Torre di San Pancrazio a Cagliari
La torre di San Pancrazio
a Cagliari, così denominata "perché anticamente esisteva in vicinanza una chiesuola dedicata a questo Santo" (G. Spano, Guida della città e dintorni di Cagliari) fu edificata nel 1305 dai pisani su progetto dell'architetto Giovanni Capula ed
è la "gemella" dell'altra torre, progettata anch'essa dal Capula, la torre dell'Elefante. Una terza torre, la Torre del Leone, gravemente danneggiata dai cannoni inglesi, spagnoli e dall'attacco francese del 1793, venne incorporata nel Palazzo Boyl, il palazzo in stile neoclassico che si affaccia sulla Terrazza Umberto I.
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La torre di S. Pancrazio, che faceva parte del sistema fortificato pisano, fu eretta sul punto
più alto del colle, a
più di 130 metri sopra il livello del mare.
Costruita in bianco calcare estratto dal colle di Bonaria, presenta delle sottilissime feritoie nei tre lati chiusi che hanno uno spessore di ben tre metri. Il quarto lato
è aperto verso l'interno del Castello, caratteristica tipica delle torri pisane, e mostra i ballatoi in legno situati sui quattro piani della torre. Era dotata di tre portoni e due saracinesche, e protetta da una muraglia, chiamata "barbacane", e da un fossato. La torre si eleva oltre i 36 metri di altezza. L'edificio nel corso dei secoli
è stato variamente utilizzato. Nel 1328 gli aragonesi ne fecero murare il lato aperto (verso piazza Indipendenza) e la adibirono ad abitazione e a magazzino. In seguito venne utilizzata come carcere. La torre di San Pancrazio, insieme alla torre dell'Elefante, si
è conservata sino ai nostri giorni in ottime
condizioni. Agli inizi del 1900 sono stati eseguiti dei lavori di restauro che hanno ridato alla torre il suo aspetto originario liberandone il lato che si affaccia su piazza Indipendenza, come voleva il progetto originario. Sono stati rafforzati i ballatoi in legno, che permettono l'accesso ai vari piani da cui si può godere una splendida panoramica della città che spazia dal porto sino alla Sella del Diavolo, sul lungomare del Poetto.
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