Sterminator Vesevo - Matilde Serao
Serminator Vesevo, di
Matilde Serao,
racconta gli avvenimenti seguiti all'eruzione del Vesuvio nel 1906, tra
cronaca e sentimenti scaturiti dalla terrificante vicenda. L’autrice, già
testimone della precedente eruzione del 1872, quando aveva sedici anni,
rimase fortemente colpita da questo avvenimento, e da giornalista apprezzata
e appassionata qual era, documentò la vicenda nei suoi diciassette giorni,
tanti furono quelli che sconvolsero il territorio partenopeo nell’aprile del
1906 e che provocarono centinaia di vittime.
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L'eruzione, descritta così efficacemente dalla Serao, e che
riprese in altre sue opere, come quella dedicata a San
Gennaro, viene indicata come la più grande del XX
secolo, capace di sconvolgere in particolare luoghi come
Ottaviano (Ottaiano all’epoca), dove si contarono circa
300 morti (a causa delle numerose vittime la cittadina venne
definita come "la nuova Pompei", rimanendo quasi
completamente distrutta e sotterrata dalla “cenere e dal
lapillo?).
Il Vesuvio, alto circa 1281 metri e ancora oggi vulcano attivo, è stato
protagonista di molte opere letterarie sin dall’antichità. Anche il poeta
Giacomo Leopardi, a suo tempo, dedicò alcuni versi al ‘Sterminator
Vesevo’, come lo chiamò in una delle sue opere, La ginestra. Oggi in
stato di quiescenza ma conosciuto in tutto il mondo per la sua pericolosità,
il Vesuvio viene ricordato in particolare per aver distrutto, 79 d.C.,
la vita di intere città come
Pompei,
Ercolano e i vicini territori. Quella del 1906 non fu l’ultima
eruzione dello scorso secolo, altre di minore intensità furono registrate
nel 1929 e nel 1944.
La Serao, che documentò la
vicenda con l’usuale maestria, inizialmente nel quotidiano il Giorno, scelse
di intitolare il suo scritto in riferimento ai versi leopardiani per
l’appunto, un titolo che da solo non poteva, e non può, descrivere meglio la
potenza drammatica di questo, oggi silente, simbolo partenopeo: il "formidabil
monte Sterminator Vesevo", lo chiamava il poeta di Recanati. Le prime
parole che l’autrice usa nella sua descrizione degli eventi, quella "immensa
nuvola bruna [che] si è levata, spinta dal vento, dal Vesuvio, [e che] si è
allargata, dilatata, pel cielo, nascondendone il chiaror bianco, celando il
sole...?. Parole potenti, fotografia di momenti vissuti che arrivano
prepotenti e insinuanti fino a noi; parole che scandiscono, interrompendo a
tratti il filo conduttore di un improvviso cambiamento. Un cambiamento mai
fino a se stesso, che anzi si adatta al ritmo quotidiano della Napoli di
inizio Novecento. Accadeva, in quei diciassette giorni, qualcosa
d’improvviso, di straordinario per la popolazione di quei territori, uno “spettacolo
possente e misterioso, insieme, mentre la folla circolava, chiacchierava,
rideva, sul campo delle corse". Il grande monte si risvegliava (le
ultime due eruzioni prima del 1906 avvennero nel 1862 e come detto nel 1872)
e portava con se "un'angoscia più intima e più intensa".
Le parole vanno oltre la cronaca,
è qui sta la vera capacità letteraria della Serao, che da questo evento
racconta di una Napoli sfumata, spettacolare nella sua drammaticità, intima
nella reazione; una città ch’eppur si unisce nel risollevarne le proprie
sorti, grazie a "tutti i napoletani usciti dalle loro case, tutti, i più
noti e i più ignoti", che a tratti si ritrovano solidali in quei
‘momenti che agitano le fantasie e opprimono i cuori, che generano ansietà e
stupore, che non riescono ad allontanare quel senso di angoscia, che man
mano si fa più intimo e che poi, va attutendo’. E poi ricomincia più
tempestoso quel monte che 'romba', “alitando, gita fumo e cenere e
lapillo... e fiammeggia sinistramente?. Tutto si trasforma, anche il
frivolo conversare e lo stupore diventa più taciturno.
Uno spettacolo indescrivibile, dice la stessa Serao, mentre “romba, romba
il Vesuvio?… proprio su tutti.
Un libro affascinante, da non perdere, capace di catturare il lettore fino
all’ultima pagina, in un ritmo vertiginoso di eventi, a cui raramente siamo
abituati, e che pur non possono essere dimenticati. Quasi un monito per il
futuro, arrivato da tempi lontani, da una terra e per una terra tanto antica
quanto fragile.
Matilde Serao,
scrittrice e giornalista italiana, nata a Patrasso, in Grecia, nel 1856, da
padre napoletano e madre greca, è stata una delle più grandi scrittrici e
giornaliste italiane. Capace di creare una nuova dimensione dell'arte dello
scrivere dell'Italia post-unitaria, fu autrice di settanta fra romanzi e
racconti, la maggior parte di impronta verista. Fu simbolo d’indipendenza
femminile, capostipite del giornalismo italiano tra Ottocento e Novecento e
prima donna italiana ad aver fondato e diretto un giornale in Italia, Il
Mattino di Napoli.
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