall'antica presenza nella sala di un disco rotante, il
mappamondo, probabilmente di legno in pergamena e raffigurante possedimenti
dello Stato senese, dipinto nel 1344 da Ambrogio Lorenzetti e
disperso nel Settecento. Sulla parete di fronte alla Maestà di
Simone Martini, nella parte alta, si trova un celebre affresco a tema
civile, anch'esso legato al nome del grande artista senese, che rappresenta
Guidoriccio da Fogliano, capitano dell'esercito senese, all'assedio
di Montemassi, castello maremmano conquistato dalla città nel 1328...Continua
a leggere sulla
Sala del
Mappamondo.
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Sala della Pace
Accanto
alla Sala del Mappamondo, nel Palazzo Pubblico di Siena, si trova
l'altrettanto bella Sala della Pace, che
era la storica sede pubblica del Governo dei Nove, al
quale abbiamo già accennato in queste pagine della
nostra guida della città. Le pareti di questa
sala sono interamente coperte dal ciclo di affreschi più famoso della città,
ossia l'Allegoria del Buono e del Mal Governo, dipinto da Ambrogio
Lorenzetti tra il 1338 e il 1340. Un capolavoro universale...Continua a leggere sulla
Sala della
Pace.
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Sala dei Pilastri
Nella
sala dei pilastri, da sinistra si trova un affresco con San Bernardino
che libera un'ostessa e San Bernardino che predica nel campo,
dittico di Neroccio di Bartolomeo Landi. Poi un bel trittico di
scyola sense del '300 con i Santi Stefano, Maddalena e Antonio,
probabilmente di Martino di Bartolomeo del 1465 circa, e la
Croce dipinta di Massarello di Gilio del 1306 insieme a un e il
rarissimo frammento di vetrata con un San Michele Arcangelo attribuito ad
Ambrogio Lorenzetti. Seguono una Annunciazione trecentesca, una
Madonna col bambino è una tavola di un maestro duecentesco. Nelle
vetrine si trovano preziose testimonianze d'arte storia senese dal 400 600.
Da qui si torna alla sala del mappamondo e si passa alla sala denominata
antica cappella.
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Anticappella
La
sala denominata Anticappella chiamato così perché precede la
Cappella di Palazzo, venne anticamente usata come anticamera del
Concistoro, una riunione formale di alcuni organi di governo della
repubblica senese, ospitandone gli uffici. Proprio per queste funzioni,
Taddeo di Bartolo venne incaricato nel 1415, di costruirvi un ciclo
pittorico che partendo dalla raffigurazione di Alleggorie di Virtù
necessarie al buon esercizio del potere (Giustizia, Magnanimità,
Forza, Prudenza e Religione) sotto le quali proponeva
una galleria di personaggi che per le loro gesta e la loro storia avevano
contribuito alla formazione dell'Antica Roma, come Catone,
Muzio Scevola, Scipione e altri. Sull'arco di ingresso verso la
Sala del Mappamondo, Taddeo raffigurò poi la Pianta della Roma del
tempo, circondata ancora dai personaggi più imponenti della cultura antica.
Il recupero della cultura classica operato in epoca illuministica aveva
portato a Siena frutti importanti tanto che la città si ricostruì tramite le
supposizioni di alcuni coraggiosi eruditi, una storia illustre quanto poco
verosimile che affondava radici nella stessa origine della Città eterna,
come testimoniato dalla scelta come simbolo della città della Lupa romana.
Sull'alzata della parte opposta all'ingresso vi
è un monumentale San Cristoforo, sempre opera di Taddeo. La
raffigurazione di questo Santo era consueta, specie nelle città meta di
pellegrini, perché la sua vista doveva conferire loro sicurezza e
protezione. Per questo, ma anche a causa della tradizione che lo voleva di
proporzioni gigantesche, veniva in genere dipinto in grande formato, perché,
la sua vista fosse agevole anche ai più distratti. Nel nostro caso,
probabilmente, la grandiosità della rappresentazione si deve anche a una
specie di debito che il Comune pagava al Santo che aveva ospitato a lungo
nella sua Chiesa, posta proprio al centro della città, attività e riunioni
pubbliche, prima dell'edificazione del Palazzo Pubblico. Nella vetrina sono
custoditi alcuni arredi sacri utilizzati nel tempo per le cerimonie
religiose che qui si svolgevano, la più importante delle quali è sicuramente
la Rosa d'oro,opera di Simone da Firenze, capolavoro
dell'oreficeria rinascimentale, donata dal Papa Pio II Piccolomini
alla città nel 1458.
