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Jan Vermeer - Vita e Biografia
Jan Vermeer pittore dell'Epoca d'Oro
Olandese (il '600), è uno degli artisti olandesi
più apprezzati di tutti i tempi. I suoi lavori sono
stati una fonte di ispirazione e di fascino per
secoli, ma gran parte della sua vita rimane un
mistero. È conosciuto in tutto il mondo per alcuni
suoi quadri, tra i quali spiccano i dipinti di
Delft,
la sua città natale, come "Piccola Strada",
"Veduta di Delft" e "La Ragazza col
turbante", quest'ultima protagonista in tempi
recenti di un famoso libro divenuto successivamente un
film di successo col titolo "La ragazza con
l'orecchino di Perla". |
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Vermeer nacque intorno al 31 Ottobre 1632. Nel 1652, si iscrisse alla
corporazione dei pittori di Delft. Divenne il decano della corporazione dal
1662 al '63, e dal 1669 al '70. Morì nella sua città a 43 anni intorno al 16
dicembre 1675.
La città di
Veermer
Quando Vermeer nacque a Delft, la città aveva oltre 350 anni di
storia alle spalle e, in quel periodo, come tutte le Province Unite,
attraversava un periodo di profonda espansione economica. Era
sopravvissuta a incendi devastanti e varie epidemie di peste. La sua
ricchezza si basava sulle fiorenti fabbriche di porcellane, sulla
produzione di tessuti e sulle fabbriche di birra. Le sue fortificazioni,
le mura e le porte medievali avevano protetto la città per più di tre secoli e avevano fornito rifugio
a Guglielmo il Taciturno, principe d'Orange, durante la rivolta olandese
contro il controllo spagnolo degli
Asburgo. Anche se
la sede
del governo delle Province Unite si trasferì all'Aia, alla fine del Cinquecento, Delft
continuò a godere di uno status speciale. La città non solo era conosciuta
per la Scuola di Delft di pittura, ma era anche un fiorente centro per le
arti decorative: arazzi, argenti, e porcellane.
Molti dei cittadini più ricchi di Delft, che vivevano in case sontuose lungo
il canale principale della città, l'Oude Delft, avevano creato le loro
fortune investendo nel commercio con l'India e le isole dell'arcipelago
indonesiano. Più di 300 famiglie di Delft avevano più di 20.000 fiorini,
una cifra straordinaria per l'epoca, anche considerando il fatto che un falegname o un muratore, invece,
potevano, nella migliore delle ipotesi, guadagnare 500 fiorini l'anno.
La
città, che si articola all'interno di una rete di canali perpendicolari,
trae il suo nome dalla parola Duth delven (scavo). Anche se Delft non aveva
un porto alla foce di un fiume, come
Bruges,
Anversa o
Amsterdam,
era
comunque collegata al mare con un suo porto interno, Delfshaven, che
distava pochi chilometri dalla città.
Le origini
della famiglia di Vermeer
Johannes Vermeer era il secondogenito e unico figlio maschio di Reynier
Jansz. (C. 1591-1652) e di sua moglie Dignum Balthazars (Digna
Baltens) c. 1595-1670. I genitori di Reynier erano il sarto Jan
Reyersz. (d. 1597), che visse sulla Beestenmarkt in una casa chiamata
Nassau, un isolato a sud della Nieuwe Kerk, e Cornelia (Neeltge)
Goris (c. 1567-1627). Quest'ultima abitò sulla Voldersgracht, il Canale
dei lavandai, nella casa chiamata "In de Bruynvisch" (Nella focena). Lavorava
come "uijtdraegster", cioè commerciante di beni di seconda mano e liquidava
i beni delle persone defunte. Il fatto che i dipinti facessero spesso parte
di questi beni, potrebbero aver propiziato il futuro interesse del figlio Reynier
per i quadri di seconda mano. Jan e Neeltge vivevano nel Beestenmarkt, il mercato del bestiame. Dal 1595-1972, il Beestenmarkt era il rumoroso
luogo del mercato del bestiame che si teneva ogni settimana a Delft. Come la
maggior parte delle persone che vi abitavano, entrambi erano analfabeti.
Nonni paterni: Jan Reyersz (sarto) e Cornelia (Neeltge) Goris
(commerciante beni seconda mano)
Cornelia sposò in seconde nozze, dopo la morte del primo marito, Claes Corstiaensz van der
Minne, oste e musicista
Nonni materni: Balthasar Gerrits (esperto di metalli e conio delle
monete)
Genitori: Reynier
Jansz padre (oste poi mercante d'arte) e Dignum Balthazars (Digna Baltens)
madre
Sorella (primogenita): Gertruy nata nel 1620
Secondogenito e unico figlio maschio:
Johannes Vermeer
Dopo la morte di Jan nel 1597, Neeltge sposò Claes Corstiaensz van der
Minne (c. 1548-1618) nello stesso anno. Claes era un oste e un musicista
professionista, possedeva un liuto, un trombone, una ciaramella, due
violini e una "cornetta". Anche Claes era stato precedentemente sposato
e aveva un figlio adolescente. Suo padre era un barbiere e un cantante /
musicista arrivato a Delft qualche tempo prima, nel 1553.
Balthasar Gerrits (c.1573 - c.1630), il padre della madre di Vermeer, era di
Anversa ed era un esperto nella lavorazione dei metalli e del conio delle
monete. Quando le truppe spagnole occuparono la sua città natale, si
trasferì a Amsterdam. Nel 1620, il figlio Balthens venne arrestato per una
truffa a L'Aia, in cui lui e suo padre avevano forgiato delle monete false.
Entrambi furono imprigionati. I membri della famiglia del Balthasar testimoniarono a difesa di padre e
figlio, ma Balthasar venne ugualmente dichiarato colpevole e imprigionato ad Anversa
durante le udienze. Anche suo figlio Balthens venne arrestato e messo
in prigione. Due dei loro complici furono condannati e decapitati. Solo
dopo che Balthasar diede alle autorità una piena confessione e i nomi dei
restanti membri della banda dei falsari venne liberato. In un documento del
1627 Balthasar viene descritto come "un maestro abile di
orologeria e di altre invenzioni meravigliose.". Nel 1631, andò a vivere
a Delft dove fu attivo come fabbro.
