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Carlo
V - Biografia. Carlo V d'Asburgo fu imperatore del Sacro
Romano Impero e re di Spagna nel XVI secolo. Nato a Gand nel
1500 da Filippo Il d'Asburgo e Giovanna di Castiglia, fu uno
dei monarchi più potenti della storia europea.
Dalla
confluenza dei fiumi Lys ed Escaut deriva il nome
di Gand dal celtico Ganda, che significa appunto
"confluente". Fonti storiche e archeologiche testimoniano stanziamenti
già nell’età della pietra e del ferro. Non ci sono testimonianze
del periodo romano, tuttavia è certo che i romani stanziarono
nella regione i loro campi militari. Quando i Franchi invasero la regione
portarono la loro lingua in sostituzione di quella celtica e
latina per quella dell’olandese arcaico.
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N
Il re Carlo I di Spagna nipote dei Re Cattolici
Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, è
meglio conosciuto come Carlo V, imperatore del
Sacro Romano Impero.
In questo ruolo, fece guerra quasi continuamente alla Francia,
agli ottomani e soprattutto ai protestanti del suo impero. Fu la
Castiglia, che all'epoca era forte, a fornire le risorse
finanziarie per le sue campagne.
L'eredità dei Re
Cattolici
Quando la regina Isabella di Castiglia morì nel 1504, lasciò
il suo regno alla figlia, Giovanna di Aragona e Castiglia,
che era sposata con Filippo I d'Asburgo, detto il Bello,
nato a
Bruges,
figlio di Massimiliano I d'Asburgo, imperatore del Sacro
Romano Impero e arciduca d'Austria. Giovanna, era detta la
Pazza, a causa della sua reale o presunta follia, e la madre
temendo la sua incapacità di esercitare la reggenza, aveva
stabilito nel suo testamento che suo marito, Ferdinando, avrebbe
assunto la reggenza di Castiglia. Quest'ultimo decise che
Filippo avrebbe dovuto regnare accanto a Giovanna come e si
ritirò nel suo regno di Aragona. Tuttavia, Filippo morì nel
1506, costringendo Ferdinando ad assumere la reggenza fino a
quando Carlo, il figlio di Giovanna, divenne maggiorenne.
Carlo I, re di Spagna
Carlo nacque il 24 febbraio 1500 a
Gand,
nelle
Fiandre. La sua educazione fu fornita da sua
zia Margherita, reggente dei Paesi Bassi, che lo introdusse
all'arte e alla cultura. La sua lingua madre era il francese, la
lingua parlata a corte, ma padroneggiava anche l'olandese. Carlo
crebbe come un uomo pio, soprattutto grazie all'influenza che
Adriano di
Utrecht - il successivo e unico papa olandese di sempre
- ebbe su di lui. Ma chi contribuì maggiormente all'educazione
di Carlo fu Guglielmo di Croÿ, rampollo di una potente
famiglia fiamminga che si era sempre asservita ai duchi di
Borgogna e che in seguito, nel 1516, venne nominato dallo stesso
Carlo duca di Sora, Arce e barone di Roccaguglielma e che gli
gli concesse anche il feudo di Somma Vesuviana. Guglielmo di
Croÿ fu nominato camerlengo di Carlo nel 1509. Fu un tutore
severo che voleva preparare Carlo nel miglior modo possibile per
i suoi compiti futuri e fu molto importante per gli sviluppi
della sua vita.
Nel 1517, Carlo e la sua corte partirono per la Spagna per
la sua salita al trono spagnolo come re Carlo I di Castiglia il
9 febbraio. Poiché i castigliani temevano che il nuovo re, che
non parlava praticamente spagnolo e portava con se una corte
composta quasi interamente da fiamminghi, avrebbe usato la
Castiglia come una vacca da mungere per le sue ambizioni
imperiali, gli furono imposte alcune condizioni. Per esempio,
non si volevano più nomine a corte di stranieri e si proibiva
l'esportazione di metalli preziosi e di cavalli. Carlo fu anche
obbligato a imparare lo spagnolo.
Elezione a imperatore come Carlo V
All'inizio del 1519, Massimiliano I, imperatore del
Sacro Romano Impero morì, e fu il ciambellano Guglielmo di Croÿ,
tra gli altri, a mobilitarsi per far salire Carlo sul trono
imperiale (il titolo imperiale del Sacro Romano Impero non
veniva trasferito per eredità, ma per elezione da parte degli
elettori). I costi per "comprare" gli elettori furono scaricati
sui castigliani, che furono pesantemente tassati. Questo andava
contro la politica di alcuni governatori di importanti città
castigliane che non solo si opponevano alle tasse da pagare a
breve termine, ma temevano anche che con l'incoronazione di
Carlo come imperatore, la Castiglia sarebbe stata degradata a
dipendenza dell'impero asburgico.
