La
Sartiglia è una suggestiva giostra equestre dalle origini
medievali che si svolge ogni anno a febbraio ad Oristano e nei
paesi limitrofi, con sfilate in costume ed evoluzioni
acrobatiche a cavallo.
Negli ultimi
giorni di carnevale, ogni angolo d'Italia
propone copioni attraverso i quali si consumano riti
secolari, tra il sacro e il profano. Alla regola non
sfugge Oristano con la Sartiglia,
esibizione equestre dalle origini antiche, che si
disputa l'ultima domenica di carnevale ed il martedì
grasso, in cui le influenze spagnole riecheggiano
nei nomi in una ritualità che risale ai tempi delle
Crociate, quando i nobili per svago si sfidavano in
abilità cavalleresca. Col mutare delle tecniche
belliche, la Sartiglia tuttavia da svago per
privilegiati e blasonati è divenuta espressione di
popolo. |
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Un carnevale che garantisce uguaglianza grazie all'anonimato di
un'enigmatica maschera di legno, simbolo della manifestazione,
come la stella di latta sospesa a 2 metri proprio di fronte
all'Arcivescovado che le spade dei concorrenti devono infilare
tra i clamori nella folla. Il numero di stelle infilzate
indicherà anche l'andamento della stagione agricola.
A febbraio, quando
l'inverno ripropone con forza le sue ultime morse prima di
concedersi alla natura maestra. Ad inebriarsi dello stesso
colore sono anche le case, le vie (le antiche 'rugas',
come le chiamano da queste parti), gli eleganti palazzi del
centro storico. Lo stesso non può dirsi però del cuore delle
gente che, nonostante il freddo e nonostante l'inverno, si
riscalda di ben altri colori ed emozioni in un'atmosfera
pregna di sacralità e feticismo. I
richiami sono secolari. Sono gli stessi che per sette secoli
hanno accompagnato il profondo legame tra sacro e profano insito
nel popolo sardo. Sono memorie vissute tra sfumature legate ai
vissuti di crociati e cavalieri, di contadini e popoli anche
lontani: vicende che tra mille simboli, tra dolore e gioia,
miseria e prosperità, hanno inorgoglito l'animo di questa
piccola città della provincia sarda. La Sartiglia costituisce il
valore culturale più alto degli oristanesi.
"[Quello] era venuto a
parlare con babbo dicendo che suo cugino aveva una scuderia
grande [...], con dei bellissimi anglo-arabi sardi, e che
cercava un domatore. E se il domatore fosse stato bravo gli
avrebbe regalato un puledro, e con quello lo avrebbe mandato
alla Sartiglia. Così Graziano divenne un Sartigliatore. Sono
convinto che quel mestiere gli piacesse. Che lo facesse davvero
con tutto se stesso. Perché anche lui, dentro, era di razza
purissima incrociato con sangue arabo. Sangue di mamma che
veniva da Oriente. Andò alla sua prima Sartiglia che era
bellissimo. Indossava il costume di Desulo, regalato da Signora
Zedda insieme con quello di cugina Marietta. Con il corpetto
rosso fiammante, le ghette candide e la cinta di cuoio con la
grande tasca centrale. Nessuno ebbe dubbi che fosse un cavaliere."
(Da qui a Cent'anni, di Anna
Melis, Ed. Frassinelli, finalista al Premio Calvino 2011)
A
febbraio le antiche strade lastricate del centro storico si
inebriano di rinnovate atmosfere passate. Respirano l'aurea
della città medievale, la città di Eleonora (del Giudicato di
Arborea). Dal silenzio sonnacchioso dei secoli, Oristano si
anima di passioni inebrianti, piene di energia e di antica
sapienza. Il grigio diventa sfondo perfetto per una
manifestazione che, unica al mondo, va oltre i riti
carnevaleschi; serve a dare risalto al rosso e al verde che
colora i vestiti dei cavalieri, al bianco pizzo che accarezza il
viso delle donne e ne addolcisce lo sguardo orgoglioso; serve
alle sfumature dei ricchi vestiti della tradizione sarda
regalate da un'arte sapiente, sincera, appassionata. In pochi
altri luoghi come in Sardegna
si sono incrociate culture diverse lasciando una
tale eredità di costumi e memorie di vita quotidiana. Le stesse
memorie che riaffiorano oggi e a cui oggi tutti possono
assistere grazie agli eventi che ogni anno regala questa
splendida terra.
