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La
saga di libri di Harry Potter, scritta dalla britannica J.K. Rowling, è
composta da sette volumi ed è uno dei fenomeni letterari più importanti
degli ultimi decenni. La serie segue le avventure di un giovane mago di
nome Harry Potter, orfano dei suoi genitori uccisi da un potente mago
oscuro. Harry viene portato a Hogwarts, la scuola di magia e
stregoneria, dove scopre di avere talento per la magia e diventa amico
di Ron Weasley e Hermione Granger. Insieme affrontano numerosi nemici,
tra cui il pericoloso Lord Voldemort, mentre crescono e si confrontano
con i problemi dell'adolescenza. La serie ha avuto un enorme impatto
culturale, ispirando film, giochi, spettacoli teatrali e una vasta gamma
di merchandising, mentre la sua popolarità è rimasta costante anche dopo
la pubblicazione del settimo e ultimo volume nel 2007.
Cosa ha di magico Harry Potter?
Sette volumi tradotti in più di sessanta
lingue. Milioni di copie vendute. Tre libri collegati. Otto film.
Numerosi videogiochi. Un parco tematico. Case milionarie costruite con
ambienti ad esso ispirati. Gadgets innumerevoli. Siti web dedicati,
forum e communities. Più di venti libri scritti da vari autori in varie
parti del mondo che trattano, sviscerano, criticano, esaltano,
dileggiano il suddetto.
Varie correnti di pensiero pro e contro il
sette volte libro "Harry Potter" ed i "fenomeni" ad esso
connessi si sono avvicendate e fronteggiate nel corso degli ultimi anni.
I cattolici hanno detto che era anti-cattolico e diseducativo. Quelli di
destra hanno detto che era di sinistra. I progressisti hanno detto che
era conservatore. Le femministe hanno detto che era maschilista. Gli
estimatori del genere fantasy hanno detto che non era un vero
fantasy. I non so come definirli hanno detto che era un testo
fallocentrico, caratterizzato dall’ossessiva presenza di una chiara
simbologia fallica androcentrica (con particolare riferimento ai duelli
con bacchette... Maghi, non se ne può davvero più, mollate le bacchette
e cominciate ad usare qualcosa di meno allusivo, no?).
Non sono né una critica letteraria, né una
sociologa, né una critica cinematografica, ma sono una buona lettrice ed
ho studiato Lettere (per cui non ho niente di meglio da fare che
scrivere per il web le mie elucubrazioni su simili libri fantasy-non
fantasy…), perciò ho provato a partire dal principio, per capire le
ragioni di tale e tanto successo e di tali e tante critiche. Ho preso il
primo libro della saga ed alla tenera età di trent’anni ho iniziato a
leggere "Harry Potter e la pietra filosofale", edito in Italia da
Salani. Avevo già visto alcuni film e mi avevano catturata,
diciamo così, ma volevo andare alla fonte per toccare con mano, come
dicevo, le ragioni di tanto turbamento globale.
Il primo libro
"Harry Potter e la pietra filosofale
Dalle prime pagine l’autrice, l’inglese J.
K. Rowling, ti trascina in un mondo tenero, infantile, dal
linguaggio semplice e dalle immagini domestiche, tipizzate, familiari.
Il soggetto è quello classico del bambino orfano sfortunato
ospitato da familiari terribili che lo bistrattano dalla mattina alla
sera, relegandolo in grigi meandri della casa, facendogli mangiare la
briciole di quello che il loro grasso figlio Dudley consuma in
quantità imbarazzanti ed umiliandolo continuamente. Quanti cartoni
animati/film che abbiamo visto e romanzi che abbiamo letto da piccoli
disegnavano scenari simili! Ma ecco che, in questo avvilente panorama,
compare la magia, deus ex machina pronto a salvare il piccolo
sfortunello da un ben triste futuro. Harry, avendo compiuto undici
anni, potrà lasciare la casa dei parenti per raggiungere la Scuola di
Magia di Hogwarts, dove giovani babbani (cioè umani),
maghetti ed ibridi studiano sette anni per diventare maghi e streghe.
