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Unità d'Italia - Italiani che amano
l'Italia
La storia siamo noi, siamo noi
padri e figli, siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.
Cantava
Francesco De Gregori
nella sua canzone "La storia", ed è
proprio così, la storia siamo noi, la storia è fatta
da noi, donne e uomini che conducono una vita, la
propria vita, e che spesso sono costretti a
combattere con qualcosa di più grande di loro, con
avvenimenti che non dipendono dalla propria volontà,
ma che segneranno la loro vita per sempre.
Quest'anno si festeggiano i 159 anni dell'unità
d'Italia, conosciamo tutti gli eventi che hanno
portato all'unità della nostra bella nazione?
Gli ideali risorgimentali
che si diffusero da nord a sud, grazie a uomini quali ,
Garibaldi,
Mazzini, Cavour, che hanno reso possibile questa
grande, e a tratti impensabile impresa. Ma altrettanto eroici
sono stati i garibaldini, quegli uomini che sono partiti
al seguito di Garibaldi, per un ideale, quegli uomini che hanno
messo in gioco il bene più importante di ognuno di noi, la propria
vita.
Un grande merito, in ogni guerra, va sempre ai soldati,
e così è stato per la nostra unità. Ma oggi ci vogliamo chiedere
cosa sia realmente la tanto citata Unità, cosa significa
realmente essere uniti? Cosa significa essere italiani?
Dai testi di storia ho potuto imparare la storia del risorgimento
e della prima guerra mondiale, entrambi questi episodi
hanno contribuito ad affermare quel valore che noi chiamiamo
unità. Oggi, ai tempi del CORONAVIRUS, siamo in quella che
molti chiamano non esitano a chiamare guerra. Oggi siamo
uniti per forza, e forse rimpiangiamo i momenti di preziosa
normalità quando avremo potuto essere più uniti senza
emergenze, senza ansie e paure, volendo un po' più bene a
questo paese e ai propri concittadini. Uniti, senza
dividerci troppo per squadre avverse, per partiti politici,
per latitudini.
L'unità vuol dire essere più empatici,
metterci nei panni degli altri, eliminando incomprensioni
evitabili, parlandosi o semplicemente ascoltando le ragioni
del prossimo. L'unità vuol dire, che siamo tutti nella
stessa barca, nello stesso fronte, e vuol dire aiutarsi, nei
limiti di quello che possiamo, perché questo e uno dei virus
positivi che si diffondono più di tutti.
Ci sono coloro che hanno combattuto in ambedue i periodi
hanno dato sviluppo all'idea di Italia, ma soprattutto di Italiani,
uniti per un ideale e uniti per la salvezza di una nazione.
Questi ideali venivano trasmessi ai bambini delle scuole, che
ancora piccoli dovevano capire l'importanza di sentirsi italiani.
Ogni volta che penso a questo mi vengono in mente le parole
di zia Mena, che quando ero piccola amava prendermi sulle ginocchia
e recitarmi l'ode di Vincenzo Monti "Bell'Italia",
che ancora sapeva a memoria.
Aveva imparato questa, tante altre
poesie e altri frammenti di strofe quando era a scuola, e nonostante
avesse studiato solo fino alla quinta elementare, e fossero
passati settant'anni da quando era sui banchi di scuola, le
recitava a memoria come se le avesse imparate ieri. Chiudo gli
occhi e rivedo nei suoi occhi quell'emozione nel recitare i
suoi pezzi, quella convinzione affermata in quei valori, quando
pronunciava parole come "Italia", "valore", "vittoria", i suoi
occhi si illuminavano e la sua voce diventava diversa, aveva
un tono più deciso, convinto, perché lei credeva in quei valori,
lei credeva nell'Italia, era fiera di essere italiana. Credo
che quelle poesie siano il ricordo più bello che io oggi ho
di mia zia, ma soprattutto l'esempio più fervido che io abbia
di unità d'Italia.