I genitori di Vermeer
Reynier Jansz, nacque nella casa paterna.
Nel 1611, quando aveva circa venti anni, andò a Amsterdam per diventare un
tessitore di seta, un tipo di seta, la Caffa finemente
intrecciata e decorata, a volte con motivi pittorici, che veniva ampiamente usata per
i vestiti, le tende e per la copertura dei mobili. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che
la predilezione di Vermeer per questo materiale potrebbe essere correlata a un
ricordo d'infanzia, anche se il lusso delle vesti di raso è stato uno dei
principali connotati delle ricche elite mercantili europee. Al
termine del suo apprendistato, nel 1615, sposò, sempre ad Amsterdam, Digna
Baltens, nativa di
Anversa. La cerimonia fu officiata dal famoso predicatore
calvinista, Jacobus Triglandius il 19 luglio Quando Digna firmò il
registro di matrimonio, appose una "x". In seguito imparò a firmare
con il suo nome.
Poco dopo il matrimonio la coppia si stabilì a Delft. La sorella di Vermeer,
Gertruy, nacque nel marzo del 1620, 12 anni prima di Johannes.
Nel 1623, i beni di Reyniers e di Digna furono valutati 693
fiorini. I loro dipinti, che comprendevano quattro ritratti, un
paio di immagini del Vecchio Testamento, una scena di un bordello e poco
altro valevano in tutto 53 fiorini. Lo zio di Vermeer,
Anthony, aveva già adottato il cognome "Vermeer" dal 1625, mentre
il padre
dell'artista è menzionato come Reynier Jansz Vermeer dal 1640. Il
background familiare di Vermeer sarebbe descritto oggi come inferiore a
quello della classe
media.
Tra il 1629 e il 1631, Reynier fu descritto in vari documenti come un
oste. Forse incoraggiato dalla sua amicizia con il notaio e collezionista
Willem de Langue (1599-1656), Reynier viene registrato presso la
Gilda di San Luca a Delft come mercante d'arte il 13 ottobre 1631. I dipinti
che Reynier trattò per lavoro potrebbero aver scuscitato nel figlio l'interesse per la
pittura. In ogni caso, il padre di Jan probabilmente conosceva la maggior parte
degli artisti di Delft e vendette alcune delle loro opere nella sua locanda.
Alcuni documenti dell'epoca collegano infatti il suo nome con i pittori locali
Pieter Groenewegen (1590/1600-1658), Balthasar van der Ast (1593-1594 - 7 Marzo 1657) e
Leonard Bramer (24 dicembre, 1596 - 10 febbraio 1674).
Nascita e primi anni a Delft
Vermeer fu battezzato il 31 ottobre 1632 nella Chiesa riformata (Nieuwe Kerk)
ed fu allevato come un protestante. Il suo nome di battesimo "Johannes" (o Joannis o Johannis)
fu favorito rispetto al più prosaico "Jan" più cattolico e
utilizzato da protestanti di classe superiore. Vermeer non usò mai il nome Jan, anche
se un paio di libri del XX secolo utilizzano questo nome nei loro titoli. Al tempo
della sua nascita il padre Reynier si stabilì in una locanda chiamata De Vliegende Vos (La
volpe volante) in Voldersgracht, una strada che confinava con uno dei tanti canali di Delft,
un minuto a piedi dalla massiccia Nieuwe Kerk sul Markt (la Piazza del Mercato). Il nome
della locanda potrebbe provenire dal cognome "Vos"
che Reynier aveva adottato a metà 1620, anche se sono solo ipotesi. Nel XVII secolo, la piazza del mercato era un importante centro
commerciale, dove venivano scambiate sete preziose e velluti, nonché
biancheria e lane.
L'area intorno alla Voldersgracht era molto più "rispettabile" rispetto a
quella di Beestenmarkt. Vicino alla "Volpe Volante" vissero il Cornelis van Schagen, un
rispettato mercante di stoffe, e il
pittore Cornelis Daemen Rietwijck (c. 1590-1660), che aveva una scuola
di disegno e insegnava anche matematica e altre materie. La locanda
corrisponderebbe all'attuale numero civico 23 di Voldersgracht. Secondo lo studioso Kees Kaldenbach
si trovava all'attuale numero 26. Dal 1620-1640 erano state fatte delle
modifiche proprio nella fila
di case dal 23-27.
Vermeer trascorse la sua infanzia in una grande casa situata sulla piazza
del mercato nel cuore di Delft, che all'epoca contava circa 25.000 abitanti.
La Piazza
del Mercato, delimitata dal Palazzo del Municipio (Stadhuis) in stile
rinascimentale e da una parte
e dall'altra, la massiccia Nieuwe Kerk. Proprio la torre della Nieuwe Kerk è
rappresentata nel dipinto di Vermeer Veduta di Delft. Reynier acquistò l'edificio
con 200 fiorini in contanti e due mutui, uno per 2.100 fiorini e un altro
per 400 fiorini. Tale considerevole somma data in prestito, indica che Reynier era
considerato in grado di onorare i suoi debiti e di ottenere ingenti
prestiti. Reynier e la sua famiglia
si trasferirono nella loro nuova abitazione nella primavera del 1641. Il
piano terra della nuova casa era occupato da una locanda, chiamata Mechelen,
come l'omonima città. Il lato
posteriore dell'edificio dava sulle acque del Voldersgracht. La facciata della Gilda di San Luca
si poteva vedere da una finestra sul retro proprio di fronte al canale.
Lungo il lato destro della locanda Mechelen correva un vicolo stretto, che
conduceva fino alla Piazza del Mercato, da un piccolo ponte e fino alla porta d'ingresso della Gilda.
Reynier morì nel mese di ottobre 1652. Quattordici mesi dopo, Johannes sarebbe
diventato un membro della Gilda di San Luca di Delft. Il giovane pittore,
probabilmente aiutò la madre e la sorella maggiore a mandare avanti la locanda,
che, tuttavia, non andava molto bene. Sua madre Digna
stava ancora pagando i mutui quando tentò invano di vendere all'asta
l'attività nel 1669.