Emergerà man mano che la storia è molto più complessa di quel che
sembra, perché Harry è una specie di prescelto (altro topos,
cioè luogo comune della letteratura fantasy e non solo) che dovrà
cimentarsi in mille sfide, affrontare prove, superare difficoltà,
aiutato da amici e sostenitori, fino allo scontro finale con l’antagonista
per eccellenza, l’innominabile Lord Voldemort. Luoghi comuni,
dicevamo. Ce ne sono a bizzeffe. Il bene ed il male che si
fronteggiano, a volte in modo più scoperto, a volte più
clandestinamente. Il protagonista che, in un modo o nell’altro,
se la cava sempre. Il preside mago super-saggio, Albus Silente,
in perfetto stile "Gandalf" di "Il Signore degli anelli",
ma con qualcosa anche di Mago Merlino e del professore dei sogni di
tutti noi. Il guardiano selvatico e rozzo, Hagrid, che si
circonda di creature repellenti, ma che in fondo è buono come il pane.
Gli amici del cuore dai caratteri apparentemente molto standardizzati,
ossia la secchiona ed il rossocrinito goffo e permaloso, i
co-protagonisti. Il cattivo che neanche a scavargli dentro con le
più fini arti esplorative si troverebbe mai un barlume di bontà.
Però… Però. Che devo dire? Io sono stata
assolutamente rapita da questa lettura. Già dalle prime pagine, sarà
stato il testo semplice, ma al tempo stesso ben scritto, o la tenerezza
e familiarità delle situazioni e dei personaggi, o la facilità assoluta
con cui ci si immedesima nel protagonista e negli altri, forse proprio
per l’apparente eccesso di caratterizzazione… Tuttavia è innegabile:
l’effetto è stato immediato e mi ha spinto a continuare la lettura.
L’approccio di Harry col nuovo mondo della magia è incredibilmente
affascinante. Ancora, nulla di nuovo… Lo abbiamo letto nel libro e visto
nel film "La Storia Infinita", sta alla base di "Alice nel
Paese delle Meraviglie", per non parlare di "Le cronache di
Narnia", "La bussola d’oro", però… però. Era da un po' che non
succedeva. La Rowling ti catapulta con Harry in questa nuova dimensione
in modo incredibilmente magnetico. Il salto che Harry fa nella stazione
di partenza del treno per Hogwarts è il salto bellissimo che il lettore
compie con lui nel mondo della magia. Il binario nove e tre quarti
nella stazione ferroviaria di King’s Cross, a Londra,
non esiste agli occhi dei babbani, e di Harry quando non è ancora
completamente dentro il suo nuovo mondo, ma bisogna saltare, avendo fede
che al posto del muro su cui chiunque temerebbe di sfracellarsi, tra i
binari nove e dieci, ci sia davvero un magico binario nove e tre quarti,
da cui parte un magico treno, metaforicamente interpretabile come il
treno della fantasia.
Magica è anche la prima descrizione del
villaggio di Hogsmeade, unico villaggio della Gran Bretagna ad
essere abitato solo da creature magiche, e della Scuola di Hogwarts. Nel
villaggio ci sono pub e negozi come in qualunque centro abitato inglese
che si rispetti, che immaginazione però! Ad Hogsmeade c’è il pub "I
tre manici di scopa", dove si beve la "burrobirra", una birra che va
bene anche per bambini e ragazzi (molto politicamente corretto!), ma c’è
anche il negozio "Mondomago", l’infestata "Stamberga
strillante", la sala da tè per coppiette "Madama Piediburro"
e così via.
La scuola invece si mostra come una specie di
castello medievale con vasto parco tutt’intorno, cavalli volanti
invisibili a chi non ha mai visto morire qualcuno (indovina indovinello?
