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Studiare musica rende super lettori e aiuta con la dislessia.
Gli effetti benefici comprovati dalla scienza dell'educazione
musicale sulle capacità cognitive, di lettura e apprendimento
sin dall'infanzia.
Secondo uno studio di questi ultimi anni dell'Università di Milano Bicocca
studiare musica, oltre a dare un piacere immenso che dura tutta la vita, rende
le persone dei super lettori ed è un valida terapia contro la dislessia. Già in
passato i neuroscienziati si sono interessati al cervello "diverso", in
dimensioni e funzionalità, dei musicisti. Ma quello di Milano è il primo
studio comparativo tra musicisti e non musicisti che indaghi la comprensione
visiva ortografica, cioè il processo di lettura delle parole. |
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Super lettura e musica
Secondo i ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università di
Milano-Bicocca i musicisti sono in grado di riconoscere le parole con più
facilità rispetto alle persone che non hanno mai studiato musica. Lo studio è
stato condotto su quindici musicisti (pianoforte, violino, violoncello,
tromba, clarinetto, flauto, organo, composizione, direzione d’orchestra) del
conservatorio Verdi di
Milano e su altrettante persone con nessuna competenza musicale.
La ricerca ha dimostrato che chi è in grado di leggere il pentagramma ha una marcia
in più: nel cervello dei musicisti, infatti, si attiva un’area del linguaggio
solitamente "spenta" in tutte le altre persone. Lo studio, pubblicato sulla
rivista Neuropsychologia e condotto in collaborazione con il Cnr presso
il laboratorio di elettrofisiologia cognitiva, può avere delle applicazioni positive anche
nella cura della dislessia.
Alice Mado Proverbio, che insegna Psicobiologia e Psicologia Fisiologica
ed è coordinatrice dello studio dice al riguardo: "È noto che imparare a
suonare bene uno strumento musicale sia a livello di materia grigia che di materia bianca, velocizzando
il transfer inter-emisferico, migliorando il controllo e la coordinazione
motoria e l’elaborazione uditiva dei suoni". Il cervello dei musicisti, si
allena a diventare più intelligente.
"Abbiamo dimostrato", continua la professoressa Proverbio, "che il cervello dei musicisti che hanno iniziato a
studiare musica da piccoli, entro gli 8 anni, è anche più veloce nel riconoscere
le parole. Per farlo, abbiamo
confrontato l'elaborazione visiva delle note e delle parole in 30 persone
destrimani, registrando la loro attività bioelettrica sincronizzata (ERP) in
risposta a parole e note in un pentagramma".
Insomma, studiare musica da piccoli modifica i
meccanismi neurali di lettura delle parole, qualunque sia la predisposizione
genetica delle persone. Mediante l’applicazione di una tecnica di neuroimmagine
elettromagnetica è stato osservato che durante l'analisi di simboli alfabetici
le persone prive di conoscenze musicali attivavano solo la regione per le parole
(detta anche visual word form area, situata nel giro fusiforme della corteccia
occipito/temporale, BA37) e il giro occipitale inferiore di sinistra (BA18),
mentre nei musicisti queste regioni si attivavano su entrambi gli emisferi,
raddoppiando il volume corticale impegnato (guarda la foto 1 con le diverse
attivazioni cerebrali). Per la comprensione simbolica delle note è infatti
necessaria una raffinata analisi spaziale di tipo globale in cui eccelle
l’emisfero destro.
Un aiuto per la dislessia?
Questa scoperta potrebbe aiutare i bambini dislessici in cui la regione
cerebrale normalmente reclutata per l’analisi visiva delle parole si attiva in
modo atipico o insufficiente. La dislessia è un disturbo specifico
dell’apprendimento, DSA, di origine neurobiologica, caratterizzato da
difficoltà a effettuare una lettura rapida e accurata. Tale difficoltà non è in
rapporto alle altre abilità cognitive: nei bimbi dislessici infatti
l’intelligenza è integra. La difficoltà non è spiegabile con una inadeguata
istruzione scolastica, né dalla presenza di deficit visivi o di tipo
neurologico. La dislessia riguarda il 4% della popolazione generale, con
una lieve preferenza per il sesso maschile. È più frequente nei bambini che
hanno avuto un disturbo del linguaggio ed è più frequente tra i membri di una
famiglia in cui un componente mostra il disturbo. La dislessia non può essere
definita malattia, ma una condizione costituzionale, che può compromettere
gravemente il percorso scolastico, oltre che lo sviluppo emotivo e l’autostima
di un bambino. La diagnosi e il trattamento precoce, oltre che la messa in atto
delle misure e degli strumenti compensativi necessari, consentono un adattamento
alle richieste scolastiche che può ridurre notevolmente l’impatto del disturbo.
La diagnosi e il trattamento della dislessia avviene nell’ambito delle Unità
Operative di Neuropsichiatria Infantile, strutture presenti in tutte le Aziende
Sanitarie. La principale fonte di sostegno alle famiglie e ai dislessici è
rappresentata dall’Associazione Italiana Dislessia, la struttura riunisce
genitori, dislessici adulti, neuropsichiatri infantili, psicologi, logopedisti
ed insegnanti, ovvero tutte le figure che sono direttamente implicate nella
presa in carico delle problematiche della dislessia.
Lo studio della musica
all’inizio dell’alfabetizzazione svilupperebbe dunque un centro di analisi
visiva simbolica anche a destra, che verrebbe poi utilizzato sia per le parole
sia per le note.
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