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Castel
Tirolo
I dintorni di Merano sono incantevoli, tra gli altri da visitare l'imponente
Castel Tirolo, a soli 5 km. Posto su uno sperone roccioso ai piedi di
una montagna alta 2295 metri è facilmente
raggiungibile da una delle più panoramiche
passeggiate di
Merano. Il Castello, che fu sede dei
conti di Tirolo e diede il nome a tutta la regione.
Sorge poco distante dall’omonimo paese. Tra i
fondatori sono ricordati già nel 1141 i nomi dei due
fratelli Alberto I e Bertoldo I,
capostipiti del ramo albertino dei conti di Tirolo,
che fecero costruire qui la loro residenza sui resti
di un antico santuario.
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L’originario nucleo architettonico fu ampliato e modificato nei due
secoli successivi. Ai primi rinnovamenti del Duecento risale la grande sala
palatina, lunga 22 metri, con aperture bifore e trifore e l'adiacente
cappella a forma di aula quadrata con abside semicircolare. Sono modelli che
si ricollegano all'architettura ghibellina in voga dal 1150 in poi nel regno
di Federico Barbarossa, di cui i conti di Tirolo erano fedelissimi
sostenitori. Posteriore al 1190 è anche l’imponente torre fortificata, usata
come prigione, e la cosiddetta Mushaus (casa pranzo) che si estende
verso nord-est e risulta citata come tale nel 1275 e nel 1313. Dei primi
decenni del secolo XIII è anche l'ala est direttamente adiacente alla
cappella, che potrebbe forse identificarsi, insieme alla grandiosa sala
palatina, con la nova domus, citata nel 1234. È crollata invece tutta l'ala
nord-est, lunga circa 60 metri, in seguito a una frana all'inizio del secolo
XVII. Formava la congiunzione tra la cappella castellana e la Mushaus, ma
già nel 1620 non risulta più rappresentata in uno schizzo del castello
contenuto nel famoso Codice Brandis. Appartenenti alla prima fase di
costruzione e databili intorno al 1160-70, sono i due splendidi portali, in
marmo bianco di Lasa, che danno accesso alla sala palatina e alla cappella
castellana. Il primo, raffigurante nel timpano un Angelo Annunciarte,
è incorniciato da una decorazione ad intrecci di gusto nordico e con motivi
classicheggianti, e mostra ai lati bassorilievi scolpiti con figure umane e
animali. Ancora più ricca è la decorazione del secondo portale, per il quale
si accede alla cappella. Mentre nel timpano è rappresentata una
Deposizione, ai due lati sono scolpiti Adamo ed Eva, un centauro con
l'arco puntato, Davide che combatte con un leone, un’idra che sta per
divorare un’anima, tutti motivi iconografici di un repertorio tipicamente
medioevale. Creazioni parallele ad essi si trovano in Lombardia, per esempio
nelle Chiese di San Michele e di San Pietro a
Pavia (1150), come pure a Maderno sul lago di Garda.
Gli scultori dei due portali erano probabilmente maestri lombardi operanti
nella Val Venosta nel corso del secolo XII.
La grandiosa sala palatina, oggi restaurata nella sua forma originaria,
si apre come un pulpito sulla Valle dell’Adige. Ricorda vicende e personaggi
che qui hanno vissuto giorni di gloria, come Mainardo II (1238-1295),
conte di Tirolo e
Gorizia, che con
lunghe lotte riuscì a unificare la contea. Fedele sostenitore dei
Ghibellini, sposò Elisabetta, vedova dell’imperatore Corrado IV, e fu
amico degli Scaligeri di
Verona. Al culmine
del potere, il suo influsso politico si estese fino a
Padova, a
Treviso e alla
Carinzia. In questa sala tenne corte anche l'infelice duchessa
Margherita, ultimogenita della stirpe dei Tirolo che aveva sposato in prime
nozze Giovanni, re di Boemia. Fu lei, ormai vedova e privata dell'unico
figlio, a consegnare nel 1363 la sua contea a Rodolfo d’Asburgo.
La cappella castellana, nella quale Margherita si sposò in seconde nozze
con Ludovico di Brandeburgo è conservata nella sua forma originale a
due piani. Il piano inferiore, la cosiddetta "capella publica", dedicata a
San Pancrazio, è dominata da un grande gruppo ligneo della Crocifissione
tra le figure di Maria e Giovanni, posto sull'arco di trionfo. Le tre
sculture, databili poco dopo il 1300, risultano oggi alterate da un infelice
restauro 1861. Databile intorno al 1350 è una piccola vetrata dell'abside,
raffigurante la Madonna e l’Annunciazione, che risulta tra le prime
pitture su vetro dell’arco alpino. Dell’originario ricco arredo, sono
rimaste solo le pitture murali, scoperte e restaurate dopo il 1920,
importanti testimonianze della pittura meranese del Trecento. Nell'abside
della cappella inferiore sono rappresentati, tra un fregio con bestiari
ancora di gusto romanico, figure di Santi sotto arcate, tra cui i quattro
Padri della Chiesa, l'Apostolo Paolo e S. Maddalena.
Nella cappella superiore, detta anche "cappella privata" perché riservata
alla corte, gli affreschi rappresentano fra l’altro una bella
Crocifissione del secolo XIV, e i SS. Pancrazio ed Elisabetta.
