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Storia di Pistoia
Da qualsiasi parti si giri lo sguardo, a
Pistoia i palazzi e le strade hanno da raccontare una storia.
Millenni di vita urbana, sociale ed artistica, non solo secoli. Adagiata ai
piedi delle colline dell'Appenino tosco-emiliano e a metà strada tra
Firenze e
Lucca, la città
offre una serie di
testimonianze architettoniche d'interesse storico.
Non ci si aspetta tanta bellezza da Pistoia, città
medievale, prima ancora municipio romano, un po'
fuori dal circuito del turismo di massa,
ingiustamente sottovalutata. |
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Pistoia ben merita una visita approfondita,
ad iniziare dalla
Cattedrale di San Zeno,
e poi il Palazzo comunale (anche chiamato Palazzo degli Anziani),
la via degli Orafi o la bella piazzetta della Sala; ognuno di
questi racconta della storia di Pistoia, e che oggi come poche ci permette di capire la quotidianità di un
piccolo comune della Toscana medievale e ancor prima della
Toscana longobarda fino ad arrivare al periodo romano e etrusco.
Pistoia è certamente di fondazione Romana (così come viene
documentato da alcuni reperti archeologici oggi custoditi nel Museo Civico di Pistoia),
ma probabilmente esisteva un precedente insediamento etrusco. Importante
oppidum (cittadella fortificata) sulla via Cassia, che collegava Roma
con Lucca e Firenze, Pistoia in età romana fu destinata
all'approvvigionamento delle milizie romane, e deve probabilmente il suo
nome.
I primi documenti storici della Pistoia
romana risalgono al II secolo a.C., periodo nel quale la città risultava
essere un piccolo nucleo di approvvigionamento militare romano e cioè un
Oppidium. La nascita di Pistoia è quindi legata all'avanzare dei Romani
verso nord, e all'assoggettamento delle tribù locali, in particolare
Liguri. Allo stesso periodo si lega anche l'origine del nome della
città,
Pistorium,
o anche
Pistoriae,
che verosimilmente deriva dai
Pistores,
nome con il quale venivano indicati i fornai che impastavano il pane per le
truppe dell'esercito romano. È possibile però che l'origine sia
invece etrusca da "Pist" e "Oros", che significano porta e monte. Nell'anno 62 a.C., nei pressi dell'attuale città e probabilmente nelle
alture montane di
Campo Tizzoro
(una zona allora compresa nell'Ager
pistoriensis
ed oggi parte del comune di
San Marcello Pistoiese),
veniva ucciso il senatore romano
Lucio Sergio Catilina
(nella Battaglia di
Pistoia appunto),
ponendo così fine alla cosiddetta
Congiura di Catilina,
che cercava di sovvertire la Repubblica romana e instaurare una dittatura.
Catilina si vide costretto a usare una via alternativa alla
via Emilia
(che da
Bologna
arrivava fino a
Roma)
e se non fosse stato fermato ed ucciso sarebbe infatti potuto arrivare alla via
Cassia e da qui raggiungere la capitale.
La
via Cassia
era una delle più importanti vie consolari romane. Univa Roma con
Firenze
(allora chiamata
Florentia),
e quindi dopo aver attraversato Pistoia e
Lucca,
si estendeva ad unire da una parte la
via Aurelia
lungo la costa tirrenica, dall'altra poteva permettere di raggiungere la via
Emilia e l'adriatica
Rimini
(allora chiamata
Ariminum).
A Pistoia la via Cassia coincideva con parte dell'attuale
via degli Orafi
e cioè con la direttrice est-ovest del cosiddetto
Decumano maximus,
il principale segmento stradale nella urbanistica romana; il Decumano a sua
volta si univa intersecandolo alla direttrice nord-sud, e cioè il
Cardo maximus
(apparentemente corrispondente all'attuale
via Bracciolini),
proprio nell'attuale
piazza del Duomo di Pistoia
dove peraltro era situato il forum. Esistono diverse testimonianze della
Pistoia romana, non sono numerose ma restano importanti: è il caso per
esempio di un tratto di pavimentazione dell'antica via Cassia, di alcune
tracce di cinta muraria (esattamente nelle fondamenta del palazzo dei
Vescovi), oppure di alcune rovine di una dimora gentilizia un tempo situata
proprio nello stesso posto oggi occupato da piazza del Duomo.