Il 12 ottobre, 1654, circa 30 tonnellate di polvere da sparo, conservate
nelle botti in un ex convento delle Clarisse nel quartiere
Doelenkwartier, esplosero. L'esplosione uccise più di un centinaio di persone,
lasciandone mutilate migliaia. Carel
Fabritius (1622-1654), che era l'allievo più dotato di Rembrandt morì mentre era al
suo cavalletto a dipingere un ritratto. Anni dopo, Egbert van der Poel
(1621-1664) dipinse diverse immagini di Delft che mostrano la devastazione.
Tranne, forse, che per piccoli particolari in ferro cementati nella facciata in
mattoni rossi del palazzo medievale ritratto da Vermeer nella Piccola Via , non
c'è traccia di questo evento traumatico nei dipinti dell'artista.
Nulla si sa dell'infanzia di Vermeer, ma deve essere servita per il suo
apprendistato a partire dal 1640 quando era ancora un
adolescente. Anche se le prime epidemie di peste, non furono così catastrofiche nei
Paesi Bassi come lo furono in molte altre parti d'Europa, Delft fu colpita varie
volte, appena prima della nascita e durante la vita dell'artista. Nelle
epidemie del 1624 e
1625, circa un quinto della popolazione di Delft perse la vita. Nel 1635 e
1636, l'epidemia provocò la morte di 2.000 abitanti. A metà
1650 e a metà 1660, quando Vermeer era ormai attivo come artista, altre centinaia
di persone morirono per un altra ondata di peste.
La Gilda di San Luca e
l'apprendistato
Nulla si sa molto circa la decisione di Vermeer di diventare artista. Allo
stesso modo, non si sa quello che pensava sull'arte. Un tempo si pensava che Vermeer
avesse
viaggiato in Italia, come un certo numero di altri pittori olandesi
avevano fatto prima di lui, in cerca di ispirazione, immergendosi nelle opere dei maestri italiani. Tuttavia, si
scoprì in seguito che non si trattava di Vermeer, ma di un suo omonimo Johannes van der Meer di
Utrecht che
era stato in Italia verso il 1650.
Come tutti i pittori olandesi, a Vermeer fu richiesto di sottoporsi a un
periodo fisso di formazione con un pittore anziano che faceva da tutore e che apparteneva alla Gilda
di San Luca, la potente organizzazione commerciale che regolava il
commercio di pittori e artigiani. Durante il suo mandato, l'apprendista, di
solito adolescente, era accuratamente istruito nell'arte e nell'artigianato
della pittura e, dopo l'eventuale ammissione alla gilda, gli era permesso di firmare e
vendere i suoi dipinti, così come quelli di altri pittori. L'adesione alla
gilda permetteva anche di assumere propri apprendisti.
Nel mese di dicembre del 1653, Vermeer fu quindi ammesso alla Gilda di San
Luca,
presumibilmente dopo aver presentato il suo miglior lavoro per dimostrare
le proprie capacità. Era previsto anche il pagamento di una quota
associativa alla gilda di sei fiorini. Normalmente, i nuovi associati che
avevano avuto il proprio padre tra i membri,
come nel caso di Vermeer erano tenuti a pagare solo tre fiorini, a
condizione di essere stati seguiti per almeno due anni da un maestro riconosciuto della Gilda
locale. Vermeer pagò sei fiorini e questo
si può forse spiegare con il fatto che il suo "tirocinio" avvenne al di fuori di Delft.
La gilda si trovava sul Voldersgracht al numero 21, a poche porte di distanza dalla locanda dei Vermeer "La Volpe Volante". L'obiettivo principale della gilda
era quello di far rispettare gli standard qualitativi e di impedire l'afflusso di
opere di bassa qualità provenienti da altre città, che potevano inflazionare
il mercato e ridurre i guadagni degli
artisti locali. La sede della gilda fu ristrutturata e riaperta nel 1667.
Continuò a funzionare per oltre un centinaio di anni fino al periodo napoleonico quando,
con le nuove leggi introdotte, tutte le gilde furono costrette a chiudere. L'edificio
fu infine demolito nel 1880.
In ogni caso, la contabilità della Gilda di San Luca rivela che Vermeer ne
entrò a fare parte il 29 dicembre 1653 Vermeer, pagando solo 1 fiorino come
anticipo. Il
saldo venne pagato tre anni più tardi, il 24 luglio, 1665.
Gli storici dell'arte in generale ritengono che l'artista prese tempo per
saldare il suo debito con la corporazione a causa delle sue condizioni
economiche modeste.
Chi fu il Maestro di Vermeer?
Molti nomi sono stati fatti circa il possibile maestro di Vermeer per il
"tirocinio" per l'entrata nella Gilda di San Luca, tra questi nomi, Pieter van Groenewegen (1590 / 1600-1658),
Willem van Aelst (1627 c
1683.), Abraham Bloemaert (1566-1651), Carel Fabritius (1622-1654),
Leonard Bramer e Jacob van Loo (1614-1670).
Poiché non ci sono registrazioni di apprendistato di Vermeer a Delft,
l'ipotesi è che il giovane artista potrebbe essere stato addestrato
nella sua arte a
Utrecht o Amsterdam, così come era stato per suo padre.
Sulla base delle affinità stilistiche, Carel Fabritius, uno degli allievi più
dotati e famosi di
Rembrandt,
era ritenuto uno maggiori indiziati per essere stato il maestro di Vermeer.
Tuttavia, Fabritius sembra aver
aderito alla Gilda di San Luca solo un anno prima di Vermeer, questo fatto
discredita l'ipotesi basata sulle affinità stilistiche. Come detto poi Fabritius
perse la vita in circostanze tragiche che colpirono tutta la città.
Leonard Bramer, il pittore più stimato di Delft, fu tradizionalmente
considerato il maestro di Vermeer. Era un amico di
famiglia e aveva fatto anche da testimone di nozze al giovane pittore, in
occasione del suo matrimonio con la cattolica Catharina Bolnes.
Tuttavia, il fatto che non vi sia alcuna traccia del rapporto maestro/allievo nei registri di gilda e che
lo stile italiano di Bramer avesse poco a che fare con il lavoro di Vermeer, costituisce una valida prova del contrario.
