Storia di Belluno

Storia di Belluno

 

La Belluno che conosciamo oggi era già abitata nel V secolo a.C. dai Celti e dai Veneti prima che ricevesse lo statuto di città dai Romani nel II secolo e fosse chiamata "Bellunum". La città raggiunse la sua maggiore espansione nel X secolo quando il suo territorio riuscì ad estendersi fino a Bassano e Jesolo. Nel 1404 anche Belluno divenne parte della Serenissima Repubblica di Venezia, dove rimase fino all'occupazione da parte della Francia napoleonica e al successivo passaggio all'impero austriaco e poi al Regno d'Italia nel 1866-

La città di Belluno ha una lunga storia di insediamenti, nonostante sia sempre stata un'area geografica abbastanza impervia; era comunque una via di transito, attraverso la valle del Piave, per le popolazioni che si spostavano dai piani alle valli alpine, alla ricerca sia di vene metalliche che di nuove vie di attraversamento delle Alpi.

È certo che, ad un certo punto, gli insediamenti a Belluno e dintorni divennero stabili, perché la regione era abbastanza riparata e facile da difendere. I ritrovamenti archeologici testimoniano una presenza umana già durante l'età della pietra; tuttavia, i ritrovamenti più importanti riguardano gli insediamenti dei "paleoveneti" (popolazione indoeuropea proveniente dall'Asia Minore) sia nelle pianure del Veneto che lungo il corso del Piave. Tali ritrovamenti comprendono la necropoli di Mel, i siti archeologici di Cavarzano e Fisterre, e l'importante sito di Lagole (Calalzo). Quest'ultimo fu scoperto nel 1881, quando furono trovate ottanta tombe; tuttavia, i corredi funerari in bronzo furono completamente distrutti durante la prima guerra mondiale.

La cultura "paleoveneta", fiorente nel Bellunese nel V secolo a.C., si differenzia da quella di pianura per molti aspetti, compreso quello linguistico. Molti ritrovamenti testimoniano influenze celtiche sulla zona e aperture verso la valle dell'Isonzo. Per quanto riguarda il "legame celtico" a nord delle Alpi, i reperti consistono in pezzi di armatura come elmi e spade (Cadore); d'altra parte, i rapporti con i Celti orientali (in Friuli) sono testimoniati dal ritrovamento di "torques" (collane rigide) e della fibula con sfinge da Cavarzano (tali reperti non hanno riscontri in pianura). Diversi reperti della cultura "paleoveneta" sono visibili nel Museo Civico di Belluno e in altri musei della provincia.

Nei secoli successivi le popolazioni celtiche si spostarono verso sud, a Belluno e oltre.

Molto probabilmente, le popolazioni "ferae" che i Romani ricacciarono verso nord nella loro conquista delle regioni alpine erano celtiche. Partendo da Aquileia nel 181 a.C., la conquista romana procedette lentamente e pacificamente: dato il suo carattere anticeltico, non incontrò l'ostilità dei bellunesi, che avevano una cultura locale non celtica. I primi contatti con il Bellunese furono eminentemente commerciali, poiché i Romani avevano bisogno di ferro e rame.

Ai tempi di Ottaviano Augusto, Belluno divenne un "municipium" dopo Feltre e il Cadore, ed entrò a far parte della "X Regio Venetia et Histria". Quando il "municipium" cadde in declino, Belluno fu messa sotto l'autorità imperiale centrale. I resti romani sono oggi abbondanti: dalle pietre tombali (la più famosa è quella di Flavio Ostilio, ora conservata a Crepadona), agli acquedotti (come quello di Fisterre); dalle monete alle iscrizioni monumentali (II e III secolo d.C.).

