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"La collina
del vento" di Carmine Abate, pubblicato nel 2012 e vincitore del
vincitore del Premio Campiello dello stesso anno, è un romanzo che
racconta la storia di una famiglia di pastori calabresi che vive in una
remota e povera regione montuosa della Basilicata. Il romanzo segue le
vicende di tre generazioni di questa famiglia, dal 1860 ai primi anni
del Novecento, e ne descrive la lotta quotidiana per la sopravvivenza,
la resistenza alla modernizzazione e al cambiamento, e le tensioni
sociali e politiche che hanno segnato l'epoca. Attraverso la voce del
protagonista, un giovane pastore che cerca di sfuggire alla miseria
della sua condizione, il romanzo esplora temi come la solidarietà, la
libertà, la giustizia e l'identità culturale. La scrittura di Abate,
intensa e suggestiva, evoca le atmosfere, i paesaggi e i personaggi
della Calabria e della Basilicata con una grande potenza evocativa.
Una collina e il vento che vi soffia
implacabile: sono questi i principali protagonisti di questo romanzo,
che narra la storia di una collina che ha visto nascere e
tramontare la cultura magno-greca. Su questa altura si snodano le storie
della famiglia Arcuri, una tra le più chiacchierate del paese, Spillace,
un piccolo centro situato tra le montagne della Sila e il mare. Così si
chiama questo posto: non Hora, come in quasi tutti i libri di Abate, ma
Spillace, piccola spilla.
Un romanzo particolare: l’autore non analizza,
come spesso fa, le tematiche dell’emigrazione, ma racconta un pezzo
di storia, spesso dimenticato ma estremamente importante per
l’intero Mezzogiorno, in un periodo che va dalla fine dell’800 ai giorni
nostri. È la storia di una famiglia contadina, costellata di soprusi e
spesso di violenze, ma soprattutto una storia di coraggio, il coraggio
dei poveri: quello di chi era stato abituato a chinare la testa troppe
volte, e che poi ha cambiato il corso della storia ed ha eliminato, per
sempre, i troppi privilegi dei "
signori".
Si narra della rivolta
contadina: le occupazioni delle terre, l’eccidio di Fragalà in cui
persero la vita tre persone, compresa una donna incinta. Si descrivono i
volti fieri dei contadini del sud, in grado di cadere e di
rialzarsi centinaia di volte inseguendo il mito dell’araba fenice. La
storia di questi contadini fieri, di questi instancabili lavoratori, si
incrocia con le vite di diversi forestieri: gli archeologi Paolo Orsi e
Umberto Zanotti Bianco, Marisa, l’archeologa "torinèsia" che si
innamorerà della collina e del maestro Arcuri, William e David e infine
Simona, una figura che rimarrà sempre nell’ombra.
Gli Arcuri difenderanno la loro collina
da tutto e da tutti, consentendo di solcarla solo agli archeologi, i
quali dovranno scavare per portare alla luce i resti dell’antica Krimisa,
la città che, secondo la leggenda, venne fondata da Filottete ma che
sembra poi essere sparita nel nulla, inghiottita da quella terra troppo
aspra ed amara. La collina è il luogo del silenzio, dove soffia un vento
strano, unico, quel vento che evoca sapori e profumi lontani.
Quell’altura è il luogo del ritrovo, dove si festeggia la Pasquetta o il
"pascone", è il posto dove si suona la chitarra battente, con un ritmo
che è impossibile dimenticare, al quale non si può resistere. È luogo
di amori e di nascite, è la vera casa degli Arcuri. La collina, però, è
anche un luogo di segreti inconfessabili, che porteranno ad una verità
in apparenza amara, ma che sappiamo essere giusta, intrisa di quella
giustizia che si può comprendere solo se si è vissuti in quella terra.
?il luogo della pace, nel quale riposano guerrieri magno-greci e
persone comuni, in quell’oasi naturale che guarda sempre diritto al
mare.
Questo è un romanzo che riesce a catturare,
a sorprendere, fatto non solo di parole, ma anche di musica,
stornelli, storia, colori. Un romanzo in cui predomina il colore rosso
della sùlla che cresce sulla collina. Nelle storie narrate sono
racchiuse esperienze di vita di intere generazioni: chi riesce a
studiare, chi sente il paese sempre troppo stretto, chi è capace di
soffrire pur di non vendere la propria terra, chi si innamora di quel
sud che riesce sempre a stupire. È una storia fatta di persone
autentiche, di sentimenti veri, di valori che il tempo non potrà mai
cancellare. I valori di cui Abate parla sono quelli che gli sono
stati trasmessi dalla sua stessa famiglia: da suo padre, al quale
è dedicato il libro, dal suo paese, la sua "hora" che in arbereshe
indica il luogo in cui si è nati. Quello stesso paese in cui, ieri come
oggi, si possono ammirare i colori del cielo, del mare, della sulla che
cresce rigogliosa, quello stesso paese in cui ogni sera si sente la voce
del vento che ripete parole lontane, a tratti incomprensibili, che
vengono da chissà dove. È il paese nel quale è possibile vedere una
rondine albina, uccello rarissimo e molto diverso dagli altri,
particolare perché riesce sempre e comunque a distinguersi. "
La collina
del vento" riesce a racchiudere un percorso storico, culturale ed etico
che pochi libri sono in grado di offrire, ed a far riscoprire una storia
che spesso viene dimenticata, oltre alla forza di chi è sempre stato
abituato ad affrontare la vita a testa alta.
Articolo di M. Cianciaruso per Informagiovani Italia
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