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VISITARE
SARAJEVO - INFORMAZIONI E GUIDA. La capitale della Bosnia, circondata dalle montagne, è una città singolare che una volta era rinomata
per il suo crogiolo religioso, e per questo chiamata la "Gerusalemme d'Europa". In
poche centinaia di metri si possono ancora trovare cattedrali, sinagoghe e
moschee. Qui è scoccata la scintilla della Prima Guerra Mondiale e qui
l'Europa ha rivisto la tragedia di una guerra. Oggi è una città divisa,
cristiani ortodossi, popolazione musulmana dall'altra. Il suo fascino,
resta immutato.
Se esiste un luogo in Europa che simboleggia
l'incrocio tra l'Ovest e l'Est del continente, questa è Sarajevo. È
qui che gli imperi Bizantino e Ottomano da est e gli imperi prima di
Roma,
poi di
Venezia e infine di
Vienna da
ovest hanno portato le loro culture, le loro tradizioni e le
loro religioni. Solo pochi posti al mondo condividono nella
stessa città, a volte nella stessa piazza, chiese ortodosse e
cattoliche, moschee e sinagoghe.
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Sarajevo, in particolare, è il frutto di una secolare
lotta contro forze esterne con la contemporanea capacità di assimilare e far
proprie tutte le influenze che venivano da fuori, in un mix davvero unico. Mentre in altre parti della
Bosnia Erzegovina ci sono ancora rancori etnici evidenti, a
Sarajevo persiste una lunga tradizione di società multi etnica.
Camminare per questa città è un
salto nel passato, nella
storia d'Europa. Dal
quartiere turco con i suoi negozi artigiani, le
caffetterie e le tipiche pasticcerie alla zona amministrativa e culturale di
carattere austro-ungarico. Sarajevo, ve ne accorgerete, è una città ospitale
e amichevole, dove è facile fare conoscenze. Le colline e le montagne che
circondano la città hanno da sempre, in un certo senso, isolato Sarajevo,
creando un mondo a parte, che allo stesso tempo ha sempre tenuto aperte le
sue porte al resto del mondo. Negli anni '90 del secolo scorso la città
stava per scomparire, all'innescarsi di un odio cieco e assurdo, che non
veniva da qui, bensì dal resto della Bosnia. Oggi tutto questo, per fortuna,
e solo un lontano ricordo, un incubo da cui i cittadini si sono risvegliati,
ritrovando una bella e fiera capitale, piena di vita.
Durante l'assedio della città una agenzia matrimoniale del posto
pubblicizzava così i suoi servizi:"In questo mondo di guerre e morte
l'unica cosa che ha un senso è fare l'amore." Diventa quasi superfluo
commentare una frase così vera e allo stesso tempo cruda, non
fosse per quel suo portare la mente un passo oltre, per cercare di
comprendere, di afferrare il significato di quello che è stata la guerra di
Bosnia e l'assedio di Sarajevo. Le parole sono
inutili di fronte al coraggio della rinascita,
la stessa che vediamo
oggi in questa città, e che forse neanche Ivo Andrić, scrittore
serbo, premio Nobel della letteratura, è riuscito ad esprimere.
Di questo
stesso autore vogliamo riportare alcune sue parole, riferite al suo paese di
nascita, Travnik, poco lontano dalla capitale: "
In fondo al
mercato di Travnik, sotto la sorgente fresca e gorgogliante del fiume Šumeć,
è sempre esistito, da che mondo è mondo, il piccolo Caffè di Lutvo.
Ormai neanche gli anziani ricordano Lutvo, il suo proprietario; da almeno
cento anni egli riposa in uno dei cimiteri intorno alla città. Tuttavia si
va sempre a "prendere un caffè da Lutvo", e così ancora oggi il suo nome
ricorre spesso nelle conversazioni, mentre quello di tanti sultani, visir e
bey è da tempo sepolto nell'oblio". Per fortuna il tempo copre ogni
ferita e ogni lutto e piano piano, anche se non si dimentica, la vita
riprende.