Per quanto riguarda l'altro indiziato, Van Loo, mentre uno dei primi lavori conosciuti di Vermeer, Diana e le sue compagne,
può di sicuro essere correlato a due opere dello stesso tema da parte di
Jacob Van Loo, non vi è alcuna prova che Vermeer sia stato in quegli anni
ad Amsterdam, dove Van Loo viveva.
In ogni caso, va ricordato che non tutti i pittori in quei tempi mostravano
le influenze dei loro maestri.
Si può di sicuro affermare che, chi istruì Vermeer, ebbe molto meno
impatto sul corso professionale dell'artista del suo matrimonio con
una ragazza che viveva dall'altra parte della piazza del mercato di Delft, e che, molto probabilmente,
posò per vari
capolavori dell'artista. Il suo nome era
Catharina Bolnes.
Le materie prime
dei quadri di Vermeer
I pittori del passato acquistavano le materie prime da una miriade di fonti, tra
cui ciarlatani, marinai e speziali. Gli artisti tradizionalmente
macinavano le proprie pitture e allungavano le proprie tele. Tuttavia, al tempo di Vermeer
i pigmenti pronti e le tele innescate potevano
già essere acquistati presso i rivenditori specializzati d'arte. Uno di
questi rivenditori di Delft era Leendert Volmarijn. Non è noto se Vermeer acquistasse
i suoi materiali, ma è probabile. Una ricevuta indica che nel 1664 l'artista
pagò più di 6 fiorini per la materia prima da un certo Dale de
Cocq. De Cocq vendette a Vermeer del piombo-stagno di colore giallo, il
pigmento usato dall'artista per descrivere i caratteristici abiti gialli
indossati dalle protagoniste femminili delle sue scene di interni. Tuttavia,
la natura esigente della sua tecnica ci rivela che il pittore usava solo i più alti gradi
di pigmento naturale di oltremare, il
pigmento più costoso, importato dall'Afghanistan,
via Venezia.
Il matrimonio di Vermeer
Esiste un documento del 1655 relativo al matrimonio del pittore, con le firme
di Johannes Vermeer e
Catharina Bolnes. Johannes aveva poco più di vent'anni, la moglie un
anno di più. Il matrimonio venne celebrato nella chiesa di Schipluy,
l'odierna Schipluyden, a circa un'ora di cammino da Delft, secondo il
rito cattolico. Doveva essere vero amore, perché Vermeer, benché cresciuto come protestante, qualche giorno prima di
sposarsi probabilmente si convertì al cattolicesimo. ?stato fatto
un esame rapido della
calligrafia della coppia che rivela una differenza evidente di personalità.
Mentre la firma di Vermeer è relativamente poco espansiva e controllata, i
vortici sensuali della "B" in "Bolnes" e della "h" in
"Catharina", denotano una mano disinibita che appartiene, forse, ad una
giovane ragazza che non aveva paura di mostrare le sue emozioni. Il loro matrimonio durò 23 anni
e da esso nacquero quindici figli; fu un matrimonio felice,
almeno fino al tracollo finanziario che colpì la famiglia Vermeer negli
ultimi anni della vita dell'artista.
Catharina proveniva da una famiglia benestante di Gouda. La madre, Maria
Thins (c 1593 -. 1680), proveniva da una nota famiglia cattolica. Il padre di Catharina,
sempre di Gouda, Reynier
Bolnes (1591-1674) era un benestante produttore di mattoni. Catharina
nata nel 1631, quando la madre aveva 38 anni, aveva altri tre fratelli sopravvissuti
all'infanzia, un ragazzo, Willem e due ragazze, Maria e
Cornelia.
Trai i 15 figli di Catharina e Vermeer quelli che sopravissero furono: Maria, Elisabeth,
Cornelia, Aleydis Beatrix, Elizabeth Catherina, Johannes,
Gertruyd,
Franciscus, Caterina, Ignazio. Un altro bambino senza nome nacque tra
il luglio e
il settembre 1674. Altri tre bambini morirono nel 1667, 1669, 1673.
Un altro bambino nato 1672 morì nel 1713 o poco dopo. Solo 11 undici figli
della coppia furono registrati come
nati vivi.
Maria, la madre di Catherina, doveva aver attentamente considerato il matrimonio di sua figlia con Vermeer, dal momento che
la sua unione con il marito, fu molto infelice, con violenze
verbali e fisiche che portarono fino alla separazione legale. Gli sposi si
trasferirono nella casa di Maria Thins, dove comunque risiedevano
sicuramente nel 1660. Maria dopo la sua separazione, era entrata in possesso
di metà dei suoi beni e con la figlia si era trasferita a Delft in una casa
nelle vicinanze del lato sud della piazza del mercato, in un angolo
chiamato "papenhoek", l'Angolo dei papisti, una enclave di
cattolici in una città protestante. Vermeer, dopo il matrimonio con una
cattolica, si ritrovò ad essere un
cittadino di seconda classe, in una città dominata politicamente ed
economicamente dai protestanti. Esiste un
notevole disaccordo tra gli studiosi sullo zelo di Vermeer per il
cattolicesimo a cui si era convertito. Arthur K. Wheelock Jr. nel suo
saggio sull'artista del 1995 ha
sostenuto che lo sviluppo artistico di Vermeer sarebbe stato profondamente
influenzato dalla sua conversione citando come prova tre tre dipinti di Vermeer,
Saint Praxedis (non tutti sono d'accordo sulla sua autenticità), Cristo la casa di Marta e Maria, e
l'Allegoria della Fede .
Dopo il matrimonio, Vermeer sembra essersi allontanato dalla propria
famiglia d'origine. La prova di questo sarebbe il fatto che non ha chiamato
nessuno dei suoi figli col nome dei suoi genitori, una pratica
comune sia tra i protestanti che tra i cattoliche. La coppia
chiamò la loro prima figlia Maria, in onore della madre di Catharina, e il
loro primo figlio Ignazio, in onore del patrono dei Gesuiti. Fatta eccezione per i
suoi legami con i pittori della gilda di Delft, l'evidenza suggerisce che le
relazioni sociali di Vermeer non si estendessero lontano dal quartiere
cattolico.
