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Il ritorno della gentilezza
"Quanta strada farai nella vita dipende dal tuo essere tenero
con i giovani, misericordioso con gli anziani, comprensivo con
chi lotta e tollerante con i deboli e i forti, perché in qualche
momento della tua vita tu sei. sei stato o sarai tutte queste
persone." George
Washington Carver
In piena crisi economica, i tempi sono
difficili per tutti e ci provocano una mancanza di tranquillità
e paura del futuro, oltre ad una frequente tendenza alla rudezza
dei modi. Proprio questi sono i momenti in cui urgerebbe un
ritorno alla gentilezza, in modo da alleviare i problemi della
vita quotidiana cercando di vivere più in pace con noi stessi e
soprattutto con gli altri, relazionandosi con chi ci sta vicino
in modo più affabile. Più pazienza, educazione, cortesia,
comprensione del prossimo e apertura verso di esso, ma anche
capacità di ammettere i propri errori o le proprie mancanze, o
semplicemente di chiedere scusa.
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In passato questi valori, che
talvolta sembrano appartenere ad un vecchio mondo antico,
venivano quasi messi al bando in certi contesti. Per decenni
esperti di comunicazione, trainer, motivatori e manager vedevano
la gentilezza come nemica di coloro che vogliono affermarsi
nel mondo: per avere successo bisognava essere sempre sicuri
di sé, delle proprie azioni ed indifferenti nei confronti di
tutti gli altri: mettersi insomma su un livello diverso. La
gentilezza e la cortesia erano visti come sinonimo di debolezza
o comunque di mancanza di sicurezza, che spingevano gli altri a
ritenerci buoni e mansueti; per farsi rispettare bisognava
pertanto mostrarsi infallibili ed invulnerabili, non fidarsi di
nessuno e contare solo su noi stessi.
Recentemente
quello che si nota è invece una rivalutazione del concetto di
gentilezza un po' ovunque, come valore comunque positivo non
solo a livello individuale, ma come bene collettivo, che aiuta a
far migliorare e stare meglio tutta la collettività. Sono
l'individualismo spinto ed il guardare solo per se stessi che
hanno portato ad una sempre più accentuata sparizione della
solidarietà umana ed alla crescita di fattori come solitudine,
violenza, impoverimento dei rapporti umani in generale. Per
uscire in modo più indolore e probabilmente efficace, bisogna
dire basta ai manager aggressivi, alla competitività su tutti i
piani: deve tornare in auge la fiducia nei confronti di chi
abbiamo accanto, e parallelamente occorre tornare a valorizzare
le persone e migliorare i rapporti tra persone, essendo più
comprensivi, collaborativi ed anche gentili.
La gentilezza non è solo un fattore
psicologico: è dimostrato da vari studi scientifici che
genera un benessere psicofisico, tende a far diminuire lo stress
ed il malumore. Le arrabbiature, le rigidità, le invidie e le
malvagità a lungo andare fanno male alla salute, e fisicamente
vari organi del corpo umano ne risentono: si vive male a livello
mentale e fisico, e non ne vale la pena.
Per evitare tutto ciò, anziché
imparare ad essere invulnerabili, oggi sono più diffuse le
istruzioni per migliorare la propria vita grazie alla gentilezza
e ad un cambiamento del proprio modo di essere, di comportarsi e
in generale di vivere. Evitare di fare le cose sempre in fretta
e con una tensione dovuta dall'ansia di tempi e risultati,
imparare a soffermarsi sulle cose, a pensare, a respirare,
cercare di immedesimarsi in chi abbiamo accanto per comprenderne
esigenze ed emozioni e preferire la collaborazione alla volontà
di prevalere sugli altri. A maggior ragione in un mondo in cui
si impoveriscono i rapporti e i contatti umani e che quindi
favorisce l'isolamento e la disumanizzazione, c'è bisogno invece
di umanità e fiducia, di gesti di gentilezza che contribuiscano
ad invertire questa pericolosa tendenza. Non si tratta di modi
formali con cui rapportarsi con gli altri, ma proprio uno stile
di vita e di comportamento incentrato non tanto sul sé, ma sul
rapporto con le altre persone, interessarsi di queste,
comprenderle e tollerarle.
Per superare la brutalità della
società che emerge in momenti problematici o di crisi
bisogna essere forti, ma non nel senso di violenti o comunque
competitivi: gentilezza vuol dire anche essere aperti al
prossimo ed alla collaborazione e alla cooperazione, a maggior
ragione per uscire da situazioni difficili.
Ma in cosa consiste la gentilezza?
Certo, ci sono parole ed espressioni consolidate da sempre che
denotano gentilezza, ma la sua vera essenza va al di là di
qualsiasi "grazie", "prego", "per favore" o "dopo di lei":
riguarda piuttosto dei toni e soprattutto delle azioni concrete.
È grazie a queste che si valuta la reale gentilezza e onestà di
una persona, e non con formule linguistiche che possono
facilmente apparire artefatte ed essere quindi poco sincere.
Certo, la dissimulazione è sempre
possibile e dietro una formula di gentilezza si può comunque
nascondere odio o gelosia e quindi una certa ipocrisia. La
chiave della gentilezza non sono i formalismi o le formule
consolidate nel tempo, ma piuttosto il mettersi nei panni degli
altri e capirli nelle loro esigenze, emozioni e punti di vista:
sapere della loro esistenza e tenerne conto.
In Brasile spopola una t-shirt in
vendita con la scritta "Gentileza gera gentileza" (la gentilezza
genera gentilezza): la gentilezza è contagiosa, si
trasmette da una persona all'altra e fa vivere meglio, parola di
un popolo che in molti casi anche di fronte a grandi difficoltà
e condizioni di vita al limite dell'umano affronta la vita in
modo sempre positivo, con allegria, ottimismo e rispetto per il
prossimo.
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