In
Sardegna la sapienza artigiana è meravigliosa. Capolavori
finissimi, opera di abili mani, trasformati in straordinarie
forme di espressione artistica. E la Sardegna sceglie il periodo
di Carnevale, soprattutto, o la primavera, per rivelare il suo
lato più vero, quello arcaico e misterioso. La Sartiglia,
immersa tra riti antichi è uno dei simboli di questa identità.
La cerimonia di quella che viene anche indicata come una delle
poche corse equestri ad anello rimaste in Europa, si concentra
in particolare nei giorni di domenica e di martedì, gli
ultimi giorni del Carnevale. Si incontrano le due più
antiche corporazioni rimaste in città: la domenica è
protagonista la corsa del Gremio dei contadini, sotto la
protezione di San Giovanni Battista, il martedì è invece la
volta della corsa del Gremio dei falegnami, sotto la
protezione di San Giuseppe. Ogni Gremio si avvale di un proprio
primo cavaliere o capocorsa, individuabile dal colore
della maschera. Il palcoscenico è la 'ruga' de Santa
Maria, e cioè via Duomo, che costeggia la grande Cattedrale
di Oristano.
Su
Cumpoidori è colui che durante la Sartiglia, diventa per un
giorno il 're di Oristano'. È molto più di un cavaliere,
è colui a cui viene affidato il potere di essere uomo e donna
allo stesso tempo, una sorta di semi-Dio, intoccabile. In groppa
al suo destriero, contro il vento e contro la sorte, deve
impadronirsi per primo della stella argentea. Lo fa vestito con
una camicia in lino bianco, preziosamente ricamata, con la
maschera che le copre il volto, sotto quel velo, così simile al
velo di una sposa. Ritmi musicali, trombe e tamburi, orgoglio,
onore e valentia, in un misto di sentimenti che sembrano
esprimere lontane magie; richiami misteriosi di una civiltà,
quella sarda, per molti versi ancora sconosciuta.
Le origini della Sartiglia
si perdono nel tempo. Ad Oristano arrivarono probabilmente nel
XIV secolo, durante l'assedio della città da parte delle
truppe aragonesi di Pietro d'Aragona. Il retaggio medievale
è per molti aspetti ancora visibile in città: erano i tempi di
un regno (il Giudicato di Arborea) e dei suoi ultimi
governanti (i Giudici), che combattevano con forza e
tenacia le armate degli invasori spagnoli. Il nome Sartiglia ha
infatti origini spagnole, deriva da Sortja (anello), il
simbolo di tutto il torneo. Anche il termine 'Cumpoidori'
è spagnolo, deriva da componedor, nome con il quale si
designa il capitano d'armi e cioè il maestro di campo della
corsa sulla quale è incentrato l'evento. Molti ricollegano lo
stesso termine ad una etimologia ancora più antica, anteriore
all'influsso spagnolo, indicandone il significato in quel di 'sorticula'
e cioè sorte, la stessa che si affida alla presa dell'anello,
inteso come legame, matrimonio e fecondità. L'anello nel tempo
ha assunto la forma stellata e "la spada che s'infligge
all'interno della stella, dell'anello", è simbolo di
fecondità, ricollegandosi ad antichi riti propiziatori della
primavera, del raccolto e della buona sorte.
La
Sartiglia, nata come manifestazione delle ricche famiglie nobili
dominanti la città, si è arricchita nei secoli di nuovi rituali
legati all'evoluzione della società giudicale: si è unita alle
influenze presentate dalla società contadina ed artigiana,
rappresentandone nel tempo i mutamenti sociali e culturali del
suo territorio. In effetti, la Sartiglia non ha in origine
nessun collegamento con il Carnevale, quanto meno con l'uso
delle maschere tipiche del periodo. Nell'antichità si svolgeva
probabilmente più volte l'anno, in occasioni importanti, come
una giostra militare riservata a cavalieri di alto rango. Ai
primi cavalieri seguivano altri, un secondo (segundu cumponi)
e poi anche un terzo (tertzu cumponi), Ma c'erano anche
altri abili uomini (stallieri e uomini di strada), che a cavallo
usavano 'sfogare' fuori dalle antiche mura cittadine la voglia
di festeggiare e divertirsi; oggi, le loro abilità sono ancora
visibili, rappresentate negli acrobatici momenti della
Pariglia, in un'altra parte della città (nell'attuale Via
Mazzini, tra la Porta Manna e la Portixedda, la
porta grande e la porta piccola).
