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Cosa vedere in provincia di Belluno
La
provincia di Belluno si trova nella regione Veneto. Il suo
capoluogo è la città di Belluno. Ha una superficie di e una
popolazione totale di circa 200.000 abitanti. Una provincia dove
si assiste al trionfo della natura alpina: luoghi dove il cielo
è così vicino e le leggende avvolgono il quotidiano come una
nebbia invisibile. Tutto il territorio bellunese, le valli, i
boschi, i torrenti, i laghi e le formazioni rocciose , ha un che
di fiabesco, di distaccato dal mondo reale. Siamo in un paradiso
terrestre, un miracolo della natura in cui sono presenti l'uomo
e la storia: da Feltre a Sappada, un tuffo
nell'arte e nella tradizione delle nostre montagne.
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L'attuale provincia di Belluno
risulta dall'aggregazione compiuta nel 1787 dagli Austriaci, e ratificata
nel 1815 dei territori geograficamente differenziati della montagna alpina e
della Val Belluna, venendo a riunire insieme tre aree culturali che, pur in
un ambito analogo, si qualificano storicamente, culturalmente ed
economicamente in maniera differenziata: il Cadore, il Bellunese,
il Feltrino.
La fascia alpina è la zona meno
conosciuta, poiché i primi documenti giunti fino a noi risalgono a quella
vasta operazione di censimento avviata in Veneto tra il 1815 e il 1819, nota
come Catasto Napoleonico. È stata definita "terra senza città": essa
infatti è stata caratterizzata, sin da epoca preromana, da numerosi piccoli
insediamenti ubicati, nella fascia alta, secondo esigenze determinate da
un'economia di tipo pastorale, e, nella zona più bassa, in rapporto alla
dislocazione dei giacimenti minerari di ferro; questi ultimi erano collegati
tra loro da un asse viario principale che univa Primiero al Comelico,
attraverso Zoldano e Agordino.
I reperti archeologici indicano
che, nel pe-riodo romano, questo quadro si confermò e venne creata una rete
di insediamenti e nodi viari che restò praticamente invariata fino all’800.
La zona più alta entrò a far parte, assieme alle testate dello Zoldano e
dell’Agordino, del Municipio di Julium Carnicum; la più bassa fu
compresa nell'oger bellunensis; essa era quindi già in tale epoca dipendente
da Belluno, che proprio dall’industria metallurgica e, nel Rinascimento,
dalla fabbricazione di spade ricavò la fonte principale del suo
benessere.
Unici centri di rilievo furono, fino a tempi recenti, Agordo, nodo
di smistamento commerciale della produzione mineraria diretta a Belluno, e
Pieve di Cadore, sede della Magnifica Comunità, che avviò, fin
dal Medioevo, un rapporto diretto e preferenziale con
Venezia attraverso il commercio del legname. Diverso il quadro
presentato dalla Val Belluna, che occupa un'area geo-graficamente omogenea,
ed è caratterizzata dalla presenza di due centri urbani im-portanti, Feltre
e Belluno, e da numerosi e regolari insediamenti abitativi a carattere
prevalentemente agricolo.
Le cospicue testimonianze di epoca romana interessano tutto il
territorio: la valle era infatti attraversata dalla "Via Claudia Augusta
Altinate", una delle più importanti della X Regio. Anche qui, fino
all’inizio del XIX secolo, l’impronta romana si è conservata sia nella
ripartizione del territorio, memore dell’antica centuriazione, sia negli
insediamenti rustici, sviluppatisi direttamente sugli antichi. Sin dall'età
romana si evidenzia la divisione del territorio in due aree nettamente
differenziate e con scarse relazioni reciproche, Feltrino e Bellunese,
gravitanti attorno ai rispettivi poli urbani; la viabilità romana infatti,
per motivi strategici; badò a collegare i due centri piuttosto con la
pianura (Vicenza a Feltre, e Oderzo a Belluno) che tra loro. Questa
situazione si radicalizza nel Medioevo, quando Feltre e Belluno divengono
signorie vescovili. Infatti, benché dal 1208 il Vescovo sia unico, i
Vescovati restano territorialmente separati, e distinti sono i governi delle
due città, entrambi a carattere oligarchico e aristocratico. Non cambiano
questa situazione le signorie dei da Romano, degli Scaligeri, dei Carraresi,
dei Visconti, che nel corso del XIV secolo si sovrappongono all’autorità
vescovile.
