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Il palazzo Te a Mantova
Il
Palazzo Te di Mantova rappresenta una delle testimonianze
architettoniche più apprezzate del nobile casato dei Gonzaga.
Fra le famiglie più in vista del
Rinascimento, i Gonzaga governarono Mantova e le sue
terre fra il XIV e il XVII secolo. Contrariamente a
Palazzo
Ducale, localizzato nel cuore della città e sede ufficiale della
corte gonzaghesca, il Palazzo Te si trovava su un’isola del lago
Paiolo, interrato nel XVIII secolo, all’esterno delle mura.
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La
città all’epoca era infatti circondata da quattro laghi formati
dal passaggio del fiume Mincio, di cui oggi rimangono i laghi
Superiore, di Mezzo e Inferiore. Palazzo Te era la reggia
destinata ai divertimenti e alla villeggiatura dei signori di
Mantova. Il duca Federico II Gonzaga nel 1525 ne commissionò il
progetto e la realizzazione a Giulio Romano, pittore e
architetto del tardo Rinascimento allievo di Raffaello. In
questa occasione il poliedrico artista ebbe l’opportunità di
dare sfoggio del proprio genio, producendo uno dei capolavori
dell’epoca. Costruito nel corso di un decennio, il complesso
edilizio si articola intorno ad una corte quadrata, il Cortile
d’Onore, dalla quale attraverso la Loggia di Davide si passa nel
retrostante giardino. Doveva trattarsi di un ampio spazio
quadrangolare abbellito da alberi, fontane e statue, di cui oggi
rimane solo l’esedra, una costruzione semicircolare ad arcate
che coronava l’estremità del parco.
Le pareti esterne del palazzo, di cui si notano leggere
diversità e asimmetrie spesso dovute ad edifici preesistenti,
sono rivestite con un bugnato rustico tipico del periodo
manierista. Ma la maggiore attrazione consiste nelle stanze
affrescate, che nelle rappresentazioni pittoriche ci
restituiscono le abitudini degli abitanti del palazzo. Il lato
settentrionale dell’edificio è la sede di due appartamenti
distinti, collegati tra loro da un porticato detto Loggia delle
Muse. Le tre stanze ad ovest erano riservate ad Isabella
Boschetti contessa di Calvisano, l’amante che il duca ospitava
abitualmente proprio in questo luogo. Le fini decorazioni dei
tre vani rimandano alla mitologia e alla cultura classica, in
una compostezza compositiva ancora legata allo stile del
Quattrocento. Attraversando la loggia si passa poi
all’appartamento del duca, al quale si accede dalla Sala dei
cavalli.
Questa era la sala di rappresentanza del palazzo, in
cui Federico II volle ritratti i purosangue cui era più
affezionato. Le cronache dell’epoca, infatti, riportano che
Palazzo Te ospitava una delle migliori scuderie d’Europa. I
destrieri sono ritratti dal vero con estremo realismo e il duca
volle perpetuarne il ricordo nel tempo facendo apporre sotto
ogni affresco il nome del cavallo. Da questa stanza si passa ad
un altro capolavoro del complesso edilizio: la Camera di Psiche.
Le pareti di questa sala sono affrescate con scene che riportano
il mito di Amore e Psiche, alludendo forse alla passione tra il
duca e Isabella Boschetti. Le pitture, caratterizzate da colori
intensi e brillanti, coinvolgono lo spettatore grazie alla
finzione prospettica e al dinamismo delle figure. Attraverso
alcune piccole stanze che concludono l’appartamento di Federico
II, e passando per la Loggia di Davide, si accede all’ala
meridionale del palazzo.
Adibite a foresteria, le camere di
quest'ala erano destinate ad ospitare grandi personaggi
politici. In queste stanze soggiornò probabilmente anche
l’imperatore
Carlo V, atteso a Mantova nel 1530. Infatti i
rilievi e i dipinti della Saletta degli stucchi e della Sala di
Cesare sembrerebbero alludere proprio ai trionfi del celebre
imperatore asburgico. Dai due vani si passa alla stanza più
celebre: la Sala dei Giganti. Il tema del grande affresco
dipinto sulle pareti è sempre tratto dalla mitologia: si
racconta la ribellione dei Titani che nel tentativo di scalare
il Monte Olimpo vengono sorpresi dalle saette di Giove. La
particolarità del luogo è dovuta alla soluzione pittorica
adottata da Giulio Romano che, non adattandosi alle divisioni
architettoniche di pareti e soffitto, esordisce con un unico
affresco continuo in altezza e lungo tutto il perimetro.
L’artista ha infatti voluto creare un ambiente coinvolgente e
spettacolare in cui anche l’acustica ha un ruolo fondamentale. I
rumori, potenziati grazie alla struttura architettonica della
stanza, creano un senso di inquietudine nello spettatore. Un
aneddoto narra inoltre che bisbigliando in un angolo della
stanza le parole possano essere udite con chiarezza nell’angolo
opposto, senza che nulla si senta nel resto dell’ambiente. A
concludere l’effetto scenografico della sala c’era un camino,
ora non più esistente, che proiettava i riflessi delle fiamme
sulle pareti rendendo molto drammatica la vicenda narrata
dall’affresco.
Lontano dal palazzo, in un angolo in fondo al giardino, si cela
il piccolo Appartamento della grotta, le cui stanze erano
adibite a bagni. Vi si accede attraverso un piccolo ingresso
decorato a grottesche, pitture di derivazione classica molto
diffuse nel Rinascimento. Dall’ingresso si passa a due diversi
gruppi di locali. A nord tre piccole stanze di servizio la cui
saletta principale è finemente decorata con ritratti di virtuosi
personaggi dell’antica Roma: Cincinnato, Orazio Coclite, Attilio
Regolo e Zaleuco. A est il giardino segreto e la grotta ai quali
si accede attraversando una loggetta. Il piccolo ma suggestivo
ambiente culmina in un antro artificiale in cui si poteva
usufruire di un bagno caldo. Le pareti sassose incastonate di
preziosi e conchiglie, fatte brillare dal riverbero dell’acqua,
dovevano rendere l’ambiente estremamente scenografico.
Oggi Palazzo Te ospita un Centro Internazionale di Arte e
Cultura, volto alla promozione artistica e culturale, che cura
la realizzazione di mostre, pubblicazioni e ricerche
scientifiche. Il sottotetto dell’edificio principale ospita
infatti il Museo Civico, suddiviso in diverse sezioni: la
donazione dell’editore Mondadori, che consiste in numerosi
dipinti ottocenteschi; la sezione permanente di monete, stampi,
pesi e misure raccolti fra ‘300 e ‘700; la collezione egizia,
che vanta circa 400 pezzi; la raccolta d’arte mesopotamica,
donazione dell’architetto mantovano Ugo Sissa.
Sul lato meridionale del giardino si trova il complesso delle
Fruttiere, un lungo edificio adibito un tempo a magazzino di
derrate alimentare, che ospita oggi un ampio spazio espositivo
sede di importanti esposizioni temporanee.
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