Harry Potter li vede…), bosco incantato proibito agli alunni e,
all’interno dell’edificio, passaggi segreti, stanze invisibili, fantasmi
che convivono con gli umani, elfi domestici che lavorano nei
seminterrati, gufi postini e, meraviglia delle meraviglie (ammetto che
me ne sono innamorata), quadri con immagini parlanti e semoventi, che
interagiscono con gli alunni, sono testimoni di misfatti e a volte fanno
anche i dispetti. Pensate un museo così…
La Rowling ha una capacità immaginativa e
descrittiva incredibile. Sa dipingere rapidamente a chiari e suggestivi
tratti le scene che man mano si delineano davanti agli occhi del
lettore. La trasposizione cinematografica certo aiuta chi, come
me, ha visto prima il film e poi letto i libri a figurarsi le immagini
descritte, tuttavia non ho dubbi sul fatto che una scrittura così
immaginifica ed efficace abbia molto "guidato" la mano di registi e
sceneggiatori nella realizzazione delle pellicole. In effetti l’abilità
rara dell’autrice sta, a mio parere, nell’aver creato un mondo intero,
con personaggi, nomi, luoghi, abitudini e regole proprie, in cui viene
facile entrare e da cui è difficile uscire. È chiaro che per apprezzare
un’opera come questa bisogna avere una parte infantile ben intatta,
altrimenti quello che immediatamente fa sognare un bambino, o un adulto
non totalmente cresciuto, come me, a questo punto, indispettisce, fa
sorridere con superiorità, non convince o addirittura stufa.
Ma non tutti i sette libri della saga vanno
avanti su questa linea infantile. Procedendo nell’ormai irrinunciabile
lettura della catturante serie, essendone ormai completamente
dipendente, mi sono accorta in un barlume di lucidità che, molto
abilmente, l’autrice faceva crescere i personaggi. Non parlo solo
dell’età, visto che in ogni libro i protagonisti sono più grandi di un
anno. Con il progredire dei libri cambia il linguaggio, le situazioni si
complicano, i caratteri apparentemente più delineati mostrano lati
inaspettati, elementi "dark" ed "horror" si fanno spazio
tra le pagine di un romanzo che, a mio giudizio già dal secondo libro,
non è più per bambini.
Nel
secondo libro,
"Harry Potter e la
camera dei segreti", Harry comincia ad entrare più intensamente in
contatto col male. Voci terrifiche gli parlano nella testa, serpenteschi
sibili vengono da lui compresi ed emessi (perché parla il Serpentese, la
lingua dei serpenti), il ricordo del sangue già versato in passato fa
temere per l’incolumità dei protagonisti. In un crescendo di tensione il
lettore è sempre più avvinto dalla lettura del libro.
Nel
terzo libro, "Harry Potter e il
prigioniero di Azkaban", la sensazione di paura di qualcosa
di grande e terribile che sta per succedere cresce e si estende al di
fuori della scuola. Il micro mondo protetto di Hogwarts comincia a
conoscere frequenti intromissioni esterne da parte del Ministero
della Magia, che si farà sempre più ambiguo e, presumibilmente,
colluso col male. Fanno la loro comparsa i dissennatori, in
inglese dementors. Si tratta di creature oscure, guardiane della
prigione dei maghi di Azkaban, da cui evade Sirius Black, che poi
si scoprirà essere il padrino di Harry Potter, amico di gioventù del suo
defunto padre. Si nascondono sotto un mantello nero da cui sporgono
soltanto le mani decomposte. Affascinanti, direi. Il loro bacio
uccide le persone non completamente, ma gli toglie la gioia, quindi le
riduce ad esseri spenti, delle specie di vegetali. Pare che la
Rowling abbia creato queste figure per alludere alle sensazioni provate
durante un suo periodo di depressione. L'unico modo per scacciarli è
evocare un Patronus, una sorta di creatura
fantastica pensata e materializzata, con l'incantesimo "Expecto Patronum", che Harry impara ad eseguire dimostrando di esser migliorato
come mago, visto che spesso, nei due libri precedenti ed a volte anche
dopo, passa per uno un po’ incapace che viene provvidenzialmente aiutato
da tutto e da tutti, in quanto prescelto non si sa ancora quando nè da
chi nè perché (non per bestemmiare, ma in effetti quanti eroi della
mitologia classica, ad esempio, sono delle specie di burattini nelle
mani degli dei e del fato? Se dico Enea, Ulisse o Achille, per
quanto valorosi, vi sconvolgete?).
