Vita di San
Francesco - Biografia e opere
Non
si può fare a meno di evidenziare il fatto che i
luoghi più visitati di Assisi, da parte di persone
credenti, non credenti, poco o molto religiose, o
appartenenti ad altre religioni, sono senza dubbio
quelli legati alla storia di Francesco,
l'umile personaggio che ha cercato di riformare la
Chiesa fondando l'ordine mendicante dei
francescani. Tutti vengono per incontrare le
orme di un uomo, oltre che del santo, che dal nulla
è riuscito a influenzare umanatemene molti aspetti
del suo e del nostro mondo. |
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La figura santo “Poverello?
di Assisi è indissolubile dalla sua città; da giovane
ambizioso, avido di bellezza e bramante di vana gloria,
Francesco si trasformò gradualmente in un uomo di
consolazione e pace che perse completamente la sua baldanza e si
avvicinò sempre più a Dio fino a decidere, all’età di
venticinque anni, di spogliarsi definitivamente delle sue
ricchezze e di abbracciare la povertà e la fede. Grazie alle sue
qualità carismatiche, intorno alla sua figura si radunò una
folta schiera di adepti che condivisero la sua filosofia di
vita: rinuncia e preghiera. Fu l’inizio dell’ordine francescano.
Un'esplorazione della vita di
Francesco, aiuta a spiegare come ogni angolo della città sia
profondamente legato al suo santo e alle sue opere. Ma va anche
ricordato che Francesco è anche legato alla letteratura; il suo
"Cantico delle Creatura" è considerato tra i primi esempi
della tradizione letteraria italiana. Fu una personalità
spirituale unica che rinunciò ad una vita di ricchezza e a
un’importante posizione sociale per abbracciare una vita di
estrema povertà tra gli ultimi e i diseredati.
Francesco nacque ad Assisi alla
fine del 1181 o all'inizio del 1182 da una famiglia borghese;
nacque come Giovanni Bernardone, uno dei tanti figli di
Pietro di Bernardone, ricco mercante di stoffa, che aveva
relazioni d’affari con la Provenza. Sua madre, Pica de
Bourlemont, era una ragazza francese di nobili origini che
Pietro aveva conosciuto proprio in Provenza. Pietro si trovava
in Francia per affari quando Francesco venne al mondo, e Pica lo
fece battezzare come Giovanni. Al suo ritorno ad Assisi, Pietro
comincio a chiamare suo figlio Francesco ("il francese"), in
onore della moglie, o forse in onore del suo successo
commerciale e del suo entusiasmo per tutto ciò che era francese.
Da giovane Francesco era
brillante, popolare e atletico, anche se di tanto in tanto
mostrava precoci segni del suo amore per la carità e il
disprezzo per il mondo. Imparò l’italiano e il francese dai
genitori e il latino dal prete della parrocchia; la sua
istruzione regolare non si spinse più in là ed egli entrò presto
negli affari del padre.
Ser Pietro scopri con rammarico
che a Francesco riusciva più facile spendere il denaro che
guadagnarlo. Era uno dei giovani più ricchi della città (se non
il più ricco) e il più generoso; aveva numerosi amici con cui
mangiava, beveva e cantava i canti dei trovatori; Francesco a
volte indossava un vestito da menestrello a molti colori. Era un
bel ragazzo con gli occhi e i capelli neri, l’espressione
gentile e una voce melodiosa. I suoi primi biografi assicurano
che egli non ebbe relazioni con l’altro sesso, e che conobbe due
donne sole e soltanto di vista.
Quando si parla di San Francesco
molti si chiedono dove sia potuto nascere in lui il seme della
rivoluzione spirituale che si apprestava a compiere. Tra le
tante ipotesi è possibile che nei suoi anni giovanili, per lui
formativi, Francesco abbia udito dal padre i racconti sugli
eretici albigesi e valdesi della Francia del Sud e su come essi
avessero fatto rivivere l’antico vangelo della povertà
apostolica.
Nel 1202 combatté nell’esercito
di Assisi contro
Perugia
e, dopo la sconfitta nella Battaglia di Collestrada, fu
fatto prigioniero e passò in meditazione l’anno della sua
prigionia. L'esperienza bellica e la sua cattura lo scosse nel
profondo e cambiò la sua vita; quando la guerra finì, gravemente
malato, fu liberato. Nel 1204 entrò come volontario
nell’esercito di papa Innocenzo III. A Spoleto, mentre si
trovava a letto febbricitante, gli sembrò di udire una voce che
gli chiedeva: "Perché abbandoni il Signore per il servo, il
principe per il vassallo?". "Signore" rispose "che
cosa mi chiedete di fare?" e la voce; "Ritorna a casa, là
ti verrà detto quello che devi fare". Per servo si intese il
"denaro".
Lasciò quindi l’esercito e
ritornò ad Assisi, dove mostrò di interessarsi sempre meno agli
affari del padre e sempre più di religione. Vicino ad Assisi
sorgeva una povera cappella dedicata a San Damiano. Mentre
Francesco vi si trovava immerso in preghiera, nel febbraio del
1207, gli sembrò di udire la voce di Cristo che gli parlava
dall’altare e accettava in offerta la vita e l’anima di
Francesco.
