Arte Bizantina a Ravenna

 

Arte bizantina a Ravenna

 

A Ravenna, nel VI secolo furono eretti meravigliosi edifici quali, ad esempio, la chiesa di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia,  il Palazzo Teodorico, la Basilica di Sant'Apollinare Nuovo.

 

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Segue articolo di Laura Panarese per Informagiovani Italia

 

A Ravenna, miracoloso esempio di produzione artistica bizantina in Italia, si verificarono condizioni che permisero al germe del nuovo linguaggio figurativo di attecchire come non avrebbe potuto fare altrove da noi: da poco capitale (V sec.), prima romana e poi gota, divenuta nel VI sec. sede dell’Esarca di Costantinopoli, da centro "trasferito" della figuratività paleocristiana romana, Ravenna si fece miracoloso satellite del linguaggio d’arte bizantino.

 

Ravenna non aveva gli stessi “precedenti?, illustri ma vincolanti, di Roma, ed ha potuto elaborare, quasi senza resistenze, uno stile inedito. Questo accadde nel VI sec., con la conquista giustinianea di Ravenna, ma le conseguenze per l’arte occidentale dureranno molto più a lungo: nel medioevo (fino, semplificando, al XII sec.) il linguaggio artistico prevalente sarà quello simbolico dell’arte paleocristiana, bizantina in questo caso.

 

La chiesa di S. Vitale è il capolavoro della stagione bizantina ravennate. Una cupola raccorda i multiformi spazi interni, mentre fuori è dissimulata da un ottagonale tiburio [1].

 

A dispetto della povertà esterna (laterizio locale marrone-arancio), l’interno è sfavillante di mosaici, marmi, decorazioni, materiali classici di riuso.

 

Il contrasto esterno-interno è tipicamente ravennate e dipende sia da questioni tecniche, sia dalla volontà di metterli simbolicamente in contrapposizione, alludendo al dualismo umano corpo-anima, l’uno transitorio, l’altra eterna. Così si spiegano anche i mosaici, tripudio di colori e luci per rendere l’ambiente sacro inconsistente, celestiale.

 

Questo è il senso della decorazione musiva nelle chiese paleocristiane: il mosaico meglio della pittura rappresenta la luce divina, la natura incorporea del soprannaturale.

 

Come si rende materiale l’immateriale? Mille pezzettini di luce\colore fatti materia aiutano nella difficile impresa di rappresentare con strumenti terreni, perciò “limitati?, le mille sfumature del divino.

 

A volte però il mosaico celebra il potere politico, accanto al divino, come nei due famosi pannelli di S. Vitale con l’imperatore Giustiniano e la consorte Teodora e corteo. Questi mosaici sono astratti come le icone bizantine, ma la finalità è diversa: celebrare il potere dell’imperatore, strumento per arrivare a Dio, perchè l’imperatore esercita insieme al potere politico la volontà divina in terra.

 

Il mosaicista può sbizzarrirsi: ecco trionfare stoffe, gioielli, preziosità, specie nel pannello di Teodora (le donne facilitano l’impresa). Qui la ricchezza non è solo allusiva al divino, ma è materiale, ostenta il lusso dell’imperatore, cui Ravenna è assoggettata. E poi c’è la natura, il verde, che a S. Vitale sostituisce spesso l’oro rivendicando un ruolo decorativo oltre che simbolico. Nei mosaici di Ravenna è possibile quindi trovare elementi figurativi altri, figli dell’arte romana.

 

Evitiamo l’equivoco ricorrente dell’arte bizantina e ravennate, sua satellite, come totale astrazione: ogni artista ha, per quanto “schiavo?, un proprio gusto, una propensione, per esempio, verso la natura, il colore, le espressioni del volto ecc.  Questo vale per ogni stile o movimento artistico: le generalizzazioni aiutano a memorizzare, ma soffocano le piccole voci, ignorano le eccezioni; in ogni opera va cercato il senso generale, inserendola nel giusto contesto, ma anche cogliendone gli aspetti unici che la rendono irriproducibile: è questa la differenza tra un capolavoro e un prodotto di serie; come diceva Benjamin [2] la vera opera d’arte ha un’ aura unica che non può essere riproducibile.

 

Il Mausoleo di Galla Placidia

 

Il mausoleo di Galla Placidia fu fatto edificare nel V sec. d.C. dalla stessa imperatrice, come tomba per sé e per la sua famiglia. È tuttavia incerto che qui essa sia davvero sepolta. All'esterno l'edificio si presenta in semplici mattoncini di cotto privi di decorazione. La forma è quasi una croce greca.   L'interno è riccamente decorato da antichi mosaici e marmi preziosi. La luce filtra attraverso le lastre di alabastro delle finestre, la penombra esalta l'oro dei mosaici. La cupola al centro ha lo sfondo color indaco ed è tempestata da novecento stelle dorate. Agli angoli la cupola presenta i simboli dei quattro evangelisti. Nelle lunette sotto la cupola sono raffigurati alcuni apostoli. Ai loro piedi una coppia di colombe si disseta a una fonte d'acqua pura. Nella lunetta sopra il portale d'ingresso, il Buon Pastore è seduto fra le sue pecorelle, mentre nella lunetta opposta S. Lorenzo, con la croce del martirio sulle spalle, sta per essere posto sulla graticola. Nelle nicchie sono posti tre sarcofagi di marmo, in cui si pensa vi siano il marito (Costanzo) ed il figlio (Valentiniano) di Galla Placidia.  Si dice che Cole Porter, in Italia per il suo viaggio di nozze, abbia tratto ispirazione dalla volta indaco del Mausoleo di Galla Placidia per comporre la sua famosa "Night and Day".

[1] “Struttura all'incrocio dei bracci a pianta poligonale o circolare che racchiude al suo interno una cupola, frequente nell'architettura sacra bizantina, romanica e gotica e in edifici rinascimentali. […] Copertura esterna di una cupola, a forma cilindrica, cubica, parallelepipeda, poligonale; generalmente e' coperta da un tetto a spioventi e termina con una lanterna?

[2] Walter Benjamin, "L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica", 1936 (una delle ultime edizioni: Einaudi, Torino 2000).


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