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Storia di Cento
  
Attraverso canalizzazioni e opere di bonifica, l'uomo ha reso nei secoli
abitabile e coltivabile la zona in cui Cento venne fondata insieme al vicino
borgo di Pieve di Cento, con cui all'inizio formava un'unica cittadina. Secondo la tradizione, Cento sorse attorno a 100 casupole di agricoltori e
pescatori che dipendevano dalla vicina pieve. In seguito, una serie di
scontri per l'autonomia amministrativa e di interessi particolari
contrastanti determinarono, nel 1300, la scissione giuridico amministrativa
dei due nuclei.
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La definitiva separazione venne sancita fisicamente nel 1458
dal nuovo letto del corso del Reno, che in origine lambiva Cento a ovest,
nella zona intermedia tra i due borghi. Per altri studiosi il nome
della cittadina ha un'origine romana Centum, in riferimento all'uso
della divisione del territorio in "centurie agrimensorie", tutte numerate
progressivamente, fatta eccezione per quelle "estreme", di confine o che
arrivavano a toccare località improduttive, rocciose o paludose, come in
questo caso, le quali venivano designate con l'indicazione generale di
Cento. Nel XIII secolo il nome Centum viene affiancato dalla dicitura
Gambararium, cioè gambero. La toponomastica si rese portavoce di
un'attività locale, allora particolarmente praticata e redditiziea quella
pesca del gambero, lo stesso che compare ancora oggi nello stemma del comune
di Cento.
La primitiva zona abitata, già di dominio longobardo, viene citata nei
documenti come "Fondo" o "Casale Reno", tra il 799 e l'800, quando
apparteneva all'Abbazia di Nonantola. Verso la fine del XII secolo diviene
proprietà terriera e dominio principesco dei vescovi di Bologna,
conservando tuttavia una particolare forma di autonomia: gode infatti di
condizioni di privilegio, nel senso che fin dal 1135 può esercitare un
proprio potere giurisdizionale. Cento gestiva anche i terreni e usufruiva di parte
dei prodotti ricavati. Inoltre, sulla base di un diploma imperiale del 1220
che ne confermava le caratteristiche di libertà da determinate imposizioni,
i Centesi poterono avvalersi del diritto di essere esenti da dazi e gabelle,
consolidando così l'autonomia politica ed economica.
Dopo la scissione, Cento rinsaldò le proprie fortificazioni. Nel 1378 venne
costruita la rocca, in seguito modificata, che divenne il cardine delle
opere difensive della cittadina. Nel XV secolo il Reno cambio più volte
corso e, portandosi infine proprio tra Cento e Pieve, ne contrassegnò anche
una separazione di tipo geografico; con la conformazione assunta a
quest'epoca, l'intera zona divenne di proprietà degli Estensi nel 1502, come dote
concessa da Alessandro VI , il papa Borgia, alla figlia Lucrezia
Borgia che posò il duca Alfonso d'Este. Al vescovo di Bologna era stato
promesso dal pontefice un risarcimento pecuniario che tuttavia non fu mai
pagato. Alla morte di Alessandro VI, verificatesi nel 1503, il vescovo non
volle concedere in un primo momento la zona a Ferrara; venuto
successivamente a patti, intorno al 1508, ne assegnò agli Estensi, a titolo
di feudo, l'investitura. Oggi Cento si trova in provincia di Ferrara,
Pieve di Cento in quella di Bologna.
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Cento, dal punto di vista politico amministrativo, seguì le sorti della
Ferrara estense, così durante il Ducato, come lato della devoluzione allo
Stato Pontificio nel 1598. La comunità continuerà a fare parte
della legazione centese, ma il referente culturale, in particolare nei
secoli XVII e XVIII, sarà piuttosto Bologna anziché Ferrara, che da
capitale della signoria divenne, nel frattempo, modesta provincia dello
stato.
Nel gennaio del 1755 venne ufficialmente resa pubblica una bolla papale (che
oggi si conserva nell'archivio storico comunale) della fine dell'anno
precedente che promosse e dichiarò città
la terra di Cento.
Nel 600/700 si assiste al fenomeno nella costituzione e diffusione
delle accademie. A Cento c'erano quelle dell'Aurora, della Notte, dei
Rinvigoriti, degli Oscuri, e così via. Si tratta di punti di riferimento,
luoghi di incontro degli intellettuali locali che, in un momento di
debolezza del potere politico e amministrativo e di perdita di prestigio
sociale, poiché non esisteva più possibilità di una tutela da parte del
"mecenatismo illuminato" del Duca, scelgono questa via di
auto-organizzazione, di affrancamento sociale e di ricerca di autonomo
spazio culturale. Questo associazionismo rappresentò una componente
non trascurabile di vivacità culturale. Di carattere prevalentemente umanistico-letterario,
tale "struttura" ebbe senz'altro caratteristiche autoctone legate, com'è
ovvio, alle famiglie emergenti locali.