Dai documenti rimasti, si ritiene che Belluno doveva godere di una certa autonomia da Roma. Era governata dai "quattuorviri jure" (alti magistrati) e dal consiglio degli anziani, ed era presente un "sindacato" di trasportatori di legname, che è sopravvissuto fino ai tempi attuali. In epoca romana, le zattere di abete, cariche di larice, minerali e pietre da costruzione, scendevano dai fiumi alpini fino al Po e al porto di Ravenna. Questa attività, legata al legname del bellunese, si sviluppò fin dalla prima età imperiale, come testimoniano i documenti rinvenuti a Feltre e a Belluno (II-IV secolo d.C.).

Il fenomeno della "romanizzazione" cambiò radicalmente il paesaggio: con la suddivisione del territorio agricolo in più parti quadrangolari (centuriae), vennero bonificate e coltivate nuove terre; vennero costruiti canali, tagliati boschi e costruite strade di accesso ai poderi. Ogni "centuria" fu assegnata o ai romani o agli indigeni, che ne divennero i proprietari. I primi proprietari hanno spesso dato il loro nome di famiglia alla loro tenuta: "Il castrum romano" corrisponde alla parte più antica di Belluno, situata su una terrazza fluviale in pendenza verso sud, tra gli alvei dell'Ardo e del Piave; il foro era situato nella moderna "Piazza delle Erbe"; nella zona limitrofa, importanti insediamenti erano quelli di Cavarzano e Fisterre. Va notato che la coincidenza della città romana con quella moderna rende difficile scoprire la struttura urbana originaria; si sa comunque che la struttura del castrum rimase inalterata fino alla fine del X secolo. Dopo il 475 d.C., Belluno seguì le sorti dell'Impero Romano, e fu soggetta a invasioni barbariche.

 

Il Medioevo a Belluno

Dopo la caduta dell'Impero Romano, Belluno fu soggetta alle invasioni di popolazioni barbare: Visigoti, Vandali, Unni (Attila), Ostrogoti (Teodorico) e altri. Questi eventi hanno certamente cambiato la forma della città. Con la morte di Teodorico nel 553 d.C., Belluno divenne bizantina. I bizantini nel bellunese continuarono la costruzione del sistema difensivo che Teodorico aveva iniziato a costruire pensando alla minaccia longobarda. Infatti, durante il 568 d.C., i Longobardi raggiunsero Belluno sulla loro strada verso il Friuli, e poi occuparono la pianura (Vicenza, Verona).

I Longobardi fortificarono ulteriormente Belluno, considerandola una base importante contro i Bizantini che li minacciavano dal mare, e contro i Franchi provenienti da nord-ovest. Poiché Bellunum divenne, sotto il dominio longobardo, sede di una "Sculdascia" (un distretto amministrativo longobardo che controllava i vari insediamenti sparsi sul territorio; tali insediamenti erano basati sulle cosiddette "farie" o "decanie", cioè gruppi di dieci famiglie), un primo rudimentale castello fu costruito sul lato nord, in posizione avanzata rispetto al vallum romano; secondo l'uso longobardo, questo castello fu chiamato "Dongion" o "Motta". Questi nomi continuarono ad indicare il signore del castello e delle porte (i Doglioni) e la piazza opposta.  La vita civile trovò in questo periodo un certo equilibrio: la "romanizzazione" e la conversione alla fede cattolica resero possibile a Belluno la convivenza e la mescolanza delle due popolazioni.

La lunga permanenza longobarda a Belluno ha lasciato molte tracce nella toponomastica (Farra...), nella lingua e sotto forma di reperti archeologici. È quasi certo che Belluno, con le vicine città del Friuli, abbia resistito a lungo a un'invasione dei Franchi, insieme ai duchi longobardi, prima di accettare il dominio carolingio. Per indebolire i vasti e forti ducati, i franchi divisero il territorio in conti e marchesati e si affidarono più ai vescovi che ai nobili troppo potenti. Aimone fu il primo vescovo-conte a cui fu dato potere sui possedimenti della Chiesa nel Bellunese.

