Cattedrale
di Massa Marittima
L’edificio
religioso più importante di Massa Marittima è la Cattedrale,
dedicata a San Cerbone, del quale l’architrave
del portale della facciata illustra la vita (il culto
di questo santo, la cui effigie era anche riprodotta
nelle monete battute dalla zecca massetana, riconduce
le origini di Massa alla città-madre Populonia,
la cui sede episcopale era occupata dal santo quando
questi nel 570 per sfuggire le incursioni longobarde
fu costretto a rifugiarsi nell’Isola d’Elba dove tre
anni dopo morì)
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Sulle cui fasi costruttive della
cattedrale non vi è concordanza da parte degli studiosi. La
stessa chiesa presenta particolari architettonici che non facilitano
una definizione precisa dell’epoca di fondazione. È comunque
suggestiva la sua ubicazione, realizzata felicemente in diagonale
(così da apparire in piena vista dalla piazza), a concludere
lo spazio della più vasta area pubblica massetana.
La mole del Duomo, affiancata dal
neogotico Palazzo Vescovile, s'innalza su una platea
posta su una scalinata. La facciata ha caratteristiche romanico-pisane
nella parte inferiore, dotata di arcatelle cieche a tutto sesto
che racchiudono i motivi a losanga. Si è supposto che l'autore
della parte inferiore del Duomo, che potrebbe risalire al XII
secolo, sia tale Enrico, forse un pisano, il cui nome si trova
inciso sul capitello di una colonna all'interno della chiesa.
Il Duomo fu poi rialzato (forse nel 1287, come attesta un'iscrizione
posta su un pilastro Interno a destra del tiburio) e prolungato
nell’abside, di forma poligonale, con tre finestroni ogivali,
sormontati da cornice liscia di decisa caratterizzazione gotica.
Anche la facciata ha avuto un completamento
di tipologia gotica: essa presenta anteriormente al rosone una
loggetta a cinque archi a tutto sesto sostenuti da esili colonnine,
e il coronamento triangolare ad arcate degradanti, con loggiato
sostenuto in parte da statue figuranti un grifo, un telamone
e un cavallo, pievi attribuiti a uno stretto seguace di Giovanni
Pisano. Al sommo del timpano sono posti pinnacoli, e ai
lati due leoni appoggiati su mensole, simbolo della città.
L'alzato del fianco destro ha un rivestimento a liste bianche
e nere, mentre quello sinistro presenta una decorazione ad archetti
e lesene. Il portale ha architrave scolpito, con cinque Storie
di San Cerbone. L'autore del rilievo è stato collocato nell'area
figurativa pisana del XII secolo, memore e seguace forse di
Guglielmo, Gruamonte e Biduino.
L'interno del Duomo appare scandito
dal susseguirsi delle colonne, molte delle quali con capitelli
di foggia classicheggiante, secondo un modulo assai diffuso
nell'architettura pisana. Delle aggiunte secentesche rimangono
solo alcune volte a crociera, mentre il tiburio, che esteriormente
è rivestito di mattoni, s'imposta su profondi pennacchi. L'arredo
del Duomo è costituito da numerose opere d'arte, che rientrano,
per la quasi totalità, nel raggio d'influenza dell'arte
senese, che in questa chiesa, così come nelle altre di Massa,
ha lasciato tracce dal XIII al XIX secolo.
Sulla parete destra della facciata
sono collocati alcuni pannelli in pietra tenera (anidrite),
qui murati nel 1880 (epoca dell'intervento volto a trasformare
l'aspetto della chiesa in recupero medioevaleggiante), contraddistinti
dal profondo intaglio, dalle forme schematiche, dalla fissità
delle fisionomie, a cui ben s’adeguano le fìtte, calligrafiche
pieghe dei panneggi.
I rilievi sono stati variamente
assegnati dalla critica, con collocazioni cronologiche che vanno
dal periodo altomedioevale al XII secolo. Essi raffigurano soggetti
sacri, fra cui sicuramente il Cristo in gloria; altri
sono di ardua identificazione. Gli occhi delle figure erano
riempiti in pasta vitrea bianca, oggi in parte caduta; il colore
bruno si deve a uno strato di grasso abbondantemente spalmato
sulla superficie.
All’inizio della navata destra
si trova il fonte battesimale, composto di due parti; quella
inferiore, scolpita da Giroldo da Como e da lui firmata
e datata 1267, ha forma di grande vasca rettangolare, sorretta
da tre leoni e una leonessa. Ogni fianco, scandito da arcate
trilobate sostenute da colonne di varia foggia, reca soggetti
sacri, realizzati in rilievo energico e con intaglio minuzioso,
tanto da dar l'impressione di un tessuto diligentemente ricamato.
La parte superiore è costituita da un tabernacolo a quattro
facce, ciascuna con una figura di profeta inserita in una nicchia,
divisa dalle altre da una lesena. Il tabernacolo è datato 1447,
ma non esistono ipotesi apprezzabilmente sicure per il suo eventuale
autore. È certa comunque la sua derivazione dal fonte battesimale
della Pieve di San Giovanni a Siena.
