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VISITARE
MASSA MARITTIMA - INFORMAZIONI E GUIDA.
I punti di forza di Massa Marittima, tranquilla città collinare nella
zona delle Colline Metallifere in Toscana, oltre alla sua
oggettiva bellezza medievale arrivata pressoché intatta fino
a noi, includono una variegata ma accattivante selezione di
musei, una piazza centrale estremamente pittoresca e una
scelta gastronomica di primordine.
Massa
Marittima, capoluogo del peculiare
comprensorio delle Colline Metallifere, è una
città-gioiello di poco più di 6000 abitanti in
provincia di
Grosseto posta su un poggio a circa
600 metri sul livello del mare che sovrasta la
Maremma toscana, custodendone le tradizioni e la
buona cucina. Quello che è stato per secoli un
antico borgo di minatori è da svariati decenni la
meta preferita di numerosi visitatori in primavera e
estate e nei weekend in tutto il resto dell'anno. Sorge su una collina a circa 20 km dalle costa
tirrenica.
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Ci
si arriva al termine di un percorso che si è tenuto alle spalle
il Golfo di Follonica per inerpicarsi fino alla cima del monte
dove sorge la città romanica, fedele all'usanza di queste parti
dove, se c'è l'aggettivo "marittima", sì può star certi dì
finire su qualche altura e ben lontani dal mare. I colli
che la circondano sono coperti di lecci, e in estate risonanti
di usignoli. Di fronte, ha la pianura verdeggiante che confina
in lontananza col mare. Resti di costruzioni rupestri,
rinvenimenti di oggetti dell'epoca paleolitica, neolitica, e
neolitica, costruzioni etruschi e romane testimoniano che il suo
territorio fu abitato fin dai tempi remoti, e che fin
dall'antichità si estrassero e lavorarono i minerali delle sue
colline metallifere.
La
sua storia, che ne ha caratterizzato la fisionomia e lo sviluppo
nei secoli, è legata all'estrazione mineraria poiché l'area
circostante era ricca di ferro, mercurio, rame, argento e
pirite. L'epoca d'oro di Massa Marittima avvenne intorno al 1225
quando le città vicine erano sotto il dominio di Pisa, mentre
Massa Marittima rimase indipendente per 110 anni prima di cadere
sotto il dominio di Siena. In questo periodo la popolazione
aumento moltissimo in seguito allo sfruttamento delle vicine
miniere, dovuto anche all’immigrazione di Tedeschi e Lombardi,
che fornivano manodopera specializzata nell’estrazione dei
metalli. Per dare l'idea dalla prosperità che veniva dal
sottosuolo, a un certo punto la disponibilità di argento era
tale che nel 1300 il Comune decise di battere moneta propria, il
Grosso, ed in quegli anni venne emanato il primo codice
minerario del mondo, che dettava norme e modalità di lavoro
in miniera.
Gli edifici principali della città
sono centrati sulla piazza pubblica triangolare Piazza
Garibaldi, con il Duomo, il Palazzo del Podesta
del XIII secolo (oggi museo archeologico), il Palazzo del
Comune, il Palazzo Vescovile e altri edifici che
testimoniano il lungo passato della città. Determinante
per lo sviluppo di Massa Marittima, fu il trasferimento in città nell'XI
secolo della sede vescovile che prima si trovava nella non lontana
Populonia. La città crebbe intorno al Castello di Monteregio,
sede proprio del Vescovo. Tra XII e il XIV secolo ci fu il periodo di
massimo splendore economico, politico e demografico della cittò, che grazie
alle ricchezze delle minerarie, acquisì l’autonomia comunale raggiungendo
quasi 10.000 abitanti agli inizi del Trecento quando sbatté moneta propria,
il famoso "Grosso massetano".
A questo punto, in onore di San Cerbone, il santo patrono
della città maremmana, così caldamente venerato dai
massetani, vale forse la pena di fare una piccola
digressione. Secondo la leggenda, confortata in qualche
caso da notizie storiche tramandateci dagli scritti del
quasi contemporaneo San Gregorio Magno, Cerbone
nacque in Africa verso la metà del V secolo. Fin da
fanciullo seguì il vescovo Regolo (poi
santificato) con il quale, in età matura, intraprese il
viaggio per mare verso le coste italiane. I due
approdarono nel golfo di Baratti e iniziarono,
insieme con altri seguaci, la vita eremitica. Ma in
Italia infuriava la guerra fra bizantini e goti: il re
di questi ultimi, Totila, accusò Regolo di aver
aiutato i suoi nemici e lo condannò alla decapitazione.
Cerbone quindi divenne vescovo di Populonia e, dopo una
vita avventurosa e intessuta di miracoli, andò a morire,
nell’intento di sfuggire ai nuovi conquistatori
longobardi, nell’isola d’Elba. Come ultima
volontà invitò i suoi seguaci a seppellirlo a
Populonia. Dove rimase fino al IX secolo, quando il
suo corpo venne traslato altrove e infine a Massa.
Allo stesso periodo
della città risalgono le strutture di
maggior pregio artistico e monumentale, che ancora oggi ne connotano il
tessuti urbano. Nella Piazza Garibaldi si affacciano la bellissima
Cattedrale, il Palazzo del Podestà, oggi sede del Museo
Archeologico, il Palazzo del Comune, la Loggia del Mercato,
la Fonte Pubblica, con il particolarissimo affresco dell'Albero
della Fecondità, e la Zecca. Nella parte più alta della città, la
cosiddetta "Città Nuova" si
possono ammirare la Torre del Candelieri e l'Arco e la
Fortezza Senese, la Chiesa di Sant' Agostino, il Convento
delle Clarisse attualmente sede della Biblioteca Comunale e del Museo
del Risorgimento, il Palazzo delle Armi, sede del Museo di
Arte e Storia delle Miniere, e l'ex Chiesa di San Pietro all'Orto
con l'annesso Convento e Chiostro degli Agostiniani, sede del
Complesso Museale di San Pietro all'Orto.
