Gaetano
Donizetti - Biografia e opere. Protagonista
del belcanto, Gaetano Donizetti fu uno dei compositori più rappresentati
della sua epoca. Autore di oltre 70 opere tra cui L'elisir d'amore e Lucia
di Lammermoor, seppe unire la tradizione italiana a influssi francesi,
creando capolavori romantici e intensamente drammatici.
Nato in una
cantina senza finestre in un gruppo di case aggrappate alla collina di
Bergamo nel 1797, Domenico Gaetano Maria Donizetti era un bambino
cencioso, di famiglia modesta, che riuscì tuttavia a far studiare musica al
talentuoso figlio al conservatorio locale. Ebbe la fortuna quasi miracolosa
di essere preso sotto l'ala di Johann Simon Mayr, un musicista e
compositore originario della Baviera, Maestro di Cappella della città
lombarda, che lo educò, lo protesse e lo inviò a perfezionarsi musicalmente
sotto il celebre Padre Stanlislao Mattei a Bologna.
Donizetti fu principalmente un compositore di opere liriche, con 75 opere al
suo attivo, sebbene abbia scritto anche una piccola quantità di musica da
chiesa e opere per piccola orchestra. Oggi, gran parte della reputazione di
Donizetti si basa sulle sue opere comiche, L'elisir d'amore, Don
Pasquale e La vita di un uomo anche se, forse il suo lavoro più
noto è l'opera tragica Lucia di Lammermoor, con la sua famosa scena
della pazzia.
Come molti compositori del suo tempo, scrisse opere per i grandi teatri
d'opera italiani, oltre che per quelli di Parigi e Vienna, la maggior parte
delle quali sono tragedie o storie basate su personaggi storici. Insieme a
Rossini e Bellini, Donizetti scrisse opere in stile bel canto:
le sue opere sono molto intonate e mettono in risalto la bellezza della voce
umana.
La vita personale di Donizetti non fu molto felice. Sebbene fosse generoso,
alla mano e benvoluto, a circa 40 anni perse i genitori, la moglie e una
figlia. Non si riprese mai da questo triplice colpo, fino a quando circa
dieci anni dopo, si ammalò e perse gradualmente la sua sanità mentale.
Gaetano Donizetti nasce a Bergamo il 29 novembre 1797.
Battezzato con il nome di Domenico Gaetano Maria Donizetti, era il quinto
dei sei figli di Andrea e Domenica (Nava) Donizetti, che all'epoca vivevano
in estrema povertà nel Borgo Canale, a nord-ovest della città vecchia. La
casa, oggi al n. 14, in via Borgo Canale, è un monumento nazionale dal 1926.
Il buio appartamento nel seminterrato è del seminterrato è aperto ai
visitatori.
Una leggenda vuole che la famiglia Donizetti fosse di origine scozzese è
stata dimostrata dalle ricerche di Caversuai (1924) ha dimostrato avere
alcun fondamento. Non c'era alcuna tradizione musicale nella famiglia
Donizetti, sebbene il fratello maggiore di Gaetano, Giuseppe (1788-1856)
prestò servizio come bandista militare e nel 1828 si trasferì a Istanbul per
dirigere o musicare le armate ottomane. Un altro fratello, Francesco
(1792-1848) suonava il tamburo in una banda di Bergamo.
L'opportunità che permise a Gaetano di uscire da questo contesto poco
promettente venne da Johannes Simon Mayr che fu la figura dominante
nella sua formazione musicale. Dal 1802 Mayr era maestro di cappella a Santa
Maria Maggiore di Bergamo, mentre perseguiva un'illustre carriera di
compositore in tutta Italia. Egli trasformò un'istituzione caritatevole in
una scuola di musica gratuita, principalmente per la formazione dei coristi,
ma anche per impartire una solida teoria musicale di base. La scuola fu
inaugurata nel 1806 e Gaetano fu nel primo gruppo di studenti a frequentare
fino al 1814. Mayr era un insegnante scrupoloso e puntiglioso, conosceva
un'ampia varietà di musica, in particolare quella della scuola viennese. Lui
e gli insegnanti da lui scelti (Salari, Gonzales e Capuzzi) diedero al
giovane Donizetti una possibilità di apprendimento unica.
