Cosa mangiare a Pompei

Cosa mangiare a Pompei - Dove mangiare a Pompei

La storia è servita a Pompei... anche a tavola. Uno dei siti archeologici più belli e meglio conservati al mondo attrae ogni anno milioni di turisti. Immaginate allora se fosse possibile, tra le meraviglie archeologiche, poter conoscere cosa mangiavano gli antichi abitanti di Pompei. Ed oggi, nella Pompei moderna è possibile che sia rimasta traccia di piatti e usanze culinarie in uso un tempo nella Pompei antica?

Il territorio della costa vesuviana da sempre è stato aperto al commercio marittimo e quindi agli scambi con gli stranieri e ad una omogeneità di culture. Non solo antichi Romani ma anche popolazioni greche, nordafricane e quelle del più vicino oriente.

Alla fervida immaginazione basta poco per sentire i profumi che un tempo inondavano le vie dell'antica Pompei. Nei loggiati e nei giardini delle ville patrizie, nelle vivaci locande e tra il chiacchiericcio della gente nelle botteghe, pare quasi vederli materializzati gli odori delle antiche 'thermopoli', i nostri odierni chioschi da strada, si potrebbe dire, se non dei veri e propri antenati dei ristoranti moderni. La zona cottura di questi locali poteva contare su una sorta di 'barbecue' in terracotta, mentre i residenti più agiati nelle proprie dimore si potevano permettere dei piani cottura in pietra, delle sorte di panche che utilizzavano il calore generato da un fuoco di carbone inserito all'interno delle stesse. La thermopolia era in effetti una sorta di taverna dove venivano vendute bevande e cibo caldi. C'era poi la caupona, che insieme al vitto offriva anche l'alloggio ai forestieri, e qualche altro servizio extra (nell’antica Pompei ne esistevano circa una novantina, la più famosa era quella di Lucio Vetuzio Placido in Via dell’Abbondanza. Il vino era sempre abbondante ovviamene e veniva trasportato nelle ampolle e nei fiaschi dei venditori alle case dei ricchi abitanti. Non mancavano di certo i mercanti a Pompei (molti di questi scambiavano le proprie merci con pezzi di vetro rotto). Il Thermopolium della Fenice, lungo Via dell'Abbondanza, prende il nome dalla fenice disegnata nell'insegna esterna, e includeva nella sua struttura anche un orto coltivato a vite. Negli orti generalmente non mancavano lattuga, broccoli, carote, rapa e basilico e soprattutto cavolfiore, di cui si faceva largo consumo e veniva mangiato crudo. Nei banchetti dei ricchi inoltre la frutta aveva un'importanza fondamentale e spesso veniva servita come antipasto o accompagnata al dolce alla fine del pasto.

Anche il mare, a quei tempi molto più vicino di quanto non lo sia adesso, si faceva sentire con il profumo salato di tutta la sua natura mediterranea. Era un mare ricco di orate, alici, tonni, pesce spada; tutti pesci conservati sotto sale. Era inoltre sviluppato l’allevamento ittico di cozze, ostriche e murene. Un mosaico trovato a Pompei raffigura una vasta gamma di prodotti di mare e non mancavano quindi spigole e triglie, così come aragoste e gamberi, ma anche polpi, calamari, anguille. I piatti tipici della Pompei antica venivano spesso conditi con una  particolare salsa di pesce che portava il nome di “garum? e che mai mancava negli abbondanti banchetti delle ville pompeiane: la salsa era ottenuta dalla fermentazione in acqua salata delle interiora di pesce; vantava un gusto agrodolce molto apprezzato e veniva usata quasi su ogni piatto, in sostituzione spesso del costoso sale. Si tratta di una salsa che ha dato un contributo importante alla conoscenza della storia di Pompei, perché ne sono state rinvenute diverse tracce durante gli scavi ed essendo ricavata da un particolare pesce presente solo in determinati periodi dell'anno, si è stati in grado di stabilire la datazione precisa della distruttiva eruzione del Vesuvio. Oggi, è possibile assaporare una salsa simile alla garum (in particolare nel borgo di Cetara, costa amalfitana), ottenuta da un simile procedimento chiamato "colatura", attraverso la maturazione delle alici in una soluzione di acqua e sale.

L'antico Foro romano era anch'esso di certo caratterizzato da un via vai di gente, che dalle  campagne arrivava in città per scambiare derrate alimentari con merci cittadine, arrivate dal porto. D'altronde lo scambio di merci a Pompei era parecchio sviluppato: lo si può comprendere dagli affreschi e dai mosaici che si possono ammirare ancora oggi, dall'oro presente negli antichi gioielli rinvenuti e, non ultimi, dai prodotti alimentari un tempo in circolazione (erano granaglie, vini, oli, spezie, tra gli altri). Gli antichi mangiavano cibo non elaborato, sicuramente olive, fave, fagioli, ceci, pesche, datteri, mandorle, amarene, mele, pere, noci. Non mancava l'olio d'oliva, mentre la carne era prerogativa dei ricchi. Per preparare il cibo venivano usati utensili in ferro, quali coltelli, mannaie e cucchiai, mestoli e mortai. Il cibo andava poi servito in un grande piatto circolare chiamato discus. I proprietari della famosa Villa dei Misteri, una delle residenze simbolo della Pompei antica, non mancavano sicuramente di servirsene, considerata la presenza di ambienti rustici come il forno, le cucine ed il torchio, affiancati dalle altre sezione della casa, che andava ad includere anche la zona termale.

