Storia di Cividale del Friuli
La lunghissima storia
di Cividale inizia sicuramente con le prime apparizioni
dell'uomo in Friuli; gli studi e gli scavi nella zona hanno
potuto fare emergere tracce che provano l'esistenza di
stanziamenti dell'epoca neolitica e eneolitica. Più importanti
sono i resti riferibili all'età del bronzo e del ferro dei quali
si hanno ritrovamenti di utensili ed armi. |
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Ci furono contatti
profondi con le tribù celtiche, le quali lasciarono la loro traccia più
significativa nella terminazione in "-icco" e "-acco" di molte località della
zona e dell’ipogeo celtico di Cividale, dettw anche Carceri Longobarde,
scavate nel vivo della roccia presso l’attuale Ponte del diavolo.
Tutto questo non deve stupire: la posizione geografica di Cividale, città posta
alla confluenza delle Valli del Natisone, riveste un grosso interesse dal
punto di vista militare, politico e commerciale. La Storia documentata di
Cividale inizia nel 53 a.C., quando Caio Giulio Cesare, comandante delle legioni
che passavano l’inverno ad Aquileia, pone ufficialmente le basi della sua
fondazione.
Giulio Cesare (100-44 a.C.) fondò "Forum Iulii" quando era proconsole della
regione Transpadana , insieme ad altre città
come Concordia nella stessa zona del Friuli.
La romanità aveva
già aggiunto al proprio mondo la città di Aquileia ( 181 a.C.) e, dopo la
vittoria di Marco Emilio Scauro sui Galli Carni (115 a.C.), consolidò
ancora di più i suoi confini installando un accampamento militare
all'imboccatura delle Valli del Natisone con Forum Iulii.
Finché l’astro
della Roma Imperiale illumina l’antichità, Forum Iulii soffre la vicinanza della
possente Aquileia, importantissimo centro economico e militare, vera
capitale di quella regione che più tardi si chiamerà “X Regio?, entro la quale
Forum Iulii verrà incorporata. Nato come accampamento militare, al pari di
Aquileia, Forum Julii divenne "Municipio" nel I secolo d.C.; il suo impianto
urbano era abbellito dalle Terme, dal Foro, dalla Basilica, dai templi e dalle
numerose case signorili abitate da personaggi molto facoltosi.
Purtroppo non
abbiamo molte testimonianze della "Forum Iulii" nell'antichità. Plinio il
Vecchio [23-79 d.C.] era molto schivo sulla legione che era stanziata qui
(la "X Regio Augustea") e parlò solo brevemente di "Forum Iulii" e dintorni,
dicendo che si trattava di luoghi "Quos scrupolosius dicere non attineat" ("non
di scrupolosa preoccupazione").
Anche Tolomeo
(100-175 d.C.), il grande geografo del mondo antico, menzionò rapidamente
Cividale, citando semplicemente una colonia romana che egli chiamò, in greco, "Foros
Isulios". Per informazioni più dettagliate sul "Forum Iulii", che si trovava nel
punto in cui oggi troviamo Cividale, sulla riva destra del fiume Natisone,
bisogna attendere il periodo longobardo.
Il momento di
svolta per la storia di Cividale si verificò allo sfaldamento dell’Impero
Romano. Da Aquileia, ormai privata del suo entroterra danubiano e divenuta
insicura per le incursioni continue dei barbari dei quali era bersaglio
preferito, il punto di riferimento della regione si trasferì gradatamente a
Forum Iulii, che si trasformò nella capitale effettiva di quello che rimaneva
dello Stato Romano in questo territorio. Nel V secolo, dopo la distruzione di
Julium Carnicum ad opera degli Avari, Forum Iulii divenne sede vescovile.
La città era difesa da solide mura, che la cingevano da tre lati, mentre il
quarto era difeso dal fiume Natisone; le popolazioni dei Quadi, dei
Marcomanni e degli Unni la risparmiarono. I Longobardi di Alboino
non fecero altrettanto e la occuparono nel 568 d.C..
Sotto il dominio dei Longobardi la città prende il nome di Civitas Austriae,
dai quale deriverà successivamente il nome di Cividale; divenne la capitale del
primo ducato longobardo il Italia, assegnato a Ginulfo, primo nipote di Alboino.