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Cappella di
Palazzo
La
cancellata posta all'entrata della Cappella di Palazzo in ferro
battuto e stagnato, a riquadri, includenti ciascuno nove quadrilobi, è
un'opera del 1437 dei senesi Giacomo di Giovanni e di suo figlio
Giovanni di Giovanni. Anche in questo ambiente prosegue la serie degli
affreschi di Taddeo di Bartolo del 1407 che nella volta, sulla parete
sinistra, sulle lunette, evocò Episodi della vita della Vergine fra
cui la Morte e l'Assunzione. La piccola acquasantiera bronzea
con piccole Figure del Salvatore e di angeli è invece opera di
Giovanni di Turino del 1434; il ricco lampadario gotico ligneo, dorato e
dipinto, scolpito da Cecco di Nanni del Ciucca e dipinto da
Cristoforo da Cosona nel 1370. L'altare finemente lavorato venne
disegnato di Lorenzo di Mariano Fucci detto il Marrina, e
conserva la tavola della Sacra Famiglia con San Leonardo del
Sodoma del 1530, una delle più felici composizioni , qui trasferita dal
Duomo nel XVII secolo. Il finissimo coro ligneo, intagliato e intarsiato,
costituenti il culmine dell'arte lignea senese venne eseguito da Domenico
di Niccolò tra il 1415 e il 1428 e conta 21 stalli che corrono lungo le
pareti. Per quest'opera l'artista venne soprannominato "dei Cori".
A destra, sotto l'arco, si trova l'organo incassato dentro stupendi intagli
di Giovanni Di Pietro ed Igino da Antonio del 1524. Addossati alle pareti,
21 stalli intagliati del coro con gli schienali intarsiati, costituenti il
capo il capo d'opera dell'arte linea senese, fu autore Domenico di Niccolò
chiamato da allora in onore di questa sua meraviglia maestro dei cori.
Nei pressi dell'altare, si trova l'organo incassato a canne, dentro
stupendi intagli di Giovanni di Pietro e Igino da Antonio. L'rogano
in se fu opera di Giovanni di Antonio detto il Piffaro,
costruito tra il 1519 e il 1525, ha una cassa riccamente intagliata, con
decorazioni di Giovanni di Pietro e Ghino d'Antonio. Lo
strumento, a trasmissione integralmente meccanica originale, ha un'unica
tastiera di 44 note ed una pedaliera a leggio di 12 note costantemente unita
al manuale.
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Sala dei Cardinali
Entrando
nella Sala dei Cardinali, o Anticamera del Concistoro, sopra
l'ingresso troviamo un crocifisso su tavola del trecento; al pilastro, un
tabernacolo di Guidoccio Cozzarelli (o di Matteo di Giovanni).
Questa sala possiedepareti decorate da vari affreschi staccati, del '300 e
del '400 che provengono da pareti esterne o da altri locali del
palazzo. Alla parete destra troviamo due statue in legno ingessato, i
Santi Ambrogio e Antonio abate, giudicate (con qualche dubbio) di
Antonio Federighi, insieme a un frammento di affresco forse di
Ambrogio Lorenzetti, Tre Santi e il committente. Più in alto, su
questa parete e sull'opposta si trovano altri affreschi con figure di santi
dipinte "ex voto" dai senesi nel trecento e del quattrocento. Una vetrina al
centro raccoglie alcuni cimeli dell'antica attività del Comune, tra cui
cofanetti intagliati e intarsiati, bossoli per votazioni e la picca del
Capitano del Popolo.
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Sala del
Concistoro
Il
portale d'accesso della Sala del Concistoro è un elegante lavoro in
marmo con dorature del fiorentino Bernardo Gambarelli detto il
Rossellino (che fu anche architetto); le ante in legno con intarsi
provengono forse da Domenico Niccolò. Qui i governanti senesi si
riunivano ai tempi della Repubblica. Gli affreschi che decorano la volta,
illustrati illustranti episodi di virtù civica tratti dalla storia greca e
romana sono opera mirabile della maturità di Domenico Beccafumi eseguiti tra
il 1529 e il 1535. Molto bella la radiosità dei colori, la ricchezza delle
sfumature, la maestria delle prospettive architettoniche (nel centro della
volta figurano la Giustizia, la Fratellanza e l'Amor Patrio).