Nei loro ventitre anni di matrimonio nonostante il sostegno economico della
madre di Catharina, le occasionali eredità ricevute da parenti più o meno
vicini, la vendita dei propri quadri e di quelli di altri pittori, la
famiglia di Vermeer visse tutta la propria esistenza nell'incertezza
economica e il pittore dovette spesso ricorrere a prestiti.
Le opere di Vermeer
All'inizio della sua carriera, Vermeer,
come è normale che sia stato, studiò gli stili dei vari
artisti seicenteschi. Le prime due opere superstiti (Diana e le Ninfe,
Museo Mauritshuis,
L'Aia,
1654 e Santa Prassede, collezione privata, copia di un quadro di Felice Ficherelli pittore seicentesco di
San Gimignano) che ci sono pervenute rivelano un giovane
pittore ambizioso alle prese con i problemi dei teorici, soprattutto con la forma più nobile della pittura: la pittura storica. La pittura
storica era destinata a offrire racconti edificanti, per favorire la contemplazione del significato della vita. Le
scene più adatte ad essere rappresentate erano tratte dalla
letteratura classica, dalle mitologia e dalla Bibbia. I due dipinti appena
menzionati, tradiscono secondo gli storici dell'arte, gravi problemi di composizione,
prospettiva, anatomia e manipolazione della luce. Alcuni studiosi
ritengono che la prima delle due opere Vermeer, Diana e le Ninfe,,
fosse un tentativo di guadagnare l'accesso a possibili commesse del danaroso tribunale dell'Aja,
dove il tema classico di Diana era molto in voga. Anche se interessante dal punto
di vista storico-artistico, questo dipinto non si poteva definire certo un capolavoro. Le teste delle figure in primo
piano sono posizionate in modo tale che le loro facce risultano in un'ombra
profonda, che rende impossibile indovinare le loro emozioni o i loro caratteri.
La distribuzione disordinata di luci e ombre è evidente. Il bacino di
ottone sembra scivolare fuori dalla parte inferiore del dipinto e la grande
roccia in primo piano, a giudizio di uno storico dell'arte, si presenta come
"un sacco di patate." La parte posteriore della mano sinistra della
figura di sfondo è eseguita in modo approssimativo, potrebbe essere di una
donna ma anche di un uomo.
Tuttavia,
Vermeer nel quadro successivo Cristo in casa di Marta e Maria (1656,
National Gallery of Scotland a
Edimburgo)
mostra subito rapidi progressi e una grande abilità compositiva. Lo scorcio della testa della figura seduta
alla sinistra e la mano stretta
dimostrano un autocontrollo e una una fiducia tecnica non visibile nei precedenti
quadri. Un eccezionale equilibrio dei toni, sull'esempio delle opere del pittore di
Utrecht
Hendrick ter Brugghen, le cui immagini religiose forse ispirarono
questo lavoro di Vermeer. I colori sono lussureggianti, l'atmosfera risuona
con luci e ombre e la pennellata è rassicurante, anche se un po' compiacente
nella definizione della veste di Cristo. La figura del Cristo e della
Maria inginocchiata può essere ricondotta ad un dipinto dello stesso
soggetto di Erasmus Quellinus II mentre le pose e le posizioni di tutte e tre
le figure si possono ritrovare in incisioni di Georg van de Velde e
Otto van Veen. Il "prestito di idee" di questo tipo, chiamato aemulatio - non
era visto male ma, al contrario, era considerato una parte fondamentale del
processo di apprendimento. Ciò che era importante era di fare propria
un idea altrui.
Alcune delle prime produzioni rivelano gli
influssi dei caravaggeschi di Utrecht e di Rembrandt, ne è un esempio il
dipinto La mezzana, (1656,
Dresda,
Gemäldegalerie Alte Meister). La scena ritrae un bordeeltje, un
bordello. Ci si domanda perché Vermeer trasformò così
all'improvviso il tema delle sue opere. Qualcuno suggerisce che potrebbe
avere preso ispirazione dalla collezione d'arte personale della suocera che
conteneva opere di Dirck van Baburen e di altri pittori della Scuola
di Utrecht. Vermeer avrebbe incorporato il lavoro di Baburen sullo
sfondo di due delle sue composizioni. D'altra parte, il giovane Vermeer
potrebbe avere semplicemente voluto provare la sua mano con qualcosa di più
stimolante, rispetto a santi meditabondi e dee meditative. Anche se il tema
scelto dall'artista, il Bordello, era davvero non convenzionale. Invece di
ostentare seni nudi, un abito di seta filante e un cappello piumato,
fondamentali luoghi comuni della tematica, la giovane prostituta di Vermeer
indossa pizzo di buon gusto e un semplice indumento di colore giallo chiuso
fino al collo.
Per chi ha familiarità solo con gli interni casti di Vermeer, l'oggetto del
La mezzana può sorprendere. Va tenuto presente, tuttavia, che Vermeer è
nato e cresciuto in una locanda. Le locande olandesi erano sinonimo di varie
attività collaterali che vanno dalla conversazione rilassata, alle
transazioni finanziarie, relative all'arte e allo spaccio di sesso
mascherato. Se la locanda del padre di Vermeer non era un posto
raccomandabile, come qualche prova sembra indicare, l'artista da ragazzo
aveva probabilmente avuto modo di vedere scene di questo tipo.
Dopo queste prime prove, Vermeer giunge presto
a definire i caratteri originali del proprio stile, evidenti in alcuni
celebri dipinti come Giovane donna che legge una lettera (1657 circa,
Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister), Giovane donna che interrompe la
lezione di musica (o Concerto interrotto) (1658-1659, New York, Frick
Collection), La lattaia
(Amsterdam, Rijksmuseum), La merlettaia (1669-1670, Parigi,
Musée du
Louvre). Denominato "il pittore della vita silenziosa delle cose", Vermeer
adotta un linguaggio chiaro ed essenziale, traducendo in minuziose e nitide
descrizioni la realtà delle figure umane e degli oggetti nella loro
quotidianità.