Con l'instaurazione del dominio aristocratico del Vescovo-Conte, prende forma la città medievale, con castello, mura, porte e torri. Questo passato è oggi documentato da scarsi ritrovamenti archeologici, ma è raffigurato piuttosto bene in molte stampe antiche. Nello stesso periodo avviene un'organizzazione degli spazi interni della città: la piazza del Duomo e il Palazzo dei Vescovi (oggi auditorium), la piazza del mercato (oggi Piazza delle Erbe, era nel Medioevo il centro di tutte le attività commerciali), i quartieri attorno ai palazzi dei nobili locali di basso rango, il piano stradale attorno all'asse principale nord-sud di Via Mezzaterra.

Quasi un secolo dopo, Belluno è sotto il dominio del bellicoso vescovo Giovanni II, che fortifica la città ed estende il suo dominio alla pianura. In questo periodo si gettano le basi per l'evoluzione comunale: questo processo sarà completato nel XIV secolo, con la comparsa della figura del Podestà. Durante una delle frequenti guerre con Treviso, sotto il dominio dei Vescovi-Conti nel 1196, fu scritta una canzone di vittoria che è considerata dagli storici della letteratura come il primo documento poetico in lingua volgare italiana.

Durante il periodo successivo, fino alla spontanea sottomissione a Venezia (1404), Belluno fu ripetutamente invasa dalle città vicine: Ezzelino da Romano (Treviso), i Della Scala da Verona, i De Carrara da Padova, i Visconti e così via in una lunga sequela di cambiamenti politici che resero il governo della città piuttosto instabile.
 

Dominio veneziano

Nel 1420 fu definito un atto di unione con Venezia, e da quell'anno il destino del Bellunese seguì quello di Venezia fino alla sua caduta definitiva; nel 1797, con il Trattato di Campoformio, quando il Veneto fu annesso all'Austria. Questo lungo periodo di pace benefica era stato interrotto dalla Guerra della Lega di Cambrais (1508-1512, una lotta tra Venezia e Massimiliano I d'Asburgo). La città fu vittima delle calamità belliche più di ogni altra città del Veneto: tutta la provincia fu trasformata in un campo di battaglia.

 

L'annessione spontanea a Venezia comportò un trattato con il quale Serenissa rispettò e accettò le strutture politiche esistenti a Belluno, principalmente il Consiglio dei Nobili. Ci volle molto tempo prima che Venezia privasse quelle istituzioni del loro valore politico, sostituendole totalmente. Il governo di Venezia fu ispirato dal pragmatismo e dal conservatorismo. Venezia apprezzava soprattutto l'invidiabile posizione strategica della zona (da Belluno era possibile difendere da nord la pianura veneta nella sua totalità). Era anche interessata alle materie prime del bellunese: legname e minerali che fornivano un'attività navale a buon mercato e manifatture a basso costo (legno, ferro battuto).

In questo periodo il tessuto urbano di Belluno si rinnova con la costruzione di nuove case e palazzi da parte dei nobili e della nascente borghesia, in un nuovo clima favorito dagli intensi rapporti con Venezia (commercio di legname e spade); la città si espande verso nord oltre le mura, si fonde con i centri minori lungo i due fiumi a sud e a est, dove sorgono fucine, concerie, segherie e mulini.

Il "Palazzo dei Nobili" (demolito nel XVIII secolo) e il "Palazzo dei Rettori" (fine del XV secolo, oggi prefettura) hanno lasciato nella piazza del Duomo la firma dell'architettura veneziana. Il costante rapporto con Venezia è documentato, a partire dal XVI secolo, anche dall'opera degli artisti bellunesi, che frequentavano le botteghe di Venezia e ne riportavano forti influenze culturali (soprattutto Tiziano).