Fatti significativi legati alla Rocca
Tra i fatti più significativi di Cento a cui le cronache rimandano vi sono gli assedi
dei 1359, ad opera di Bernabò Visconti, e del 1443 da parte di
Luigi dal Verme, capitano di Francesco Sforza. La vittoria
riportata dagli abitanti di Cento sul Dal Verme venne in seguito ricordata
con un palio alla vigilia di Pentecoste. L'annuale festa della Concezione di
Maria ha analoga origine, poiché legata al ricordo della vittoria conseguita
in occasione dell'assedio estense del 1521.
La fortezza in tempi più recenti, il 10 dicembre del 1800, vide i soldati
austriaci impegnati a scacciare i difensori della Repubblica Cisalpina
che qui si erano rifugiati. L'inespugnabilità dimostrata in più d'una
occasione dalla rocca, ne ha condizionato l'uso, facendola ritenere luogo
particolarmente adatto per la detenzione di oppositori e delinquenti comuni; a
partire dal XIX secolo venne sempre più utilizzata secondo questo criterio,
fino a divenire carcere mandamentale. Tra gli ospiti tristemente famosi
ricordiamo Diomira de Paoli, moglie del famigerato e mitico bandito,
nella cultura popolare, Antonio Gasperoni.
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Uomini illustri di Cento
Numerosi sono gli uomini illustri che operarono a Cento, nei più diversi
campi, nei secoli XVII e XVIII. Nella pittura figura Giovanni Francesco
Barbieri detto il
Guercino
(1597-1666), certo l'artista più noto, ma sicuramente
non il solo, poiché già nel '500 lavoravano a Cento Marco
Zoppo, Giambattista Cremonini, Benedetto Gennari; c'è inoltre la scuola
pittorica di Lorenzo Zucchetto e, successivamente, per tutto il
Seicento, il fratello del Guercino, Paolo Antonio Barbieri, Cesare Benedetto Gennari,
Marcello Provenzali, Orazio Lamberti, e, nel settecento,
Paolo Antonio e Stefano Felice Ficatelli e altri ancora.
Nella musica figurano i nomi di Antonio
Coma, maestro di cappella, attivo dal 1589 al 1623, e, nel settecento, del
musicista Bartolomeo Campagnoli. Mentre in ambito letterario è
doveroso un accenno particolare a Girolamo Baruffaldi
(1675-1755) cultore della storia, letterato, poeta, erudito, autore di sonetti,
libretti per musica, poemi e rime. Di particolare interesse è un suo
poemetto, pubblicato per la prima volta nel 1740, intitolato Il Canapaio
e dedicato appunto alla coltivazione e alla lavorazione della canapa.
Un particolare di Baruffaldi fa sorridere, il fatto di essere considerato,
in ambito filologico, uno dei più geniali falsari di letteratura antica.
Redasse infatti una antologia di Rime scelte dei poeti ferraresi
(1713) dove tra materiale autentico e noto, inserì un buon numero di
testi attribuiti a ferraresi più o meno illustri, ma tutti usciti dalla
sua penna. Ad esserci per così dire "cascati" sui presunti rimatori
ferraresi dei primi secoli, estimatori dei sonetti del rango di
Foscolo e Carducci e Giacomo Leopardi.
Ricordiamo anche il famoso tenore di
inizio '900 Giuseppe Borgatti, a cui è intitolato il teatro cittadino
e il museo omonimo (cantò, per fare un esempio alle
prime assolute alla Scala di Milano dell'Andrea Chérnier di Umberto
Giordano e della Tosca di Giacomo Puccini, diretta da Toscanini).
Infine da citare il
patriota garibaldino Ugo Bassi, di cui parleremo di seguito e il
pittore
di inizio '900,
Aroldo Bonzagni, a cui è dedicato
l'interessante Museo di arte moderna della città.
Cento e l'Unità
d'Italia
I centesi aderirono attivamente ai movimenti risorgimentali; era nativo di
Cento il padre barnabita Ugo Bassi, convinto e inarrestabile seguace
di Garibaldi; con questi sbarcò a Magnavacca nei pressi di
Comacchio nel 1843, ma dopo pochi
giorni fu fucilato dagli austriaci a Bologna. Con l'Unità d'Italia
vennero soppresse le precedenti barriere doganali, ma le prospettive di
ricchezza si rivelarono illusorie anche per la mancata
realizzazione di strade ferrate che, nonostante fossero state promesse, non
furono realizzate; non si poterono dunque
potenziare e rinnovare collegamenti indispensabili per Cento anche in
riferimento alla produzione agricola. Il passaggio al Novecento coincise
con la grande crisi agraria: l'imposta fondiaria e i contributi di scolo fecero
contrarre la produzione e gli investimenti; crollò la rendita agraria e
a Cento come altrove molte famiglie presero la via dell'emigrazione
all'estero.
L'industriosità che caratterizzava l'abitato ebbe comunque il sopravvento e
lentamente, quasi in sordina, venne avviato un progressivo recupero economico sia
nel commercio che nelle piccole imprese tessili e metallurgiche.
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