Indicativa della disciplina di Mayr è la serie di quartetti per archi che
Donizetti compose (soprattutto nel periodo 1819-21) in attesa dell'inizio
definitivo della sua carriera. Per tutta la sua rapidità di apprendimento e
per il indubbio talento, era uno studente di grande spirito, come dimostrano
i premi e i riconoscimenti della scuola. Mayr sostenne sempre Donizetti, e
la sua fiducia nell'eccezionale talento del suo del suo studente era
incrollabile. Il libretto di un pasticcio (una composizione tipica del
periodo barocco) messo a punto da Mayr per una rappresentazione nel 1811,
Il piccolo compositore di musica, dà un'immagine vivida di Donizetti
come esordiente e talentuoso quattordicenne.
Quando Mayr capì che gli orizzonti musicali di Donizetti avevano bisogno di
essere ampliati, egli organizzò e pagò in parte il suo trasferimento a Bologna,
dove studiò contrappunto per due anni con padre Stanislao Mattei.
Quest'ultimo dopo essere stato allievo di Giovanni Battista Martini e suo
successore come maestro di cappella presso la Basilica di San Petronio ebbe
tra i suoi allievi anche Gioacchino Rossini, oltre che Angelo Mariani, Luigi
Felice Rossi, Giovanni Tadolini, Christian Theodor Weinlig, Evstignej
Ipatovic Fomin, Francesco Morlacchi e Giuseppe Pilotti. Donizetti trasse
indubbiamente vantaggio da questa formazione, ma il modo di fare taciturno
di Mattei non suscitò mai il rispetto e l'affetto che Donizetti dimostrò per
tutta la vita nei confronti di Mayr.
A Bologna fece i primi tentativi di comporre opere liriche, che tuttavia non
furono mai eseguite. Alla fine del 1817 Donizetti tornò a Bergamo. Con
l'aiuto di Mayr, gli fu assegnato un contratto con la compagnia
dell'impresario Zancia, allora attivo soprattutto a Venezia,
per la quale compose quattro opere. Nessuna di queste opere lasciò alcuna
impressione duratura e sono considerate come un lavoro da apprendista. Un
gran numero di composizioni operistiche, sacre, orchestrali e strumentali,
appartengono a questo periodo.
Donizetti in un giorno, spesso in un'unica seduta, dimostrando così una
capacità di applicazione intensa e di lavoro rapido che lo caratterizzerà
fino alla sua fine della sua carriera. Sono state dette molte sciocchezze
sul presunto servizio militare di Donizetti. La storia abituale identifica
una delle sue prime opere, che avrebbero impressionato a tal punto un
ufficiale austriaco che per l'ammirazione gli permise di essere esentato
dal servizio militare per proseguire la sua carriera. In realtà Donizetti
non fu mai arruolato. Nel 1818, all'avvicinarsi del suo XXI compleanno, una
signora bergamasca, Marianna PezzoIi-Grattaroli, impressionata dal
suo talento, pago di fatto per la sua esenzione dal servizio militare. La
prova di questo è contenuta in una lettera pubblicata da Guido Zavadini, che
Donizetti scrisse il 26 luglio 1839, in cui alludeva all'evento.
Il vero inizio della carriera di Donizetti cominciò a Roma, dove con,
Zoraida di Granata (Teatro Argentina, 28 gennaio 1822) ebbe successo.
Dovette questa opportunità ancora una volta al suo mentore Mayr, che aveva
ceduto il contratto al suo al suo allievo. Di conseguenza, il famoso
impresario Domenico Barbaia gli offrì un contratto per un'opera al Teatro
Nuovo di
Napoli. Donizetti arrivò nella metropoli partenopea nel
febbraio del 1822, poco prima della partenza di Rossini da quella che
era stata nel 1815 la sua città d'elezione.
