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25 aprile, la Resistenza,
cosa significa oggi? Eredità e attualità della lotta
partigiana contro il nazi-fascismo, tra nuove
interpretazioni revisioniste e rinnovato bisogno di quei
valori di democrazia e uguaglianza.
Il 25 Aprile è festa, perché si festeggia la
liberazione dell'Italia. Quante volte abbiamo sentito
pronunciare questa frase? Personalmente, almeno un
centinaio. Quello di cui vogliamo parlare in questo articolo
è, appunto, il valore odierno della Resistenza, cosa è
rimasto oggi a noi, a distanza di tanti anni da quel
lontano 25 aprile che cambiò le sorti dell'Italia.
Per meglio comprendere perché questa giornata c’è e
deve restare nel calendario degli Italiani, è bene
ricordare.
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Stamattina
sbirciando su Facebook
ho notato tantissimi link o frasi di giovani, ragazzi e
ragazze che inneggiavano alla nostra libertà, alla libertà
di un popolo che è stato capace di scegliere il proprio
futuro. Questa cosa mi ha fato riflettere, ho pensato a
quanto sia davvero importante tale giorno per noi Italiani e
a come in questo giorno tutti ci dobbiamo sentire fieri e
onorati di essere Italiani. Ho chiesto ad Antonio, un
ragazzo di ventitre anni, che aveva appena pubblicato un
link sulla giornata del 25 Aprile, cosa fosse per lui la
Resistenza, cosa significasse oggi questa parola, e lui mi
ha risposto così : "Resistenza vuole dire per me resistere
ad un regime che andava contro i principi dello stato,
libertà ed uguaglianza. Resistenza vuol dire perdere la vita
per garantire ai propri figli un futuro libero da dittature.
Resistenza vuol dire dare agli altri la propria libertà".
Mi ha colpito molto l'ultima frase di Antonio "Resistenza
vuol dire dare agli altri la propria libertà", credo che
questa frase riassuma il significato pieno del 25 Aprile,
riassuma in poche parole il valore della Resistenza. La
nostra Resistenza è stata proprio questo, è stato
sacrificare la propria vita per dare agli altri la libertà,
per dare la libertà ad una nazione. I partigiani
erano persone comuni, persone come noi, che si sono
sacrificati per i loro figli e anche per noi, perché noi
oggi possiamo dire di essere liberi.
In
questi giorni ho sentito la canzone "Bella Ciao"
diverse volte, l'avevo sentita centinaia di volte, ma non mi
ero mai soffermata troppo sulle parole, l'avevo cantata
nelle manifestazioni di piazza quando andavo al liceo,
quando eravamo tra amici per le celebrazioni del 25 aprile,
ma mai avevo riflettuto troppo su quelle parole. Oggi è il
25 Aprile e da stamattina questa canzone sta risuonando
nella mia testa, da stamattina penso a come essa riesca a
trasmettere un senso di appartenenza
ad un popolo, a come essa riesca a raccontare la storia, ad
essere la storia.
"Una mattina mi son svegliato, o bella ciao, bella ciao,
bella ciao ciao ciao, una mattina, mi son svegliato, e ho
trovato l'invasor. O partigiano, portami via, o bella ciao,
bella ciao, bella ciao ciao ciao, o partigiano, portami via,
che mi sento di morir. E se io muoio da partigiano, o bella
ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, e se io muoio da
partigiano tu mi devi seppellir. E seppellire lassù in
montagna o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
seppellire lassù in montagna, sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti, che passeranno, o bella ciao, bella ciao, bella
ciao ciao ciao, e le genti che passeranno mi diranno che bel
fior. E questo è il fiore del partigiano o bella ciao, bella
ciao, bella ciao ciao ciao, e questo è il fiore del
partigiano, morto per la libertà."
Le parole di questo canto sono parole semplici, che derivano
dalla semplicità di chi le cantava, dalla semplicità di
quelle persone che hanno perseguito un obiettivo comune,
l'obiettivo della libertà. I partigiani non avevano colore
politico, tra i partigiani c'erano comunisti, socialisti,
cattolici, i partigiani erano il popolo, quello
stesso popolo che voleva veder finire una guerra che era
costata troppe vite. Troppe madri avevano perso i propri
figli, c'era tanta voglia di riscatto, voglia di libertà. Il
messaggio che ancora oggi la memoria di queste persone
riesce a trasmettere è un messaggio di libertà, un messaggio
di forza, un messaggio di ribellione. La giovinezza
di molti partigiani se n'è andata via, così come il fiore
del partigiano, quello stesso partigiano che è morto per la
libertà dei suoi figli, dei suoi cari, per la libertà
dell'Italia.
I partigiani sono eroi, sono stati eroi e saranno eroi per
sempre. Sono eroi dell'impegno altruistico, sono
l'esempio di quanta forza si crei nell'impegnarsi per
affermare un valore comune; insieme queste persone hanno
trovato il coraggio
e la determinazione per lottare in quello che
credevano e condividevano, a qualunque costo, anche a
costo della propria vita. L'"appartenenza"
cantava Giorgio Gaber, l'ineguagliabile sensazione di
far parte di qualcosa di più grande di noi, l'appagamento
di partecipare, condividere, andare oltre insieme.
L'appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
La
storia ha il compito di insegnare e dalla storia noi
dobbiamo imparare, la storia ci ricorda e deve continuare a
farci ricordare i sacrifici di chi ci ha preceduto,
perché solo attraverso questa conoscenza riusciremo a capire
chi siamo, ma soprattutto chi vogliamo essere. Dobbiamo
allenare questa nostra capacità di ascolto. Dobbiamo
imparare ad ascoltare la storia e le testimonianze come se
fossero nostri amici che ci parlano all'orecchio. Ogni
italiano deve conoscere la storia dell'Italia, deve
conoscere le persone che hanno reso l'Italia la nazione che
noi oggi vediamo, le persone che hanno "fatto" l'Italia.