Nel
quarto libro, "Harry Potter e il calice
di fuoco", assistiamo alla sua crescita definitiva. Il libro
comincia con un sogno di Harry che è puro horror: Lord Voldemort ed il
suo viscido pusillanime servitore Codaliscia (belli i nomi, eh?
Qui, e non solo, complimenti ai traduttori) si sono rifugiati
temporaneamente e clandestinamente nella villa dei Riddle, la
famiglia d’origine dell’oscuro Lord Voldemort. Frank, anziano
custode babbano della casa, vede una luce che proviene da una camera
della villa e va a controllare, ma viene scoperto dal serpente Nagini,
compagno fedele di Lord Voldemort, e viene brutalmente ucciso dallo
stesso. Al suono delle urla del vecchio, Harry si sveglia all'improvviso
dall'incubo, nel suo letto babbano nella sua casa babbana di Privet
Drive, prima dell’inizio del nuovo anno scolastico (ormai Harry ha
quattordici anni), ma qualcosa ci dice che proprio di un sogno
non si trattava… La cicatrice iniziatica del prescelto fa male
(gliela fece Lord Voldemort quando uccise i suoi genitori, mentre Harry
rimase miracolosamente illeso). E questo dolore, segno della vicinanza
dell’antagonista e di un ancora misterioso, quanto inquietante
collegamento tra i due, lo accompagnerà per buona parte del romanzo. In
questo libro la morte fa la sua comparsa definitiva, con i
Mangiamorte, segnati col marchio nero di Lord Voldemort, suoi fedeli
quanto crudeli servitori, in attesa del suo ritorno. Harry in questo
libro comincia a diventare davvero odiosetto, essendo in effetti ormai
teen-ager a pieno titolo. È anche vero che probabilmente gli è
ormai chiaro di essere il prescelto per… per… per fare cosa in effetti?
Sconfiggere Lord Voldemort? O semplicemente morire? Be’, anche ad un
adulto seccherebbe un po’, figuriamoci ad un pre-adulto in età critica…
Qui fanno la loro comparsa anche i primi turbamenti amorosi. È
spettacolare seguire i protagonisti nelle loro evoluzioni caratteriali,
a tratti semplificate, ma comunque efficacemente connotate, come in un
romanzo di formazione di tutto rispetto.
Nel
quinto libro,
"Harry Potter e l’Ordine
della Fenice", Harry, dopo aver visto morire un suo compagno di
scuola per mano di Lord Voldemort, è sempre più ossessionato dalla
presenza del malefico antagonista. A scuola è ritenuto, tuttavia, un
folle visionario. Si sente sempre più solo ed incompreso, in un
crescendo continuo di nervosismo, paura, attesa. Silente, il preside
saggio, gli spiega finalmente cosa sta dietro le molte cose che gli
accadono: Harry è una sorta di predestinato (come sospettavamo già) e un
legame perverso e fascinoso lo unisce al cattivissimo Voldemort. In
pratica Harry è l’unico sopravvissuto al tentativo omicida
dell’innominabile, perché protetto dalla magia più forte di tutte, l’amore
materno, espressosi con l’estremo sacrificio della madre di Harry
per proteggerlo da Lord Voldemort ("Ohhhhhhhhhhh!"). Nel frattempo, con
capofila Hermione, prima della classe ed amica di Harry, un
gruppetto di fedelissimi si raduna intorno a lui per formare una
squadra: è tempo di imparare a difendersi dalla magia nera che Voldemort
ed i suoi usano come fosse acqua, mentre i buoni trafficano con innocue
sfere di cristallo e fialette puzzolenti o poco più. Si comincia a
formare uno schieramento quasi definitivo di buoni contro cattivi,
fondamentale nell’ultimo libro.
Il
sesto
libro, "Harry Potter e il principe
mezzosangue", comincia con il Ministero della Magia che finalmente
ammette il ritorno di Voldemort sostituendo il vecchio Ministro
negazionista con un ex-Auror, ossia un cacciatore di Mangiamorte.