Vincenzo Bellini all'epoca era ancora un allievo del conservatorio
napoletano. In questo periodo Donizetti si affermò si fece conoscere sulla
scena napoletana, ma non produsse successi eclatanti. La sua prima opera del
periodo, La zingara (Teatro Nuovo, 12 maggio 1822), ebbe un tale
successo da godere di repliche nel corso dei 15 anni successivi. Da allora
in poi, per più di una decade, Donizetti riuscì a produrre da due a cinque
opere all'anno che spaziano da farse in un atto unico a opere serie e
complete, soprattutto per Napoli, ma anche per Milano, dove
l'insuccesso di Chiara e Serafina (Teatro
alla Scala, 1822) gli impedì di essere invitato a produrre
un'altra fino al 1830, e per Roma, Palermo
e Genova.
Oltre a comporre 23 opere da La Zingara ad Anna Bolena
(Milano, Teatro Carcano. 1830), dopo il 1827 Donizetti preparava e dirigeva
regolarmente anche opere di altri compositori a Napoli. È diventato un
luogo comune descrivere questo periodo della carriere di Donizetti come
"rossiniano", ma anche se l'influenza del compositore più popolare
compositore operistico del momento, si possono rilevare le caratteristiche
dello stile maturo di Donizetti. Le opere composte in questo periodo
godettero al massimo di un successo transitorio, ma furono degne di nota per
la loro varietà di tono e di soggetto, in quanto in quanto Donizetti cercò
di adattare il suo temperamento romantico alla marcata preferenza per le
opere che si concludono con un lieto fine.
Nel 1828 Donizetti sposò Virginia Vasselli (1808 - 1837), figlia di
un avvocato romano. Nessuno dei loro tre figli sopravvisse all'infanzia.
Della sincerità dell'affetto di Donizetti per Virginia non c'è alcun dubbio,
e la sua morte, avvenuta durante gli orrori di un'epidemia di colera, lo
lasciò addolorato e favorì e favorì la malinconia così accentuata negli
ultimi anni.
Il trionfo di Anna Bolena segna uno spartiacque nella carriera di
Donizetti. I suoi lavori furono rappresentati a Parigi e a Londra,
spalancandoli le possibilità di una carriera internazionale, anche se ci
vorrà quasi un decennio prima di poterne cogliere appieno i vantaggi.
Divenne talmente insoddisfatto delle limitazioni che Napoli gli impose, che
nel 1832 ruppe il suo contratto, liberandosi così di impegni più frequenti
in altri teatri.
Non tutte le opere che seguirono Anna Bolena ebbero lo stesso
successo, ma il numero di opere che dimostrarono la loro resistenza in
diversi teatri, comprese quelle che non sono mai scomparse dai repertori fu
molto maggiore da quelle che non ebbero successo.
La sua prima opera dopo la rottura con Napoli, Ugo conte di Parigi
(Milano, La Scala, 13 marzo 1832) fu un fiasco, ma Donizetti rimediò subito
con il successo di L'elisir d'amore (Milano, Canobbiana, 12 maggio
1832), composto in meno di un mese su un libretto adattato da Romani dalla
filastrocca di Scribe, allestita da Auber (1831). Nel 1833 produsse a Roma
due opere, All'isola Domingo e Torquato Tasso, che lo
portarono a subire la stimolante influenza del ventitreenne baritono Giorgio
Ronconi, che gli spalancò davanti le possibilità drammatiche di questo tipo
di voce, fino a quel momento poco sfruttata in Italia in un'opera seria.
Lucrezia Borgia (Milano, La Scala, 26 dicembre 1833), tratto da
un'opera di Victor Hugo, si impose sulla scena per il successivo mezzo
secolo. Nel 1834 Donizetti firmò un nuovo contratto con Napoli per comporre
un'opera seria all'anno per il Teatro San Carlo. La prima avrebbe dovuto
essere Maria Stuarda, ma i censori si opponevano al finale tragico.
Il soggetto del regicidio era sempre sgradito ai Borboni, inoltre sembra che
ci fosse una lontanissima parentela tra gli Stuart e la regina del
regno delle due Sicilie Napoli Maria Carolina. In poco più di due settimane
Donizetti arrangiò il suo libretto con completamente nuovo. Non sorprende
che il risultato non fu dei migliori ottenendo scarsi applausi. Quando la
Maria Stuarda, basata sul dramma di Schiller, fu data nella sua forma
originale (Milano, Teatro La Scala, 30 dicembre 1835), la salute e i
capricci del soprano Malibran, produssero un clamoroso fallimento.