Venezia, cui Belluno e Feltre fanno atto di dedizione nel 1404, avvia
separatamente con l'una e con l’altra stretti rapporti com-merciali,
importando sia i loro principali prodotti industriali (il panno feltrino e
le spade bellunesi) sia il legname, necessario alla propria produzione
nautica, e fornito dal Bosco del Consiglio. Tali interessi si
riflettono negli interventi della Serenissima sul territorio: sono distrutti
i Castelli difensivi, ad eccezione di quello di Zumelle, sono rinforzate,
nella seconda metà del '400, le mura di Feltre e Belluno, e attivati assi
fluviali, sul Piave e sul Cordevole, che facilitano i rapporti commerciali.
I centri rurali, tagliati fuori dai vantaggi della produzione industriale,
legata alle aree cittadine, prendono ora il loro aspetto caratteristico. Ad
essi si aggiungono, a partire dal XVI secolo, quando si attua una nuova
ripartizione dei suoli, singole abitazioni rustiche e, dal '600, quando le
industrie tessili e metallurgiche non più sostenute da Venezia iniziano un
rapido decadimento, le ville padronali, legate alla tipologia edilizia della
villa veneta, seppur in modi più dimessi. Questa situazione cambia solo con
1'800, quando il fondovalle, e non la montagna, viene preso come elemento di
collegamento. Le nuove vie aperte, come la nuova strada d'Alemagna
(1823-28), rivoluzionano l'antico equilibrio, causando l'emarginazione dei
vecchi centri urbani e il sorgere di nuovi lungo la loro percorrenza.
La dominazione romana, testimoniata a partire dal I secolo a.C. da
abbondante materiale di scavo, non lascia monumenti architettonici. Questi
ultimi restano scarsi anche nei secoli successivi; eccetto la ricostruzione
cinquecentesca di Feltre, infatti, l'abitudine al "rifabbrico" cioè
all'ammodernamento dei vecchi edifici, o alla loro ricostruzione sulle
antiche fondamenta, distrugge insigni testimonianze del passato. Dalla fine
del '700 una vera ansia di rinnovamento, che culmina nel secolo seguente con
gli interventi dell’architetto feltrino Segusini, sostituisce alle
antiche chiese pretenziosi rifacimenti di gusto neoclassico, come nel caso
dell'Arcidiaconale di Pieve di Cadore (1761-1813) e della
Diaconale di Agordo (1836-52). Il monumento più antico pervenutoci, e
certo il più interessante, è il Santuario di San Vittore presso
Feltre, del XII secolo, presenza unica in tutto il Bellunese di forme
romanico-bizantine. Per il resto l’architettura medievale (Santa
Margherita a Laggio, Santa Orsola a Vigo, della metà del secolo
XIV) e quella rinascimentale (Lentiai, Bardies) presentano il
modello tipico delle chiese di montagna, ad aula rettangolare spesso non
absidata, coperta da tetto a capanna e, all’interno, con soffitto a capriate
o a volta. Esce da questo schema un cospicuo numero di chiese cadorine, come
quella di San Nicolò di Comelico (1475), Santa Caterina d'Auronzo
(1533), San Antonio Abate a Candide (1530-48), che riprendono in
epoca più tarda il tipo di chiesa a sala unica con abside poligonale e volta
a disegno stellare, sottolineato da costoloni derivanti da prototipi gotici
carnici e friulani.