Tre grandi arazzi seicenteschi della Manifattura di Gobelins (Allegorie
della terra, dell'area del fuoco) e cinque più piccoli di manifattura
fiorentina (altre allegorie) adornano le pareti; sopra il portale,
Giudizio di Salomone ritenuto di Luca Giordano del XVII secolo.
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Sala di Balia
La
Sala di Balia e detta così perché era sede
dei magistrati di balia. Divisa da un arco, alle pareti interamente
ricoperte dagli affreschi eseguiti nel 1407 da Spinello Aretino e da suo
figlio Parri. Questi affreschi illustrano, in 15 riquadri, i più importanti
episodi della vita di Papa Alessandro III, il senese Rolando
Bandinelli, che fu Papa da 1159 al 1181, è che fu fiero nemico di
Federico Barbarossa, alleato dei comuni lombardi, fondatore di
Alessandria,
crudele repressore dei Catari. L'opera ha un interesse, più che per
qualità estetiche, per la documentazione sui costumi, sulle attività, e
sugli artigiani del tempo. Nella volta della sala si trovano le Allegorie di
16 virtù di Marino di Bartolomeo del 1408. La porta destra è stata
intarsiata da Domenico di Niccolò mentre il balcone in legno e opera di
Barna
di Turino del 1410.
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Sala del
Risorgimento
Nella
Sala del Risorgimento troviamo gli affreschi di pittori
senesi e toscani del tardo ottocento che narrano episodi salienti della vita di
Vittorio Emanuele II, dall'incontro con Radetzky, dopo la sfortunata
Battaglia di Novara, alle esequie del Pantheon. Inoltre: busti in marmo di
personalità politiche e artistiche del secolo passato sempre opera di scultori senesi.
Attigua alla Quadreria del Palazzo Pubblico,
che comprende dipinti appartenenti principalmente all'arte senese tra i secoli
XVI e XVIII, la Sala del Risorgimento, un tempo Sala delle Udienze del
Podestà, costituisce l'ultima grande impresa decorativa eseguita all'interno
dell'edificio comunale. L'esecuzione fu eseguita sul finire del XIX secolo,
e affidata alla scuola del cosiddetto "purismo senese", fondato da
Luigi
Orsini, figura di punta del movimento, allora a capo dell'Istituto di belle
arti di Siena. Gli esponenti del purismo sono gli autori di una vera e
propria rifioritura delle imprese pittoriche di grande respiro a Siena
eseguendo molte opere su commissione pubblica ed ecclesiastica. Il movimento
purista, avviato all'inizio dell'ottocento a Roma con il movimento dei
"Nazareni", si distingue per il costante rifarsi alla tradizione del quadro di
storia, dando vita a grandi composizioni, principalmente a tema storico o
sacro, ineccepibili dal punto di vista della tecnica pittorica, ma che non
sfuggono alla freddezza, generalmente caratteristica dell'opera di stampo
accademico. Le scene
celebranti episodi della vita di Vittorio Emanuele II, sono dipinte da Amos Cassili,
Pietro Aldi, Cesare Maccari; Alessandro Franchi ha
dipinto sulla
volta l'Allegoria dell'Italia libera. Nella sala sono stati conservati anche
altri dipinti e sculture ottocentesche, tra cui opere di Tito Ciarrocchi,
Luigi Mussini, Giuseppe Sabattelli e Giovanni Dupré.
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La Loggia
Da
una scala decorata dall'affresco di una Madonna di Neroccio di
Bartolomeo Landi del 1481, si arriva a tre sale del secondo piano, dove
un tempo erano esposti gli originali della Fonte Gaia di Jacopo
della Quercia e che oggi si trovano nel Complesso Museale di Santa
Maria della Scala. Da qui si sale alla Loggia, retta da quattro
pilastri, che ha una straordinaria vista sulla piazza del Mercato e sulla
metà sud della città. Stupendo il panorama dalla Loggia.
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