Il fatto che anche il Primo Ministro babbano venga avvisato degli
accadimenti in corso rivela che ormai la lotta tra il bene e il male è
senza quartiere e potrebbe coinvolgere anche gli umani. A questo punto
siamo ben lontani dalle atmosfere domestiche e fiabesche del
primo libro. Harry si prepara per un ormai certo scontro finale con Lord
Voldemort e Silente gli fa da maestro, raccontandogli della vita dello
spietato rivale quando era ancora Tom Riddle, e non solo.
L’odiatissimo maestro di Pozioni Severus Piton
intanto diventa insegnante di Arti Oscure, ruolo che avrebbe
voluto ricoprire da sempre. Per tutto il sesto romanzo Harry studia
Pozioni su un libro appartenuto proprio a Piton da giovane, "il principe
mezzosangue", appunto, come si scoprirà poi. Qui fanno la loro comparsa
gli Horcrux, oggetti nei quali Lord Voldemort ha nascosto una
parte di sé: trovandoli e distruggendoli Harry e Silente potranno
annientarlo. Tuttavia, in un tragico quanto indimenticabile momento, in
cima alla Torre di Astronomia, dopo che i Mangiamorte hanno ormai
lanciato il loro famigerato marchio nero anche sull’apparentemente
inattaccabile Scuola di Magia di Hogwarts, il saggio, venerabile,
rassicurante Albus Silente viene ucciso da Severus Piton. E qui, sfido
chiunque, di qualunque età, sesso, religione, orientamento politico a
non commuoversi o comunque perlomeno rimanerci malissimo. Le accuse di
buonismo, banalità e conservatorismo mosse alla Rowling vanno a farsi
benedire: non si può far morire Mago Merlino così (senza essere
perlomeno un po' cinici)! Comunque, la lettura va avanti con il funerale
di Silente (vabbè, qui davvero puro, infinito dolore… ma stiamo ancora
parlando di quello che dovrebbe essere un libro per bambini???); viene
sepolto nel parco di Hogwarts, in riva al lago. Il libro si chiude con
Harry che discute con gli inseparabili amici Ron ed Hermione,
ormai mezzi innamorati l’uno dell’altra, affermando di non voler tornare
ad Hogwarts l'anno successivo: Harry propone di dedicarsi esclusivamente
alla ricerca dei rimanenti Horcrux, così da poter distruggere Voldemort
una volta per tutte. I due acconsentono a seguire l’amico.
Col settimo libro, "Harry Potter e i doni
della morte", la saga si conclude. È l’unico dei sette libri che
non inizia col ritorno di Harry e compagni a scuola, vista la scelta da
loro compiuta alla fine del sesto libro. Ed è il più complicato e
difficile da riassumere, perché scioglie tutti gli intricatissimi nodi
della serie. Ormai Voldemort si è riunito ai Mangiamorte suoi fedeli.
Severus Piton fa parte del gruppo ed è nuovo Preside di Hogwarts. Harry
ed Hermione mettono in salvo le loro famiglie, in preparazione dello
scontro finale, che, ormai è chiaro, avrà conseguenze devastanti.
All’inizio Harry, ora diciassettenne, è circondato da persone che lo
proteggono e lo scortano, ma presto si troverà solo coi due giovani
amici. È più maturo e meno insopportabile che nei libri mediani,
ma sente sempre più forte il peso della responsabilità che ha, ed
è arrabbiato con Silente, che lo ha lasciato solo senza spiegargli fino
in fondo il da farsi. Silente invece aveva preparato per lui, Hermione e
Ron dei doni che saranno fondamentali nella caccia agli Horcrux.
Infiltrandosi al Ministero della Magia per recuperarne uno, i tre
scoprono che le cose sono molto cambiate: maghi e streghe babbani di
nascita (come Hermione) sono perseguitati, mentre si cerca di dimostrare
la superiorità dei maghi purosangue, secondo il pensiero
"purista" di Lord Voldemort. Visto che ormai anche la politica sta con i
cattivi, la sensazione di paura e solitudine è totale. Harry ed i
due amici cominciano un viaggio molto lungo, che li porterà a
vagare tra campagne, boschi, scogliere sperdute, nascondendosi, visto
che ormai una taglia pende sulle loro teste, e cercando di portare a
compimento la loro missione. La pressione, la stanchezza, la fame si
fanno sentire. La diffidenza, la rabbia e l’accusa si insinuano, come
voldemorteschi serpenti, tra i tre. Ron ad un certo punto cede e se
ne va, lasciando Harry ed Hermione, dei quali è geloso. Tornerà presto,
tuttavia la fuga, le atmosfere angosciose del viaggio, la perenne
sensazione dell’inseguimento, la perdita dell’innocenza, tutto fa
di questo libro, ormai a pieno diritto, un libro per adulti, a mio
parere, o, meglio ancora, per ragazzi diventati grandi leggendolo.