Periodo lombardo
Mentre le informazioni sull'età antica sono scarse, dalla conquista longobarda
di Cividale, disponiamo di dati storici sostanziali perché l'abitato fu il luogo
di nascita di Paolo Diacono (720-799), un monaco cristiano,
storico, poeta e scrittore longobardo di espressione latina, che ci fornisce
informazioni molto interessanti sulla sua città natale, di cui era molto
affezionato e che ci ha lasciato un’importante opera sulla storia delle genti
longobarde, la Historia Langombadorum.
Durante il periodo
longobardo, Cividale: "[.....] seguì poi ad Aquileia, e divenne il centro di
tutta l'antica 'Venezia'. Forse a Cividale, per qualche tempo, c'era anche il
vescovo ariano, mentre i cattolici dipendevano dal patriarca di Aquileia
[....]".
Nel V secolo d.C., poi, dopo le invasioni degli Avari e la distruzione di
Aquileia da parte degli Unni, Cividale aumentò il numero dei sui abitanti
e la sua importanza strategica. Quando i Longobardi arrivarono nel VII secolo
d.C. fu la prima capitale del ducato longobardo d'Italia (568 d.C) , guidata dal
duca Gisulfo, nipote di Alboino (530-572).
Fu sempre in questo periodo che cambiò il nome "Forum Iulii" in "Civitas", che
in seguito divenne "Cividale".
I Longobardi, dopo
una prima fase di assestamento, seppero aggiungere alla magnitudine della
civiltà romana la loro cultura di popolo nomade e guerriero, forse più ingenua
ma non per questo inferiore. Da questi elementi così diversi nacque una
splendida fusione, che abbracciò il campo giuridico ed artistico, letterario e
religioso.
Un ruolo essenziale in questa integrazione fu svolto dalla Chiesa,
impersonificata dal Metropolita d’Aquileia, che più tardi verrà chiamato
Patriarca. A riprova di quanto detto ricordiamo la conversione al
Cristianesimo dei Longobardi, e ancora Paolo Diacono, che seppe
conciliare il patriottismo longobardo con la tradizione letteraria latina, e l'Editto
di Rotari, che mitiga il feroce diritto germanico con istituti ispirati
dall’insuperabile edificio giuridico del diritto romano. È comunque
nell’architettura religiosa dove romanità, Cristianesimo e cultura longobarda
trovano l'espressione forse più intensa ed emblematica della loro sintesi: il
Tempietto Longobardo di Santa Maria in Valle, il Battistero di San
Callisto, l’Altare di Ratchis ne sono esempi splendidi.
Cividale divenne sede vescovile nel 737 e "caput Venetiae", la capitale delle
venezie ereditando il titolo da Aquileia. Sotto il dominio dei Franchi, Cividale
fu ducato e poi "marca", ovvero capoluogo di una vasta regione. Anche il duca
del Friuli Berengario I (845-924) divenne re d'Italia (888-924) e poi
imperatore nel 915.
Il ducato
longobardo permise al Patriarca aquileiese di mantenere una sua autonomia
dall’Imperatore bizantino e dallo stesso Pontefice (quel Metropolita di Roma che
tentava con successo di imporre il suo predominio spirituale). Scoppiarono
inevitabilmente degli scismi, contese spirituali che nascondevano implicazioni
politiche ben precise; i Patriarchi di Aquileia dovettero subire la concorrenza
di quelli di Grado, influenzati dai Bizantini in un primo tempo, dai
Veneziani dopo. In contrapposizione al potere marittimo dei Bizantini sorse
quello continentale del ducato longobardo, il Patriarca aquileiese si identifica
con la terraferma e trasferisce (nel 737) la sua residenza da Aquileia, ormai
spopolata ed in preda alla miseria, alla città di Cividale.
Quando Carlo
Magno conquista tutta l'Italia-settentrionale (nell'anno 776), il Friuli è
governato da un marchese che continua però a fregiarsi del titolo di
"Duca". Fra i provvedimenti di Carlo Magno, che sostituisce il sistema
longobardo con quello feudale, vi è la nomina del patriarca Paolino (787-802) a
"Missus Dominicus", carica che lo pone sullo stesso piano del marchese. Nel 951
il Friuli riceve una "retrocessione" nell’ordinamento dell'Impero; il suo
territorio viene inglobato nella Marca veronese e a Cividale rimane un "comitatus"
con a capo un Conte.