Continuando
la passeggiata nella Città Vecchia, tra antichi cafè e moderne gelaterie
quasi sempre assediate dai molti visitatori, si arriva all'imponente Torre
del Candeliere e alle mura della possente Fortezza che
Siena,
conquistata Massa nel 1337, unirono tra loro costruendo un ponte ad arco,
per l'epoca a dir poco avveniristico. Oggi il complesso, ottimamente
restaurato, è visitabile: si accede dalla piccola porta alla base della
Torre per poi arrampicarsi su ripidissime scalette di legno interne; salire
è facile, a scendere ci sì pensa dopo. Una volte raggiunte la sommità, si
gode una vista impagabile.
E
la fantasia torna a galoppare, indietro dì un millennio, quando i saraceni
mettevano a ferro e fuoco ogni insediamento sulla costa e alla fine, grazie
alle risorse minerarie della zona, le ricchezze vennero investite in
fortificazioni che la resero un comune-repubblica inespugnabile. 0 quasi.
Perché i senesi riuscirono a prenderla per sfinimento e addio
all'indipendenza da non tanto conquistata. Da sottomessa, l'ariosa Massa
Marittima sembrò spegnersi gradualmente, e alla decadenza si aggiunse la
terribile peste nera verso la metà del Trecento, quando dalle paludi intorno
a Piombino presero a salire non solo zanzare da malaria ma anche la malattia
portata dai topi.
In seguito, quando la città entrò nell'orbita
di Firenze,
i Medici tentarono qualche intervento per favorirne la ripresa, ma un
rilancio più consistente si ebbe solo con l'arrivo dei Lorena e in
particolare con Leopoldo II. La città partecipò attivamente ai moti
risorgimentali che portarono all'Unità d'Italia e furono proprio alcuni
giovani massetani ad aiutare
Giuseppe Garibaldi a
raggiungere Cala Martina per imbarcarsi verso
Porto
Venere nel 1849.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale si
registrarono episodi di lotte partigiane e dolorose tragedie umane tra cui
l'eccidio degli ottantatre minatori di Niccioleta e l'uccisione di
Norma Parenti, medaglia d'oro al valore militare. Nel dopoguerra Massa
Marittima si consolidò come importante centro minerario fino agli anni
Settanta quando iniziò un lento declino dille attività minerarie che portò
lite chiusura progressiva di tutte le miniere. Furono proprio i minatori a voler valorizzare
il proprio lavoro dando vita al Museo della Miniera, il primo esempio
di valorizzazione del patrimonio minerario delle Colline Metallifere.
Si
dovranno insomma aspettare addirittura quattrocento anni perché, subentrati
i Lorena all'ultimo dei Medici, avviate la bonifica e rilanciata
l'estrazione dei minerali ferrosi, Massa Marittima riprenda lo splendore che
ostenta tuttora, fiera e solitaria sul suo monte, gioiello raro di
urbanistica medievale, a contemplare finalmente lo struggente spettacolo del
Golfo di Follnica al tramonto, senza più l'ansia di scorgere vele nemiche
all'orizzonte.
Balestro del Girifalco
Chi
vorrà visitare Massa in maggio potrà assistere al festival del cosiddetto
Balestro del Girifalco, che si svolge nella terza domenica del mese. Si
tratta di una spettacolare gara fra i balestrieri dei tre rioni cittadini
(terzieri) che, vestiti nei costumi medioevali, devono confrontarsi nella
gara dell'arco. La manifestazione si rifà, ancora una volta, come è
prevedibile, alla storia della città, con il periodo quando Massa era libero
comune a partire dal 1255. L'indipendenza ebbe vita breve e terminò
nel 1337 quando la città cadde sotto il dominio di Siena, e ancora oggi i
massetani amano ricordare e rivivere quel periodo della loro storia. Così,
due volte l'anno, il 20 maggio, se è giorno festivo, o nella festività
immediatamente successiva, e poi nella seconda domenica di agosto, nelle sue
antiche strade in cui si snoda la sfilata, con archi, toni, palazzi, portici
e le vecchie case dalle finestre strette e dai tetti rossi, costituiscono
una perfetta, autentica scenografia. Alle 18, al centro della piazza
gremita, comincia la gara. I balestrieri si alternano sul palco di legno;
ognuno ha il proprio balestro, al maschile. L'arciere tende l'arma con un
congegno a manovella (girello), la appoggia sulla spalla, e tira spostando
un grilletto. A 36 metri, su un muro, è appoggiato lo stendardo che
rappresenta il girifalco, il più possente dei falconi da preda,
simbolo del nemico, dell'oppressore. Al centro del Girifalco è sistemato il
tasso, un tronco di legno del diametro di 12 centimetri, che serve da
bersaglio. E i balestrieri sono cosi bravi che, alla fine della gara, il
tasso è completamente coperto di frecce. Vince, naturalmente, chi scaglia la
freccia il più possibile al centro del bersaglio e la folla partecipa con un
tifo vivissimo rovesciandosi infine al centro della piazza per portare in
trionfo il miglior arciere. Il quale riceverà una simbolica freccia d'oro,
mentre il suo terziario avrà un vessillo di seta dipinta.
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