Dopo questo primo
periodo, come vediamo, l'evoluzione pittorica di Vermeer prese una
svolta rapida e decisiva. Il pittore di Delft adattò alle sue esigenze
espressive scene di vita quotidiana che pittori suoi contemporanei come
Terborch, Nicolas Maes e Pieter de Hooch avevano già
sviluppato con successo. Diversamente da questi pittori però, in Vermeer, emerge il
senso d'universale che viene dalla vita di tutti i giorni. Nel 1662 Vermeer
fu nominato decano della gilda di Delft. In questo periodo vive anche la sua
piena maturità artistica, dipingendo spesso scene con una sola figura, come
la Donna in azzurro che legge una lettera (1663,
Rijksmuseum,
Amsterdam), la
Pesatrice di perle
(1663,
National Gallery
di
Londra), la Donna con brocca d'acqua (1664, Metropolitan Museum
of Art, New York) quadri per i quali, con tutta probabilità, posò la moglie Catharina.
Vermeer è
essenzialmente un pittore di interni: i suoi quadri ritraggono figure femminili
in ambienti domestici, donne intente
a lavorare o assorte nella lettura, incarnano i simboli della virtù. Qui a
fianco il quadro più famoso dell'artista, la Ragazza col Turbante
(1665, Museo Mauritshuis dell'Aia). In
queste stanze rappresentate dall'artista, si diffonde la luce con un gioco di riflessi, bagliori e
penombre che evocano un'atmosfera ovattata e un senso di "silenziosa
attesa", di sospensione del tempo. La stessa atmosfera domina le rare vedute
di esterni: Piccola strada di Delft (1659-1661, Amsterdam, Rijksmuseum) e
Veduta di Delft (1661-1663 circa, L'Aia, Mauritshuis). Le opere della tarda
maturità di Vermeer sono caratterizzate da schemi compositivi più complessi
e da effetti di luce e cromatici più contrastanti; esse coniugano
elementi di carattere simbolico e allegorico come nel Pittore nello studio
(Allegoria della Pittura) (1665-1670, Vienna, Kunsthistorisches Museum),
Il
geografo (1669 circa, Francoforte, Stàdelsches Kunstinstitut) e
L'astronomo (1668, Parigi, Louvre).
L'opera di Vermeer, ignorata
per lungo tempo, è stata rivalutata dagli artisti del realismo francese
della metà dell'Ottocento e da critici e scrittori quali Théophile Gautier,
i fratelli Goncourt e Marcel Proust.
Ultimi anni di
vita di Vermeer
Nel
1663 Willem Bolnes, il fratello di Catharina, tentò d'aggredire la
sorella incinta e la colpì con un bastone a punta d'acciaio. Pochi mesi dopo
la suocera Maria Thins ottenne dai magistrati il permesso d'internare suo
figlio in una casa di correzione privata e di amministrare il suo
patrimonio. Nello stesso anno, l'11 agosto, il viaggiatore francese
Balthasar de Monconys, diplomatico e esploratore francese, conoscitore e
amante di pittura e di alchimia, amico di Nicholas Poussin, venne per
conoscere l'artista e comprare i suoi quadri, ma quando arrivò di quadri non
ce n'erano pronti. Scrisse
nel suo diario (Journal des voyages de Monsieur de Monconys): "A
Delft ho visto il pittore Vermeer, che non aveva opere. Ne abbiamo vista una
presso un fornaio che era stata pagata 600 lire, benché non avesse che una
sola figura e che io avrei pagato 6 pistole": "6 pistole" equivalevano a un
decimo di "600 lire". Il fornaio in questione si chiamava Hendrick
van Buyten e il dipinto era la Suonatrice di chitarra del
1672, oggi alla Kenwood House di Londra.
Negli anni della maturità pittorica Vermeer aveva ottenuto la committenza di
un importante cittadino Delft, Pieter van Ruijven. Quest'ultimo e la
moglie Maria de Knuijt, una ricca ereditiera, furono probabilmente i
principali clienti di Vermeer, comprando i suoi quadri forse al ritmo di uno
all'anno e circa metà della produzione totale del pittore. È improbabile,
dati i lunghi tempi di lavorazione dei suoi quadri, che Vermeer avesse nel suo
studio suoi dipinti invenduti, e pertanto la visita, così come descritta nel
diario di Pieter van Berkhout Teding nel 1669, da parte di un gruppo
di appassionati d'arte fra i quali Constantijn Huygens, dovette
probabilmente riguardare proprio la collezione di dipinti di Vermeer di
proprietà di Van Ruijven.
Nel 1671 Vermeer fu eletto nuovamente decano della Gilda di San Luca. In
questo periodo fu chiamato a L'Aia per giudicare l'autenticità di vari
dipinti che erano stati venduti come opere di importanti maestri italiani.
Vermeer, insieme ad altri esperti, li giudicò non solo falsi, ma
praticamente senza valore.
Nel
1672 la guerra dichiarata da Luigi XIV di Francia all'Olanda gettò il paese
in una crisi economica molto profonda e il mercato dell’arte crollò.
Johannes, senza più nessuna certezza, doveva dipingere oberato dalla
responsabilità della numerosa famiglia di cui prima abbiamo parlato. Uno
degli quadri dipinti in quel periodo fu L'allegoria della fede,
(1671, Metropolitan Museum of Art, New York) insolito per lui,
sia per le notevoli dimensioni che per il tema. Non si hanno notizie
dell'ipotetico committente cattolico per cui dovette essere dipinta l'opera. Una
certa predominanza del tema legato all'eucarestia ha fatto pensare a una
possibile destinazione gesuitica dell'opera. La composizione anche se rivela
un certo impaccio dovuto alla minore dimestichezza con temi allegorici di Vermeer, rispetto al consueto stile razionale dell'artista, possiede una
raffinatissima rappresentazione dei dettagli e una straordinaria resa
luminosa. Si tratta di una parziale adesione dell'artista allo stile
"classico" olandese, che confermerebbe una datazione ai primi anni settanta
del Seicento.
Il 15 dicembre 1675 Johannes Vermeer morì. In tutta la sua carriera
non dipinse più di 60 quadri. Il 30 aprile 1676 in una supplica, presentata
alla Suprema Corte di Giustizia, la moglie Catharina, così raccontava la fine
del marito: "Per tutta la durata della lunga e rovinosa guerra con la
Francia non riuscì a vendere, non solo la propria arte, ma neppure i quadri
di altri maestri in cui era solito commerciare e che gli rimasero a carico
per suo grave danno. In conseguenza di ciò, nonché del pesante onere
rappresentato dai figli, e trovandosi del tutto sprovvisto di mezzi propri,
era caduto in tale angoscia e prostrazione da passare in un sol giorno, o in
un giorno e mezzo, dalla piena salute alla morte".
