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Vita di Antonio de Curtis - Totò -
Biografia e opere
Tutto il mondo lo conosce
come Totò, ma il suo vero nome è Antonio de Curtis, anzi, per
l'esattezza il suo nome intero è Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas
Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio. Totò nacque a
Napoli,
nel rione Sanità, il 15 febbraio 1898 e morì a Roma il 15 aprile del 1967.
Suo padre, Giuseppe De Curtis non lo riconobbe dalla nascita, infatti, per
alcuni anni ebbe il cognome della madre, ovvero Clemente.
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La predisposizione al
gioco e allo scherzo la ebbe fin da subito, da quando in classe
si divertiva ad intrattenere i suoi compagni facendo imitazioni,
raccontando barzellette o aneddoti inventati sul momento e camminando in
modo strano. Dopo la scuola elementare, frequentò il collegio Cimino,
dove subì un pugno in viso, che gli portò alcuni danni permanenti al mento e
al naso. Non aveva molto feeling con lo studio, per tale ragione non
concluse gli studi.
La sua vera vocazione era
il teatro e ciò appariva chiaramente già dalle prime recite che fece
ancora ragazzo. Nonostante fosse ancora giovane irruppe sulla scena, in
piccoli teatri, facendosi chiamare "Clerment"; i suoi spettacoli
migliori derivavano dall'imitazione di Gustavo De Marco, ciò che piaceva a
Totò di questo personaggio era il suo modo di muoversi, simile ad un
burattino. Movenze, quelle di De Marco, che Totò ripropose anche in numerose
scene dei suoi film. In questi piccoli teatri conobbe personaggi che
cambiarono totalmente la sua vita, primo fra tutti, il grande Eduardo De
Filippo.
Allo scoppio della
prima guerra mondiale, Totò, arruolatosi come volontario venne
destinato prima al Reggimento Fanteria e successivamente al Battaglione di
Milizia Territoriale in Piemonte. Ad Alessandria venne ricoverato in
ospedale, secondo alcuni a seguito di un attacco epilettico e
successivamente trasferito a Livorno al Reggimento Fanteria. Qui a Livorno
un graduato lo costrinse a diverse umiliazioni, tali da fargli ricordare
questo periodo come uno dei più spietati della sua esistenza.
Dopo il conflitto mondiale
avrebbe dovuto arruolarsi in Marina, ma la passione per il teatro fu più
grande ed ebbe il sopravvento; Totò, infatti continuò ad esibirsi in piccoli
spettacoli come macchiettista. Suo padre, Giuseppe De Curtis, decise
di riconoscerlo quando Totò aveva più vi vent'anni e sposò anche sua madre.
I due, ufficializzata la loro unione, decisero di trasferirsi a Roma e Totò
li seguì, nella capitale divenne uno "straordinario" una sorta di
comparsa negli spettacoli, che però non viene pagata. Grazie a questa nuova
mansione Totò si avvicinò alla commedia dell'arte e il pubblico apprezzò
molto le sue interpretazioni. Totò amava il teatro, ma la sua condizione gli
stava stretta, non percepiva alcuna retribuzione, spesso non aveva i soldi
per l'autobus e doveva spostarsi da una parte all'altra di Roma a piedi,
durante le stagioni invernali, questa situazione diventò insostenibile, ma
quando Totò lo fece presente al suo impresario Umberto Capece, chiedendogli
anche una minima retribuzione, questi lo licenziò e lo fece sostituire con
un altro.
Quella fu una vera
delusione per il principe della risata, ci fu un periodo durante il quale si
allontanò dalle scene teatrali. Disoccupato, ma soprattutto fortemente
demoralizzato, riuscì a risollevarsi solo quando conobbe un genere teatrale
che si addiceva molto al suo carattere, ovvero il varietà. Ricordandosi dei
bei tempi, durante i quali imitava Gustavo De Marco, Totò decise di provare
il tutto per tutto al Teatro Ambra Jovinelli, il clou del varietà.
Totò venne ingaggiato da Giuseppe Jovinelli, il proprietario del teatro e,
in breve tempo venne amato dal pubblico.
Questo lavoro gli piaceva,
ma lo stipendio era davvero esiguo, con quei soldi non poteva permettersi
gli abiti che amava e il taglio di capelli come Rodolfo Valentino, ma fu
proprio il suo barbiere di fiducia, un certo Pasqualino che lo mise
in contatto con i proprietari del Teatro Sala Umberto. Fu qui, nel
Salone Umberto I, che Totò venne definitivamente acclamato dal pubblico e
divenne il re degli spettacoli di varietà.
?sempre durante gli anni
Venti che inizia la sua fama, a livello nazionale, con le esibizioni in
numerosi caffè e con l'incontro con Achille Maresca e Mario Castellani.