I più antichi documenti pittorici sono rappresentati dalle figure
dei Santi Pietro e Paolo effigiati nel XII secolo, con modi ottoniani, sui
pilastri del citato Santuario di San Vittore. Mancando vere e proprie scuole
locali, le opere sono di solito commissionate a maestranze esterne come
quelle operanti, con accenti diversi, alla metà del '300, negli affreschi
di Santa Margherita a Laggio (Vigo) e di Santa Caterina a Ponte nelle
Alpi. Ancora bizantineggianti, essi dimostrano il formarsi nel Cadore e
nella zona di Belluno di una temperie culturale comune, caratterizzata da
modi ritardatari e provinciali, volta alla ripresa di elementi provenienti
da Venezia, con l'esclusione della componente nordica così viva nel vicino
Friuli. In questo ambito si inserisce l'unico pittore bellunese di rilievo,
Simon da Cusighe (1397-1414), portavoce del gustogotico affermatosi a
Venezia attorno alla metà del secolo.
Tuttavia gli episodi artisticamente più alti
del '300 dipendono dalia presenza sul territorio di maestranze emiliane che,
dal centro di irraggiamento di
Padova e
Treviso,
diffondono anche qui come in Friuli, a partire dalla metà del secolo, un
moderno linguaggio legato sia agli influssi di Vitale da Bologna
(Chiesa di Sant'Orsola a Vigo), sia a modi tomaseschi, come nel Santuario di
San Vittore, dove forse opera lo stesso Tommaso da Modena.
Nel '400 la dipendenza da Venezia ci è
confermata sia dalla presenza, verso la metà del secolo, di opere di
influenza di Alvise Vivarini, — come il Polittico di San Martino
nel Duomo di Belluno, e le Storie di San Lorenzo nella
Parrocchiale di Selva di Cadore — sia dal polittico che lo stesso Alvise
Vivarini eseguì nel 1490 c. per la Chiesa dei Santa Maria dei Battuti
(che non esiste più) a Belluno. L’influsso di Vivarini, unito a quello dei
Tolmezzini (i friulani da Tolmezzo sono presenti in Cadore nel 1477 a
Domegge e nel 1482 a San Nicolò di Comelico), è fondamentale per la
formazione dei pittori locali: Matteo Cesa, arcaizzante autore di
tavole a fondo oro, suo figlio Antonio Cesa, e il cadorino Antonio
Rosso, memore anche di eleganze per la Chiesa di Stefano a
Belluno (1485-1486).
La situazione di Belluno non cambia nel '500:
Marco e Giovanni da Mei, i da Tisoi, e il più tardo
Nicolò de Stefani, pur aggiornandosi sulla produzione contemporanea, non
escono da un ambito provinciale, appena sfiorati dalle novità iconografiche
diffuse da Francesco Vecellio, fratello di Tiziano, con le
opere eseguite agli inizi del secolo per Sedico e Belluno.
Analogamente, i più tardi interventi dello Schiavone nella Chiesa
di San Pietro sempre a Belluno (1553-55), di un manierismo di
suggestione parmigianinesca, e quelli dello stesso artista, di Jacopo
Bassano (1572), e di Cesare Vecellio nel Duomo di Belluno,
lasceranno piuttosto traccia nell'arte feltrina e cadorina, che vive in
questo secolo il momento del suo massimo splendore.