Le città cominciarono ad agitarsi, così nel marzo 1520 Carlo
convocò le "Cortes" a
Santiago de Compostela per sedare l'opposizione e
chiedere il permesso di avere fondi aggiuntivi per coprire le
sue spese in Germania. Le Cortes erano assemblee politiche
consultive spagnole, formate, a partire dalla fine del Medioevo,
dai rappresentanti di tre "stati": nobiltà, clero e borghesia
cittadina ("procuratori").
Ma la Cortes di Santiago esito, in parte a causa di una
dichiarazione fatta da alcuni ecclesiastici secondo cui la
richiesta del re doveva essere respinta. Secondo gli autori
della dichiarazione, se Carlo I non teneva conto dei suoi
sudditi, le comunità della Castiglia avrebbero dovuto difendere
gli interessi del regno. Fu la prima volta che questa
denominazione apparve per le comunità urbane castigliane ("Comunidades")
e i loro abitanti furono chiamati "comuneros". Carlo sciolse le
Cortes per riconvocarle dopo un mese a La Coruña e far passare i
suoi desideri, dopo di che partì per la Germania per essere
incoronato imperatore come Carlo V. Lasciò il suo impero
spagnolo nelle mani del suo tutore Adriano di Utrecht, il fututo
Papa, all'epoca Grande Inquisitore di Castiglia.
Rivolta delle Comunidades in Castiglia
In quella che passò alla storia come Rivolta dei
comuneros,
Toledo fu la prima comunità
a resistere a quello che vedeva come un dominio fiammingo.
Guidati dal comandante locale, Juan de Padilla, i ribelli
riuscirono a prendere il controllo della città. In giugno,
Toledo inviò alle città che avevano voce in capitolo nelle
Cortes una proposta che era in linea con le richieste fatte in
precedenza al momento dell'incoronazione di Carlo. All'inizio
poche risposero all'appello, ma quando Juan de Padilla e la sua
milizia marciarono verso
Segovia,
altre città, tra cui
Valladolid,
si unirono alla rivolta. Le città del nord, come
Burgos, ma anche importanti centri andalusi come
Siviglia,
Cadice e
Cordoba,
rimasero fedeli al re.
Le forze ribelli si diressero verso Tordesillas, non
lontano da Valladolid, dove le città ribelli forgiarono la
Giunta di Tordesillas, che si costituì come un governo
rivoluzionario. Lo scontro finale tra le truppe reali e
l'esercito di Padilla ebbe luogo nella battaglia di Villalar.
La cavalleria reale si dimostrò superiore e i "comuneros"
persero più di mille uomini. Padilla e diversi altri leader
della rivolta furono decapitati subito dopo.
Rivolta dei
Fratellanze in Aragona
Come la Castiglia, l'Aragona soffriva delle pesanti tasse
imposte da Carlo I. Inoltre, soffriva della pirateria berbera
proveniente dal Nord Africa. Attacchi che colpirono
particolarmente le Germanías, cioè le Fratellanze (germà è
l'equivalente valenciano dello spagnolo hermano, cioè fratello).
Le Germanías erano corporazioni o confraternite di artigiani che
popolavano le regioni costiere. Nel 1519, la peste scoppiò e
uccise molti abitanti della città di
Valencia.
L'elite urbana fuggì e la popolazione si ribellò. Superstiziosi,
presero di mira i mudéjares, i musulmani che erano rimasti nelle
zone conquistate dai cristiani ai mori e che sospettavano di
aver causato l'epidemia. Il governo non riuscì a sedare questo
tumulto, così le Germanías riempirono il vuoto di potere e la
Junta de los Trece, il Consiglio dei Tredici, composto dai
rappresentanti di ciascuna delle corporazioni, assunse
l'amministrazione di Valencia.
Carlo rispose da
Aquisgrana.
Con la nomina dell'eroe di guerra castigliano Diego Hurtado
de Mendoza a viceré di Aragona, le tensioni aumentarono. Il
Consiglio dei Tredici espulse il castigliano e riprese il
potere. Molte città seguirono con l'istituzione altri Consigli
dei Tredici e la rivolta si trasformò in una vera e propria
guerra civile. Mendoza represse gli insorti trattando
generosamente coloro che si arresero e nel dicembre 1522 riprese
il potere. Ottocento condanne a morte furono pronunciate e le
città che si erano ribellate ricevettero pesanti richieste di
indennizzi.