All'inizio del 1835 Donizetti si recò a Parigi su invito di Rossini per dare
Marino Faliero al Teatro Italiano sulla scia dello straordinario
successo dell'opera di Vincenzo Bellini, I Puritani, ma l'accoglienza
non fu delle più felici. Nonostante questo in seguito gli esperti trovarono
nel Marino Faliero delle sorprendenti anticipazioni verdiane.
Questa prima visita a Parigi fu importante perché espose Donizetti alla
"grande opera" praticata da Giacomo Meyerbeer e Fromental Halévy,
inoltre, trovò uno standard teatrale e musicale all'Opéra Comique e al
Théåtre-ltalien e un livello di retribuzione superiore a quelli allora
prevalenti in Italia.
Si recò quindi a Napoli per portare in scena Lucia di Lammermoor al
Teatro San Carlo (26 settembre 1835). L'opera suscitò il massimo entusiasmo,
andando in scena con artisti del calibro del soprano Fanny Tacchinardi
Persiani, del tenore Gilbert Duprez, del baritono Domenico
Cosselli, con lo storico direttore d'orchestra del San Carlo dell'epoca
Giuseppe Festa. Il libretto di Salvatore Cammarano (1801 -
1852), ma coadiuvato a più riprese dallo stesso Doninzetti, fu un'abile
riduzione del Tie Bride of Lammermoor di Walter Scott, fornì al
compositore la cornice per costruire una partitura che è una pietra miliare
del Romanticismo italiano. Nel 1839 rivide la partitura per adattarla a una
traduzione francese, che anche se inferiore a quella italiana contribuì
all'affermazione dell'opera nel panorama nazionale francese.
Con Lucia la preminenza di Donizetti tra i suoi contemporanei fu
chiaramente stabilita. La successiva opera del compositore, Belisario
(4 febbraio 1836), prima delle tre che avrebbe scritto a Venezia, fu
un'altro successo, e riflette la sua visita a Parigi nel tentativo di
espandere la struttura e di ampliare il quadro e di porre maggiormente
l'accento su l'effetto totale della sua ben costruita e stranamente
impersonale. Tornato a Napoli Donizetti attese l'inaugurazione del San Carlo
componendo due deliziose opere comiche su libretto proprio per il Teatro
Nuovo: Il campanello e Il ventre, entrambe di un unico atto
(quest'ultimo poi ampliato a due).
La sua opera per la stagione autunnale del San. Carlo di quell'anno fu
L'assedio di Calais, una delle sue opere più interessanti. La descrisse
come scritta "alla francese", cioè con un balletto, un minor numero di
cabalette (arie teatrali semplice, breve, incisiva, con ritorni ritmici
uniformi e molte importanti scene). Il forte libretto di Cammarano tratta
l'episodio dei Borghesi di Calais, avvenuto nella guerra dei
cent'anni, quando sei cittadini si offrirono come ostaggi, già con il cappio
al collo, all'esercito inglese in cambio della liberazione della città. In
quest'opera, per l'ultima volta, Donizetti ha seguito la tradizione, quasi
estinta, di scrivere un ruolo maschile per un contralto femminile.
Le sue successive tre opere produssero un'opera mista: Pia de' Tolomei
(Venezia, 18 febbraio 1837), una partitura con alcuni pregi, Roberto
Devereux (Napoli, 18 febbraio 1837), e un discreto successo e Maria
di Rudenz (Venezia, 30 gennaio 1838), appesantita da un libretto
assurdo, ma con una musica finemente espressiva.
Nel 1837, alla morte di Nicola Antonio Zingarelli, direttore del
Conservatorio di Napoli, venne offerto il suo posto a Donizetti, il quale vi
aveva insegnato composizione per diversi anni. La conferma reale della
nomina fu ritardata e infine lasciata decadere. Si preferì assegnare il
ruolo a Saverio Mercadante, più strettamente identificato con Napoli.