A Feltre una vivace carattere culturale è sostenuto da una
committenza aggiornata, pur se di gusti tradizionali, che con le opere di
Jacopo da Valenza a Porcen (1504) e di Cima da Conegliano
a Zermen (1510) introduce nel territorio la cultura veneta del
Vivarini o di Giovanni Bellini. I pittori locali attivi nella prima
metà del secolo — Lorenzo Luzzo, forse identificabile col Morto da
Feltre conosciuto dal
Vasari, e Gerolamo
Lusa — mostrano di aver ben assimilato le novità di Giorgione
apprese direttamente o per il tramite di Francesco Vecellio. Attorno
alla metà del '500 i rapporti con Venezia si intensificano:
Tintoretto
esegue tra il 1540 e il 1550 una pala per la feltrina Chiesa di
Ognissanti: nello stesso periodo Jacopo da Bassano compie le tele
per Rasai, Tomo e Feltre. Al suo influsso e a quello dello Schiavone,
Pietro Marescalchi dovrà il personalissimo virtuosismo manierista,
esibito nelle numerose opere presenti sia a Feltre che sul territorio (Cart,
Mugnai, Villabruna).
Il 500 segna anche per il Cadore un momento di ricchezza artistica: pur se
Tiziano lascia nella natia Pieve solo una tarda piccola tela, la numerosa
schiera dei Vecellio — Francesco, di gran lunga il più interessante, Cesare,
Marco, Orazio — orna le pievi cadorine (Pieve, San Vito, Calalzo, Pieve di
Zoldo) con opere che diffondono i modi di Tiziano, influenzati e aggiornati
in senso palmesco e schiavonesco. Si accentua in questo secolo il rapporto
con l’arte d'oltralpe, diffusa dalla presenza di numerosi Flügelaltar
(polittici a portelle intagliati e policromati) e Vesperbild (Pietà)
che artisti austriaci e tedeschi lasciano a Vigo come a Pieve, nello Zoldano
e nell'Agordino. Nel '600, alla crisi della produzione industriale
corrisponde un restringersi dell’orizzonte culturale. Non mancano le
presenze di opere stimolanti: Palma il Giovane e Padovanino ad
Agordo, sempre Palma e Pietro Liberi a Lentiai, il Saraceni a
San Giustina: tuttavia pittori come il Frigimelica, o i feltrini
Domenico Falce e Paolo Pozzo, si esprimono in un linguaggio
rusticamente provinciale. Nella seconda metà del secolo non supera questo
limite neanche Agostino Ridolfi, a meno di non riferirgli le tele con
episodi della Vita della Vergine nella Cappella della "Madonnetta" a
Pez, ricche di riferimenti neocinquecenteschi, analoghi a quelli che
il bassanese Giovanni Volpato va diffondendo contemporaneamente in
territorio feltrino. Antonio Lazzarini. di cui vanno ricordate le opere
nella Chiesa di Santo Stefano a Belluno, e quelle più tarde di Valle
di Cadore, risente invece del risveglio artistico di Belluno, che raggiunge
l’apice tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo e che avrà in
Sebastiano Ricci il massimo esponente. Quest’ultimo, con le opere
eseguite in città per i nobili Fulcis ( 1700-1704), e con i più tardi
affreschi per la villa del Belvedere, purtroppo distrutti, lascia la
tangibile testimonianza dell’evolversi del suo stile da umori ancora
barocchi ad aperture già presaghe del Rococò. Opera principalmente a Venezia
anche l'altro importante pittore bellunese, Gaspare Diziani, che
parte da influenze del Ricci, evidenti in dipinti come la giovanile
Estasi di San Francesco della Chiesa di San Rocco a Belluno.
Fermenti e spunti rococò si colgono nella ricca produzione di Andrea
Brustolon (ritiratosi dal 1699 nella natia Belluno dopo un lungo
soggiorno veneziano), autore di sculture e arredi lignei. Nell’Ottocento la
dominazione francese e austriaca, e il susseguente passaggio al Regno
d'Italia, favoriscono un’involuzione artistica; l’unica personalità di
qualche rilievo è quella del già citato Segusini, portatore di un
neoclassicismo accademico, ma spesso distruttore degli antichi monumenti cui
sostituisce le sue moderne costruzioni.
