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Palazzo Pubblico
Sala del Mappamondo a Siena
Al primo piano
del
Palazzo
Pubblico si trova il grande salone
dove si radunava il Consiglio della Repubblica di
Siena, detto Sala delle Balestre o più
comunemente conosciuta come Sala del Mappamondo.
Il nome deriva dall'antica presenza nella sala di un
disco rotante, il mappamondo, probabilmente di legno
in pergamena e raffigurante possedimenti dello Stato
senese, dipinto nel 1344 da Ambrogio Lorenzetti
e disperso nel Settecento.
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Sulla parete di fronte alla Maestà di
Simone Martini, nella parte alta, si trova un celebre affresco a tema
civile, anch'esso legato al nome del grande artista senese, che rappresenta
Guidoriccio da Fogliano, capitano dell'esercito senese, all'assedio
di Montemassi, castello maremmano conquistato dalla città nel 1328.
Il
condottiero è raffigurato a cavallo, decorato con una gualdrappa recante le
insegne della famiglia da Fogliano, mentre incede solennemente,
stagliandosi su un paesaggio spoglio, caratterizzato sulla sinistra da un
borgo fortificato e, sulla destra, da una fortificazione e da accampamenti.
Un recente restauro ha evidenziato il totale rifacimento, probabilmente
quattrocentesco, della parte sinistra con il colle e il castello di
Montemassi. Ben diverso è il tema rispetto alla Maestà (di cui
parleremo in basso): in quest'ultima, una sacra figurazione, il
Guidoriccio una scena profana, anzi militare. Uguale è, comunque,
l'intensità poetica delle due composizioni.
Alla folla di immaginaria della
Maestà si
sostituisce
qui un solo gruppo, quello del cavallo e del Cavaliere che giganteggiano
sullo sfondo dell'orizzonte, l'occhio del cavallo guarda dalla lunga
gualdrappa gialla e nera, come l'occhio di un mostro. Un gruppo araldico,
questo, di tanta efficacia rappresentativa, da assurgere a simbolo della
milizia medievale o, meglio, del condottiero che abbandonata ogni lusinga
della vita, si spinge solitario a esplorare i sentieri della morte. Simone
Martini, con sintesi superba, ha dato vita anche a un paesaggio
indimenticabile: due cucuzzoli difesi da trinceramento sormontati dai due
castelli da conquistare (Montemassi e Sassoforte, in Maremma) e,
all'estremità dell'affresco, un altro più alto e impervio colle dove sbucano
le milizie che si apprestano all'assedio.
Sotto questo affresco, si trova una grande
tavola di Guido da Siena raffigurante la Madonna col bambino in
trono, datata 1221 e provenienti da San Domenico dove, per molti secoli
rimase come oggetto di curiosità culturale in quanto ritenuta la prova
inconfutabile della priorità della scuola senese rispetto a quella
fiorentina. Oggi il problema è superato (anche prescindendo da quest'opera)
in quanto la data viene concordemente giudicata inesatta o, meglio, forse
alterata durante i restauri del primo trecento da parte di uno scolaro di
Duccio da Buninsegna. Secondo l'opinione prevalente, infatti, la datazione
dell'opera dovrebbe essere spostata avanti di circa mezzo secolo, e ciò
soprattutto per considerazioni stilistiche. Ai lati della Madonna, di Guido
da Siena, due splendide grandiose figure di santi, del Sodoma, del
1529, San Vittore e San Ansano Battezante.
Durante il restauro della Sala del Mappamondo,
avvenuto il 1981, è venuto alla luce, nella parte di parete sottostante il
Guidoriccio da Fogliano, il più antico affresco del salone, che ha
preso il titolo di Presa di un Castello. La parte sinistra è
purtroppo mancante in seguito all'esecuzione, datata 1529 del Sant'Ansano
del Sodoma. Il tema della rappresentazione, di tipo civile così
come il Guidoriccio, è un castello protetto da una palizzata e ormai
conquistato, visto che ha le porte aperte, e due personaggi, probabilmente
una rappresentante del governo senese è un notabile del luogo. Si ipotizza
che si tratti di una rappresentazione dell'avvenuta sottomissione del
Castello di Giuncarico, vista la presenza di un documento del 1314 in
cui si disponeva l'esecuzione, in questa sala, un affresco che
rappresentasse il borgo maremmano. L'opera riveste grande importanza sia a
livello tematico, costituendo una delle più antiche scene di paesaggio
autonome, slegate cioè dalla narrazione di altri episodi, sia a livello
stilistico, dato l'altissimo livello qualitativo dell'esecuzione, e ha
aperto nuove strade allo studio dell'arte senese del trecento. Riguardo alla
sua attribuzione infatti, sono stati fatti i nomi dei più grandi pittori
senesi attivi in quel secolo, da Duccio da Buoninsegna (che è
l'ipotesi più accreditata), a Pietro e Ambrogio Lorenzetti, a
Simone Martini.
La
parete sinistra della sala è occupata dal celeberrimo affresco della
Maestà (cioè della Madonna col bambino seduto in trono e adorata come
sovrana del mondo) di Simone Martini. L'affresco è fa le prime
opere di Martini, datato 1315, e restaurato, nella parte centrale, già dallo
stesso Martini nel 1321. Posteriore alla maestà di Duccio da Buoninsegna
(che ora si trova nel Museo dell'Opera del Duomo) di soli quattro
anni, questa del Martini in parte se ne distacca per una più libera
concezione compositiva e per una più differenziata umanità dei personaggi,
per l'atmosfera in cui la scena viene rappresentata, che non è più l'oro
divinizzato dei bizantini ma l'azzurro del cielo.
Ancora: la Madonna non vi
appare, come in Duccio da Buoninsegna, solo quale simbolo di trascendenza ma
anche come figura di madre dell'umanità, di dolcissima consolatrice degli
afflitti. La Vergine siede su un ordinatissimo trono gotico, col bambino
benedicente in grembo, sotto un baldacchino di seta carezzato dalla brezza,
i cui esili pennoni sono sostenuti dagli apostoli. Questi insieme con i
santi (tra cui i quattro protettori di Siena: Ansano, Vittore, Savino e
Crescenzio) e due angeli recanti coppe di fiori, le fanno corona in atto di
corale omaggio. L'affresco ha subito nei secoli è tuttora sta subendo
l'insidia dell'umidità che ne ha intaccato la sostanza cromatica.
Sopra le arcate, si trovano due affreschi in
terra gialla: a destra La vittoria dei senesi sui fiorentini a poggio
imperiale (presso Poggibonsi), di Giovanni di Cristoforo e
Francesco d'Andrea del 1480; a sinistra, La vittoria dei senesi
sulla compagnia inglese del Cappello a Sinalunga, Lippo Vanni del
1370. Altri affreschi decorano i pilastri: da destra i beati senesi
Andrea Gallerani e Ambrogio Sansedoni, opera di maestro secentesco, poi
una Santa Caterina, di Lorenzo Di Pietro detto il
Vecchietta del 1461, tra le prime se non la prima raffigurazione di
Caterina dopo la sua proclamazione a Santa: si noti l'evidenza plastica
dell'immagine lampeggiante entro una decorata piccola abside rinascimentale.
Seguono le figure di San Bernardino, di Sano di Pietro nel 1460 e del
Beato Bernardo Tolomei, del Sodoma nel 1553.
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