Sulla parete destra si trovano
le pale d'altare sopravvissute alla demolizione degli altari
barocchi; una Madonna in gloria coi SS. Giuseppe, Bernardino
e Guglielmo d'Aquitania, attribuibile a Giuseppe Nicola
Nasini, pittore seicentesco originario della vicina Castel
del Piano; una Natività della Vergine, opera tardo
manieristica del senese Rutilio Manetti, che fu allievo
di Ventura Salimbeni; quindi, nella cappella del transetto
di destra, si trovano le sante Lucia, Genoveffa e Caterina d'Alessandria,
dipinte ad affresco, di cui un restauro ha confermato l’esecuzione
da parte di due distinti pittori di scuola senese della fine
del Trecento. Alla parete di questa cappella è appesa una
Croce dipinta, assegnata a Segna di Bonaventura,
nipote e seguace di Duccio (primo decennio del Trecento).
Nella cappella di fondo sulla destra
dell’altare si trovano due dipinti su tela, uno con l'Immacolata
Concezione, appartenente all’attività giovanile di Rutilio
Manetti, l'altro con la Madonna del Rosario, di ignoto
autore secentesco.
L’abside della chiesa greca
sulla parete destra un affresco recuperato in parte sotto lo
scialbo, raffigurante San Cerbone e il vescovo fra Antonio
da Massa (morto nel 1435), di scuola senese quattrocentesca,
con evidenti richiami stilistici al Vecchietta, mentre
la parte inferiore della parete conserva un notevole coro ligneo
di forme ogivali.
Il monumentale tabernacolo dell’altare
maggiore, in marmo, è dovuto a Flaminio Del Turco (1623)
e sostituisce l’altare trecentesco, di cui restano vari frammenti.
Sull'altare, gli angeli lignei trattati a finto bronzo, posti
sul cornicione, sono stati variamente attribuiti al Vecchietta
e a Domenico di Niccolò dei Cori, entrambi scultori senesi
del primo Quattrocento. Al centro si trova un Crocifisso ligneo
policromo di piccole dimensioni, in gran parte ridipinto, di
cui una parte della critica avanza l'attribuzione a Giovanni
Pisano.
Nella cappella di sinistra è stata
recentemente ricomposta, nelle due facce originarie, la Maestà
o "Madonna delle Grazie" (1316), la cui attribuzione
varia da Duccio da Buoninsegna e bottega a una prima
fatica di Simone Martini. L'opera, benché assai danneggiata
nella consistenza del colore, nella faccia con la Vergine
in trono dimostra la sua dipendenza dalla celeberrima
Maestà di Duccio da Buoninsegna per il
Duomo di Siena; mentre più originale, anche se
prosastica nella narrazione e nei sapidi particolari di costume,
appare il verso, dove sono raffigurate Storie della Passione.
Nella parete sinistra si trova una grande tela con l'Annunciazione,
memore della maniera di Pietro da Cortona, del senese
Raffaello Vanni, figlio del più noto Francesco, e la
tomba del vescovo Giuseppe Traversi, in stile neogotico,
opera dello scultore Tito Sarrocchi, che fu l'autore
della copia tardottocentesca della Fonte Gaia di Jacopo
della Quercia in
Piazza del Campo a Siena.
Nel sotterraneo della Cattedrale
è conservata l'Arca di San Cerbone, pregevole lavoro
scultoreo di Goro di Gregorio (firmata e datata 1324),
a forma di urna, col coperchio ornato di tondi con figure di
Profeti e l’immagine della Madonna col Bambino. I fianchi
sono scanditi da rilievi inseriti in pannelli quadrangolari
con le Storie della vita di San Cerbone. La finissima
decorazione a girali e fogliami, il linguaggio delle narrazioni
della leggenda del Santo, rendono l'opera una delle creazioni
più attraenti ed eleganti della scultura senese del primo Trecento.
Nello stesso sotterraneo sono esposte statue di Apostoli
e Profeti provenienti dalle mensole sovrastanti il coro
del Duomo. In esse è da scorgersi forse la mano di un seguace
di Tino di Camaino, con un goticismo però accentuato
rispetto al consueto operare del maestro senese e un vigore
più arcigno e scandito nel modellato dei volumi.
Il Duomo di Massa possiede anche
un patrimonio di oreficeria sacra di notevolissima qualità,
nel quale si segnala una preziosa Croce in argento sbalzato
e smalti, con piedistallo in rame dorato, in cui alcuni
hanno voluto scorger la mano di Andrea Pisano; in realtà,
sembra trattarsi di un’opera di scuola orafa senese, del secondo
decennio del Trecento, come il reliquiario di San Cerbone e
quello delle spine della corona di Cristo, firmato dal noto
orafo senese Goro di ser Neroccio.
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