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Antonia Masanello - La guerriera di Garibaldi
Per i 159
anni dell'unità d'Italia si è parlato sempre, com'è giusto che sia dei padri
della patria,
Garibaldi,
Mazzini, Vittorio Emanuele II e Cavour, oltre che i
tanti combattenti che diedero l'anima e spesso la vita per far si che
l'Unità del paese si avverasse. Tra tutte queste figure maschili ce ne
furono alcune femminili come l'eroina per antonomasia Anita Garibaldi, compagna
dell'eroe dei due mondi e varie altre donne che rimasero nell'ombra, ma non
per questo furono meno importanti.
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Una di queste era Antonia Masanello,
detta Tonina, veneta dalla zona di
Padova. In quegli anni l'ideale patriottico era tale che spinse questa
donna, con il marito a raggiungere Garibaldi e le sue camice rosse, a
travestirsi e a spacciarsi da uomo e a combattere dalla Sicilia al Volturno,
arrivando anche a guadagnarsi in grado di caporale.
Antonia
Masanello nacque a Cervarese Santa Croce, nel padovano, nel 1833 in
una famiglia contadina. Cominciò giovanissima a cospirare contro gli
austriaci insieme all'uomo con il quale si sarebbe sposata, che si chiamava
Marinello. La coppia si era occupata di aiutare chi voleva espatriare
dal Lombardo-Veneto e raggiungere il Piemonte. Per le loro attività erano
sorvegliati dalla polizia, erano sospettati di professare idee liberali e
mazziniane. Probabilmente sarebbero stati arrestati se nei primi mesi del
1860 non si fossero trasferiti a Modena.
In quel
momento si stava preparando la spedizione dei 1000 alla volta della
Sicilia. Antonia e il marito lasciarono la figlioletta nata da poco ad un
amico a Modena e raggiunsero in Genova. Nella città ligure seppero che poco
prima del loro arrivo erano salpate le navi "Piemonte" e "Lombardo" che
portavano le camice rosse verso Marsala. Non si persero d'animo, si
organizzarono e si imbarcarono nel giro di poche settimane su un piroscafo
al seguito di un'altra spedizione, probabilmente guidata da pavese Gaetano
Sacchi, che doveva unirsi ai garibaldini in Sicilia. Era una delle tante
spedizioni che avrebbero portato rinforzi ed armi fondamentali ai Garibaldi
per la riuscita della sua impresa. Raggiunsero i Mille a Salemi giusto
all'indomani della celebre Battaglia di Calatafimi (15 maggio),
vittoria inaugurale della leggendaria impresa. Antonia sia arruolò come
Antonio Marinello, facendosi passare per il fratello del consorte,
poichè l'arruolamento delle donne non era consentito, e venne inquadrata nel
terzo reggimento della Brigata Sacchi, facendosi tutta la campagna di
liberazione del sud Italia. Fu con ogni probabilità la sola donna
garibaldina del 1860, se si esclude la moglie di Francesco Crispi,
che aveva seguito i 1000 dallo scoglio di Quarto. Pochissimi pare
sapessero della reale identità di Antonia, o Tonina, come veniva chiamata.
Sapevano solo il maggiore Bossi, il colonnello Ferracini nello
stesso Garibaldi, che l'avrebbe vista con i capelli sciolti, nel furore di
uno scontro a fuoco.
Quando
tutto fu finito con le vittorie che consentirono a Garibaldi di consegnare
il sud Italia a Vittorio Emanuele II, i piemontesi smobilitarono le camice
rosse. Antonia conseguì i gradi di caporale e il "congedo con onore" sotto
il falso nome di Antonio Marinello. Antonia e il marito tornarono a
Modena, ripresero la loro bambina e da lì si trasferirono a Firenze.
Dimenticati, vissero in povertà, in un'umile casa. Colpita da tisi, Antonia
morì nella primavera del 1862. Sepolta nel cimitero fiorentino di San
Miniato, l'epitaffio dettato dal poeta risorgimentale Francesco Dall'Ongaro
venne impresso sulla lapide:
"L'abbiam deposta, la Garibaldina
all'ombra della Torre di San Miniato
con la faccia rivolta alla marina
perché pensi a Venezia, al lido amato.
Era bionda, era bella, era piccina ma avea
cor di leone e di soldato.
E se non fosse che era donna
le spalline avria avute e non la gonna
e poserebbe sul funereo letto
con la medaglia del valor sul petto.
Ma che fa la medaglia e tutto il resto?
Pugnò con Garibaldi, e basti questo!"
Uno dei tanti corrispondenti esteri al seguito
della spedizione dei mille, dalle colonne del quotidiano di New Orleans, The
Daily True Delta, scrisse di Antonia il 10 agosto dell'anno della sua morte
raccontando di una "eroina italiana".
Articolo di M.Serra per informagiovani-italia.
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