Conseguenze della rivolta
Si tentò di convertire al cristianesimo i mudéjares su larga
scala, con la forza se necessario. Ma questo si rilevò un
compito estremamente difficile. La validità e la veridicità
delle conversioni fu messa in dubbio e Carlo V sottopose la
questione a una commissione di teologi e giuristi. Nel 1525, la
commissione concluse che non c'erano state conversioni forzate,
ma una "libera scelta tra il battesimo e la pena di morte". La
commissione ritenne auspicabile continuare le conversioni.
Questo zelo per la fede portò al complicato problema sociale dei
"moriscos", come venivano chiamati i convertiti. In primo
luogo, la loro conversione dava ai moriscos lo stesso status dei
lavoratori cristiani, il che privava i proprietari terrieri
della loro manodopera musulmana a basso costo. Un secondo
problema era la risposta dei musulmani convertiti alle
conversioni forzate. Difendere la propria fede fino alla fine,
il martirio, è, secondo il Corano, un sacrificio troppo pesante,
e in caso di coercizione è lecito nascondere la propria fede o
simulare un altro credo. Questa forma di resistenza passiva si
chiama taqiyya.
La sfiducia che esisteva tra il clero cattolico romano e il
governo sull'autenticità della fede cristiana dei moriscos portò
ad un aumento dell'attività dell'Inquisizione e infine,
dopo quasi un secolo di conversioni forzate, all'espulsione dei
moriscos nel 1609.
Ritorno e matrimonio
Quando Carlo tornò in Spagna dopo l'elezione a imperatore
nel 1522, sembrava aver imparato molto. Non solo si rese conto
che la sua prima apparizione nel 1517 aveva contribuito
notevolmente al divampare delle ribellioni, ma anche che la
stabilità della Spagna, e della Castiglia in particolare, era
fondamentale per la realizzazione delle sue ambizioni imperiali.
Voleva conquistare gli spagnoli ed era stato abbastanza saggio
da imparare lo spagnolo. Inoltre, i castigliani erano contenti
che avesse deciso di sposare una nativa della penisola iberica,
sua nipote Isabella, principessa del Portogallo. Questo
matrimonio richiese l'approvazione papale e fu concluso nel
1526. Anche se per ragioni politiche, il matrimonio si dimostrò
stabile e la fiducia di Carlo nella moglie fu dimostrata quando
la nominò reggente di Spagna in sua assenza. Nel 1527 nacque il
loro primo figlio, il futuro Filippo II. Isabella morì
nel 1539 mentre dava alla luce il suo sesto figlio. Carlo non si
sarebbe mai risposato.
Organizzazione
dell'impero spagnolo
Anche se Carlo non fece alcun tentativo di riunire i regni
di Castiglia e Aragona sotto un'unica unità amministrativa, non
si definì mai re di Castiglia ma di tutta la Spagna,
sottolineando così la prospettiva comune di tutti gli spagnoli.
I ranghi si compattarono intorno al re. A quei tempi, la
Castiglia era governata da una serie di Consigli, creati dai
nonni di Carlo, di cui il Consiglio Reale di Castiglia era il
più importante. C'era anche un Consiglio per la Guerra, per
l'Inquisizione e per le Finanze.
Un flusso permanente di entrate fiscali divenne sempre più
importante e questo fu ottenuto attraverso l'introduzione del
cosiddetto "encabezamiento", un censimento a fini fiscali, un
sistema di valutazioni alle comunità locali o alle città, che
potevano decidere da sole come trasmetterle ai loro abitanti.
Questo sistema aveva un doppio vantaggio: il governo centrale si
assicurava un flusso costante di entrate e gli amministratori
locali rafforzavano la loro posizione di potere. Oltre ai
consigli che si occupavano di determinate politiche, c'erano
anche consigli territoriali come quelli per l'Aragona e per le
Indie. Segretario di quest'ultimo era Francisco de los Cobos,
l'astro nascente della corte.
Mercurino Arborio di Gattinara
La figura più influente a corte in quel momento era il
cancelliere Mercurino Arborio Gattinara, un politico,
umanista e cardinale piemontese (di Gattinara appunto) che aveva
servito alla corte dell'imperatore Massimiliano I, nonno di
Carlo. Nel 1518, Gattinara fu nominato cancelliere di Carlo, una
posizione che mantenne fino alla sua morte nel 1530. Attribuiva
qualità sovrumane a Carlo ed era convinto che l'imperatore fosse
stato scelto da Dio per essere il monarca supremo che avrebbe
governato il mondo e lo avrebbe protetto dalle minacce dei
musulmani. Carlo, che non era altrettanto affezionato al suo
cancelliere, era tuttavia profondamente colpito dalle sue idee e
si sentiva perfettamente a suo agio nel ruolo di supremo
difensore laico della cristianità. Era un buon cattolico
praticante, ma quando doveva, sfidava il potere papale.