I
doni della morte entrano in gioco. Nelle "Fiabe di Beda il Bardo"
che Silente ha lasciato ad Hermione si racconta la storia di tre
fratelli e della Morte: i tre, avendo ingannato la Morte, ne avevano
ricevuto un premio, i doni della morte, appunto, ossia una bacchetta
invincibile (la bacchetta di sambuco), una pietra in grado di
riportare indietro i morti (la pietra della resurrezione)
e il mantello dell’invisibilità che non si consuma mai. Harry si
convince che solo trovandoli tutti potrà sconfiggere Voldemort. Intanto
però bisogna finire di recuperare gli Horcrux. Dopo mille peripezie, ai
tre resta solo l’ultimo Horcrux da trovare e distruggere. E come in una
perfetta struttura ad anello che si rispetti, dove si torna? Ad
Hogwarts, perché è lì che sta l’ultimo "pezzo" dell’anima di Voldemort.
La scuola è completamente cambiata. C’è un clima di terrore e gli
ex-compagni di Harry hanno organizzato un vero e proprio esercito, l’Esercito
di Silente, per battere i cattivi. Neville, il più goffo dei
goffi, si è ormai riscattato diventando il fichissimo capo
dell’Esercito stesso. Harry è convinto che l’ultimo Horcrux sia la Coppa
di una delle quattro casate di Hogwarts, quella di Tassorosso (le
altre sono Corvonero, Serpeverde e Grifondoro). La
professoressa McGranitt, vice-preside, viene avvisata da lui che
sta per esserci la battaglia finale contro Voldemort ed i suoi. E questa
comincia. Vari eroi ed amici di Harry muoiono per mano dei Mangiamorte.
Nel frattempo si scopre che di Horcrux da distruggere ne rimangono non
uno, come Harry pensava, ma due, e cioè Nagini, il serpente di
Voldemort, ed il nostro eroe in persona. Piton muore, ma il Pensatoio,
strumento super-fantastico che, sfilando i pensieri dalla testa, li fa
vedere chiaramente in una specie di maxi-sfera di cristallo, mostra ad
Harry la verità: Piton è sempre stato dalla parte di Silente (allora non
era cattivo! Brava Rowling! Sorpresa notevole, anche se un sospettino
c’era sempre stato…), poiché aveva amato, fin da bambino, Lily,
la madre di Harry. Anche l'assassinio di Silente è stato un ordine dello
stesso, che stava per morire perché malato. È ora che Harry scopre che
Voldemort aveva, non volendo, creato un settimo Horcrux: la sua anima,
quando aveva tentato di uccidere Harry bimbo, era tanto distrutta che se
ne era staccato un pezzo, che aveva occupato il corpo dell'essere
vivente più vicino, ovvero il nostro neonato (attivando la connessione
fra le due menti che ha torturato Harry per sette libri e otto film, e
conferendogli varie capacità proprie di Voldemort, come il saper parlare
in Serpentese). L'unico modo per distruggere questo Horcrux è che Harry
venga ucciso da Voldemort. Harry quindi avverte Neville che bisogna
uccidere Nagini, poiché lui non potrà farlo, e va al patibolo, verso la
Foresta Proibita, dove si trova Voldemort. Mentre cammina, si
ricorda del boccino d’oro lasciatogli in eredità da Silente, con
incisa la scritta "mi apro alla chiusura". Lo inserisce in bocca e dice
"sto per morire". Il boccino finalmente si apre (Harry ci aveva provato
già parecchio), rivelando al suo interno il terzo ed ultimo dono della
morte, la pietra della resurrezione, essendo gli altri due il mantello
dell’invisibilità, già in possesso di Harry, e la bacchetta di sambuco
di Silente, in possesso di Voledmort. Con la pietra della resurrezione
compaiono i genitori di Harry, il suo padrino Sirius Black, ormai
defunto, ecc., tutti lì ad incoraggiarlo per l’imminente sfida mortale.
