Foggia tradizioni e folclore -
usanze e riti a Foggia
Una delle tradizioni
popolari più importanti e di grande presa emotiva per i foggiani è quella delle
processioni per la Madonna dei sette veli, patrona della città, che
viene portata in processione due volte l’anno, il 22 marzo e il 15 agosto. Foggia è sempre stata una città
dedita all’agricoltura e alla pastorizia, dunque, con una popolazione umile
e semplice che sovente accostava la religione con pratiche superstiziose.
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Tradizioni e folclore
insaporiscono ancora oggi parte della cultura popolare. Anticamente nella
comunità vi erano delle figure "
istituzionali" di forte rilevanza sociale.
Queste appartenevano alla sfera magica della vita e si dividevano in
vari gruppi a seconda del ruolo che avevano. Vi erano i masciari che
avevano il potere di fare o sciogliere fatture, potevano addirittura
decidere della vita e della morte di una persona, e quindi avevano una
funzione positiva o negativa a seconda dei casi. Essi erano temuti perché
facevano patti con il diavolo, del quale molto spesso portavano effigi
sottoforma di pendagli. Allo stesso tempo venivano rispettati e consultati,
poiché unici in grado di risolvere problemi specifici.
Poi, vi erano i guaritori,
che attraverso riti o movimenti curavano diversi mali, alcuni dei quali
legati al malocchio, ovvero alla capacità delle persone di far del male solo
attraverso un’acceratura, uno sguardo "
cattivo", l’invidia o le
malelingue. Questi erano dediti perfino all’interpretazione dei sogni, visti
come profezie e messaggi criptati. La capacità di leggere tali messaggi era
fondamentale e si trasmetteva di generazione in generazione.
La vita, secondo i foggiani
antichi, era continuamente minacciata da forze oscure da cui doversi
proteggere in primo luogo con amuleti. Ecco che davanti alla porta di casa
si metteva una forbice aperta (ancora oggi, davanti alle porte di abitazioni
non recenti, si possono vedere le impronte delle forbici impresse nel
cemento), si proteggevano i bambini e la casa con i santini.
Si credeva anche a una serie di
spiriti che si presentavano sotto varie sembianze. Le malombre,
erano le anime di coloro che erano morti per disgrazie. La uria era
lo spirito protettore della casa. A quest’ultima categoria apparteneva lo
scazzamurrill, uno spiritello che si divertiva a fare dispetti alla
gente, ma che donava soldi a chi fosse riuscito a levargli il berretto
rosso.
Inoltre, con una serie di
riti e ricette magiche che iniziavano e finivano con il segno della
croce si faceva fronte a diversi malanni. In più, si credeva in gesti che
portavano sfortuna: accanto a quelli universali di rompere lo specchio e far
cadere l’olio, vi erano quelli di assumere particolari posizioni o di tenere
aperto l’ombrello in casa o di dormire con i piedi rivolti alla porta. Anche
la civetta era temuta come portatrice di sventura, infatti, quando si posava
su un tetto si diceva che il proprietario della casa sarebbe morto a breve.
Insomma, come in altre parti
d’Italia, la magia e la superstizione supplivano alla mancanza di conoscenza
e costituivano un sapere popolare attraverso il quale difendersi dalle
avversità della vita. Tutt’ora sono presenti, soprattutto tra le persone più
anziane, dei riti contro il malocchio per guarire il mal di testa. Si
dice una formula magica, rigorosamente segreta e tramandata in sere
particolari come la Vigilia di Natale, e si compie il rito di far cadere
alcune gocce d’olio in un catino pieno d’acqua, così, a seconda della forma
che prende l’olio si capisce se l’occhiatura (malocchio) c’è o meno.
Articolo di Gabriella L.
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