Il cancelliere non solo voleva fornire al vasto impero di
Carlo una struttura amministrativa molto centralizzata, ma
naturalmente vedeva anche un ruolo importante per se stesso in
questo. Questo, tuttavia, era qualcosa di troppo rischioso per
Carlo: non voleva rendersi completamente dipendente da un solo
consigliere, per quanto competente. Invece del modello di
governo centralista che Gattinara aveva in mente, l'imperatore
optò per un sistema decentralizzato che prevedeva la nomina di
reggenti nelle varie parti dell'impero e il rafforzamento del
sistema dei consigli. Gattinara avrebbe gradualmente perso
influenza e ceduto la sua posizione di consigliere principale a
Francisco de los Cobos, che riuscì ad acquisire una
posizione centrale come abile amministratore dei fondi
dell'impero e si arricchì enormemente nel processo.
Colonizzazione
delle Indie e delle Filippine
Dopo la "scoperta" delle Indie da parte di Colombo nel 1492,
le isole caraibiche furono rapidamente colonizzate. La prima fu
l'isola di Hispaniola, che oggi è divisa tra Santo
Domingo e Haiti, dove Colombo fondò un insediamento
permanente nel 1496. Da lì, gli spagnoli iniziarono a
conquistare le altre isole e il vicino continente. Nel 1510, la
base fu spostata a Cuba, dove il "conquistador" Diego
Velázquez de Cuéllar fondò la città di Santiago de Cuba nel
1515. Juan Ponce de León scoprì la penisola della Florida
nel 1512, e tre anni dopo Vasco Nuñez de Balboa fu il
primo spagnolo a Panama a guardare il Pacifico.
La prima grande conquista fu fatta da Hernán Cortés, che
conquistò il Messico dell'impero Atzeco tra il 1519 e il
1521. Dopo lo sbarco sul continente, fondò la Villa Rica di
Vera Cruz (oggi Veracruz), la prima sede del governo in
quella che gli spagnoli chiamavano Nuova Spagna. Poi prese la
città azteca di Tenochtitlan, la distrusse e iniziò a
costruire quella che poi sarebbe diventata Città del Messico.
L'America centrale fu conquistata con molti combattimenti tra i
conquistadores nel periodo dal 1522 al 1547, con Francisco de
Monteja in particolare che ebbe le maggiori difficoltà ad
ottenere il controllo della penisola dello Yucatán abitata dai
Maya. Nel 1531 iniziò il viaggio di Francisco Pizarro
verso il Perù. La capitale Inca, Cuzco, fu presa nel 1533
e Pizarro catturò enormi tesori d'oro dagli Inca. Ecuador,
Venezuela e Colombia seguirono negli anni 1530 e nel 1541, dopo
aver disceso il Rio delle Amazzoni, Francisco de Orellana
raggiunse l'Oceano Atlantico. La conquista del Cile ebbe luogo
negli anni 1535 e 1540. I conquistadores si scontrarono con i
Mapuches nella regione dell'Araucanía, che
resistettero con successo agli spagnoli utilizzando sofisticate
tecniche di combattimento con il lazo. Nello stesso periodo
furono conquistate parti dell'Argentina e della Bolivia. Dal
1521, gli spagnoli penetrarono anche nel continente
nordamericano e nel 1550 erano riusciti a colonizzare i
territori che corrispondono alle attuali Florida, Nuovo Messico,
Texas, Arizona, Colorado e la California.
Di particolare importanza per gli spagnoli fu la marcia intorno
al mondo che iniziò nel 1519 per volere di Carlo V sotto la
guida del portoghese Ferdinando Magellano. Il Trattato
di Tordesillas, che divideva il mondo in una sfera
d'influenza spagnola e portoghese, concluso nel 1494, non
permise agli spagnoli di tentare di raggiungere le Molucche,
nell'attuale Indonesia, ricche di spezie, attraverso la costa
africana. Da qui il permesso di Carlo I per il viaggio di
Magellano. I portoghesi trovarono il passaggio sulla punta del
continente sudamericano alla fine del 1520. Magellano, dopo un
duro viaggio attraverso il Pacifico, arrivò nelle Filippine
nel 1521, dove fu assassinato mentre cercava di cristianizzare
la popolazione. Il suo secondo in comando, lo spagnolo Juan
Sebastián Elcano, completò il viaggio, rendendolo il primo a
compiere il giro del mondo.