Come Travnik anche Sarajevo continua ad ascoltare
le voci di coloro che prendono il caffè nel bar sotto casa, e lo fa da
secoli, nonostante le guerre, nonostante le distruzioni, nonostante gli odi
e le differenze, quelle fisiche e quelle della coscienza. Perché come lo
stesso Andrić raccontava nel 1920 "
chi passa la notte sveglio nel letto a
Sarajevo può udire le voci della sua oscurità. Pesantemente e
inesorabilmente batte l'ora sulla cattedrale cattolica: due dopo la
mezzanotte. Passa più di un minuto […] e si annuncia, con suono più debole,
ma acuto, l'orologio della chiesa ortodossa che batte anch'esso le sue due
ore. Poco dopo si avverte
con un suono rauco e lontano la Torre
dell'orologio della Moschea del bey, che batte le undici, undici ore degli
spiriti turchi, in base a uno strano calcolo di mondi lontani e stranieri...".
Secondo Andrić questi erano i suoni delle differenze, che non
battevano mai tutti insieme, ma a distanza l'uno dall'altro, anche solo
infinitesimale: "
nel conto delle ore vuote del tempo veglia la differenza
che divide questa gente assopita". É strano però come con qualche
pensiero 'oltre' si sia in grado di percepire non una differenza ma un lungo
filo continuo, interlocutore. Questo stesso filo oggi ci accompagna lungo il
viaggio a Sarajevo, tra le strade acciottolate del centro storico,
tra le moschee ed i negozi in stile orientale, in un mondo che pare lontano
dall'Europa e che a sentire la struggente 'chiamata' alla preghiera
dei muezzin dal minareto (l'Adhān) è come ritrovarsi in Medio
Oriente... per poi all'improvviso rendersi conto d'essere invece ai piedi
di una chiesa cattolica e vicini allo stesso tempo ad una Sinagoga.
Sarajevo è una città che si prepara a far sognare
coloro che la visitano, viaggiatori incalliti e turisti impauriti, ambedue
intenti a conoscere luoghi vicini e pur lontani dall'immaginario a cui sono
stati spesso abituati. Il quartiere di Bascarsija, nella parte est
del vecchio centro di Sarajevo, è stato completamente restaurato ed oggi è
un'area bella e viva da scoprire: è piacevole passeggiare in questo
labirinto di botteghe artigiane, caffetterie e piccoli ristoranti, oltre la
moschea di Gazy Husrev Bey e la caratteristica fontana nella piazza
principale, per poi ritrovarsi nella Ferhadija, la strada più
elegante di Sarajevo, in stile mitteleuropeo, per incontrare i bar più
eccentrici e i negozi alla moda più ricercati. In lontananza, l'occhio
cattura l'abilità degli artigiani, dei fabbri e degli orefici, e pare ancora
incredibile pensare di poter trovare queste arti che furono dei nostri
antenati, così a portata di mano in una capitale europea. Solamente la zona
dei palazzi governativi e delle periferie risentono in parte dei danni della
guerra. Provare ad andare contro la leggera brezza estiva lungo il fiume
Miljacka, verso sera, al tramonto, diventa un momento di pace inattesa:
forse questi stessi momenti sono stati vissuti anche dagli antenati più
antichi, gli Illiri? Costoro avevano diversi insediamenti chiave
intorno alle sponde del fiume e nella valle intorno a Sarajevo, forse anche
loro sono stati catturati dalla bellezza del tramonto di Sarajevo quando
decisero di fermare qui i loro lunghi cammini.
Ma le origini di Sarajevo sono ancora
avvolte nei miti e nelle leggende, tanto che le prime fondamenta storiche
della città vengono considerate solo a partire dall'Epoca Ottomana e
fatte risalire al governatore della Bosnia Isa-bey Isakovic, nel
1461. Quando l'Europa stava sperimentando il
Rinascimento, c'erano
solo tre o quattro villaggi nella valle tra Hum (verso la costa e nel
territorio di Trebinje) ed il monte Trebevic, allora chiamato
Zlatni. Poi dal 1500 architetti e costruttori edificarono il volto
storico dell'odierna Sarajevo.