Inoltre, il suo prossima opera, Poliuto, su cui aveva riposto grandi
speranze, fu sottoposta alla censura reale perché rappresentava in scena il
martirio di un santo. La messa al bando di Poliuto, unita alla sua
disillusione per la direzione del conservatorio e il dolore per la moglie,
rafforzarono la sua decisione di partire per Parigi.
Entro due anni dal suo arrivo a Parigi nel 1838 Donizetti si era esibito in
quattro teatri parigini, con grande costernazione dei compositori francesi
contemporanei, in particolare di Hector Berlioz, che lo attaccò sul
Journal des débats. Oltre a rielaborare alcune sue opere per il
Théâtre-ltalien di Parigi, realizzò la versione francese di Lucia per
il Theatre de la Renaissance. Quindi presentò La fille du régiment
all'Opera-Cornique (il 18 febbraio), seguita da Les martyrs (10
aprile 1840), la versione francese del Poliuto ampliata da tre a
quattro atti e notevolmente rivisto su libretto francese di Eugène Scribe.
Non riuscì tuttavia a ottenere il successo che Donizetti sperava, ma l'opera
successiva La favorite (Opera di Parigi 2 dicembre 1840), dopo un
inizio freddo, si affermò solidamente nel panorama musicale operistico.
Questa partitura era originariamente in quattro parti, intitolata L'ange
de Nisida e destinato a Théatre de la Renaissance, ma quando il
teatro fallì, Donizetti ampliò la partitura in La favorite.
La storia spesso raccontata che Donizetti abbia scritto il quarto atto de
La favorite in una sola notte non è vera; quasi tutto quell'atto
faceva parte della partitura de L'ange de Nisida, che Donizetti aveva
completato nel dicembre 1839. Aggiunse all'atto finale un'aria (oggi
generalmente nota come "Spirito gentil"), che aveva già composto per
l'opera mai completata Le due d'Albe. La maggior parte delle musiche
composte ex novo per La favorite è negli Atti 2 e 3.
Donizetti si era recato a Parigi con l'obiettivo di guadagnare abbastanza
soldi da potersi ritirare dall'agitato mondo dell'opera, come aveva fatto
Rossini prima di lui. Ma quando la sua salute cominciò a declinare, si
aggrappò alla sua carriera con intensità ossessiva, fino a quando, nel 1844,
perse la capacità di concentrarsi sufficientemente per comporre opere più
che limitate. I suoi cicli di attività, così come vengono registrati nelle
sue lettere, assumono un aspetto frenetico.
Si recò a Roma per l'Adelia (11 febbraio 1841), e a Milano per
Maria Padilla (26 dicembre 1841), dove l'intromissione della censura lo
sconvolse. Nel marzo 1842 si recò a Bologna su invito di Rossini per
dirigere la prima italiana dello Stabat Mater. La composizione di
Rossini ebbe un grande successo e spinse Donizetti ad accettare l'importante
incarico di maestro di cappella della Basilica di San Petronio
a Bologna. Donizetti rifiutò l'offerta perché era in viaggio verso Vienna,
attratto dalla speranza di ottenere l'ancor più importante nomina di
Kapellmeister alla corte austriaca. Nella capitale asburgica, la sua
nuovissima Linda di Chamounix (19 maggio 1842), suscitò grande
entusiasmo, così come la sua conduzione dell'opera di Rossini, Stabat
Mater, e fu effettivamente nominato Kapellmeister, ruolo che gli
consentiva un congedo di sei mesi l'anno per proseguire la sua carriera
altrove.
Le ultime quattro opere di Donizetti sono particolarmente degne di nota.
Sebbene egli avesse cominciato a comporre la Caterina Cornaro, prima
della Linda di Chamounix, questa opera fu l'ultima ad essere
rappresentata in prima assoluta durante la sua vita (Napoli, Teatro San
Carlo. 18 gennaio 1844). L'opera, male interpretata dai suoi protagonisti,
fece poca impressione, ma le rivisitazioni hanno mostrato un'opera profonda
e illuminata di penetrante malinconia.