Rinascita in
Castiglia
In Castiglia le ribellioni delle Comunidades furono sedate
nel 1521. Il paese dopo queste vicissitudini ebbe un periodo di
calma piuttosto lungo e nessuna guerra fu combattuta sul suolo
spagnolo per molti decenni. Il commercio della lana fiorì grazie
alla crescente domanda delle Fiandre e la produzione aumentò,
anche se la Castiglia non aveva una solida infrastruttura
industriale. Così, l'opportunità di sviluppare una propria
industria tessile di alta qualità venne colta come avrebbe
potuto. Questa crescita economica generò entrate fiscali
sufficienti per pagare il debito nazionale accumulato durante il
regno dei monarchi cattolici, e quando iniziò il flusso di
metalli preziosi dalle Americhe, la Castiglia divenne la nazione
che forniva il denaro per le campagne imperialiste di Carlo V.
Il regno, che fino al 1700 fu risparmiato dai conflitti interni,
avrebbe continuato a svolgere questo ruolo e ad essere un
importante finanziatore dell'impero asburgico.
L'argento e l'oro che cominciarono ad affluire dalle Indie
nel 1521 furono di solito quasi interamente incanalati verso i
finanzieri stranieri verso i quali Carlo era costantemente
indebitato. L'esempio più famoso era la famiglia di banchieri di
Augusta
(in
Baviera)
dei Fugger, che era tra le più ricche d'Europa e che
aveva avuto un ruolo nell'elezione dello stesso Carlo a
imperatore del Sacro Romano Impero. L'afflusso di metalli
preziosi era ancora modesto nei primi anni e consisteva
principalmente in oro, ma quando la miniera d'argento di
Potosí nell'attuale Bolivia e le miniere di Zacatecas
in Messico furono scoperte nel 1545, l'offerta di argento salì a
proporzioni enormi.
L'impero dove non
tramonta mai il sole
Dopo la sua elezione a imperatore del Sacro Romano Impero,
Carlo I, re di Spagna, governò come Carlo V su un gigantesco
territorio che copriva circa metà dell'Europa e parte
dell'America. Si trattava dei suoi possedimenti spagnoli nella
penisola iberica (Castiglia e Aragona), dei territori italiani
sotto la corona d'Aragona (Napoli,
Sicilia e
Sardegna)
e dei territori in America, compreso il Messico appena
conquistato. Poi c'erano i possedimenti asburgici (Austria,
Boemia, Slovenia e Ungheria) e le Fiandre e i possedimenti del
Ducato di Borgogna, che aveva ereditato da suo padre Filippo il
Bello. Infine, c'erano i principati tedeschi appartenenti al
Sacro Romano Impero. Durante tutto il suo regno, Carlo dovette
difendersi dagli attacchi dei francesi e degli ottomani, in
particolare nelle parti del suo impero che si trovavano al di
fuori del territorio iberico. Feroci furono anche gli scontri
all'interno del Sacro Romano Impero contro i principati
protestanti. Tutte queste guerre furono in gran parte finanziate
con i fondi della Castiglia, politicamente pacifica.
In
guerra con la Francia
All'inizio del XVI secolo, l'Europa cristiana, era
minacciata sia internamente dall'ascesa del protestantesimo che
esternamente dagli ottomani. C'erano già state scaramucce in
Nord Africa, dove l'ammiraglio/corsaro ottomano Khayr al-Dīn
Barbarossa aveva cacciato gli spagnoli da Algeri, ma più seria
sembrava l'avanzata delle armate ottomane a est, dove avevano
messo gli occhi sulla conquista dei possedimenti asburgici. In
effetti, c'erano tutte le ragioni per cui sia Carlo V che il suo
avversario, il re Francesco I di Francia, avrebbero dovuto unire
le forze, ma invece entrambi i governanti combatterono per
decenni un'aspra battaglia per l'egemonia in Europa. Questa
battaglia, per alcuni, fu di carattere personale, poiché
Francesco I avrebbe mal sopportato il fatto che Carlo V lo
avesse sconfitto nell'elezione a imperatore del Sacro Romano
Impero.
Il primo conflitto scoppiò quando Francesco I, che fu tra le
altre cose mecenate di
Leonardo da Vinci, attaccò le Fiandre e la Navarra nel 1521.