La
Pistoia odierna sembrerebbe tuttavia non essersi sviluppata direttamente
dall'originario nucleo romano. Forse ciò è dovuto presumibilmente ad una
necessaria ricostruzione della città, avvenuta per distruzione del
precedente centro abitato. Potrebbe essere il caso, documentato, del
saccheggio degli Ostrogoti,
avvenuto agli inizi del V secolo,
ad opera di
Radagaiso
quando
Pistoia era già sede vescovile. Si spiega così il perché in effetti
le attuali via degli Orafi e via Bracciolini, se confrontate con le vie che
da queste si sarebbero dovute creare, non presentino una effettiva
corrispondenza ai canoni urbanistici usati nell'antica Roma, che infatti
seguivano come base di partenza il Decumano. L'impianto urbanistico romano è
stato quindi sostituito da uno successivo di origine longobarda, quello che
ha dato origine all'attuale centro urbano. La Pistoia di
oggi si rispecchia nello stile medievale del VIII secolo, arrivato per
l'appunto con i
Longobardi:
principale testimonianza di tale periodo è proprio la
piazzetta della Sala,
uno degli angoli urbani più rappresentativi di Pistoia. La piazzetta è
conosciuta oggi per ospitare il mercato rionale e prende il nome dal palazzo
un tempo presente (la
Curtis domini regis),
dimora del funzionario delegato del re, il
Gastaldo.
Le vie che collegavano la piazza con le porte di accesso alla città erano
infatti chiamate 'regis',
è il caso delle attuali via di Stracceria e via della Torre.
La Pistoia Longobarda era
una città importante, come testimonia la costruzione della prima cinta
muraria (nel tempo furono costruite tre sezioni di mura), completata nel
VIII secolo, e la coniazione di una moneta aurea, la tremise pistoiese.
La politica cittadina si sviluppò successivamente attorno alla corte
vescovile, che fu contesa però dai signorotti terrieri locali che aspiravano al controllo sulla
città. Il mercato di Piazza della Sala
ha anch'esso origini antiche, nato come mercato alimentare era probabilmente
già presente nel periodo comunale, periodo nel quale l'amministrazione
politica si spostò nella piazza del Duomo, con la costruzione del
Palazzo degli Anziani (l'attuale Palazzo comunale). Le botteghe iniziarono a svilupparsi da
semplici bancali in pietra e con sportelloni in legno, mentre la vendita
degli alimenti veniva gestita dall'Opera di San Jacopo,
un istituzione civica creata dai membri dell'allora consiglio comunale e
quindi sviluppatasi come Ente assistenziale. Il culto di San Jacopo a
Pistoia ha radici antiche e pare essersi originato nell'anno 886 durante
il periodo delle incursioni saracene lungo le coste tirreniche, e nel
momento in cui la popolazione chiese in preghiera la protezione di San
Giacomo, poi diventato San Jacopo. Come scritto dallo storico italiano
Michelangelo Salvi nella 'Historiae di Pistoia', del XVII
secolo:
"
Correndo l’anno 849 vennero i
Saraceni in Italia, e scorso tutto il Latio, eransi condotti fino alle mura
di Roma, il che sentendo i Pistoresi […] se ne presero, temendo fortemente
di qualche grave danno o crudele invasione alla loro Città; hora perché essi
dalla pubblica fama inteso avevano, come nei prossimi passati anni, cioè
nell’820 al Re Ramiro di Spagna travagliato e combattuto dagl’istessi
Saraceni, era apparito a vista di tutti i Cattolici, S. Iacopo Maggiore,
Apostolo di Cristo [...] i Pistoresi mossi da tale esempio, pensarono anco
essi alla protetione del medesimo Santo ricorrere, e così invocatolo con
viva fede e ricevutolo per loro Protettore, con solennissime Feste e
processioni, una Chiesa in honore e gloria di lui, nella Fortezza del
Castellare, fabbricarono, e la Città loro non meno dal pericolo che dal
timore, restò liberata".