L'opera Don Pasquale, congegnata su misura per gli ineguagliabili
talenti del soprano Giulia Grisi, di Giovanni Matteo di Candia
detto Mario, Antonio Tamburini e Luigi Lablache, è
diventato da un giorno all'altro una delle glorie del Théâtre-ltalien
Parigi (3 gennaio 1843), considerato il capolavoro comico di Donizetti e non
dava alcun segno del peggioramento delle sue condizioni; tuttavia il fatto
che contenga una sorprendente quantità di materiale rielaborato, suggerisce
un certo indebolimento della sua inventiva.
L'opera Maria di Rohan, uscita a Vienna nel giugno successivo, è un
potente melodramma romantico che ha dato al baritono Giorno Ronconi (nel
ruolo di Chevreuse) uno dei suoi grandi ruoli d'attore. L'ultima opera
completata di Donizetti, Dom Sébastien, roi de Portugal (Opéra di
Parigi. 13 novembre 1843), è appesantito da un'atmosfera cupa e a volte
preda un libretto cupo e a volte assurdo, ma contiene pagine di grande
nobiltà e di monumentale tristezza. Donizetti fu profondamente deluso che il
suo ultimo lavoro completo non riuscisse a commuovere il pubblico come aveva
sperato. Sebbene l'opera fosse stata liquidata come "un funerale in cinque
atti", un simile giudizio era troppo superficiale. Nonostante alcuni
difetti, questo lavoro contiene dei passaggi, come il grande settetto del
quarto atto, che si collocano tra le migliori opere di Donizetti.
Durante le difficili prove di Dom Sébastien, Donizetti, con il suo
comportamento a volte irregolare, cominciò a preoccupare gli amici; egli
divenne sempre più soggetto a imbarazzanti cadute e circolavano brutti
pettegolezzi sui suoi eccessi incontrollabili. Dopo la stagione viennese del
1845 i suoi fedeli amici in Italia speravano che tornasse da loro e si
allarmarono quando egli insistette per andare a Parigi, da dove scrisse loro
in modo strano sulla grande mole di lavoro che doveva svolgere. Questo
deterioramento continuò fino al 1845, e i suoi amici contattarono il
fratello Giuseppe Donizetti a Istanbul, che alla fine mandò il figlio Andrea
a Parigi. Il nipote trovò il compositore in condizioni peggiori di quanto si
era temuto, arrivando a organizzare un consulto di dottori nel gennaio 1846.
Le loro conclusioni (confermate dall'autopsia del 1848) furono che Donizetti
soffriva di una degenerazione cerebro-spinale di origine sifilitica e
raccomandarono di ricoverarlo in un istituto.
Tre giorni dopo fu trasferito in un sanatorio (si sarebbe detto anche
manicomio) a Ivry-sur-Seine, vicino a Parigi, dove rimase per quasi 17 mesi,
trasferito qui dal nipote con l'inganno, che gli fece credere che il
manicomio fosse un albergo e un soggiorno momentaneo.. A causa della
sifilide, aveva ormai lo sguardo spento, un carattere chiuso e diffidente,
segnato da manie di persecuzione. Alla fine, superando una certa
opposizione, Andrea, con l'aiuto di cari amici del compositore, ottenne il
permesso di trasferire lo zio, ormai paralizzato e in grado di pronunciare
solo monosillabi. Grazie all'impegno degli amici si riuscì a fare in
modo che Donizetti venne riportarono a Bergamo, nel palazzo Basoni Scotti,
dove morì l'8 aprile 1848.
Prima seppellito nel cimitero di Valtesse, in quello che allora era un
sobborgo di Bergamo Bassa, nel 1875 le sue spoglie vennero traslate nella
Basilica di Santa Maria Maggiore e collocate vicino al monumento di Vincenzo
Vela (1855); nel 1951 furono spostate in un'altra parte della chiesa. La
casa dove Donizetti morì, oggi Palazzo Scotti a Bergamo Alta, è segnalata da
una targa. L'Istituto Musicale Gaetano Donizetti, continuazione della scuola
iniziata da Mayr nel 1806, contiene il Museo Donizetti che custodisce cimeli
e un'importante collezione di manoscritti del compositore. Altre importanti
collezioni di manoscritti donizettiani si trovano nella biblioteca di
Napoli, all'archivio Ricordi di Milano e presso il conservatorio di Parigi.
