Tunnel Borbonico
Da piazza Plebiscito e per quasi mezzo chilometro fino a raggiungere il mare,il Tunnel Borbonico di Napoli rimane una delle gallerie sotterranee più affascinanti d'Italia. Venne costruito nel 1853, per ordine di Ferdinando II di Borbone, da cui prende il nome, per collegare il Palazzo reale con piazza Vittoria. Alla gestione dei lavori venne
incaricato l’architetto Errico Alvino, il quale organizzò
un percorso che, passando per Monte Echia, avrebbe reso agevole lo
spostamento delle truppe reali nell'eventuale necessità di difendere il
Palazzo, allo stesso tempo avrebbe potuto servire ai monarchi come eventuale
via di fuga verso il mare.
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Passarono poi poco più di 84 anni, il tempo necessario alla galleria sotterranea di cadere in abbandono, prima per sopravvenute difficoltà
tecniche e morfologiche, quindi per le sorti geopolitiche che da li a breve avrebbero cambiato per sempre l'Italia e l'Europa intera. La fine del Regno delle Due Sicilie, l'Unità d'Italia, la Prima guerra mondiale, passarono imperturbate
sopra la polvere velata dei sotterranei borbonici, che a vederli adesso si apprezzano anche per quel non so che di esoterico mistero. Durante la Seconda guerra mondiale il tunnel venne usato come rifugio ai bombardamenti e per questo accessoriato di aeree funzionali come nuove
aperture, scale a chiocciola e bagni.
Il recupero avvenne a partire dal 2005 e cioè da quando si decise di mappare la Napoli sotterranea. Pochi anni più tardi, nel 2010,
avvenne l'apertura al pubblico, grazie all'associazione culturale "Borbonica Sotterranea" di Napoli, che oggi si arricchisce di visite
guidate di vario grado al vaglio del visitatore.
Quel che affascina oggi sono gli oggetti ancora presenti lungo il tunnel, tutto ricoperti da uno velo spesso di polvere, così spessa da sembrare sabbia, e
che sembra quasi mimetizzarsi tra il colore della ruggine e il coloro naturale della pietra di tufo su cui la città poggia. Si possono infatti osservare le
macchine d’epoca e documenti relativi al Deposito Giudiziale Comunale, qui locato fino agli '70, così come si noteranno le scritte sui muri, d'epoca
fascista, e quei monumenti, tra statue e oggetti vari (vespe, motociclette, cisterne antiche), dimenticati sotto le volte imponenti.
Sono davvero scorci di storie dimenticate e oggi riprese quasi con struggente nostalgia, frammenti di vita vissuta chissà da chi. Quale era il nome del
proprietario di quell'auto targata NA 126176, quali le sue giornate prima che negli anni '70 l'auto arrivasse qui? La si vede molto accidentata sicuro,
quasi nascosta in mezzo ad altre carcasse, non fosse per quella sua targa e per quella scritta che legge 'Obbligo lasciare l'auto aperta con le chiavi'. E
poi viene quasi voglia di provarlo uno dei quei tanti motocicli ricoperti da una folte coltre di polvere e ruggine in questo percorso sotterrano, chissà
dove portano, chissà dove arrivano. É poi bastato solo leggere questa frase, incisa nel mura con un carboncino "
noi vivi – 26 aprile 1943, allarme cessato", per apprezzare ancora una volta questa grande città, Napoli.
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