Il pane era un alimento molto comune a Pompei, oggi come allora, ed è spesso rappresentato nelle pareti affrescate conservatesi nella città antica. Veniva lavorato in macine di pietra lavica e spesso portava impresso il nome del panettiere o del forno nel quale veniva prodotto. Negli scavi della vicina Ercolano è stato rinvenuto del pane carbonizzato e conservato per quasi 2000 anni: nel momento dell'eruzione, come si può immaginare, non furono pochi i pani lasciati nei forni. Si trattava di pagnotte a forma leggermente schiacciata, rotonda e paffuta, simile ad una torta che solitamente veniva divisa in spicchi. A Pompei esistevano circa 35 panetterie e in una di queste sono stati ritrovati i resti di 85 pagnotte, a dimostrazione del fatto che la richiesta di pane era a quel tempo molto elevata.

La famiglia pompeiana benestante usava fare una colazione (chiamata 'jentaculum') con pane e miele, spesso accompagnata anche da formaggio ricotta e olive, o frutta secca; il pranzo di per se (chiamato 'prandio') prevedeva la carne, spesso selvaggina, oppure insaccata sotto forma di salsicce; veniva accompagnata dal pane, che non mancava mai. Ma era la cena ad avere la caratteristica dell'abbondanza, tanto che consisteva in non meno di sei o sette portate (antipasto, piatti a base di pesce o di carne, e poi dolci e frutta, e l'immancabile vino). Ai ricchi piacevano in particolare le varietà di cibi esotici, importati dall'Africa o dalle vicine terre mediorientali.

Di contro il comune cittadino si doveva accontentare di qualche granaglia a colazione (si usava mangiare una sorta di porridge di orzo, grano tenero e miglio) o di qualche avanzo di verdura. Il pranzo veniva consumato nelle thermopolia, dove si poteva trovare qualche minestra calda di cereali e del pane; la cena veniva generalmente consumata nella propria dimora e non si discostava di molto dalle pietanze del pranzo, anche se a volte veniva accompagnata da qualche pezzo di formaggio o da fagioli crudi. Il pane dei poveri era diverso da quello sopra descritto, costoro generalmente non potevano permettersi il lievito e mangiavano pane non lievitato, simile al pane arabo.

Tra i piatti tipici dell'antica Pompei erano compresi la zucca fritta (generalmente servita come antipasto), c'era poi il cavolfiore in salsa garum (bassica pompeiana), la torta di acciughe fritte (patina de apua fricta), le polpette al rosmarino (esicia omentata), e poi ancora l'orata di Efeso al grappolo d’uva (Aurata Ephesia racemo), il pollo piccante (Esica Omentata), il maialino arrostito (Porcellus assus). La cucina di Pompei era anche rinomata per la produzione di formaggi spesso affumicati, ricavati sia dal latte di pecora che di vacca, e ricotta.

Il vino a Pompei – non ultimo – era anche qui considerato il nettare degli dei e all'epoca veniva spesso usato con il miele. Non sono pochi i vitigni rinnestati nel territorio di Pompei e oggi da prediligere è il rosso vino Villa dei Misteri. Il vino degli antichi era spesso a base di spezie quali zenzero e con l'aggiunta di miele. E a proposito di bevande, sarebbe da non perdere  anche l'assaggio dell'ottimo liquore al babà (Babà Re), oppure fare un salto nella fabbrica di bibite terre pompeiane, nata nel dopoguerra con la spuma gasata a base di carciofo e oggi avviata a molti altri gusti con una vasta gamma di liquori che spazia dal classico limoncello, al liquore a base di alloro, o a quello al finocchietto. Un tempo tra le bevande più diffuse c'era anche la pòsca, aceto diluito in acqua.

Quali sono oggi i piatti tipici della Pompei moderna?  La cucina odierna acquisisce influenze da tutto il territorio napoletano (la distanza da Napoli e Pompei è davvero esigua) con il quale si fondono le antiche usanze culinarie della Pompei antica. La cucina partenopea è rinomata (vedere anche il nostro articolo Cosa mangiare a Napoli), e quella di Pompei non poteva venirne influenzata... e viceversa. Ambedue le cucine sono antichissime, sono state influenzate dall'antica Roma e dalle sue colonie, dislocate non solo nel continente europeo, ma anche nei territori africani e più orientali affacciati nel Mediterraneo.

Quali piatti consigliare oggi a Pompei. Sicuramente la pizza, che anche qui, come in tutto il territorio napoletano, troviamo ottima e a buon prezzo. Tra i piatti tipici troviamo  le alicette alla scapece, alici fritte e condite da aceto caldo. Ci sono poi gli spaghetti con vongole veraci, generalmente servite con una spruzzata di pomodori soffritti o in bianco; la zuppa di soffritto (anche detta zuppa forte o salsa forte) composta da interiora di carne di maiale, cotte in salsa di pomodoro e speziata e spesso servita con le secche freselle o come condimento alla pasta, tipo un classico ragù. Non fatevi mancare inoltre il più tipico Casatiello napoletano, anche se magari non capitate a Pompei proprio nel periodo pasquale (è infatti tipico della festività): si tratta di una torta salata, farcita di formaggio, pancetta e salame, a forma di ciambella e decorata con uova intere nella superficie. Non mancherà sicuramente d'essere servita la famosa 'pastiera napoletana', torta di pasta frolla con un ripieno di ricotta, grano, uova, spezie (solitamente cannella e cedro candito). Tra i piatti tipici che si possono trovare a Pompei è da provare sempre quel che il menù propone a base di 'garum', solitamente con colatura tradizionale di alici (spesso accostata ai primi piatti, con la pasta, oppure servita in insalata). Vanno per la maggiore i piatti di mare, tra i primi classici di pasta alle vongole, o classici gnocchi alla sorrentina. Non mancheranno gli struffoli e tantissimi altri dolci della costa vesuviana, generalmente la frutta fresca, soprattutto il melograno e le mele, così come non mancano le proposte di rivisitazione della più classica delle tradizioni culinarie.

 

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