Quattro delle opere di Donizetti sono state eseguite per la prima volta dopo
la sua morte. Il Pignalione, la sua prima opera scritta quando era
ancora studente a Bologna è stata eseguita per la prima volta nel 1960 al
Teatro Donizetti, che ha l'abitudine di far rivivere ogni stagione un'opera
donizettiana poco conosciuta. Gabriella di Vergy, composta nel 1826,
la cui prima è andata in scena a Napoli nel 1869 in una versione
drasticamente modificata da altre mani. Rita, an opéra comique
composta nel 1841 su testo francese di Gustave Vaéz. ebbe la sua
prima a Parigi nel 1860. Le duc d'Albe fu iniziata nel 1839 e
accantonata nel 1880. Nello stesso anno la vulcanica Giovannina Lucca
dell'omonima casa editrice musicale ottenne i diritti dell'opera e istituì
una commissione presieduta dal compositore Amilcare Ponchielli per il
completamento della partitura. Il compito fu affidato a Matteo Salvi,
che era stato allievo di Donizetti a Vienna.
L'opera fu rappresentata per la prima volta al Teatro Apollo di Roma, il 22
marzo 1882. L'attenzione principale suscitata dall'opera è stata la scoperta
che Gustave Scribe aveva successivamente usato lo stesso libretto per le
Les vépres siciliennes di Verdi. Nel 1959 Thomas Schippers
realizzò una seconda versione, più vicina all'intenzione originale di
Donizetti, che fu presentata al Festival di Spoleto.
Oltre un migliaio di lettere di Gaetano Donizetti sono pubblicate nel corso
del tempo. La sua corrispondenza fornisce un quadro vivido delle condizioni
in cui lavorava; possono costituire la base di un'affascinante affascinante
studio psicologico. Era caloroso e spiritoso, capace di sentimenti profondi
ed eloquenti.
Negli ultimi anni di vita, le sue lettere sono una commovente testimonianza
del suo graduale decadimento fisico. L'ossessività aumentava e il tono o la
malinconia diventavano più inconsolabile. Le ultime lettere, pietose
richieste di aiuto da parte di un cervello disorientato, furono scritte nei
primi giorni di confino a Ivry-sur-Seine.
Le lettere al suo mentore Mayr sono di particolare interesse e mostrano il
costante affetto e rispetto che provava per il suo vecchio maestro. Dava poi
giudizi sorprendentemente corretti nei suoi commenti nei confronti
degli altri compositori, per nulla simile al morigerato e geloso Vincenzo
Bellini. Tranne quando pensava di essere vittima di malizia, era modesto nei
confronti dei suoi successi. Le sue lettere non rivelano alcun interesse per
gli eventi politici del suo tempo. E questo non è sorprendente. La carriera
di Donizetti dipendeva dal mantenimento della benevolenza dei regimi che
controllavano i teatri per i quali lavorava. Come abbiamo visto nonostante
questo fu più volte vittima di censura da parte delle autorità. Tuttavia,
alcuni suoi stretti collaboratori furono attivisti politici ed esiliati. Se
Donizetti fosse stato coinvolto in tali attività, nessuna prova è stata
ancora trovate per avvalorare questa tesi. L'attitudine letteraria di
Donizetti si manifesta nei tre libretti comici che egli scrisse per se
stesso (Le convenienze ed inconvenienze teatrali, Il Campanello
e Belly). Sono abili e ben fatti e contengono frequenti elementi di
parodia. Inoltre Donizetti frequentemente ha preso un ruolo attivo nel
indirizzare e nel mettere mano nei libretti scritti da altri per lui. Era un
buon lettore e nutriva un particolare affetto per Dante; tuttavia è sempre
stato uomo di teatro.
Se questa pagina ti è piaciuta e ti è stata utile, per favore prenota con noi un hotel o un ostello ai link che trovi in questa pagina, è un servizio di Booking, non spenderai un euro in più, ma ci aiuterai ad andare avanti, per quanto possiamo e a scrivere e offrire la prossima guida gratuitamente. Oppure se vuoi puoi offrirci un caffè (ma non ci offendiamo se ci offri una pizza :) ) con una piccola donazione:.:
Paypal☕