Il
ritmo è sempre solenne, tipico delle giostre cavalleresche.
In Italia siamo abituati a questo tipo di tradizioni. Gare di
abilità particolari, la cui sorte è quella in cui i cavalieri
sono impegnati nel tentativo di colpire un bersaglio, anelli
piccoli a forma di stella come nella Sartiglia o più spesso una
sagoma o busti roteanti, come accade nelle altrettanto famose
Corsa del Saracino di
Arezzo
(con il Buratto) o la
Giostra dell'Orso
di
Pistoia.
Anche ad Oristano il ritmo è scandito dal suono di tamburi e
trombettieri. I passi sono tramandati dalla memoria dei secoli:
con il Su passu de su Cumpoidori si accompagnano i
momenti più importanti del primo cavaliere; con il Su passu
de istrada si dà invece ritmo alla sfilata che accompagna la
fase della vestizione del primo cavaliere. Ad essi si uniscono
altri ritmi, come quelli suonati per gli altri cavalieri e
soprattutto quello del Sa curreba, che prepara sia alla
vestizione, sia alla corsa e alle pariglie, così come al momento
ultimo della svestizione.
I
momenti delle celebrazioni sono scanditi dai giorni della
settimana, rituali densi di significato e per qualche verso
ancora intrisi di mistero. Si inizia il 2 febbraio con la
cerimonia ufficiale di investitura del Su Cumpoidori dei
due gremi, la Candelora: è il primo atto ufficiale in
vista dell'evento, nella religione cattolica corrisponde alla
'presentazione al Tempio di Gesù' ed è così chiamata per via
della benedizione delle candele che "illuminano le
genti". Il giorno è tanto atteso per il fortunato primo
cavaliere, uomo o donna che sia (prescelto dallo stesso Gremio
dopo anni di edizioni di corsa alla stella) e con la folla di
gente che fa tappa alla sua abitazione per assistere alla
consegna del cero benedetto. Ad attenderli, dolci della
gastronomia sarda tipica del carnevale oristanese,
tamburini e trombettieri e l'immancabile piccolo bicchiere di
vernaccia. Nell'edizione più recente, nel 2013, i due
cumpoidori sono un uomo e una donna, quest'ultima Valentina
Uda, sarà il Su Cumpoidori per il Gremio dei falegnami
(nella storia è la terza amazzone a guidare la giostra, la prima
fu Annadina Cozzoli). Segue il tradizionale bando,
fase saliente della settimana cavalleresca. L'araldo a cavallo,
scortato da alfieri ed accompagnato da tamburini e trombettieri,
legge il bando alla popolazione, partendo da Piazza Eleonora
e verso i vicini quartieri, invitando gli spettatori nel
piazzale della Cattedrale (il Sa seu de Santa Maria).
La
fase più bella e significativa della Sartiglia è quella della
Vestizione del Su Cumpoidori. La domenica o il martedì, a
seconda del Gremio partecipante, il primo cavaliere e capocorsa
si sottopone ad un rito denso di sacralità. Dopo essere stato
alle scuderie per controllare i cavalli, egli o ella, si reca
verso la sede dove avverrà il rito, accompagnato dal corteo di
donne vestite in costume (sono chiamate
massaieddas,
piccole massaie). Sono proprio loro a portare in corteo i
vestiti del Su Cumpoidori, loro che dopo oltre settecento
anni di storia vestono di abiti sacri il 're' della Sartiglia.
Donne che, secondo la tradizione, la notte precedente e per
l'intera giornata della Vestizione hanno il compito di restare
'pure', sotto l'occhio vigile di un'anziana donna, detta Sa
Massaia Manna (la massaia grande, intesa come la più
anziana), la quale ha anche il compito di sovrintendere l'intera
cerimonia. Il corteo arriva in un punto preciso della città, una
piccola piazza allestita in modo solenne e piena di spettatori.
Questo è forse il momento più poetico di tutta la
manifestazione, con il Su Cumpoidori che sale su un piccolo
palchetto (sa mesitta) dal quale non potrà più scendere e
toccare terra (sarà infatti portato a peso sopra il suo cavallo,
anch'esso riccamente bardato).