Certo di deve essere fortunati, si deve incontrare
l'insegnante giusto che ci fa capire, da subito, che la
storia non è un insieme di date da imparare a memoria, un
insieme di fatti da enumerare nelle interrogazioni, la
storia è "come eravamo", "perché eravamo così", "cosa si
potrebbe fare per migliorare". Ricordi collettivi
preziosi che ci devono insegnare a non ripetere gli
errori, proprio come si cerca di non ripetere gli errori
nella propria vita personale. Ricordi che la scuola
dovrebbe rendere linfa per il futuro dei giovani.
Ieri mentre ascoltavo la canzone "Bella Ciao" ed ero seduta
accanto a mia nonna, lei, involontariamente, ha
chiuso gli occhi e ha iniziato a cantare quella canzone fino
alla fine, mia nonna aveva solo 11 anni quel 25 Aprile del
1945. Dopo aver finito la sua performance canora mi ha
raccontato di quando cantava questa canzone, "la conosco da
quando sono nata, prima la cantavamo sempre, perché questa è
una canzone di guerra, è la canzone dei partigiani". Quando
ha pronunciato la parola
partigiani l'ha fatto con un tono di voce diverso,
con un tono di ammirazione. "I partigiani sono stati eroi,
ci hanno liberato, io mi ricordo il giorno della
liberazione, non so se era proprio il 25 o qualche giorno
dopo, ero una bambina, e ho sentito la notizia alla radio, e
in paese fecero tutti festa in piazza, me lo ricordo come se
fosse oggi. Mio padre, che era andato in guerra, tornò a
casa un paio di giorni dopo, con una lunga barba, io non
l'avevo neanche riconosciuto. Fu lui a raccontarmi questa
storia dei partigiani, a dirmi come avevano fatto a liberare
l'Italia, a dirmi che adesso eravamo liberi. Mio padre
piangeva sempre quando parlava della guerra, anche se erano
passati tanti anni da quel 1945, lui diceva sempre che era
una cosa che non avrebbe mai potuto dimenticare". Anche mia
nonna si è commossa quando mi ha raccontato questa storia
della sua vita che non conoscevo; è incredibile come i
ricordi di una bambina riescano a sopravvivere e, spero, ad
essere salvati, per rimanere ricordi collettivi. Mia
nonna ha condiviso con me un pezzo di storia, un pezzo di
vita, che è giusto conoscere e ricordare, per sempre.
Asciugate le lacrime, mia nonna mi ha chiesto, "lo trovi
quel CD dove hai la canzone Bella Ciao e me la rimetti? La
voglio ascoltare un'altra volta".
Oggi la Resistenza è questo, è la voglia di
sopravvivere, di riappropriarsi del passato per
conquistare il proprio futuro, per costruire il proprio
futuro, o quello dei propri figli, come dice Antonio,
costruire la propria storia. È interessante scoprire questa
consapevolezza nei giovani, perché simboleggia
la voglia che una generazione ha di migliorarsi, e
questa voglia viene espressa attraverso i mezzi di
comunicazione che oggi un ragazzo ha a disposizione. Invece
di mandare in tv tante storie di giovani che hanno poco da
dire e da sperare, le
trasmissioni televisive dovrebbero dare rilievo ai
ragazzi che s'impegnano, per loro stessi e per gli altri,
nel comprendere i messaggi della storia, nella costruzione
di un presente migliore, nel realizzare i loro sogni.
Gli auguri telematici per la festa del 25 Aprile
rappresentano un punto di incontro tra passato e presente,
tra storia e contemporaneità, e questo è il fine
che ogni avvenimento storico dovrebbe raggiungere.
"Libertà"
è questa la parola più diffusa oggi sui social network,
libertà che deve essere ancora capita, libertà che è già
stata compresa, libertà diversa da individuo ad individuo,
eppure libertà così uguale, libertà che riesce ad uniformare
un popolo. Questo è oggi la festa del 25 Aprile, con le
celebrazioni in quasi tutte le piazze italiane, piazze
gremite di giovani e anziani spalla a spalla, giovani che
costruiscono la propria libertà e meno giovani che hanno
costruito la loro e contribuiscono alla costruzione di
quella dei più giovani. Celebrazioni che si intrecciano
dalle piazze alla rete, celebrazioni che riescono ad
arrivare al cuore di ognuno di noi, al cuore degli italiani,
e non solo degli italiani che stanno in Italia, ma degli
italiani che vivono in tutto il mondo.
Sono sicura che il sacrificio di queste persone "vere e
semplici" continuerà a riecheggiare nel cuore di ognuno di
noi, nel cuore dei bambini che fanno volare i
palloncini tricolore, nel cuore dei ragazzi che
conoscono e hanno studiato la Resistenza, nel cuore dei
nostri genitori, che hanno sentito le testimonianze
dai nostri nonni genitori, e nel cuore di chi quella
Resistenza l'ha vissuta, di chi quel pezzo di storia l'ha
scritta, di chi quel 25 Aprile l'ha vissuto in prima
persona. Queste ultime persone, i testimoni diretti,
sono sempre meno ed è per questo che è giusto raccogliere e
diffondere le loro testimonianze, i loro racconti di vita,
perché quando non ci saranno più, rimarrà qualcosa di loro,
qualcosa che ognuno di noi avrà fatto suo, per sempre. È
questo il potere della storia e del ricordo, della
testimonianza e dell'ascolto.
Articolo di Maria Cianciaruso per Informagiovani-Italia.com
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