Questi attacchi fallirono, dopo di che il re francese, da
Milano, che aveva conquistato dagli spagnoli nel 1515, tentò
di espellere l'imperatore dal regno di Napoli, parte della
corona d'Aragona. Nella battaglia di
Pavia
del 1525, tuttavia, il re francese subì una pesante sconfitta
contro le truppe imperiali, che all'epoca erano quasi
invincibili grazie all'uso dei "tercios" spagnoli, unità
regolari e temute per la loro mobilità e l'uso del cannone ad
uncino mobile. Per Francesco I la battaglia di Pavia si concluse
in modo drammatico. Dopo una breve prigionia in Italia, il re
francese fu trasferito come prigioniero di guerra a
Madrid, dove fu trattato con il dovuto rispetto e
godette di grande libertà. Prima della sua liberazione,
Francesco I firmò un trattato con Carlo V, il Trattato di
Madrid, in cui il monarca francese rinunciò a tutte le
rivendicazioni su Milano,
Genova, la Borgogna,
Napoli e le Fiandre. Francesco accettò anche di sposare
Eleonora, la sorella di Carlo.
Una volta rilasciato, Francesco I ruppe l'accordo e preparò
una nuova guerra, questa volta con l'appoggio di Papa Clemente
VII. Erano uniti nella cosiddetta Lega di Cognac, che
comprendeva anche la Repubblica di Venezia, l'Inghilterra e le
contee di Milano e
Firenze. Questa lega mirava a limitare il potere di Carlo V
e a cacciare gli spagnoli dall'Italia. Così, il papa perse di
vista la sua posizione mediana e, come capo della Chiesa,
interferì in un conflitto tra monarchi cristiani. Una scelta con
la quale presentò alla chiesa spagnola un dilemma. Tuttavia, il
clero spagnolo sostenne il suo re senza riserve.
Dopo aver combattuto per Milano, le truppe imperiali si
diressero verso sud e raggiunsero Roma ai primi di maggio del
1527, dove, dopo aver avuto la meglio sulle difese della città,
saccheggiarono in modo drammatico la città. Nel Sacco di Roma
del 6 maggio 1527 truppe ammutinate di Carlo V, in rivolta
per i salari non pagati, i Landsknechte tedeschi, i famigerati
lanzichenecchi, molti dei quali protestanti, insieme a
soldati spagnoli e mercenari italiani, entrarono nella città
eterna iniziarono immediatamente a saccheggiare, uccidere e
trattenere i cittadini per richiedere riscatti. Papa Clemente
VII si rifugiò a Castel Sant'Angelo, la Guardia Svizzera, che lo
proteggeva, fu annientata in un'azione di retroguardia. Nel
febbraio 1528 la mancanza di cibo e un'epidemia di peste
portarono gli eserciti ad abbandonare la città, la cui
popolazione decimata scese da 55.000 a 10.000 persone. Benvenuto
Cellini, testimone oculare degli eventi, descrisse il sacco
nelle sue opere. La Lega di Cognac si riprese e i combattimenti
ricominciarono. Con l'aiuto della flotta genovese al comando
dell'ammiraglio Andrea Doria, i francesi iniziarono un assedio
di Napoli, che terminò alla fine del 1528.
La battaglia nel
Mediterraneo
Da quel momento, le potenze europee cercarono la pace. Questo
portò nel maggio 1529 alla Pace di Cambrai, con Carlo rinunciava alle sue pretese sulla Borgogna, mentre
Francesco I rinunciava a tutte le pretese sul territorio
italiano. Papa Clemente VII tornò sui suoi passi e
incoronò Carlo V imperatore a Bologna nel 1530. Questa fu
l'ultima volta che un imperatore fu incoronato da un papa. La
pace di Cambrai arrivò appena in tempo, perché le armate
ottomane di Solimano il Magnifico (Süleyman I) si avvicinarono a Vienna nel 1529
(Primo Assedio di Vienna). Carlo
V contrattaccò con un grande esercito con unità principalmente
tedesche che sembrava abbastanza forte da respingere un
possibile attacco turco. Nel 1532 i turchi fecero un secondo
tentativo, ma ancora una volta fu l'enorme esercito
dell'imperatore a dissuaderli.
Nel tentativo di distogliere l'attenzione dei turchi da Vienna,
la flotta di Andrea Doria riuscì a ottenere il controllo del
Mediterraneo orientale, ma le posizioni imperiali - anche a
Messina - si rivelarono insostenibili per mancanza di risorse
finanziarie e dovettero essere abbandonate. Anche a ovest, sulla
costa nordafricana, gli ottomani rimasero all'offensiva. Nel
1533 riuscirono a cacciare gli spagnoli da Algeri e l'anno
seguente presero Tunisi. Questo spinse l'imperatore, che era
salpato verso sud con le sue truppe spagnole dopo la ritirata di
Solimano, a tentare di porre fine alla minaccia musulmana
dall'Africa una volta per tutte.