Mio nonno partecipò alla Seconda
Guerra Mondiale, una volta mi raccontò la sua storia, quest'esperienza
per lui così sofferta. Mio nonno aveva solo diciannove anni
quando dovette partire per la guerra, lui era nato nel 1924
e il suo fu l'ultimo anno di reclutamento. "Non avevo idea di
quello che mi stava succedendo" mi disse "io ero sempre stato
a Cirò, in Calabria, che ne sapevo io che cosa significasse
combattere, che cosa fosse la guerra? Sapevamo che eravamo sempre
in pericolo, per via dei numerosi bombardamenti, ma quando partii,
non sapevo minimamente a cosa sarei andato incontro". Mio nonno
aveva gli occhi verdi, proprio come i miei, quel giorno, mentre
mi raccontava queste cose, quegli occhi erano così lucidi, così
tremanti, da quegli occhi traspariva una grande sofferenza.
È incredibile come le parole riescano a trasmetterti emozioni
così forti, così grandi, mentre lui parlava, io potevo solo
immaginare nella mia mente, quello che lui aveva passato, ma
lui, mentre parlava, ripercorreva esattamente quell'esperienza,
passo dopo passo, parola dopo parola, mio nonno mentre parlava
con me, stava rivivendo la guerra. Lui combatté per poco, al
nord, nel reparto corazzieri.
"Mi ricordo ancora il giorno
che ci dissero che eravamo liberi, che ce ne potevamo andare,
eravamo felici, eravamo ragazzi, ragazzi che avevano vissuto
qualcosa più grande di loro stessi, qualcosa che in un modo
o nell'altro ci aveva cambiati, e forse per sempre. Impiegai
quindici giorni per raggiungere casa, mangiavamo quello che
trovavamo nei campi. Quando finalmente arrivai a casa, non puoi
immaginare la sensazione che ho provato, come era bella casa
mia, la mia terra, il mio sole. Quello che avevo vissuto mi
faceva vedere le cose in modo diverso, tutti quei compagni conosciuti
durante la guerra, che in quel momento non c'erano più, le crudeltà
viste, i corpi ammassati, gli spari. Ogni sparo che sentivo
immaginavo che potesse porre fine alla vita di un uomo. Questo
mi balzava in mente quando sono arrivato a casa. Forse di una
cosa devo ringraziare la guerra, forse senza di essa non avrei
vissuto la vita, così come ho fatto. Tutte quelle vite perse
senza un motivo mi hanno fatto amare di più la mia, mi hanno
fatto capire che la vita è un dono prezioso, la cosa più importante
che abbiamo e dovremmo viverla giorno per giorno, senza se e
senza ma. Ogni giorno in più è un'esperienza di vita in più".
Questo è il racconto di mio nonno, un suo frammento di vita
che allora volle regalarmi, e che rimarrà mio per sempre.
Pietro Lagioia è un arzillo
novantenne di San Nicola dell'Alto, un paese in provincia di
Crotone, anche lui, quando era ancora un ragazzo visse l'esperienza
della guerra. "La guerra signorina" mi dice guardandomi
tremante "è qualcosa che ti cambia per sempre". Il signor
Pietro è un amante della storia, e come tale conosce molto bene
la storia d'Italia, "anche io ho dato un contributo all'unità
d'Italia, perché io come migliaia di soldati abbiamo combattuto
e sofferto per la nostra amata patria". Durante la Seconda Guerra
Mondiale, nel 1943, all'epoca Pietro aveva solo 24 anni, fu
richiuso in un campo di concentramento ad Hannover.