Sopra le due porte d’accesso alla galleria in legno sono dipinti gli stemmi
del Tirolo e della Carinzia, nonché quello di Ludovico di Brandeburgo. I
vari dipinti sono opera di pittori meranesi, probabilmente della prima metà
del Trecento, tra i quali si conosce il nome di un certo pittore
Cristoforo. Sulla semplice mensa d'altare della cappella superiore si
trovava originariamente un bellissimo altare a portelle, conservato oggi al
Museo Ferdinandeum di
Innsbruck che, datato
intorno al 1370, figura tra i primi altari di questo tipo nell’arco alpino.
Il pittore delle Storie di Maria è un raffinato rappresentante dei Gotico
internazionale, formatosi alla corte di Vienna sotto l’influsso dell arte
boe ma. Come donatori risultano i due fratelli Albrecht III e Leopoldo III
d’Asburgo con sua moglie Viridis Visconti. Di questo periodo glorioso, che
va dal 1310 al 1335, si è conservato l'elenco di un tesoro, custodito nella
«turns parva» e «in camera domini sub ecclesia». Vi sono elencati accora
tamente gioielli, armi, vestiario e altri oggetti preziosi, oggi sparsi in
varie collezioni e musei; tra questi il bel calice nuziale argenteo della
duchessa Margherita, custodito oggi nel Museo di Vienna, insieme a una
scacchiera intarsiata appartenente al duca Ottone, morto nel 1310.
Castel Tirolo perse la sua importanza manmano che i regnanti preferirono altre dimore più comode e vicine alla città
di Merano. Il castello nei secoli successivi venne quasi completamente abbandonato,
abitato solo da un custode. Dopo il crollo di parte dell’edificio nel secolo XVII, il complesso venne, in epoca napoleonica, venduto all'asta con il
resto del suo arredo. I restauri, iniziati nel secolo scorso, si rivelarono
lunghi e difficili.
Tappa doverosa per chi visita il Castel Ti-rolo è la piccola Chiesa di San Pietro
a Quarazze, che si trova a poca distanza sullo stesso pendio. Eretta forse
nel secolo IX, è una delle più antiche chiese dell'Alto Adige. Presenta una
pianta a croce, con cupola all’incrocio fra navata e transetto su archi
rialzati e rafforzati da lesene marmoree accuratamente scolpite, e
un’abside, semicircolare all'interno e poligonale all’esterno. È un modello
architettonico che trova i suoi paralleli tipologici in chiese di tipo
longobardo-carolingio e riecheggia influssi orientali d'impronta ravennate.
L’antico santuario venne modificato ed ampliato nei secoli successivi. In
seguito alla donazione della chiesa da parte di Mainardo II al Convento di Stams (Tirolo del Nord) nel 1290, la navata ebbe probabilmente l’odierna
volta a botte e sul quadrato della cupola venne eretto un campanile
romanico, le cui trifore a leggero arco ogivale preannunciano già lo stile
gotico intorno al 1300. Dopo il 1300 fu aggiunta una seconda navata sul lato
nord, mentre il grande portale gotico risale al 1465. Di altissimo interesse
storicoartistico sono gli affreschi risalenti all’epoca romanica, come il
busto di San Paolo con la scritta "Vas Electionis/S. Paulus", conservato nel
sottarco della nicchia d’altare del transetto destro, al quale sicuramente
corrispondeva un’analoga rappresentazione di San Pietro, ora distrutta,
nell'altro transetto. La decorazione dell’abside fu ridipinta nella seconda
metà del secolo XIV. Raffigura nella volta Cristo con i simboli dei quattro
Evangelisti e, nel catino, i dodici Apostoli sotto baldacchini gotici. Alla
stessa scuola pittorica tardogotica appartiene anche una rappresentazione
della Santa Caterina.
Tra le varie dimore dei conti di Tirolo, oltre al Castel Tirolo, una delle
preferite era Castel San Zeno (Zenoburg). Sorge all’imbocco della Val
Passiria, poco distante dalla città di Merano, su un promontorio roccioso
che per le sue antiche origini è chiamato anche «l’acropoli di Merano». In
questo punto si trovava probabilmente il castrum maiense tardoromano, sui
cui resti già intorno al 400 fu eretto un santuario dedicato a San Zeno,
vescovo di Verona. Qui arano sepolti gli evangelizzatori della zona, San
Valentino e San Corbiniano, prima di essere traslati in Germania nelI’VIII
secolo. Così ci racconta Arbeone, vescovo di Frisinga, natio di Merano,
nella sua Vita Sancti Corbiniani del 770. I signori di Suppan, funzionari
dei conti di Tirolo, avevano già costruito qui un primo castello, che
Mainardo II comprò, facendolo ampliare successivamente e trasformandolo in
una residenza di rappresentanza. Nei primi decenni del Trecento furono
costruite tra l’altro l’imponente torre fortificata e la cappella castellana
a due piani, analoga a quella di Castel Tirolo. L’unica aula rettangolare ha
la particolarità delle due absidi semicircolari che si aprono di lato alla
navata, probabilmente per mantenere l’orientamento verso
est. Il bel portale romanico è incorniciato da colonne con capitelli
finemente scolpiti, in marmo bianco di Lasa e da bassorilievi raffiguranti
bestiari, un centauro e un ecclesiastico con l'incenso. Le sculture
ricordano i portali di Castel Tirolo e sono probabilmente opera della stessa
scuola di maestri lombardi. La cappella, le mura di cinta e parte della
torre sono i soli resti a noi pervenuti del complesso originario, che fu
completamente distrutto dall'imperatore Carlo IV di Lussemburgo (1347). Dal
secolo XVIII in poi il Castello fu in parte ricostruito e restaurato; oggi è
di proprietà privata. Gli Asburgo, sotto il cui dominio passò nel 1363 la
contea, preferivano abitare nel centro della città.
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