Il governatore Isakovic, dopo aver
raggruppato un insieme di villaggi con l'intento di formare una capitale,
quasi a voler dar vita ad una nuova
Atene, fece costruire
gli edifici più significativi di una tipica città musulmana: una moschea, a
cui diede il nome di Careca dzamija in onore di Mehmed II (il
grande sultano di
Istanbul), un bazar,
dei bagni pubblici ed un palazzo di corte, chiamato saray, dal quale
deriva l'odierno nome della città. La ricca storia di Sarajevo è
ancora oggi rappresentata nelle moschee, nei mercati e nell'antico bazar
turco. Il lungofiume rimase quasi inalterato dal 28 giugno 1914, data
di quello che è passato alla storia come l'Attentato di Sarajevo, l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando
e di suo moglie sofia da parte dell'ultranazionalista serbo Gavrilo
Princip (che come
è noto aggravò così tanto la crisi tra Serbia e Impero
Austro-Ungarico da scatenare nel giro di 48 ore le fasi iniziale della
Prima guerra mondiale) e dopo settant'anni, quando Sarajevo tornò a
richiamare l'attenzione del mondo ospitando le Olimpiadi invernali del
1984, si potevano ancora visitare i luoghi dell'attentato. Per secoli la
città è stata nota al mondo intero per la convivenza pacifica di musulmani,
serbi, croati, turchi ed ebrei: una tradizione di tolleranza ridotta in
cenere dalla recente guerra che nel 1992 ha provocato 100.000 morti
(accertati) nell'intero paese.
Superati i conflitti, la Sarajevo odierna
sente la necessità di rivivere una vita meritevole di attenzioni culturali,
turistiche e naturalistiche. Le colline circostanti per esempio, sebbene sia
necessaria la giusta cautela per possibili mine di terra e attenersi ai
sentieri di strade asfaltate ed ai marciapiedi (e non ai campi o alle aree
boschive), offrono una fantastica vista sulla città, nonché un assaggio di
vita rurale ancora oggi ricco di folclore e tradizione. Per rientrare nel
cuore storico di Sarajevo scegliamo il lungo viale alberato di Ilidza,
che in circa 3 km collega la città alle sorgenti di Vrelo Bosne, una
delle aree naturali più belle della regione. Dalle rovine di
un'antica fortezza ottomana, un anziano uomo si affaccia sulla sua città e
la osserva attraverso un paio di binocoli. Impossibile dire a quale etnia
appartenga, cristiana o musulmana (stranamente, in una guerra causata da
conflitti etnici, l'unico modo per distinguere l'uno dall'altro vicino di
casa era solo attraverso il nome).
La sua gentilezza si fa subito sentire e
dopo aver preso in prestito la potente 'lente d'ingrandimento' siamo in
grado di vedere l'intera città dall'alto: pian piano è come avvicinarsi ad
essa, alle case bianche con i tetti rossi, alle verdi colline coltivate a
vigneti, all'antico quartiere Ottomano, alle cupole dorate, alle guglie dei
minareti e delle chiese cristiane, ortodosse e cattoliche. Poi lo sguardo si
posa, nuovamente sul fiume Milkacka e su una serie di ponti;
l'anziano uomo
ci dice di osservarne uno in particolare, ma non quello conosciuto come
Ponte Latino, "
quello appartiene ad un'altra guerra", dice. Si riferiva
infatti al Ponte di Vrbanja, meglio conosciuto come Ponte di Romeo
e Giulietta, e cioè il ponte degli innamorati di Sarajevo,
Admira Ismić e Boško Brkić, lei bosniaca musulmana, lui serbo
bosniaco. Sono stati uccisi il 19 maggio 1993, mentre cercavano di fuggire
dalla città assediata, da allora il ponte è diventato il simbolo della
sofferenza di un intero popolo, senza distinzione di etnia.
I fantasmi della
storia sono sempre dietro le spalle a Sarajevo e non vanno mai dimenticati,
così come non lo è stato per tante altre città europee e non che hanno
vissuto le stesse terribili tragedie della guerra. Sarajevo è una città dove
tutti hanno una storia da raccontare, sono storie di una tale forza e
coraggio che non possono che rimanerti nel cuore, anche quando si cammina
per quelle parti moderne e di lusso della città, nate dopo la ricostruzione.
Sarajevo oggi è una città dagli incredibili
ottimismi, ricca di eventi culturali (tra tutti il Sarajevo Film
Festival ed il Sarajevo Jazz Festival), di centri culturali, di
folclore e di una vita cosmopolita all'avanguardia. Sarajevo, la
salutiamo ricordando la sua reginetta, Inela Nogić, che con coraggio
mostrò al mondo intero lo striscione "Don't let them kill us" (non lasciate
che ci uccidano) e a cui veniva dedicata una delle più belle canzoni
degli U2 (Miss Sarajevo)
"C'è un tempo per mantenerti distante | un
tempo per guardare altrove | c'è un tempo per tener giù la testa | per
proseguire la tua giornata...| dici che il fiume | trova la via al mare | e come
il fiume | giungerai a me | oltre i confini | e le terre assetate"
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