Nel 1929 era a La Spezia con Maresca e il barone Vincenzo Scala del Teatro
Nuovo di Napoli decise di incontrarlo per ingaggiarlo come vedette in
diversi spettacoli.
Totò amava le donne e
le donne lo amavano, ebbe molte storie, con donne dello spettacolo o
con donne che facevano parte del pubblico, qualsiasi donna di bell'aspetto
cadeva ai suoi piedi, fino a quando non ebbe l'incontro che cambiò per
sempre la sua vita, quello con Liliana Castagnola, conosciuta da
tutti come La Sciantosa. Anche lei arrivò al Teatro Nuovo di Napoli nel 1929
e si presentò ad uno spettacolo di Totò, il quale inziò un folle
corteggiamento. La loro fu una storia d'amore bella, ma tormentata, Totò
divenne sempre più geloso e i litigi furono quotidiani. Liliana cadde in
depressione fino ad arrivare al gesto estremo del suicidio. Venne trovata
senza vita, con una lettera indirizzata a Totò, quel gesto lo turbò molto;
si sentì il diretto responsabile e quel rimorso gli rimase dentro per tutta
la vita. Liliana venne sepolta nella tomba della famiglia De Curtis a
Napoli.
Il 1930 segna
l'avvicinamento di Totò al cinema, con l'avvento del sonoro, il
regista Stefano Pittaluga capì che Totò era il volto giusto per sfondare, ma
l'attore non era del tutto d'accordo, per tale ragione abbandonò il cinema
per il teatro, diventando capocomico per l'avanspettacolo. Il suo stile era
del tutto particolare, era uno stile unico, ironico ma non volgare,
realistico ma non reale.
Nel 1933 venne adottato
dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas ed ereditò dallo stesso
tutti i suoi titoli nobiliari. Si trasferì definitivamente a Roma, insieme
alla compagna Diana Rogliani e alla figlia Liliana, sposò Diana due
anni dopo. Nonostante a teatro fosse diventato una leggenda, grandi registi
e produttori cinematografici continuavano a corteggiarlo. Nel 1938 perse un
occhio, mentre la vita matrimoniale era sempre più in crisi, fino alla
separazione definitiva, con l'annullamento del matrimonio in Ungheria.
L'idea del cinema iniziava ad incuriosirlo e decise di interpretare il film
"San Giovanni Decollato" che venne amato dalla critica grazie alla grande
espressività dell'attore, ai suoi doppi sensi e al suo particolare modo di
muoversi.
Siamo nel 1940, il genere
teatrale di Totò, quello dell'avanspettacolo stava tramontando, per dar
posto alla rivista. Quando debuttò al teatro Quattro Fontane, nella
capitale, venne accompagnato da Mario Castellani e da Anna Magnani, ai quali
rimase legato per tutta la vita. Durante la seconda guerra mondiale la
situazione divenne difficile e Totò venne denunciato, ma riuscì ad evitare
la prigione. La sua satira nei confronti dei regimi totalitari del fascismo
e del nazismo continuò al teatro Valle, con l'esibizione dal titolo "Con
un palmo di naso".
Nel 1944 Totò perse il
padre e continuò a lavorare tra teatro e cinema, scrivendo nel frattempo
diverse canzoni e numerose poesie. Nel 1949 comparve il primo film, con il
suo nome, dal titolo "Totò al giro d'Italia". Tutti i film che girò,
lì girò in tempi record, al massimo in un mese, perchè Totò non amava
dilungarsi nei suoi film e soprattutto non voleva sapere nulla
sull'eventuale sceneggiatura, affidandosi spesso all'interpretazione, al
punto che non imparava mai il copione, ma lo considerava semplicemente una
sorta di canovaccio, modificando molte delle battute che gli venivano date.
Non bisogna mai
dimenticare che la formazione di Totò era essenzialmente teatrale,
per tale ragione durante la recitazione dei film spesso perdeva il filo,
essendo più abituato all'improvvisazione. Totò amava recitare, ma
soprattutto amava il suo pubblico, per tale ragione inizialmente fu restio
nei confronti del cinema, perchè quando recitava una pellicola
cinematografica non aveva il contatto diretto con i suoi ammiratori. Totò
era abituato ai ritmi teatrali, per tale ragione svegliarsi al mattino per
lui rappresentava una vera sofferenza e poi non girava mai giorno 13 o
giorno 17, il martedì o il venerdì.
Il suo ultimo capolavoro
teatrale fu "Bada che ti mangio!" nel 1949 al teatro Nuovo di Milano,
da quel momento si dedicò quasi esclusivamente al cinema. A fianco del
grande Eduardo De Filippo girò il film "Napoli Milionaria". Sono di
questi anni film del calibro di "L'Oro di Napoli", "Totò cerca
moglie", "Totò le Mokò", "47 morto che parla", "Figaro
qua, Figaro là". Nel 1951 scrisse una delle canzoni d'amore più belle
di tutti i tempi : "Malafemmena" che secondo molti critici era
dedicata all'ex moglie Diana, mentre secondo altri all'attrice Silvana
Pampanini, con la quale aveva recentemente recitato e per la quale
nutriva una profonda passione.