Il rituale si ripete nei
secoli: il Su Cumpoidori è seduto in un tipico scanno sardo, non
può toccare i suoi abiti. Ai suoi lati due donne lo vestono
secondo un rito ricco di dettagli e con mani esperte mettono in
atto la metamorfosi. Viene vestito secondo la tradizione, con la
mantiglia, la camicia a sbuffo con pizzo, il gilet, il cinturone
in pelle, la maschera, il cilindro. A cambiare è la scelta dei
colori dei vestiti indossati, dipendono infatti dal Gremio di
appartenenza: una camicia bianca caratterizzata dai tipici lacci
rossi nella corsa del Gremio di San Giovanni; lacci di colore
rosa e celeste sono invece tipici del Gremio di San Giuseppe. La
posa della maschera è il momento più solenne di tutta la
cerimonia, accompagnato da squilli di tromba e rullo di tamburi:
è una maschera ricca di mistero, impenetrabile, androgina.
Quella color terra distingue il Su Cumpoidori dei contadini,
quella bianca il Su Cumpoidori dei falegnami. Ad ambedue i
cavalieri viene posizionato il velo ricamato secondo l'abile
tradizione artigianale sarda; è poi la volta di un cappello a
cilindro nero ed infine di una camelia sul petto (rossa per il
Su Cumpoidori della domenica, rosa per quello del martedì). Il
cavaliere è pronto per la corsa. All'arrivo del cavallo è il
silenzio che tiene il ritmo, non più trombe e tamburi. Il
cavaliere viene portato a peso sulla sella, non gli è infatti
permesso toccare terra. Lo aspetta il grande corteo della
Sartiglia che preannuncia l'inizio alle gare.
Il mezzogiorno ormai passato
lascia spazio al corteo che sfila con tutti i personaggi
della Sartiglia diretto verso il percorso di fronte alla
Cattedrale, la via Duomo: un centinaio di persone, tra cavalieri
mascherati guidati dal Su Cumpoidori e preceduti da trombettieri
e tamburini, massaieddas e da tutti i componenti del Gremio. Il
corteo arriva in piazza del Duomo, dove avviene il cambio di
consegne: le spade prendono il posto delle 'sa pipia de maju
a s'Oberaju Majore', il doppio mazzo di pervinche e viole
mammole simbolo di primavera e consegnato poco prima durante la
vestizione.
Alle 13.30 ha inizio la
corsa alla stella, il fulcro della manifestazione. Inizia
quando Su Cumpoidori e il suo secondo, a cavallo, incrociano le
spade per tre vole. Il rullo dei tamburi segnala il via, lo
slancio del Su Cumpoidori è atteso con trepidazione. La corsa è
sfrenata, al galoppo, decisa, potente. L'obiettivo della è
centrare con la spada il foro della stella argentea che penzola
in mezzo al percorso, tenuta da un nastro verde ad altezza nel
mezzo della strada (per l'occasione ricoperto di terra e
sabbia). Al capocorsa seguono tutti gli cavalieri, scelti
appositamente. La corsa termina con la prova dello 'stocco'
(la lancia di legno), riservata al Su Cumpoidori e ai suoi primi
cavalieri. Quante le stelle ottenute? E soprattutto tra queste
c'è anche la stella colta con lo stocco? Ultimata la corsa, il
Su Cumpoidori si reca nuovamente presso il sagrato della
cattedrale per la riconsegna della lancia e lo scambio con lo
scettro di mammole. È il momento della fase finale dell'evento,
la galoppata di saluto (Sa Remada). Si recherà
successivamente, sempre in corteo, a pochi isolati di distanza,
nella via Mazzini, teatro della corsa acrobatica della Pariglia.
La
Pariglia è una corsa di grande spettacolarità, e
definirla acrobatica è forse riduttivo visto che si tratta di
corse al galoppo piuttosto spericolate. Non vi possono
partecipare i primi cavalieri, per non attentare alla sacralità
del Su cumpoidori, che infatti si esibisce solo in evoluzioni
non pericolose ed elargendo la sua benedizione alla folla con lo
scettro di fiori. L'ultima fase della cerimonia spetta alla
svezione del Su Cumpoidori, ormai all'imbrunire, che avviene
sempre nel piccolo palco della Sa Mesitta, con una grande festa
di pubblico.
La Sartiglia è una cerimonia di
grande partecipazione, a chiunque voglia assistere consigliamo
la prenotazione di un posto nelle tribune a pagamento (il prezzo
va dalle €10 euro alle €30 euro). Per informazioni Tel. +39 0783
303159. Per prenotazioni alberghiere consultare la lista su
B&B a Oristano oppure
Hotel a Oristano.
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