Antonie
van Leeuwenhoek, scienziato che approfondì gli studi sul microscopio, e
che era vicino di casa dei Vermeer, fu nominato amministratore dei beni di
Catharina a vantaggio dei suoi creditori. Catharina diede al benestante
fornaio a cui abbiamo accennato prima, Hendrick van Buyten, due quadri, la già citata Suonatrice di chitarra, e Donna che scrive una
lettera alla presenza della domestica (1671 National Gallery of Ireland,
Dublino) a garanzia del debito di 617 fiorini contratto dal marito.
Un mese dopo cedette ventisei altri quadri che aveva in casa per estinguere
un debito con una venditrice di indumenti. Non si sa quali fossero tali quadri,
si pensa soprattutto dipinti di autori che il marito
commerciava. Tentò di salvare dai creditori L'allegoria della pittura,
che ancora le rimaneva, simulando una vendita a sua madre. Passò il resto
della sua vita nei debiti. Morì a 56 anni in povertà, lasciando cinque figli
ancora minorenni. Nel 1696 a un 'asta pubblica ad Amsterdam furono venduti i
Vermeer che appartenevano al collezionista Jacob Dissius: ne resta
l'elenco con una breve descrizione. Tre di quei quadri non sono mai arrivati
fino a noi. Dissius nel 1680, aveva sposato la figlia di Pieter Van
Ruijven, Magdalena e in seguito alla sua morte ne aveva poi ereditato la
collezione.
L'opera di Jan Vermeer fu riscoperta solo nel XIX secolo dallo
storico dell'arte tedesco Gustav Friedrich Waagen e dal
giornalista e critico d'arte francese Théophile Thoré, che
pubblicarono un saggio. Da allora, la reputazione del pittore di Delft
crebbe esponenzialmente fino a porlo nell'olimpo dei più grandi e conosciuti
pittori olandesi.
La spilla di Vermeer
La spilla di Vermeer. In epoca rinascimentale e nei secoli successivi,
numerosi pittori composero trattati che illustravano le regole da essi
considerate ideali nella rappresentazione dello spazio prospettico. In vari
casi, suggerirono il ricorso a certe sofisticate apparecchiature tecniche
(fra le altre, la camera oscura, il reticolo per disegnatori, eccetera); non
sempre, però, costoro resero noti gli artifici tecnici impiegati per
suscitare la perfetta illusione della realtà. Anzi, in varie occasioni,
cercarono di custodirli gelosamente, così come l'illusionista, per
l'appunto, non rivela mai i segreti del mestiere. Fino a poco tempo fa,
per esempio, ci si era chiesti come proprio Vermeer avesse potuto realizzare nei suoi quadri prospettive così
perfette. Si riteneva che si fosse servito di uno strumento ottico, una
specie di camera oscura. Nel 1994, alcuni suoi quadri furono sottoposti a
un accurato restauro e gli esami macrofotografici e radiografici
permisero agli esperti di scoprire che, nella maggior parte dei suoi
quadri, è presente un foro corrispondente al punto centrale delle linee di
fuga. In altre parole, Vermeer collocava in questo foro una spilla, alla
quale fissava un filo sottile ricoperto di polvere bianca. Il filo, teso
nelle direzioni desiderate, lasciava un segno bianco corrispondente ai
diversi assi della composizione prospettica. Questo espediente è oggi molto
diffuso fra gli studenti d'arte.
I Falsi Veermer
Fra il 1937 e il 1943, comparvero a Rotterdam e Amsterdam alcune tele a
carattere religioso, con la firma di Jan Vermeer, giudicate autentiche da
severissimi esperti e acquistate a suon di milioni da prestigiose
istituzioni e collezionisti. Alla fine della seconda guerra mondiale, il
chimico belga Paul Coremans, direttore dell'Istituto Reale per il
Patrimonio Artistico di Bruxelles, denunciò questi Vermeer come falsi. I
quadri, sottoposti ai raggi X e ai raggi infrarossi, davano gli stessi
risultati degli autentici Vermeer. Nel
1945, la scoperta in Austria di un ennesimo Vermeer inedito, acquistato dal
gerarca Hermann Goering, durante l'invasione nazista dei Paesi Bassi,
tradì finalmente l'autore di quei pur perfettissimi "doppioni". Si trattava
di un pittore olandese, Hans van Meegeren, che nel 1947, venne
processato, all'età di 57 anni, per aver leso il patrimonio nazionale
vendendo quadri di Vermeer ai nazisti.
Fin
da bambino, van Meegeren sviluppò una passione per i dipinti olandesi del
600, e poi si propose di diventare un artista egli stesso. I suoi lavori non
vennero tuttavia apprezzati dai critici d'arte del tempo. Il pittore, che
divenne uno dei più grandi falsari del XX secolo, decise di dimostrare il
suo talento ai critici riprendendo lo stile di alcuni degli artisti olandesi
più famosi, tra cui
Frans Hals,
Pieter de Hooch, Gerard ter Borch, e appunto Johannes
Vermeer. Replicò così bene gli stili ed i colori degli artisti che i
migliori critici d'arte ed esperti del tempo considerarono i suoi quadri
come autentici. Il suo falso di maggior successo fu la Cena in Emmaus,
creato nel 1937, mentre viveva nel sud della Francia. Questo dipinto è stato
salutato dal mondo dell'arte come un vero e proprio Vermeer da esperti
famosi quali Abraham Bredius, che lo acclamò come il "capolavoro
di Johannes Vermeer di Delft".
Il
processo a van Meegeren ebbe una risonanza
mondiale, finì sulle prime pagine di tutti i giornali. Alla sua apertura
l'artista proclamò:
"Sono un genio incompreso — gridò alla Corte — ?vero, ho
dipinto con lo stile degli antichi maestri dei quali ho scoperto la tecnica.