Molti furono gli artisti, i poeti, gli scienziati e gli uomini di cultura in genere che, dal XVI secolo all'epoca ebbero i natali in questi luoghi, tra loro: Piero Valeriano (1447) precettore e scrittore; Francesco Frigimelica il Vecchio, pittore attivo tra la fine del XVI secolo e il 1646, che elaborò uno stile pittorico personale e prezioso che lo elevò al di sopra dei suoi contemporanei; Tito Livio Burattini (Agordo 1617 - Cracovia 1681), matematico, fisico, architetto; Andrea Brustolon (1622 - 1732), il più celebre intagliatore veneto del XVIII secolo; Sebastiano Ricci (Belluno 1659 - Venezia 1734) uno dei più grandi pittori europei (anche suo nipote Marco (1676 - 1730) fu un pittore degno di nota, specializzato in paesaggi); Gaspare Diziani (Belluno 1689 - Venezia 1767), di cui si possono ammirare gli affreschi in Duomo; Gerolamo Segato (Vedana 1792 - Firenze 1836) che deve la sua fama a una tecnica di pietrificazione dei tessuti umani e animali (ancora avvolta nel mistero), ma anche alle sue ricerche archeologiche in Egitto.

Il Piave fu, durante questi secoli, la via commerciale più importante (zattere) per trasportare il legname dai boschi del Cadore a Venezia, dove serviva alle attività degli artigiani. Diversi porti e segherie furono costruiti anche lungo il corso del fiume.

 

Il dominio austriaco

Dopo il breve periodo della dominazione napoleonica (1797-1815), in cui Belluno fu resa "Dipartimento del Piave", Belluno fu annessa dall'Austria. Nel 1806 fu introdotta una legge francese con una nuova suddivisione territoriale che disegnò i confini dell'attuale provincia con la sola eccezione della zona di Livinallongo (Colle S. Lucia e Cortina rimasero parte dell'Austria).

Il primo "Consigliere del Regio Governo" assunse ufficialmente il suo incarico, a nome dell'imperatore d'Austria Francesco I, nel febbraio 1816. Il dominio asburgico durò cinquant'anni, fino alla terza guerra d'indipendenza, con la parentesi del 1848, quando anche Belluno insorse (soprattutto in Cadore, con Pier Fortunato Calvi) e si proclamò città libera della rinata repubblica di Venezia. L'insurrezione finì quando Venezia si arrese nel 1849.

L'Austria promosse opere pubbliche; in particolare lo sviluppo dei mezzi di comunicazione tra le diverse parti della provincia e tra la provincia stessa e i piani del Veneto. Tra le costruzioni importanti di questo periodo: Palazzo Cappellari a Campitello (che ospita oggi gli uffici dell'ACI, l'Automobile Club Italiano), il teatro sociale in Piazza della Legna (detta anche Campedelet, oggi Piazza Vittorio Emanuele II) e il nuovo municipio (1836) - con gli affreschi del pittore bellunese Giovanni De Min. Tutti questi edifici furono progettati dall'architetto Giuseppe Segusini. Nel 1816, Belluno ottenne il titolo di "città regia": con questo nuovo rango, nuovi progetti di abbellimento furono aggiunti ai progetti di costruzione esistenti, come il progetto di una grande fontana (anch'essa disegnata da Segusini). Il Campitello divenne finalmente una piazza e prese il nome di "Piazza del Papa", per celebrare Gregorio XVI, che era bellunese.

Nel frattempo, si verificò una certa crescita della popolazione, dando origine al fenomeno dell'emigrazione che ebbe il suo massimo negli ultimi anni del XIX secolo e durò, con diversa intensità, fino alla fine del "boom economico" italiano. L'Austria offriva molte opportunità di lavoro nella costruzione di ferrovie e impiegava lavoratori sia bellunesi che friulani. Le persone che lavoravano alla costruzione di tali ferrovie erano chiamate "esanponari", dal tedesco "eisenbahn", che significa ferrovia. A causa della crescita demografica, nella provincia furono costruite sempre più case, e molti piccoli paesi apparvero sul fianco della montagna, anche in zone quasi inaccessibili.

La città di Belluno fu fortemente legata alla sua provincia da una serie di trasformazioni urbanistiche, tra cui la costruzione di nuovi ponti sul Piave (1841) e sull'Ardo (1831), l'abbattimento delle mura esterne (e il riempimento del fosso). Il centro storico fu anche collegato ai quartieri settentrionali (il vecchio "Campedel", un piccolo campo che in origine si trovava fuori dalle mura), in cui si svolgevano tutte le attività commerciali, mentre gli uffici amministrativi rimanevano nella piazza del Duomo.

