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arte e cultura
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Ribellione artistica e nuovi linguaggi visivi. La
pittura dell'ultimo secolo ci conduce in territori
inesplorati, tra provocazione ed emozione, sgomento e
meraviglia.
Articolo di Laura Panarese per
Informagiovani Italia
Per cominciare chiarisco un dubbio diffuso sulla
terminologia. La maggior parte della gente definisce "
arte
moderna" quella del Novecento e, presumibilmente,
quella dei giorni nostri (il fatto che per molti non sia neanche arte lo
tratteremo in seguito). In ambito accademico, invece, e nella nuova
terminologia museale, l’arte moderna è quella che va da Giotto al
Neoclassicismo, quindi dal Trecento al Settecento, mentre l’arte
contemporanea è quella che va da fine Settecento ai giorni nostri, compresi
i fenomeni in atto.
Se parliamo della pittura contemporanea, dunque,
ci riferiamo ad un intervallo di tempo molto ampio,
dall’Ottocento ad oggi. Sarebbero quindi compresi i
romantici, gli impressionisti, il realismo, le
avanguardie, l’Informale, le Neoavanguardie, la video
arte ecc.. Decisamente troppa carne al fuoco…
Se dovessi invece spiegare in poche righe come è
cambiata l’arte negli ultimi secoli, fisserei
l’attenzione sul passaggio più rivoluzionario della
storia dell’arte, quello dal figurativo all’astratto.
Siamo ai primi del Novecento. Il clima è quello delle
cosiddette avanguardie storiche.
Tuttora quando si dice che qualcuno o qualcosa è
"
all’avanguardia" si intende innovativo, rivoluzionario.
Il termine deriva dal linguaggio militare. La prima
volta che fu applicato all’arte fu nell’Ottocento ad
opera di Baudelaire, che definiva così gli scrittori
francesi di sinistra (ironicamente, una parola di
"
destra" per gente di sinistra). In Italia fu Marinetti,
teorico del Futurismo, a mutuare la parola per indicare
le prime linee della letteratura, dell’arte e
dell’architettura "
futuriste".
Tra i cosiddetti movimenti di Avanguardia i francesi fauves (come Matisse), dalle cromie accesissime e dallo
sguardo innovativo; il cubismo di Picasso e Braque, che
iniziò a sezionare e ricostruire la realtà con la riga e
la squadra, alterandola, reinterpretandola;
l’espressionismo, con la sua interiorizzazione delle
forme, ancora deformate, ma all’insegna dell’emotività e
della soggettività dell’artista (Kirchner, il primo
Kandinskij, Franz Marc, Munch ecc.); il futurismo,
teorizzato da Marinetti e messo in pratica in pittura da
Boccioni, Balla, Severini, ecc., con la sua logica del
dinamismo e del vitalismo, presto asservita a scopi di
propaganda bellica interventista.
Nel dopoguerra ci fu
la seconda ondata avanguardista, con Dada (Duchamp, Picabia, Tzara) ed il suo non-sense, la sua ironia
dissacrante, le sue sperimentazioni all’insegna della
provocazione assoluta, e con i Surrealisti, idealmente
legati alla Metafisica di De Chirico, come Magritte, Max
Ernst, Mirò, Dalì, Chagall, che creavano, all’insegna
dell’automatismo psichico, un’arte libera espressione
dei pensieri, dei sogni, dell’inconscio, tra fantasia,
psicoanalisi e lucida follia.
Molto successive furono le cosiddette "neo-avanguardie",
nate nel secondo dopoguerra e particolarmente attive tra
anni ‘50 e ‘60 del Novecento.
Da notare come spesso le
azioni artistiche più provocatorie si siano collocate a
ridosso delle guerre, come sfogo, come risposta, come
modo per esorcizzare il dolore e superare la sensazione
di morte e straniamento propria di entrambi i conflitti
mondiali, come delle guerre in generale.
Facendo un passo indietro, affiderei a tre artisti
"
astrattisti" del periodo delle avanguardie, Mondrian,
Klee e Kandinskij, il compito di chiarirci le idee su
cosa sia successo all’arte figurativa tradizionale per
diventare quello che è oggi.
Piet Mondrian, olandese, esponente del cosiddetto
"
neoplasticismo", uno dei primi linguaggi astratti del
Novecento, viene spesso utilizzato a scuola per spiegare
il passaggio dal figurativo all’astratto. Tre sue opere
mostrano in modo esemplare, didatticamente perfetto, il
passaggio progressivo da ciò che si riconosce a ciò che
si deduce soltanto.
La prima è "
Albero rosso" del 1909-10, conservata
all’Aia, Gemeentemuseum, tecnica olio su tela, misure
99x70 cm.
La seconda è "
Albero argentato", del 1911, ancora
olio su tela, misure 107x78 cm, conservata nello stesso
museo.
La terza è "
Melo in fiore", 1912, olio su tela,
stesso luogo di conservazione.
È evidente il cambiamento avvenuto nel giro di pochi
anni. Mondrian passa da un albero riconoscibile,
risultato visivo di un attento studio dal vero, ad uno
più stilizzato, ma pur sempre intuibile, ad un ultimo
astratto, fatto solo di brevi curve e perfette
geometrie, con qualche discreto cromatismo pastello. Si
tratta sempre di un albero, quindi di un soggetto
concreto, esistente, ma l’artista lo ha modificato,
sintetizzato così tanto da non mostrarne più solo la
faccia più comune, bensì l’intrinseca struttura, gli
elementi costitutivi della realtà stessa, la pura forma,
o la vera essenza, che per l’ultimo Mondrian
corrisponderà ai famosi moduli geometrici, così
semplificati da rinunciare addirittura al colore,
eccetto i colori primari.
Simile a quello di Mondrian fu il percorso di Klee e
Kandinskij, nonostante gli approdi siano stati
differenti. Il russo Kandinskij, fondatore con Franz
Marc del movimento espressionista del "
Cavaliere
azzurro", fu l’autore del primo acquerello astratto, tra
l’altro così intitolato, datato 1910, ma probabilmente
eseguito nel 1913 (cm 50x65, Neully-sur-Seine,
Collezione Nina Kandinsij), in alto accanto al titolo.
Si racconta che K. abbia avuto la prima intuizione per
un’opera astratta quando nel suo studio si ritrovò a
fissare un suo quadro figurativo appeso al contrario:
gli sembrò infinitamente bello, nonostante non vi
riconoscesse niente di concreto. Questo "
Primo
acquerello astratto" rappresenta forme varie, leggere,
schizzi di bambini, a creare nello spazio del quadro una
morbida armonia, simile a musica. K. Desiderava questo:
che la pittura, rinunciando alla concretezza
dell’immagine, approdasse a più alti, spirituali
risultati, come quelli della musica. Se per K. la
creazione deve essere veloce, immediata, come lo è
spesso la musica migliore, per Paul Klee, svizzero,
l’opera va meditata a lungo. Fu lui a riprendere una
frase del filosofo Fichte:
"Per guardare un quadro, occorre una seggiola".
Questa frase può essere utilizzata per l’arte dal primo
Novecento in poi. Non basta più vedere una bella opera e
pensare che ci piace, che somiglia a qualcosa, che
l’artista è stato eccelso nella tecnica. Dalle
avanguardie in poi, niente è stato più lo stesso: da
allora l’arte è diventata complessa, cerebrale,
concettuale, provocatoria, assurda, ma non è più stata
scontata, o perlomeno questa era l’intenzione di molte
avanguardie…
Laura Panarese per
Informagiovani Italia
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