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La Pamplona di Hemingway
A Pamplona,
capitale della Navarra avvenne l'eccitante
vacanza di "Fiesta, il Sole sorgerà ancora",
il primo romanzo di
Hemingway. Negli Anni 20 del '900 questa
città aveva aveva 30 mila abitanti, contadini "con la pelle
colore del cuoio da sella" ora ne conta circa 200 mila.
Dell'autore americano restano un monumento, una via, il mistero
del suo "posto delle trote" sui Pirenei. L'unico luogo
intatto è l'«Iruna», sontuoso caffè in decadenza, dove la
sera si giocava a tombola, vero sport nazionale spagnolo. «Robert
Cohn era stato campione del pesi medi a Princeton». ?
l'inizio del romanzo di Hemingway che ha rappresentato un culto
per generazioni di lettori, The Sun Also Rises,
pubblicato nel 1926. Quell'incipit attraversa il tempo e
fotografa un mondo, una prima "generazione perduta", a
cui ne seguiranno tante altre: gli intellettuali americani degli
Anni Venti sedotti da Parigi e dalla vecchia Europa, gli
americani del salotto di Gertrude Stein, giornalisti,
scrittori, o aspiranti tali, e i loro amici inglesi, antieroi di
un esistenzialismo "ante litteram", come i personaggi del
romanzo Jake Barnes, Bill Gordon, Mike Campbell,
Brett Ashley, e appunto Cohn, "che aveva la
mirabile facoltà di tirare alla luce la parte peggiore di ognuno"
che dagli squallidi ma affascinanti e ispiranti caffè parigini
decidono di trovare l'eccitazione, il senso delle cose e forse
della vita, raggiungendo l'imminente festa di
Pamplona di San Firmin, che culmina con la famosa corsa dei
tori, l'Encierro.
Tutti i personaggi diventano protagonisti di questa
eccitante, indimenticabile vacanza a Pamplona, tra
le alture basche, durante i Sanfirmines dì luglio, i
giorni delle feste patronali. In Italia il romanzo
apparve nel 1946 da Einaudi con il titolo Fiesta.
Nel 1957 dal romanzo fu tratto un film famoso, con
Errol Flynn, Tyrone Power, Ava
Gardner, Mel Ferrer, regia di Henry
King, considerato la migliore trasposizione
cinematografica di un'opera hemingwayana.
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Oggi Pamplona è una moderna città, che
conta circa duecentomila abitanti. Il reddito pro capite è tra i
più alti della Spagna. Nessun Robert Cohn, nessun Jake Barnes
partirebbe da Parigi per cercare a Pamplona un altrove arcaico.
L'espansione della città risale agli '60 del secolo scorso, quando la popolazione
passò in un decennio da 100 a 150 mila abitanti. La città
possiede un moderno, un'autostrada, nuovi quartieri residenziali,
l'Università di Navarra
dell'Opus Dei. Istituti di credito e uffici
commerciali occupano i palazzi della zona centrale. Le
automobili in sosta invadono le strade.
La vita
cittadina ruota
attorno alla grande Plaza Castillo (nel video), quadrata, perfetta,
ombreggiata da file di acacie e circondata da larghi portici
affollati di caffè. Tra questa piazza e le mura fortificate si
snoda un reticolo di lunghe calli: è il Casco Viejo, il centro
storico, con la cattedrale e le osterie. La «fiesta» dei Sarfirmines è
famosa per la forsennata corsa dei suoi tori, il desiderio di
qualche pazzo di farsi incornare spinto, quello si da "qualcosa
di emozionante per dare un senso alla vita": momenti di coraggio e di paura,
di follia e di lucido marketing turistico. Come in tante città europee di medie
dimensioni l'atmosfera è più o meno sempre la stessa, salvo per un aspetto: il
nazionalismo basco e le rivendicazioni dei separatisti.
Qui l'Età aveva uno dei suoi capisaldi, e forse Hemingway ha
visto i futuri capi di questa organizzazione "terroristica"
quando erano dei bambini dalla pelle color cuoio e andavano
dietro a tori giocattolo.
Ritornare a Pamplona con
il romanzo di Hemingway in valigia è però come accettare
un doppio inganno. Non solo la città non è più quella degli anni
'20, quando aveva trentamila abitanti, in maggioranza
contadini, ma i luoghi
del romanzo sono semplicemente dei nervosi tratti di pennello
per delineare lo spazio di un illusione: Pamplona, i tori,
l'alcol, il sesso, così come in altri libri la caccia o la pesca,
sono la finzione di un impossibile guarigione dalla malattia di
vivere. "Tutto pareva una cattiva commedia", come dice Jake
Barnes. "Ho descritto Pamplona una volta e per sempre", scrisse
Hemingway rivisitandola nel 1959 per il libro reportage
Un'estate pericolosa. Allora la città aveva già 98 mila abitanti
ma Hemingway voleva dire che non c'era niente da aggiungere,
poiché la sua Pamplona non era mai stata una città reale, bensì
una proieione, un'evanescenza, una macchia d'inchiostro sul
foglio.