Nel
1144 due pellegrini vi portano a Pistoia la reliquia di San Jacopo, facendo
della città tappa obbligata sul percorso della
via Francigena per
coloro che si recavano a
Santiago de Compostela. Proprio
la conchiglia del pellegrino, uno simboli di San Jacopo, è probabilmente
rappresentato nello stemma della città.
Nel XII secolo la Pistoia
dei Vescovi divenne la Pistoia dei Consoli. Cambiarono cioè le
istituzioni di governo e di amministrazione urbana, fino ad allora in mano
al potere ecclesiastico che aveva governato la città dal
Palazzo dei Vescovi;
quest'ultimo appariva a quel tempo come una vera e propria fortezza (oggi
poco visibile, non fosse per la parte posteriore dell'edificio che dà sulla
odierna via della Torre). Con i Consoli la città iniziò a
contraddistinguersi per crescita economica e civica: nel 1105 Pistoia
divenne un comune autonomo di fazione ghibellina (pro-imperatore),
alleata con
Pisa e
Siena,
e nel 1177 venne promulgato il primo statuto cittadino (indicato come uno
dei più antichi d'Italia), chiamato 'Statuto dei consoli del Comune di
Pistoia' (Constitutum, consulum, Communis Pistoriae). Gli scontri
tipici della fase comunale italiana furono registrati anche a Pistoia, che
infatti fu caratterizzata dagli scontri delle opposte fazioni Guelfa e
Ghibellina. Nel complesso, furono comunque gettate le premesse di
un importante crescita urbana, sia con l'edificazione di una seconda
cinta muraria e sia con la nascita di nuove strutture architettoniche,
tutte erette secondo lo stile romanico dell'epoca.
L'autonomia comunale non durò a
lungo e il XIII secolo fu caratterizzato dalla perdita della libertà
e dalle guerre contro le potenti vicine, Lucca e Firenze. A
quest'ultima la città è sempre stata legata da un attrito reciproco, che fu
momentaneamente placato con la cosiddetta 'Pace di Empoli', siglata
dalle due città nel 1254, ma poi venuta meno nel 1257 con la vittoria dei
fiorentini. Da allora Pistoia si ritrovò alle prese con le vicende di
Firenze, e quindi con i legami militari, civili e culturali della stessa.
Nel frattempo in città le famiglie signorili pistoiesi più in vista,
dei Cancellieri, Lazzari, Pancianti, Ricciardi,
Rossi, Sigimburdi, Taviani e Tedìci, dovettero
accettare le nuove regole imposte dal podestà Giano della Bella,
figura importante nella Pistoia di fine XIV secolo, il quale espresse
da subito la volontà di ridurre i privilegi delle classi più agiate. Giano
si espose così tanto da procurarsi la scomunica da parte dell'allora
vescovo Tommaso, fatto che segnò la fine del suo potere in città e
l'inizio della nomina diretta del podestà da Firenze (da allora il podestà
verrà chiamato 'Gonfalone di giustizia').
Del 1301 è la sconfitta dei
cosiddetti guelfi neri da parte di Andrea Gherardini, capitano
del Popolo (figura politica che nell'Italia medievale aveva il compito di
amministrare la città) appartenente alla fazione dei guelfi bianchi.
