Fallimento volontario

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Fallimento Volontario

 

La richiesta effettuata da un imprenditore all’autorità competente per essere ammesso alla procedura di fallimento, in quanto non più in condizione di adempiere alle obbligazioni contratte nell’esercizio dell’attività d’impresa. In questa situazione l’imprenditore consegna i libri contabili presso l’autorità competente, la quale si impegna a dar corso alle operazioni previste dalla procedura di legge.

 

Il fallimento volontario è una procedura concorsuale attivabile su istanza del debitore che versa in stato di insolvenza, con la quale si accerta giudizialmente tale stato incapiente e si liquida l’attivo realizzabile a beneficio della massa dei creditori. Analizziamone origini, iter procedurale e impatti economici.

L’istituto affonda le sue radici nelle legislazioni mercantili medievali, quando si diffuse la prassi del fallito di presentarsi al cospetto dei creditori rompendo platealmente un piatto ("fallita rupitur") in segno dell’impossibilità di onorare le obbligazioni assunte. Da qui deriva l’odierno significato di fallimento.

Un celebre e rocambolesco episodio di fallimento volontario coinvolse nel 1294 un influente mercante e banchiere fiorentino, attivo tra Italia e Francia, tale Ammanati dei Pazzi. Dovette fuggire da Parigi nel cuore della notte per evitare la cattura quando la sua compagnia commerciale fu travolta dai debiti.

Esistono sostanzialmente due tipologie di fallimento volontario:


- Liquidazione giudiziale: presuppone la totale e irreversibile insolvenza del debitore;
- Concordato preventivo liquidatorio: con continuità residuale circoscritta alla liquidazione;

Dal punto di vista patrimoniale ed economico, gli effetti del fallimento volontario sono l’azzeramento dell’attivo, la perdita del controllo gestionale da parte dell’imprenditore e la completa crisi dell’iniziativa economica. Sul piano personale, le conseguenze in termini di stress e stigma sociale possono essere altrettanto traumatiche.

Nonostante rappresenti un punto di non ritorno, il fallimento volontario può costituire una dolorosa ma necessaria resa dei conti con una situazione finanziaria irrimediabilmente compromessa, consentendo quantomeno di tutelare al meglio gli interessi di creditori e stakeholder.

 

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