 

Dall'ingresso nell'Italia unita ai giorni nostri

 

Nel 1866 Belluno, insieme al Veneto, divenne parte del Regno d'Italia: la nuova amministrazione italiana prese il posto di quella austriaca.  L'amministrazione non fu in grado di definire una chiara politica agricola: i contadini rimasero estremamente poveri, e non ci fu alcun aumento della produzione. Iniziò una fase di lento declino sociale ed economico, in cui la provincia di Belluno divenne sempre più isolata dal resto del Veneto. A causa della mancanza di nuovi investimenti, il fenomeno dell'emigrazione aumentò gradualmente, raggiungendo il suo massimo verso la fine del secolo.

Gli emigranti si spostarono verso paesi più sviluppati in quel momento o che offrivano maggiori possibilità lavorative come la Francia, il Belgio e la Germania; tuttavia, molti si spinsero fino all'Argentina, al Brasile e al Nord America. Fu un'emigrazione di proporzioni epiche, segnata da grandi difficoltà e immensi sacrifici: in molti casi. L'emigrazione fu la causa della disgregazione sociale e rese ancora più povere le regioni che gli emigranti lasciarono: mancavano totalmente le risorse umane necessarie per avviare e mantenere qualsiasi sviluppo. Belluno subì il calo demografico più alto rispetto ad ogni altra provincia veneta (compresa Rovigo); questo fenomeno ha rallentato notevolmente ogni processo di emancipazione economica. Tra gli aspetti positivi dell'unione all'Italia: la diffusione dell'istruzione primaria, il ponte sul Piave (1884), la ferrovia (1886), il distretto militare (1909).

Belluno fu in prima linea durante la prima guerra mondiale, poiché molti paesi della provincia furono coinvolti in operazioni militari e la città stessa si trovava nella zona retrostante il fronte. Dopo la disfatta di Caporetto, Belluno fu soggetta a una durissima occupazione, dovette affrontare la fame e la diffusione di malattie come la tubercolosi e la pellagra che decimarono la popolazione, e soprattutto i giovani.

Durante il dopoguerra, ancora una volta il fenomeno dell'emigrazione fu abbastanza rilevante, fino all'ascesa del fascismo che lo limitò negli anni, non per una migliore qualità di vita, ma per il suo programma politico. La politica autarchica portata avanti dal regime fascista fu dannosa per l'economia di Belluno, città povera di risorse.

Durante la seconda guerra mondiale, i bellunesi pagarono un terribile tributo di sangue e, alla fine della guerra, si verificò una migrazione molto estesa, soprattutto verso i paesi europei (miniere di carbone in Belgio ecc.), ma anche verso l'Argentina e l'Australia come in passato. Durante il dopoguerra, si verificò una lenta industrializzazione che divenne più significativa dopo il disastro del Vajont, con l'aiuto delle leggi di ricostruzione. L'agricoltura, che era sempre stata in qualche misura trascurata, entrò in crisi, mentre il turismo fu valorizzato. A Belluno il settore dei servizi ebbe un ruolo preminente, e per un lungo periodo le risorse furono gestite dall'esterno (energia elettrica, ma anche turismo di massa con l'inevitabile devastazione degli equilibri territoriali).

 

La crisi industriale degli anni '70 e '80, con il decentramento che ne è seguito, giovò molto a zone come quella di Belluno. Manifatture come Costan e Zanussi si trasferirono nel bellunese. La maggiore produttività delle piccole fabbriche, in tempi in cui le richieste del mercato cambiano continuamente e l'evoluzione tecnologica rende le strutture rapidamente obsolete, ha favorito la diffusione di manufatti altamente specializzati (occhiali) e la diffusione di piccole ma tecnologicamente avanzate attività artigianali.

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