Sempre nel 1951 recitò a
fianco di Alberto Sordi in "Totò e i re di Roma", l'anno successivo
si innamorò nuovamente, questa volta di Franca Faldini, dopo averla
vista su un settimanale. La ragazza aveva trentatre anni meno di lui. I due
si fidanzarono quasi subito, ma non si sposarono mai, nonostante rimasero
legati fino alla morte. Nel film "Totò e le donne" recitarono insieme
e nel 1953 le dedicò la canzone "Con te" al Festival di Sanremo.
Negli anni compresi tra il
1953 e il 1955 recitò in ben 17 pellicole, ma fu un periodo segnato dalla
morte del figlio Massenzio, subito dopo la sua nascita. La perdita di questo
bambino lo spinse a rifugiarsi in se stesso, per diverse settimane. Tornò
dopo sulla scena per girare film come "Totò, Peppino e la malafemmina"
e "La banda degli onesti". In questi anni si riavvicinò anche al
teatro, ma la sua vista peggiorava notevolmente, durante uno
spettacolo a Palermo, infatti, ebbe una crisi improvvisa e non ci vide più,
ma continuò ugualmente la recitazione. La sua malattia era la corioretinite
emoraggica.
Continuò comunque a
lavorare, nonostante diversi periodi di riposo e continuando a fumare 90
sigarette al giorno. Nel 1961 vinse la Grolla d'oro alla carriera.
Nonostante non ci vedesse quasi più e indossasse sempre un paio di occhiali
da sole, riusciva a destreggiarsi nei diversi set, al punto da non far
accorgere gli altri di questo suo malanno. Sono di questi anni film come "Totòtruffa
62" "Totò contro Maciste" "Totò e Cleopatra" e "Totò
diabolicus".
Nel 1964 uscì il suo
centesimo film ovvero "Il comandante" per il quale venne premiato con la
"Sirena d'oro". Oramai era un artista affermato in tutto il mondo,
rilasciava interviste a giornali internazionali, famosissima quella
con Oriana Fallaci per la rivista "L'Europeo".
Totò continuava a scrivere e pubblicò una raccolta di poesie, dal titolo "'A
Livella" che lo consacrò in tutto il mondo in questo ambito e che,
ancora oggi, viene recitata ogni 2 Novembre.
Spianò la strada ad attori
come Lino Banfi e collaborò con personaggi del calibro di Pier Paolo
Pasolini e Federico Fellini. "Operazione San Gennaro" fu uno dei suoi
ultimi film. Oramai era famoso anche in Televisione, dove veniva
invitato in diversi programmi. Mina lo invitò a partecipare a "Studio Uno" e
Mario Riva a "Il Musichiere". Venne ideata anche una serie televisiva in suo
onore, dal titolo "TuttoTotò".
La morte lo colse a Roma,
in via Parioli, il 15 aprile del 1967 ed era convinto che nessuno si sarebbe
ricordato di lui. Amò Franca Faldini fino alla fine, dichiarandole il suo
amore anche in punto di morte "T'aggio voluto bene Franca, proprio assai".
Ma proprio prima di morire, però, si ricordò della sua infanzia, della sua
bella città natale, di Napoli, dicendo "Mi sento male... Portatemi a
Napoli." Desiderava un funerale semplice, ma ne ebbe tre, il primo a
Roma nella chiesa di Sant'Eugenio e il secondo e il terzo a Napoli, quest'ultimo
nel Rione Sanità, tutti e tre accompagnati da una folla di gente.
Totò è da sempre
l'attore comico più amato di tutti i tempi e questo l'ha confermato
anche un sondaggio del 2009. Totò era amato dalla gente per quel suo stile
semplice, per quella umiltà che contraddistingue solo chi ha un cuore nobile,
per quella sua schiettezza che fa ridere, fa ridere anche quando non si ha
voglia di farlo, per quella sua bontà che riesce, ancora oggi, a descrivere
una realtà assoluta.
Il 15 aprile del 2017
per il cinquantesimo anniversario della sua morte, la sua
città amata, ovvero Napoli gli ha dedicato un monolite e ha
dato vita ad una mostra, dal titolo "Totò Genio" nella quale
sono conservati diversi documenti, abiti, cimeli, locandine e testimonianze
della sua carriera.
L'Università degli
Studi di Napoli Federico II, sempre in occasione del cinquantesimo
anniversario della sua scomparsa, gli ha conferito una Laurea Honoris
Causa alla memoria in "Discipline della Musica e dello Spettacolo.
Storia e Teoria".
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