Ed ecco Voldemort, che scaglia contro Harry la maledizione senza perdono
"Avada Kedavra" per ucciderlo. Ma Harry si risveglia
magicamente in un luogo molto strano, dove Silente gli appare e gli
spiega tutte le cose che non aveva mai potuto svelargli: egli non può
essere ucciso da Voldemort, che usò il suo sangue per ridare vita al
proprio corpo; la protezione di Lily lega entrambi. Silente spiega ad
Harry che avrebbe dovuto lasciarsi uccidere volontariamente, così che la
maledizione di Voldemort distruggesse per sempre la parte dello stesso
che Harry aveva dentro di sé. In gioventù, Silente stesso aveva cercato
i Doni della Morte, ma ora pensa che sia Harry "il prescelto" per
riunire i tre oggetti. Harry chiede a Silente se questa scena sia reale
o sia nella sua testa e il mago risponde che ovviamente è nella sua
testa, ma non per questo è meno reale… Che classe, anche da morto! Harry
ha comunque la possibilità di proseguire, o tornare indietro per fermare Voldemort, cosa che decide di fare. Agli occhi di tutti nel frattempo il
ragazzo è morto.
Davanti al suo presunto cadavere, il fichissimo ex-pavido Neville affronta con coraggio Voldemort, facendosi torturare.
Intanto, i Centauri dal bosco attaccano. Nel caos successivo,
Harry si copre con il mantello dell'invisibilità, e scappa, mentre
Neville riesce a liberarsi e uccidere Nagini, decapitandola con la
spada di Godric Grifondoro, simbolo di una delle quattro
casate, quella di Harry. La battaglia ha di nuovo inizio, ma stavolta i
buoni sono di più. Voldemort, pur combattendo personalmente, non riesce
a uccidere nessuno: infatti, Harry era andato incontro alla morte per
salvare i suoi amici come sua madre era morta per salvare la sua vita,
creando una sorta di schermo di protezione nei loro confronti, con il
suo gesto di puro altruismo. Harry, inevitabilmente, si ritrova faccia a
faccia contro Voldemort, ormai solo e circondato. Il ragazzo è in
difficoltà: il Signore Oscuro ha la bacchetta di sambuco, quella che era
di Silente, che non può essere sconfitta! Tuttavia, Harry ha capito che
il vero padrone della bacchetta non era Piton, cui Voldemort l’aveva
presa, ma Draco Malfoy, studente odiosissimo, giovane promessa
del jet set dei Mangiamorte, che aveva disarmato Silente prima che Piton
lo uccidesse (chi disarma un mago ottiene la sua bacchetta coi suoi
poteri). Harry, avendo disarmato Draco in una precedente lotta, risulta
quindi l’unico vero padrone della bacchetta di sambuco. Evviva. Quando
Voldemort lancia la maledizione senza perdono contro Harry usando quella
bacchetta, Harry lo disarma: i due incantesimi entrano in conflitto ed è
quello di Harry a vincere, perché la bacchetta non può ferire il suo
padrone legittimo. La bacchetta viene afferrata da Harry, mentre la
maledizione di Voldemort rimbalza su di lui, uccidendolo una volta e per
sempre. E qui ci scappa un paganissimo Amen (scusate cattolici
anti-Harry Potter). Harry decide di non tenere la bacchetta, ma di
rimetterla nella tomba di Silente, e di non recuperare la pietra della
resurrezione, persa nella foresta, ma tiene il mantello
dell'invisibilità, donatogli da suo padre James, che lo ha
accompagnato quasi dall’inizio dell’avventura.
Nell'epilogo della storia, diciannove anni
dopo, si scopre che Harry ha sposato la rossa Ginny, sorella di
Ron, ed hanno tre pargoli. Anche Ron ed Hermione si sono sposati (ma
va?) ed hanno due figli. Si incontrano tutti il primo settembre alla
stazione di King's Cross, dove è iniziato tutto, per accompagnare i loro
figli al treno per Hogwarts. Una favola con tanto di mieloso lieto fine.