Nel 1535, mise insieme una flotta impressionante, con navi
provenienti dalle Fiandre, da Napoli, dal Portogallo e, naturalmente, la
flotta genovese comandata da Andrea Doria. Questo esercito
sbarcò vicino alle rovine di Cartagine e si diresse verso
Tunisi, che era nelle mani di Khayr al-Dīn Barbarossa. Dopo una
difficile conquista della fortezza di La Galeta, Tunisi fu presa
e Barbarossa fu costretto a fuggire. Un tentativo di Carlo di
conquistare Algeri nel 1541 finì tuttavia in un totale fallimento. Il
cattivo tempo rese impossibile un atterraggio e la flotta si
allontanò.
Di nuovo guerra con la Francia
Prima che l'imperatore tentasse di prendere Algeri, scoppiò
un terzo conflitto con la Francia. Quando il duca di Milano
Francesco II Sforza morì senza eredi,
Francesco I vide la sua occasione e invase l'Italia. Riuscì a
conquistare
Torino, ma la città di Milano rimase nelle mani del
nipote di Carlo, Filippo, successore del duca. Carlo reagì
invadendo la Francia dalla Spagna, ma la campagna fallì. La pace
fu conclusa nel 1538 con il Trattato di Nizza (Nizza, allora
capitale della della omonima contea che faceva parte del Sacro Romano
Impero), che mirava a promuovere una cooperazione a lungo
termine tra le due potenze cristiane e a permettere loro di
intraprendere un'efficace azione comune contro i turchi e i
principati tedeschi protestanti.
Un quarto tentativo di Francesco I di contrastare Carlo V
andò in scena tra il 1542 e il 1544, quando il re francese si era
alleato con Solimano e la flotta combinata franco-turca
catturò la città di Nizza. Le truppe imperiali riuscirono ad
evacuare la città, ma furono poi sconfitte nella sanguinosa
Battaglia di Ceresole (presso Ceresole d'Alba), situata appena a sud di Torino. Sebbene
questa fosse una vittoria promettente per il re francese, egli
fu costretto a spostare le sue truppe in Francia a causa di
un'imminente invasione da parte degli eserciti dell'imperatore
che aveva trovato un nuovo alleato nel re Enrico VIII d'Inghilterra.
Questa invasione iniziò nel maggio 1544, ma non ebbe successo.
Stanchi di combattere tra di loro, ma anche perché Carlo V era
coinvolto in un conflitto con i protestanti tedeschi, le parti
in guerra conclusero la Trattato di Crépy nel 1544, il che
significava che le guerre di Carlo con il re francese erano
temporaneamente finite.
La lotta contro i protestanti
Martin Lutero iniziò i suoi tentativi di riformare la Chiesa
Cattolica dall'interno affiggendo le sue famose 95 tesi al
cancello della chiesa di Wittenberg. Nel giugno 1520, Papa Leone
X emise una bolla che chiedeva a Lutero di ritrattare alcune
delle sue tesi, ma quando Lutero rifiutò, fu scomunicato
all'inizio del 1521. Come difensore della fede cattolica romana
e della stabilità del suo impero, Carlo V cercò di prevenire un
nuovo
scisma nella cristianità e offrì a Lutero la possibilità di difendere
le sue tesi sotto salvacondotto alla Dieta di Worms (una
assenblea di principi tedeschi). Il tentativo non servì a nulla. Lutero rimase fermo sulle sue posizioni e anche
Carlo mise al bando Lutero.
Carlo era ansioso di preservare l'unità nel suo regno a causa
della minaccia ottomana e alla Dieta di Augusta nel 1530 fu
fatto un altro tentativo di riconciliazione con i protestanti
che nel frattempo avevano confiscato i beni della chiesa.
Tuttavia, la cosiddetta Confessione di Augusta, redatta dallo stretto
collaboratore di Lutero, Melanchton, non trovò il favore
dell'imperatore, che riaffermò l'Editto di Worms
e chiese la restituzione dei beni confiscati. La lotta si
intensificò quando nel 1531 i protestanti si unirono nella
Lega di Smalcalda, (Alleanza di Schmalkaldic) una
lega difensiva che si accordò per fornire 10.000 uomini e 2.000
cavalieri per la mutua protezione.