Il capoluogo provinciale omonimo, racchiude una moltitudine di piccoli e preziosi
gioielli da non perdere: primo fra tutti il delizioso centro storico. Una
tranquilla passeggiata osservando gli splendidi edifici gotici e
rinascimentali è tra le prime cose da fare quando si visita la città. Se è
l'arte la vostra passione, non perdete l'occasione di visitare il Museo
Civico e il magnifico Duomo di Belluno. La città capoluogo,
oltre ad essere un centro di interesse culturale e architettonico, è una
porta di accesso al Parco Nazionale delle Dolomiti, insieme alla piacevole
cittadina medievale di Feltre. In queste città ci sono numerose
manifestazioni popolari, e festival, che si tengono durante tutto l'anno.
Altre città conosciute includono Mel, una bella cittadina medievale;
Cortina d'Ampezzo la località più alla moda del Nord Italia con una
vista spettacolare sulle Dolomiti e dove ci si può rilassare e camminare in
estate e sciare in inverno; Agordo, graziosa cittadina di
montagna circondata anch'essa dalle Dolomiti, diventata famosa per essere il
centro mondiale dell'occhialeria Luxottica (ora Essilux).
Belluno è inseparabile dalla sua
bella campagna circostante. Dalle escursioni estive a piedi o in mountain
bike, alle passeggiate invernali con le ciaspole o allo sci sulle piste, ce
n'è per tutti i gusti! Per chi ama un po' di adrenalina, che dire del
Canyoning o dell'arrampicata sulle cascate ghiacciate!
La provincia di Belluno,
piuttosto ampia, e quasi interamente occupata da zone di montagna. Comprende
le regioni naturali e storiche del Cadore, Feltrino, Alpago,
Val di Zoldo, Agordino, Comelico e Ampezzano
Nella parte orientale della provincia si trovano le Dolomiti,
compresi i famosi gruppi montuosi delle Tofane, della Marmolada,
delle Tre Cime di Lavaredo e dell'Antelao. La provincia è
ricca di acqua, con la presenza dell'ampio fiume Piave, con i suoi
affluenti Boite e Cordevole. La parte meridionale è chiamata
Valbelluna, la valle più ampia e popolosa della provincia, che
confina con le Prealpi Venete.
Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi si trova in provincia ed
è la maggiore attrazione della zona, uno straordinario capolavoro
monumentale naturale dichiarato nel 2009 patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
All'interno di questa imponente catena montuosa spiccano il massiccio
della Marmolada, il Monte Antelio, il Monte Civetta e le
Tre Cime di Lavaredo, che offrono al visitatore la possibilità di
ammirare scenari straordinari, vallate inghiottite accompagnate da imponenti
pendii rocciosi e laghi dalle dimensioni variabili e, in estate, tinteggiati
di blu. Abbondanza di torrenti, fiumi e cascate con acque pulite e
scroscianti, e fitti boschi creano un paesaggio quasi surreale. Anche il
cielo è straordinario qui, con tramonti incredibili, seguiti da un'onda di
blu intenso che colora il paesaggio, e poi il buio della notte, una luna
luminosa e una moltitudine di stelle. Le vacanze in mezzo alla natura qui
sono ideali e versatili, e sono completate dalla storia e dalle tradizioni
di questa terra.
Per ottenere il meglio dal vostro
viaggio nelle Dolomiti Bellunesi, è sempre consigliabile utilizzare una
guida locale. Ci sono molte attrazioni nella zona e molte cime da scalare!
Le montagne sono meravigliose sia d'inverno che d'estate, ma fate sempre
attenzione a prendere le giuste precauzioni, e affidatevi a guide esperte
che conoscono la zona e i migliori percorsi escursionistici della catena
montuosa.
Un tour tra ville e castelli, abbazie e monasteri, siti archeologici, musei,
città e piccoli paesi secolari offre ampie opportunità per sperimentare sia
il mondo naturale che l'affascinante patrimonio storico e artistico di
questa zona.
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