Gli indifferenti

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"Gli Indifferenti" è un romanzo del 1929 di Alberto Moravia, uno dei capolavori della letteratura italiana del Novecento. Il libro descrive la vita di una famiglia borghese romana, i Rovagnati, attraverso i personaggi di Carla, Michele e suo fratello Andrea, in un'epoca di crisi economica e morale del Paese. Moravia affronta temi come l'alienazione, la solitudine, l'immoralità e l'apatia, attraverso una scrittura lucida e cruda, che riflette la disillusione dell'autore verso la società borghese dell'epoca. "Gli Indifferenti" è un romanzo che ancora oggi rappresenta una denuncia sociale potente e un'opera fondamentale per la letteratura italiana.

 

Il sipario si apre improvvisamente in una lussuosa villa di Roma, i riflettori sorprendono gli atteggiamenti finti e abitudinari della famiglia Ardengo. Una storia senza trama: i personaggi-marionette si lasciano vivere dagli avvenimenti e trascinare dalla lieve corrente di una vita ripetitiva e consunta. Gli occhi dell’autore sono fissi sulla scena; numerosissime sono le descrizioni straordinariamente accurate, asettiche e millimetriche, generate da un ossessivo bisogno di trasmettere immagini piuttosto che opinioni; le pagine del romanzo incidono, nella mente del lettore, impressioni fulminee e momentanee: la polvere sul lampadario, le grasse cosce e la gonna sformata di Lisa, il viso infarinato e vivacemente dipinto di Mariagrazia, i grossi seni bianchi di Carla…

Un’atmosfera rarefatta e offuscata aleggia sui movimenti ovattati dei personaggi, la cui povertà li oppone strenuamente allo sfarzoso ambiente in cui vivono. La rivoltante maschera della ricchezza rivela i segni di una profonda miseria, condizione greve e opprimente per chi non è abituato alle rinunce. È la decadenza il tema onnipresente del libro, l’inesorabile cammino verso il fondo della vita. Tre giorni di continua e ininterrotta ripresa; tre giorni che hanno la vana pretesa di trasfigurare e distorcere la vita di quei pochi personaggi che animano le pagine del libro; tre giorni ricchi di avvenimenti tanto sconvolgenti quanto consueti. È in questi tre giorni che si svolge la gretta e meschina " storia" degli indifferenti, è in questo brevissimo arco di tempo che si racchiude e si condensa la loro insignificante realtà.

Moravia lascia raccontare gli avvenimenti dai propri personaggi: li fa dialogare, inconsapevoli di essere gli attori di un romanzo. Pensiero e azione, pensiero e parole sono binomi inconciliabili ne Gli Indifferenti: ogni frase pronunciata è contrastata dalla rivelazione di ciò che quella persona avrebbe voluto dire; ogni azione è inevitabilmente programmata e calcolata prima di essere messa in pratica. È un romanzo psicologico, che si sviluppa quasi interamente nella mente dei personaggi.

Per i due giovani fratelli, Carla e Michele, l’indifferenza è una malattia, una situazione da cui venir fuori; i tre adulti: Leo, Mariagrazia e Lisa, invece, le sono tristemente e inconsciamente affezionati, assuefatti: essi si sono immedesimati a tal punto nella loro maschera che, senza di essa, forse non si riconoscerebbero più! L’autore ha abilmente dipinto, per loro, uno squallido mondo in bianco e nero, senza passioni, governato esclusivamente dall’interesse.

Leo Merumeci è l’unico personaggio soddisfatto e felice dell’opera, è l’eroe riuscito del romanzo. Egli ha avuto una relazione con Mariagrazia nella speranza di appropriarsi della villa Ardengo, ma ora, sicuro dei suoi affari economici, decide di fare la corte alla ben più giovane e piacente Carla, figlia di Mariagrazia. Egli ha una visione chiara e lucida della realtà ed è pienamente conforme alle regole che essa impone. Sono gli interessi e una selvaggia libidine i principali motori della sua vita, una sottile e favorevole cooperazione tra ragione e istinto porta questo uomo subdolo ad una condizione di appagamento e contentezza. La superficialità di questo personaggio, la sua totale assenza di sentimento ed il suo animalesco non-bisogno di esso lo rendono così scioccamente e semplicisticamente realizzato di se stesso!