Durante gli anni 1530 sempre più principati e città imperiali si
unirono a questa alleanza, il che provocò una reazione dei
principi cattolici che fondarono la Lega Santa di Norimberga nel
1538. Nel 1544 l'imperatore cominciò a prendere misure per
combattere i protestanti con la forza, se necessario. Il
conflitto armato iniziò quando le decisioni del
Concilio di
Trento, iniziato su insistenza di Carlo V nel 1545, furono
respinte dai protestanti. Dopo alcune schermaglie preliminari
tra i governanti protestanti e cattolici, gli eserciti
protestanti e l'imperatore si incontrarono a Mühlberg sulle rive
dell'Elba nel 1547. I protestanti distrussero tutti i ponti e
pensavano di essere protetti dal fiume, che li separava dalle
ben addestrate truppe di Carlo V. Ma queste ultime riuscirono ad
attraversare il fiume di sorpresa e distrussero l'esercito
protestante prima che potesse fuggire. I principi ribelli furono
trattati con una certa indulgenza da Carlo, ma la Lega di
Smalcalda fu dissolta.
La pace di Augusta
Nonostante la superiorità militare di Carlo V sui suoi
avversari protestanti, non poté impedire che le idee di Lutero,
morto nel 1546, penetrassero in profondità nel Sacro Romano
Impero. Combattere queste idee con la violenza semplicemente non
era più un'opzione. Carlo convocò la Dieta di Augusta nel
1548 per cercare di trovare una soluzione ai problemi del suo
regno. Tuttavia, il suo decreto, il cosiddetto Interim di Augusta, che fece
alcune concessioni ai protestanti, non andò giù ai principi
protestanti e fece arrabbiare sia il Papa che un certo numero di
Elettori cattolici che vedevano con sospetto il crescente potere
di Carlo V. I principi protestanti risposero all'Interim di
Augusta concludendo il segreto Trattato di Chambord con il re
francese Enrico II nel 1551. Enrico promise loro sostegno in
cambio di Cambrai e delle città episcopali di Verdun,
Metz e
Toul. Mentre il re francese occupava i territori che gli erano
stati promessi, i principi ribelli, guidati da Maurizio di
Sassonia, marciarono su
Innsbrück,
dove si trovava Carlo V, che
sfuggì per poco alla cattura e dovette riparare in Italia. Un
ultimo tentativo di Carlo di mantenere la sua presa sulla
situazione terminò nel 1553 con il fallimento dell'assedio di
Metz. Infine, la pace fu firmata con la Pace di Augusta, che
lasciò i principi tedeschi liberi di scegliere tra cattolicesimo
e protestantesimo per i loro possedimenti. Questo non includeva la
libertà individuale di religione.
Gli ultimi anni di Carlo
Negli anni 1550 Enrico II di Francia tentò per l'ultima
volta di spezzare il potere di Carlo V. Iniziò con un'offensiva
di successo in Lorena, ma il suo tentativo di conquistare la
Toscana fallì nel 1554. All'inizio del 1556 Carlo riuscì a
costringere il re francese a concludere la Tregua di
Vaucelles. Nello stesso anno Carlo V decise di abdicare e lasciò
i suoi possedimenti spagnoli a suo figlio Filippo II, che
ereditò anche i Paesi Bassi. Il fratello di Carlo, Ferdinando,
ereditò l'impero e nel 1558 fu formalmente nominato imperatore
del Sacro Romano Impero. La Francia disseppellì l'ascia di
guerra un'altra volta, ma fu nuovamente sconfitta da Filippo II
nella Battaglia di San Quintino, una battaglia in cui, come
prima, i tercios, i reparti di fanteria spagnoli dimostrarono il loro valore. La
Francia fu costretta a concludere la Pace di Cateau-Cambrésis
(1559), con la quale la Francia rinunciò alle sue pretese sui
territori italiani. Gli
Asburgo si erano definitivamente
affermati come la potenza più importante in Europa a spese della
Francia.
Carlo, la cui salute era notevolmente peggiorata, tornò in
Spagna, dove in febbraio prese la residenza in un palazzo vicino
al monastero di Yuste, vicino alla Sierra de Gredos e lontano
dal trambusto politico. Soffriva molto di gotta e preferì
trascorrere gli ultimi anni della sua vita in pace e
riflessione. Morì di malaria il 21 settembre 1558 dopo una
dolorosa lotta per la morte. I suoi resti mortali furono poi
trasferiti al
Palazzo dell'Escorial da
Filippo II.
Vedere anche:
Ritratto di Carlo V
a cavallo di Tiziano
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