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VITA DI ENNIO FLAIANO
"Decise
di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò
alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione,
fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò
a mezzogiorno."
Ennio Flaiano nacque a Pescara
il 5 marzo 1910, nelle vicinanze della casa di
Gabriele D’Annunzio.
La sua opera narrativa è percorse da un'ironia pungente e dal vivo
senso del grottesco e le sue battute, divertenti e sarcastiche,
sono raccolte nel libro Aforismi. Esordì nel giornalismo,
come critico cinematografico e teatrale e pubblicò un solo romanzo
di narrativa e due volumi di racconti; con il romanzo Tempo di
uccidere, ispirato dall’esperienza da sottotenente durante la
campagna d’Africa del 1947, vinse il Premio Strega
e, successivamente, nel 1989, il regista Giuliano
Montaldo ne realizzò una versione cinematografica. Ha lavorato
per il cinema come autore di soggetti e sceneggiature per registi
quali, tra gli altri, Antonioni, Blasetti e Fellini.
Ha dato alle stampe due volumi di racconti: nel 1956 Diario notturno
e nel 1959 Una e una notte (entrambi Bompiani). In seguito
sono apparsi: nel 1960 Un marziano a Roma (Einaudi); nel
1970 Il gioco e il massacro (Rizzoli) che ha ottenuto il
premio Campiello; e poi, nel 1971, Un marziano a Roma e altre
farse (Einaudi), e Le ombre bianche (Rizzoli) ne1 1972.
Sono usciti postumi, fino a oggi, diciotto volumi tra cui anche
due testi cinematografici, entrambi de1 1989, Progetto Proust
(Bompiani) e Tonio Kroger (Manni), ripresi, quasi tutti e
con l'aggiunta di inediti, nei due volumi delle Opere (Classici
Bompiani), stampati nel 1988 e 1990.
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Per il teatro scrisse La Donna nell’armadio,
Il caso Papaleo e il famoso e discusso Un marziano a Roma.
La sua attività nella cinematografia è
legata soprattutto all'intensa collaborazione con il grande regista
Federico Fellini.
Oltre a curare la realizzazione di Ladri di biciclette di
De Sica, Flaiano scrisse le sceneggiature e i soggetti dei più famosi
film felliniani, con un sodalizio che iniziò con Luci del
varietà, 1951, e si concluse con Giulietta degli spiriti,
1965, firmando le sceneggiature di indimenticabili capolavori del
cinema italiano quali I Vitelloni, Lo Sceicco bianco,
La Strada, La dolce vita, Le Notti di Cabiria,
Otto e mezzo.
Dopo vari progetti, anche all'estero, con personaggi della scena
cinematografica internazionale all'inizio di marzo 1970 viene
colpito da un primo infarto. Il 5 novembre 1972 pubblica sul
Corriere della Sera il suo ultimo articolo, a carattere
autobiografico. Due settimane dopo, il 20 novembre, mentre si
trova in una clinica per alcuni accertamenti, viene colpito da
un secondo infarto che gli è fatale. Ennio Flaiano è sepolto a
Maccherese, nel comune di Fiumicino insieme alla sua famiglia.
Ennio Flaiano di se stesso ha scritto:
Sono nato a Pescara in un 1910 così lontano
e pulito che mi sembra di un altro mondo. Mio padre commerciante,
io l’ultimo dei sette figli della sua seconda moglie, Francesca,
una donna angelica che le vicende familiari mi fecero conoscere
troppo poco e tardi. A cinque anni fui mandato nelle Marche, a Camerino,
presso una famiglia amica, che si sarebbe presa cura di me. Vi restai
due anni. A sette anni sapevo fare un telegramma. Ho fatto poi anni
di pensionato e di collegio in altre città, Fermo, Chieti, Senigallia,
persino Brescia, nel 1922. Il 27 ottobre dello stesso anno partivo
per Roma, collegiale, in un treno pieno di fascisti che "facevano
la Marcia". Io avevo dodici anni ed ero socialista. A Roma divenni
un pessimo studente e arrivai a stento alla facoltà di architettura,
senza terminarla, preso dal servizio militare e dalle guerre alle
quali fui chiamato a partecipare, senza colpo ferire.
Tuttavia, Roma è la mia vera città. Talvolta
posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l’enorme garage
del ceto più medio d’Italia. Ma Roma è inconoscibile, si rivela
col tempo e non del tutto. Ha una estrema riserva di mistero e ancora
qualche oasi. A Roma, da giovane, ho trascorso anni in giro, la
notte, col poeta Cardarelli e Guglielmo Santangelo, due maestri
di indignazione e di vita. A Roma ho conosciuto i primi scrittori,
i primi artisti, i giovani che facevano la fame, le donne che ci
facevano compagnia.
Ho cominciato a scrivere molto tardi,
satire e note critiche, pensare alla narrativa. Nell’inverno del
‘46, trovandomi solo a Milano, ho scritto il mio primo e unico romanzo.
Era la "mia Africa", adattata ai miei panni, un apologo: Tempo di
uccidere.
Il libro vinse un premio, la critica
lo accolse tiepidamente. Un critico scrisse che mi aspettava alla
seconda prova. Sta ancora aspettando. Un altro che ero troppo "leggibile".
La vecchia Italia dei capitoletti e della "pagina" mi respingeva.
Nel ‘49 Pannunzio mi chiamò redattore al "Mondo", vi tenni una rubrica
che poi raccolsi in volume, Diario notturno, assieme ad altri scritti.
Il cinema mi offrì in quegli anni una vita economica meno aspra.
Ho collaborato con Fellini ad otto dei suoi film, ho scritto altre
storie, per altri registi. Infine, tutto tempo perso, idee e pagine
buttate al vento. Nel ‘59 un altro volume di racconti, e poi una
commedia, Un marziano a Roma, la sola cosa che mi piace e che andò
male [...]
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