La Marca veronese
è sottoposta al Duca di Baviera fino al 976, quando passa alle dipendenze
del Duca di Carinzia. In questa situazione l’autorità più rappresentativa
del Friuli diviene il Patriarca, che in questi secoli viene ad assumere
caratteristiche di autorità temporale. Nel 1077, con diploma imperiale, il
Patriarca diventa l’autentico Sovrano del Friuli, assume i compiti e il potere
del Conte, gode del privilegio di battere moneta propria; insomma diviene il
feudatario più fedele e prezioso per l’Imperatore germanico.
La capitale dello
Stato patriarcale è Cividale, che è anche sede dell'Archivio e della
Cancelleria. La città viene abbellita dai Patriarchi, che in questa prima fase
sono chiaramente ghibellini, sostengono cioè l'imperatore nella contesa con il
papato di Roma. Soltanto all’inizio del XIV secolo, per ragioni politiche, i
Patriarchi decisero di trasferire la loro sede ad Udine nel 1238.
Tra la vecchia e
la nuova capitale nacque una secolare rivalità che divenne secoli successivi,
molto importante per la storia storia friulana.
Intanto Cividale
era divenuta il primo "Comune" indipendente del Friuli, un centro con un
importante mercato, oltre che il più grande centro politico e commerciale di
tutto il Friuli; era interesse del Patriarca costituire nella capitale un
sistema politico-militare che coinvolgesse tutte le classi sociali; inoltre una
borghesia forte era di monito all'esuberanza dei grossi feudatari. L'imperatore Carlo IV (1316-1378) vi aprì l'Università nel 1353.
L’organo più
importante dell'ordinamento comunale era il Consiglio Maggiore, formato metà da
nobili e ricchi, metà da popolani. Nel XIII secolo vengono promulgati gli
Statuti Civitatis Austriae che regolavano la vita amministrativa e
politica della città. Fra le norme ve ne erano alcune che proibivano le
costruzioni e gli alberi nelle vicinanze esterne delle mura, che dovevano essere
lasciate al libero pascolo. Non mancarono da parte dei nobili più in vista del
Friuli i tentativi di infeudare la città. Molte volte Cividale venne assediata,
ma invano. Si ricordano i tentativi del 1315, del 1325 e del 1331. È
interessante notare che nell’ultima occasione in cui gli Zuccolo, i
Villalta e gli Spilimbergo assediarono Cividale vennero usate per la
prima volta nella regione (e secondo alcuni in Italia) le armi da fuoco in
combattimento.
Nel 1346, scoppiò la rivalità fra Cividalesi e Udinesi, fomentata dal Patriarca
che vedeva di buon occhio la rivalità fra città e città, fra famiglia e
famiglia, fra casato e casato, fra casate e città; in tale situazione infatti
tramontava la possibilità della formazione di un’autorità in grado di
sostituirsi a lui.
Purtroppo, come
spesso accade in questi casi, le rivalità locali finirono col favorire
l’intromissione di potenze esterne e la loro successiva vittoria sui contendenti
più deboli.
Udine molte volte
accettò i favori di Venezia e Cividale a sua volta non esitò ad allearsi con il
Re d’Ungheria, con i Conti di Gorizia (che gravitavano nella sfera
asburgica) e coi Carraresi di Padova. Nel 1402, divenne patriarca
Antonio Pancera (filoveneziano), il quale immediatamente si inimicò Cividale
che aveva un potente alleato nel papà Gregorio XII, nemico del Pancera per
questioni inerenti lo Scisma d’Occidente; Gregorio XII non soltanto
destituì il Pancera, ma nomina al suo posto Antonio da Ponte.
Lo stesso
Pontefice indice nel 1409 il Concilio a Cividaie, in opposizione a quello
convocato a Pisa dai suoi avversari. Intanto Pancera, che non aveva ritenuta
valida la destituzione, si trasferì nel Castello di Soffumbergo (sopra
l’attuale Faedis) da dove poteva controllare il suo nemico in attesa di una
buona occasione per eliminarlo. Seguirono eventi convulsi, la cui decifrazione
precisa è ancora oggetto di studi storici.