Ho venduto otto quadri con le firme di Vermeer e Romeyn de Hooghe —
altro importante pittore olandese del '600 —. Non l'ho fatto per denaro,
ma per amore dell'arte". Per evitare l'accusa di collaborazionismo, che comportava la pena di morte,
egli confessò di aver personalmente realizzato ben quattordici falsi Vermeer. Di fronte all'incredulità dei giudici e dei collezionisti
proprietari dei quadri, la cui quotazione era nel frattempo salita
sensibilmente, van Meegeren, durante la carcerazione, "sfornò" un nuovo
Vermeer, intitolandolo "Gesù al tempio" e provando così la sua
estrema abilità. Il metodo da lui
utilizzato consisteva nel procurarsi scadenti quadri olandesi del Seicento,
e asportarne legger-mente la superficie dipinta, con-servando però lo
spessore della preparazione di fondo della tela. Su questo supporto d'epoca,
il fal-sario dipingeva nuove composizioni, combinando particolari derivati
da opere autentiche di Vermeer, con pigmenti che in parte riuscivano a
imitare quelli del Maestro. La conservazione parziale della vecchia pittura
sot-tostante garantiva al nuovo e leggero strato di pittura steso sopra di
mantenere quelle screpolature antiche la cui presenza dà al quadro
l'impressione dell'autenticità. Il falsario fece molta attenzione a usare
soltanto colori noti al tempo di Vermeer, ma ebbe troppa fiducia
nell'onestà dei commercianti di pigmenti e non si accorse che l'azzurro
oltremarino, da lui acquistato come puro, conteneva invece dell'azzurro di
cobalto sconosciuto nel Seicento.
Il falsario
copiato
Van Meegeren, la cui situazione di salute era molto precaria a causa di una vita di
abusi di alcool e droghe, morì nel dicembre di quello stesso 1947, dopo
avere subito una condanna a un anno di reclusione, che poi diventarono sei
mesi. Con la notorietà avuta dal processo, i suoi quadri aumentarono molto
di quotazione. Spuntarono quindi dei falsi dei suoi dipinti. Il
falsario venne a sua volta copiato. Tuttavia fu molto critico sulla qualità
dei "falsi dei suoi falsi". Infine anche il figlio di Van Meegeren,
Jacques, seguì le orme del genitore e divenne un falsario
di ottimo livello nello stile del padre - anche se di qualità
inferiore - e fu in grado di mettere una firma perfetta su queste
imitazioni. Molti falsi - sia di Jacques e da altri - sono ancora sul
mercato.
La Lettera d'Amore
rubata

Un quadro di Vermeer, La lettera d'amore, fu al centro di un caso
di furto molto singolare nel 1971. Mario Pierre Roymans,
fiammingo dell'Università di
Lovanio di 21 anni, che si faceva chiamare
con lo pseudonimo di "Tijl van Limburg",
un eroe leggendario del folclore locale che aiutava i poveri, in stile Robin
Hood, il "ladro benefattore", rubò il quadro dal
Rijksmuseum
di
Amsterdam,
dove si trovava per una mostra temporanea (il quadro era del Museo di Belle Arti di Bruxelles).
Il suo intento era quello di venderlo per 200
milioni di franchi belgi e dare il ricavato alle popolazioni bengalesi, colpite
quell'anno
dalla guerra tra l'allora Pakistan occidentale e orientale, con quest'ultimo
che sarebbe diventato il Bangladesh. Il ladro aveva nascosto il
quadro sotto il
materasso della stanza dell'albergo-ristorante, Hotel Soete Wey, dove lavorava come cameriere
(l'hotel esiste ancora). Un
novello Vincenzo Peruggia (quello del
Furto della Gioconda).
Il quadro venne rubato il 24 settembre e recuperato il 6 ottobre dopo la una
segnalazione di un benzinaio che aveva sentito Roymans parlare al
telefono. Il quadro ritornò nella sua sede del Museo
delle Belle Arti di Bruxelles e il giovane autore del furto venne arrestato.
Le richieste
di Roymans per le popolazioni del Bengala furono ben accolte da
parte del pubblico olandese e belga. Furono diffuse diverse petizioni
spontanee tra la gente che esortavano le autorità a revocare il mandato per
l'arresto di Roymans e vennero prese iniziative a favore dei rifugiati dal
Pakistan orientale. Una ondata di simpatia diffusa in tutto il paese, e
slogan a favore della causa di Royman comparvero su ponti e muri del Paesi
Bassi.
L'opera, La lettera d'amore, venne consegnata al Rijksmuseum l'8 ottobre e fu
mostrata alla stampa l'11 ottobre. Il dipinto era stato
gravemente danneggiato e per questo venne formata una squadra di esperti internazionali
per il suo restauro. La commissione decise di ripristinare le parti perse e
danneggiate il più fedelmente possibile, al fine di mantenere la qualità
illusionista del dipinto, anche se alcuni artisti olandesi protendevano
affinché la tela fosse lasciata danneggiata. Il furto durò due settimane, il
restauro quasi un anno intero. Il dipinto venne rimesso in mostra dal 28
dicembre fino al 7 gennaio 1973 al Rijksmuseum nella camera n ° 230 (la
Galleria d'Onore).
Roymans subì il processo per il furto compiuto il 20 dicembre del 1971 e fu
condannato il 12 gennaio seguente dal tribunale di Bruxelles a una multa e a
due anni di carcere. Scontò solo sei mesi. Dopo il suo rilascio, si sposò ed
ebbe un figlio. Soffrì per il resto della sua vita di depressione grave, ed
anche il suo matrimonio fallì. Iniziò a vivere in una macchina e il giorno
di Santo Stefano del 1978, venne trovato gravemente malato nella sua auto
lungo una strada nei pressi di
Liegi.
Morì dieci giorni dopo, il 5 gennaio 1979, aveva 29 anni.
M. Serra per Informagiovani Italia
Bibliografia
Ludwig Goldscheider - Johannes Vermeer: Gemälde - 1958
Anthony Bailey - Vermeer - 2002
Philip Steadman - Vermeer’s camera. Uncovering the truth behind
the masterpieces - 2001
Epco Runia - Vermeer: In the Mauritshuis - 2005
Brad Finger - Johannes Vermeer - 2008
Pierre Cabanne - Vermeer - 2005
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