Mariagrazia – vedova Ardengo e madre di Michele e Carla – è, invece, affetta da uno stupido infantilismo, da una morbosa gelosia nei confronti del suo ex-amante, Leo. Questa donna vive proiettata nel passato, non ammette il suo inesorabile declino (nell’età e nella ricchezza) e si aggrappa tenacemente ad una " ex-vita" da ripristinare. I suoi comportamenti risultano affettati, prevedibili, finti e ridicoli.

Sua figlia Carla è una ventiquattrenne angosciata da un’orribile realtà, ella trova nel suo compleanno il pretesto per lanciarsi a capofitto nella melma, nel fango, al fine di uscirne miracolosamente purificata! Il suo personaggio vive alla ricerca di un bagliore di luce, ma ogni suo passo la indirizza inevitabilmente verso il baratro della vita. Nella sua sporca relazione con Leo Carla si comporta come se il suo corpo non la riguardasse, la sua triste dignità del volto è sorprendentemente accompagnata dai fremiti delle membra docili, da un ripugnante piacere fisico. Carla vorrebbe scrollarsi di dosso quella vita putrida e stagnante, ma non riesce, o forse non vuole veramente.

Nauseante è la descrizione di quella sorta di "stupro consensuale" che avviene tra il voluttuoso Leo e l’inerte Carla: ubriachezza e brutalità sfasano la visione di un mondo disgustoso e stomachevole e ne propongono un’alternativa persino più ripugnante. È forse per questa immediata e fugace percezione che Carla reagisce vomitando: è la sua stessa vita, più che il vino francese bevuto, che ella rigetta.

Lisa, l’eterna adolescente ormai non più giovane, rincorre, sicura di sé, il vago disegno di un amore perfetto e idilliaco, passionale e reciproco. Lisa viene dipinta dall’autore con tinte forti che rivelano la sua astuta e abile malizia. Questa donna, invaghita del giovane Michele, gli tende la trama rivelandogli della relazione tra sua sorella e Leo. Questa confessione sembra finalmente convincere Michele ad agire, a tentare l’estrema azione: l’omicidio.

È Michele l’eroe mancato del romanzo, la sua vita è logorata da un insormontabile dramma interiore; il ragazzo è straniato dalla sua falsa realtà ed è distaccato da tutta quella pantomima di cui riconosce e rigetta tragicamente i meccanismi. È il disperato bisogno di sincerità che lo distingue dagli altri e posiziona il suo cammino su un piano parallelo dal quale egli osserva disinteressato il proprio mondo, senza poter interagire con esso. Michele non appartiene alla sua realtà ma, non può sottrarsi alle sue leggi: egli è amaramente consapevole della necessità di agire, ma ogni suo movimento rivela la sua inettitudine e gli appare goffo e irreale.

Le pagine de Gli Indifferenti mostrano meravigliosamente la sua scalata verso la vita, il suo vano tentativo di amalgamarsi agli altri, di adattarsi ai regolamenti della sua società e il suo contrastante bisogno di rimanere se stesso. Non a caso è un giovane a voler fare la " rivoluzione" in questo romanzo, un ragazzo che non ha ancora perso tutte le speranze e tenta –anche se timidamente – di tirasi fuori da quella massa amorfa. Sparare a Leo. È forse questo l’unico modo per mettere a tacere la sua muta indifferenza: il solo gesto definitivo che potrà sradicarlo da questa sua infelice condizione, ma…ogni sforzo si rivela inutile, insensato…

Lo scrittore mette alla luce la meschinità e l’ipocrisia dei suoi personaggi, ride della loro bassezza morale, degli infiniti e contrastanti aspetti della loro interiorità e della viscida bivalenza dei loro atteggiamenti.

Le acri parole di questo romanzo diffondono nell’animo del lettore una cupa e devastante inquietudine, un’intensa sfiducia verso la vita. La sconvolgente storia della quotidianità coinvolge e trascina ogni singolo individuo nella violenta bufera delle " non-passioni".
Sconcertante e inattesa la chiusura del romanzo lascia immutata ogni situazione; l’autore, stanco della pochezza e della inettitudine dei suoi personaggi, smette di dar loro una possibilità e abbandona la storia a metà, come se non l’avesse mai incominciata...

Articolo di Francesca Colasuonno per Informagiovani Italia

 

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