Nel 1419 le truppe veneziane di Giovanni Marino entrano a Cividaie, dopo aver
imposto ai Cividalesi un trattato di aiuto reciproco. La reazione patriarcale
non si fa attendere. Un esercito formato da Udinesi e Goriziani, e rafforzato da
6.000 Ungari, attacca Cividale senza riuscire ad espugnarla. In seguito le
truppe veneziane sconfissero quelle patriarcali e ciò significò la fine del
potere temporale del Patriarcato e l’inizio del dominio veneto in Friuli.
Le cerchia difensiva di Cividale salvò la città dalle incursioni dei Turchi del
XV secolo.
La morte dell’ultimo Conte di Gorizia, avvenuta l11 ottobre 1500, scatenò la
guerra di successione fra la Serenissima e gli Asburgo. In questo clima un
episodio importante vide Cividale protagonista, durante la guerra seguente alla
Lega di Cambrai. Le truppe imperiali dilagavano in Friuli e Venezia,
accerchiata dalle potenze europee, sembrava dovesse rassegnarsi a vedere la
propria fine; Cividale all'epoca era un’importante piazzaforte che gli imperiali
non ritennero lasciarsi alle spalle e l’attaccarono in forze. La città
resistette eroicamente scoraggiando il nemico. Il fatto in sé non costituiva un
grandissimo successo, ma ebbe un grande effetto psicologico sui veneziani
demoralizzati i quali, finita la guerra, ritennero utile e doveroso ampliare la
cerchia delle mura di Cividale, includendo le borgate nate nel corso del
Medioevo (1516). Con la Pace
di Worms (1530), la città perse il Castello di Tolmin e le miniere di mercurio
di Idria.
Dopo questo glorioso episodio la città subì una progressiva regressione
economica, che contribuì alla perdita, nei tempi successivi, delle libertà
comunali.
Nel 1535 Venezia vietò il transito del ferro sulla strada di Pulfero: era
infatti suo interesse favorire il transito delle merci lungo un’unica
direttrice, cioè l’attuale Pontebbana. Bisogna ricordare che da
secoli la strada che da Pulfero conduce a Cividale proseguiva costeggiando sulla
destra il Fiume Natisone e si collegava con Plezzo e Tolmino
nell'alta Valle dell'Isonzo. Da questa strada giungevano merci
provenienti dai Balcani, in particolare quella che veniva chiamata "la
ferrarezza", ferro grezzo e lavorato. Questo passaggio commerciale fece sì
che sorgessero lungo il percorso centinaia di botteghe artigiane, delle quali
molte a Cividale, che trattenevano, per loro uso, parte del ferro in transito.
Dal 1490 iniziò a transitare anche minerale di mercurio estratto su commissione
di imprenditori cividalesi nelle miniere dell’Idria. La mole dei traffici
commerciali raggiunge in breve una dimensione tale da impensierire il governo
veneziano ed i centri posti lungo l'altro asse commerciale, quello
corrispondente appunto all’attuale strada statale Pontebbana. Da qui la
decisione di abolire tale transito. Questo provvedimento tagliò fuori Cividale
dai grandi commerci; lo stesso trattamento venne riservato alla città dagli
Austriaci che costruirono una strada di collegamento tra Tolmino e Gorizia con
sbocco al mare, attraversando la valle dell'Isonzo. Emarginata ad Oriente e ad
Occidente, Cividale dovette adattarsi all’economia più ristretta del suo
circondario, di cui mantenne il ruolo di prestigio fino in epoca moderna.
Con la caduta
della Repubblica di Venezia (Trattato di Campoformio, 1797) la città subì
notevoli danni da parte delle truppe occupanti. Nel 1813 Cividale venne
aggregata all’Austria. Il dominio austriaco fu confermato, dopo il breve periodo
in cui la città entrò a faceva parte del Regno d'Italia napoleonico. L’Italia,
che aveva già destato le speranze della popolazione con i moti del 1848, vi
giunse solamente nel 1866 con le regioni Veneto e Friuli-Venezia-Giulia. Furono
giorni tristi e dolorosi quelli della seconda occupazione austriaca, avvenuta
dopo la disfatta di Caporetto, durata dal 27 ottobre 1917 al 4 novembre
1918. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Cividale ebbe un ruolo importante
nella Resistenza.
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