Questo libro
qualcosa di davvero magico ce l’ha...
Ecco, riprendendo la premessa per cui io non
sono né una critica letteraria, né una sociologa, né una critica
cinematografica, ma una semplice lettrice che si è relazionata col testo
nel modo più obiettivo possibile, posso solo dire cosa credo che abbia
di magico, e scusate la ridondanza, "Harry Potter". Ci sono immagini,
situazioni, personaggi, luoghi, che ti si fissano nella mente e non se
ne vanno più. La stazione stessa, così inglese, così tipica, e così
altra al tempo stesso, col famoso binario "liminale" di cui parlavo
prima. La scuola, coi suoi momenti ricorrenti, come i discorsi
inaugurali di Silente, il Cappello Parlante che attribuisce la
Casa di appartenenza al nuovo allievo, lo spaesamento dei nuovi
arrivati, le mangiate collettive ai grossi tavoloni, divisi per Case,
gli scherzi e gli sfottò, la vergogna tipica dell’adolescente quando è
additato dagli altri, il caos portato dai gufi porta-lettere,
l’umiliazione di ricevere una strillettera da genitori o nonni, la
fierezza degli ospiti stranieri che sfilano davanti a tutti dopo
l’annuncio del Torneo Tre Maghi, le emozioni del primo ballo, le prime
cotte, i primi incantesimi riusciti. Per non parlare della bellezza del
primo Natale di Harry ad Hogwarts, dell’intimità dei raduni privati a
casa di Hagrid, dell’emozione del Quidditch, con paure e gioie,
goliardia e senso di responsabilità, delle lezioni, così riconoscibili,
eppure così inconsuete, dei professori, così sorprendentemente tipizzati
e degli alunni, forse un po' stereotipati in alcuni casi, ma così
immediatamente familiari da risultare quasi dei fratellini o dei cugini,
per quanto un po' strampalati, già dal primo momento.
I bambini più piccoli hanno probabilmente
avuto paura già dal secondo-terzo-quarto libro, dipende dal tasso di
coraggio, i pre-adolescenti ed adolescenti che hanno seguito il libro
anno per anno, crescendo con Harry, Hermione e Ron, sono stati
probabilmente il pubblico più azzeccato, ma io, adulta, l’ho amato e
credo che gente più adulta di me non abbia disdegnato e non
disdegnerebbe una simile lettura (anche se se ne vergogna... pare che ad
un certo punto la casa editrice inglese, la Bloomsbury, abbia
dovuto ristampare i libri con copertine diverse per renderli meno
riconoscibili come libri per bambini... gli adulti che li leggevano lo
chiedevano a gran voce). Io penso che "Harry Potter" possa essere una
lettura per tutti perché chi vuole una buona scrittura la trova, chi
cerca avventura pure, chi vuole poesia anche, chi cerca familiarità
pure, chi ama la fantasia idem... Gli unici che probabilmente non
sarebbero soddisfatti nel leggere libri così sono quelli che non sanno
scollarsi di dosso la realtà quotidiana e che non sanno più sognare,
come pure quelli che vedono cospirazioni, partiti, ideologie, tendenze e
schieramenti anche nel colore che prende il cielo la mattina.
E allora non mi vergogno a dire che questo
libro qualcosa di davvero magico ce l’ha. Al di là del marketing, al di
là del business, al di là di tutto quello che è venuto dopo, credo che
la Rowling abbia semplicemente inventato e descritto in modo
meravigliosamente tenero, efficace, fiero, familiare e sognante,
domestico ed eroico al tempo stesso un mondo che, così vicino, eppure
così impossibile, ti conquista e ti innamora in modo raro. Che cos’è la
buona letteratura se non questo? Un best-seller, un fenomeno globale non
può essere anche un buon prodotto letterario? Bando agli snobismi. Io
penso che in questo caso lo sia. Tutto il resto è sovrastruttura.
Articolo di Laura Panarese per Informagiovani Italia
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