Davanti all'ingresso principale dell'arena, la Plaza de Toros,
la più grande di Spagna dopo quella di Madrid, dove arrivano i
Sanfirmines, quarant'anni fa fu posto un monumento: un blocco di pietra e
una bronzea testa di vecchio barbuto.
Anche la passeggiata
oltre il monumento, lungo i muri dell'arena, è stata dedicata
allo scrittore americano: Paseo de Hemingway. ?una bella
passeggiata, con grandi ippocastani e una veduta sui quartieri
nuovi, il fiume e montagne verdi. In mezzo a quelle montagne, che
portano ai Pirenei e alla Francia, si nasconde un pezzo del
nostro Hemingway. "Quando arrivammo in cima alla salita vedemmo
i tetti rossi e le case bianche di Burguete allineate nel piano,
e lontano, ai piedi della prima
montagna scura, il tetto di
metallo grigio del monastero di Roncisvalle". Burguete, a
quaranta chilometri da Pamplona, è il paesino dove Jake e
Bill
si rifugiano per pescare trote. Ancora oggi le case sono
piccole, basse e bianche di calce, "tutte ai due lati della
strada". Chi fa il
Cammino di Santiago conosce bene queste strade. Una stradina a fianco della chiesa porta subito nei
campi, verso i boschi, a un ponticello d'assi sull'acqua
trasparente del torrente Irati. Da qui si risale tra gli arbusti,
in cerca del posto delle trote. Quando Hemingway vi tornò nel
1959 lo tenne segreto: "Voglio ritornarci senza avere il
dispiacere di scoprire che con me l'hanno trovato altre
cinquanta tra macchine e jeep". Ed era il '59, chissà
cosa penserebbe adesso ! A un giornalista che per conto del
New York Times cercò anni fa di
rintracciare il posto segreto, un oste del luogo rispose,
anonimo alleato dello scrittore: "L'Irati è
molto molto lungo, non si può sapere dove lui andasse" Altri
avrebbero inventato un punto qualsiasi e magari avrebbero aperto
pure un negozio di souvenir. Un
monumento, un paseo, un paesino, un torrente: il ricordo di
Hemingway, la sua Pamplona, tutto si riduce a quello strano
rapporto che la nostra presenza stabilisce con un posto
conosciuto solo nell'immaginazione. Come in Fiesta accadeva al
vecchio torero Belmonte, "le cose non erano le stesse",
"la
vita veniva a barlumi".
Negli alberghi e nei bar, la gente di
Pamplona sorride con sufficienza quando un forestiero parla di
Hemingway. Nei caffè, nei ristoranti, negli uffici pubblici non
ci sono fotografie che ricordino lo scrittore. La città sente di
non avere bisogno dello scrittore., dicono che è un errore identificare Pamplona con i
tori. Sostengono che la Pamplona di Hemingway oggi è uno stereotipo.
Eppure, a volte abbiamo bisogno anche degli stereotipi, come
questi specialmente, per aggrapparci alla vita. "Mi ami ancora tu, Jake?".
Molti luoghi di Fiesta
d'altronde non esistono più. L'Hotel Montoya, dove alloggiavano
Jake Barnes e i suoi amici, il Café Suizo, dove Robert Cohn
mette ko Jake. Invece si può ancora andare all'Hotel Perla,
in un angolo di Plaza del Castillo, costruito nel 1928, dove
Hemingway alloggiò nel '59, un tempo un alloggio spartano a una
stella e ora trasformato in un hotel di lusso a 5 stelle (prezzo
da 200 euro a notte in su). Nella hall troneggiano
due nere teste di toro. Ma non ci sono
ricordi del passaggio di
Hemingway; comunque l'hotel non ha niente a che vedere con il
romanzo. L'unico posto intatto, come una pagina strappata, è il
Café Iruña, nome di Pamplona in lingua basca. Quel caffè dove
"la ghenga" sedeva in poltrone di vimini guardando dal
fresco dei portici la grande piazza». Dove Brett Ashley abborda
Fedro Romero, il torero che l'affascina ("Dio sa, mai mi sono sentita
cosi vacca"). Dove si intrecciano dialoghi nervosi e disperati,
ci si ubriaca, ci si insulta, ci si esalta e si confessa la
propria incapacità di vivere. Il
Café Iruña,
è un sontuoso caffè Liberty del
1888, che occupa un intero lato dei portici di Plaza del
Castillo, nobile, vecchio e decadente come un transatlantico
alla fonda, con flessuose e torpide decorazioni floreali
intagliate sulle cornici lignee e smerigliate sulle finestre e
gli specchi, con pavimenti a losanghe bianche e nere, pareti
tappezzate di mosaici di vetro e una vasta sala trapezoidale con
sessanta tavolini di marmo illuminata da lampadari che sembrano
fiori di campanula.
"Oh,
Jake" Brett disse. "Noi due saremmo stati bene assieme."
Di fronte a noi su una pedana, un poliziotto in kaki dirigeva il
traffico. Alzò la sua mazza. La macchina improvvisamente
rallentò, spingendo Brett contro di me. "Già" dissi io, "non è
bello pensare così?"
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