Pietro vuole
raccontarci la sua esperienza perché ama l'idea che qualcuno
in futuro possa leggere quello che lui ha vissuto e possa, in
un modo o nell'altro arricchirsi di quella lettura. "Il campo
di concentramento è senza dubbio l'esperienza più devastante
che ho vissuto durante la guerra. In quel campo ho visto amici
uccisi a fucilate per niente, per essersi fermati un momento
a riposare, persone che vedevo il mattino, quando uscivamo dagli
alloggi, ma che la sera non tornavano più a dormire nei loro
letti, se letti si possono chiamare. Mi ricordo il freddo che
faceva in quel campo, noi eravamo vestiti con abiti leggeri,
abbiamo dovuto subire soprusi, dovevamo lavorare 12 ore al giorno,
senza mai fermarci, e ci davano da mangiare pochissimo. Quando
sono uscito da quel campo sono rinato, tutta quella crudeltà
mi aveva fatto male, ero solo un ragazzo, e se ci ripensavo
mi veniva da piangere. Il giorno della liberazione è stato uno
dei giorni più belli della mia vita, perché ho assaporato il
valore della libertà, finalmente ho capito che significava essere
libero. Durante l'intera esperienza della guerra, però, sono
riuscito a scrivere, su fogli qua e la, perché sentivo l'esigenza
di scrivere, scrivere per me era una liberazione, l'unico modo
di evadere da quella realtà così crudele, così poco comprensibile
per un ragazzo di ventiquattro anni."
Nello studio del signor
Lagioia, ci sono, infatti, oltre a tantissimi libri di storia
ed approfondimenti culturali, anche varie carte, confessioni,
e alcune risalgono proprio all'epoca della guerra. Molti fogli
sono andati persi, ma alcuni, in modo quasi inspiegabile, Pietro
è riuscito a conservarli. Prova a leggere uno di quei fogli,
ma la sua voce arrivata fino a un certo punto, si spezza, non
riesce più a continuare. È un'emozione troppo forte per lui,
rivivere quei momenti provoca una sensazione così forte che
non può continuare. Su quei fogli ci sono le confessioni di
un ragazzo, di un giovane che ha dovuto combattere, che ha dovuto
convivere quotidianamente con la morte. La guerra ti segna,
la guerra permea chi l'ha vista, la guerra cambia le vite, le
cambia a tal punto, che a quasi settant'anni di distanza, ancora
non si riesce a dimenticarla, e forse non si dimenticherà mai,
perché chi ha vissuto la guerra non potrà mai eliminare dalla
sua anima un'esperienza simile, così totalizzante e così straziante.
Ho voluto offrire questi tre esempi,
perché sono esempi che hanno lasciato un segno nella mia vita.
Io quando penso all'unità d'Italia penso anche a loro.
Questi sono racconti di vita, che devono essere condivisi, perché
la memoria è un bene collettivo, un bene che va salvato e
protetto. Le emozioni che a me hanno trasmesso queste persone,
non saranno le stesse che trasmetteranno a altri, ma credo che
saranno ugualmente coinvolgenti, perché ognuno di noi vive le
emozioni in maniera differente, ma il sentimento che da origine
a quell'emozione è identico e rimarrà tale per sempre. Ivo
Nardi dice che "Possiamo dare infinite interpretazioni ad
un riflesso confuso nell'acqua. Ma l'immagine che dà origine
a quel riflesso, è soltanto una". Siamo proprio noi giovani
che dobbiamo riappropriarci di questo passato, di quello che
siamo stati, solo così sapremo realmente ciò che potremo essere,
ciò che poi saremo. Questo articolo, così come canta
Roberto Vecchioni, lo voglio dedicare "ai ragazzi e alle
ragazze che difendono un libro, un libro vero. Così belli a
gridare nelle piazze perché stanno uccidendoci il pensiero".
Tutte le privazioni che i nostri avi hanno passato per fare
questo nostro grande Paese, e a volte per riconquistarlo, ci
devono dare forza in un momento così difficile e drammatico
per tutti. Non dividiamoci tra cittadini di serie a e serie
b, tra persone del sud, del centro e del nord, tra autonomi
e dipendenti. Siamo tutti italiani e nonostante tutto,
sempre, ne dobbiamo andare fieri.
Viva l'Italia!!
La redazione di Informagioni-Italia.com
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