Bianchi e Neri erano i nomi usati dalle due opposte fazioni dei guelfi di
Firenze, nate dopo la cacciata dei ghibellini dalla città e formatesi
allo scopo di assumere il controllo politico ed economico del territorio. La
rivalità arrivò fino a Pistoia, che per prima, con la vittoria del
Gherardini, diventò il principale riferimento della fazione dei bianchi in
tutto il territorio toscano. Dopo l'assedio di Pistoia del 1306, in
cui gli abitanti mostrarono valorosa resistenza per 11 mesi, la città passò
nelle mani dei lucchesi e di seguito in quelle di Castruccio Castracani,
già signore di Lucca, dopo aver sconfitto le truppe guelfe fiorentine. In
città intanto i rapporti tra le famiglie nobiliari continuavano ad
inasprirsi sulla questione di restare o meno fedeli ai lucchesi o ai
fiorentini. Le lotte interne cittadine continuarono, in particolare tra le
famiglie rivali dei Panciatichi e dei Cancellieri, e furono
tali da portare alla decadenza civile e culturale del territorio. Nel 1325,
dopo che Pistoia era stata momentaneamente tenuta in piedi da Ormanno
Tedici, il nipote Filippo Tedici aprì di nascosto le porte della
città al Castracani, in cambio della nomina a Capitano del Popolo.
Nel
periodo rinascimentale
Pistoia risultava del tutto assoggettata al potere politico, culturale
ed economico di Firenze. Vi fu una grande stagione di rinnovamento
e di riqualificazione del tessuto urbano e sociale, oltre che artistico,
come testimoniano le opere d'arte ospitate negli edifici di rilievo
della città. Il potere fiorentino a Pistoia venne confermato nuovamente
dalle vicende delle famiglie nobiliari pistoiesi; le continue lotte
tra quelle rivali portarono al tentativo di nozze segrete di alcuni membri
delle famiglie più in vista e al conseguente scontro civile, tra il
1401 ed il 1402. Il risultato fu il completo controllo della città da
parte di Firenze e quindi dal 'XVI secolo del Granducato mediceo a
Pistoia, cioè con la famiglia de' Medici, alla quale la città si
legò anche culturalmente e artisticamente. La terza cinta muraria di
Pistoia venne completata proprio durante il governo di Cosimo I de'
Medici.
Nei secoli successivi la
crescita urbana di Pistoia si espande oltre le mura rinascimentali.
Durante la dominazione francese la città si ritrovò a far parte di
uno dei tre dipartimenti territoriali francesi in Toscana, e fu
amministrata da un prefetto. Nel XIX secolo Pistoia si interessò ai
moti rivoluzionari per l'Unità d'Italia e alla invocata libertà dal
dominio austriaco. Uno dei tanti giovani pistoiesi più rappresentativi di
questo contesto storico fu proprio Niccolò Puccini, di cui abbiamo
parlato nella sezione
Giardini di Villa Puccini a Pistoia.
Come il resto della Toscana, la città venne annessa nel Regno d'Italia
nel 1861. Il contributo servito dai pistoiesi e dalla città durante la
Seconda guerra mondiale le valse il riconoscimento della medaglia
al Valor militare per la Guerra di liberazione contro l'occupazione
nazifascista. Nel marzo del 2011 Pistoia censiva 98.334 abitanti ed oggi si
rivela come una delle mete turistiche più interessanti della Toscana.
Stemma di Pistoia
Lo
stemma di Pistoia come da decreto del 1943 è "Scaccato d'argento e di rosso
di trentasei pezzi. Lo scudo di forma sannitica, sarà cimato della corona di
città ed avrà per sostegni due orsi con le teste rivolte all'indietro,
coperti di mantelletto scaccato d'argento e di rosso, svolazzante, foderato
di verde". La scacchiera bianca e rossa con 36 pezzi, retta ai lati da
due orsi (aggiunti successivamente a rappresentare il predominio di
Pistoia sulla montagna) deriva la sua origine forse dalla conchiglia del
pellegrino, uno degli attributi di S. Jacopo. La cappella del santo, nella
cattedrale, è composta proprio di marmi bianchi e rossi. Questa però non è
l'unica teoria sull'origine della scacchiera; una seconda teoria riconduce
la scacchiera alla regolare suddivisione viaria della pianta della città
romana. Un'altra teoria ancora mette la scacchiera in relazione proprio con
il gioco degli scacchi. Il bianco ed il rosso sarebbero i colori originari
del gioco, simulazione dello scontro di guerra e con essi la città vorrebbe
mostrarsi cavalleresca ed animata da spirito guerriero.
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