Quello fu il culmine della sua conversione. A San Damiano un
crocifisso appeso gli parlò esortandolo a "riparare la sua
casa che stava per crollare". Diede al prete della cappella
tutto il denaro che aveva con sé e ritornò a casa. Un giorno
incontrò un lebbroso e se ne allontanò con un senso di
repulsione. Rimproverandosi questa infedeltà a Cristo tornò
indietro, vuotò la sua borsa nelle mani del lebbroso e gli baciò
la mano; e quest’atto, Francesco stesso disse in seguito, segnò
una nuova era nella sua vita spirituale. Da allora in poi egli
visitò spesso gli ospizi dei lebbrosi e vi portò elemosine.
Cominciò a vendere i tessuti del padre con l'obiettivo di
raccogliere denaro per il restauro della piccola Chiesa di San
Damiano; suo padre, furioso, lo citò in giudizio. Durante il
processo, il giovane diede via tutta la sua proprietà,
spogliandosi, letteralmente, di tutti i suoi averi per
dimostrare che il suo scopo e la sua missione erano sinceri.
Così iniziò la sua nuova vita.
Poco dopo questa esperienza
Francesco passò parecchi giorni a San Damiano quasi senza
toccare cibo; quando ricomparve in Assisi era cosi magro,
emaciato e pallido, i suoi vestiti cosi logori, la sua mente
cosi sconvolta che i bambini nella piazza gli gridavano:
"Pazzo! Pazzo!". Suo padre lo trovò in quello stato nella
piazza, lo chiamò idiota, lo trascinò a casa e lo rinchiuse in
un sottoscala. Liberato dalla madre, Francesco si affrettò a
ritornare a San Damiano. Il padre, adirato, lo raggiunse, lo
rimproverò dicendo che tutta la famiglia sarebbe diventata la
zimbello della città, e che Francesco lo ricompensava molto male
del denaro speso e gli ordinò di lasciare la città. Francesco
aveva venduto ciò che gli apparteneva personalmente per
abbellire la cappella, diede il ricavato al padre (che lo
accettò), ma si rifiutò di obbedire ai suoi ordini perché ora,
gli disse, apparteneva a Cristo. Chiamato a comparire dinanzi al
tribunale del vescovo nella Piazza Santa Maria Maggiore
egli si presentò umilmente mentre una gran folla assisteva alla
scena resa memorabile dal pennello di Giotto. Il vescovo
lo prese in parola e gli comandò di rinunciare a tutti i suoi
beni.
Francesco si ritirò in una
camera del palazzo episcopale e poco dopo riapparve
completamente nudo (la celebre Spoliazione di San Francesco);
depose innanzi al Vescovo quello che restava dei suoi abiti e le
poche monete che gli erano rimaste e disse: «Fino ad oggi io ho
chiamato Pietro Bernardone mio padre, ma ora desidero servire
Dio. Cosi gli restituisco questo denaro... e questi miei abiti e
tutto ciò che ho avuto da lui; poiché d’ora in poi non desidero
dire niente altro che “Padre nostro che sei nei cieli".
Bernardone portò via gli abiti mentre il vescovo copriva
l’intirizzito Francesco con il suo mantello. Francesco ritornò a
San Damiano, si fece una veste da eremita, andò di porta in
porta mendicando il cibo e con le sue mani iniziò la
ricostruzione della chiesa in disfacimento.
Abbandonò la vita mondana con l'obiettivo di far comprendere
come la rinuncia ai valori materiali potesse portare a una
"gioia perfetta". Per questo motivo, all'inizio fu considerato
un sovversivo e persino uno stupido. Iniziò presto a predicare
nella vicina zona di Assisi, dove altri giovani si unirono per
aiutarlo nella ricostruzione della chiesa, cantando mentre
lavoravano. Questo fu il primo nucleo della futura comunità dei
frati. La sua predicazione era diretta e carismatica per le
persone. Francesco si scopri di essere anche un grande oratore
capace di incantare i suoi ascoltatori.
Nel febbraio 1209, mentre stava
ascoltando la Messa, Francesco fu colpito dalle parole lette dal
prete che contenevano le parole di Gesù agli apostoli:
Andando predicate e
annunciate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi,
risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni;
avete ricevuto gratuitamente, gratuitamente date. Non tenete
nelle vostre cinture né oro né argento né denaro; non abbiate
bisaccia, né due vesti, né calzari, né il bastone.
(Matt. X, 7-10).
A Francesco sembrò che Cristo
stesse parlando direttamente a lui. Prece la decisione di
obbedire alla lettera alle sue parole, di predicare il regno dei
cieli e di non possedere più nulla.
Quella primavera, affrontando la
derisione e l’avversione della gente, andò nelle piazze di
Assisi e delle città vicine predicando il vangelo della povertà
e di Cristo. Fu nauseato dalla bramosia dei suoi contemporanei e
turbato dallo splendore e dal lusso di alcuni uomini della
Chiesa, denunciò il denaro come un demonio e una maledizione,
comandò ai suoi seguaci di disprezzarlo come sterco e indusse
uomini e donne a vendere tutto ciò che avevano e a darlo ai più
poveri. Alcuni lo ascoltavano meravigliati e ammirati, ma la
maggior parte lo considerava uno a cui il Vangelo aveva fatto
perdere il senno. Secondo la biografia di Francesco di San
Bonaventura (Legenda Mayor) al vescovo di Assisi Guido che gli
fece osservare: “Il vostro modo di vivere senza possedere
niente mi sembra molto duro e difficile? Francesco rispose:
“Mio signore, se possedessimo beni avremmo bisogno di armi
per difenderli?.
Alcuni uomini furono colpiti e
trascinati dalla sua parola; dodici uomini (come gli apostoli di
Cristo) si offrirono di seguirne la dottrina e la pratica di
vita; Francesco li accolse a patto che seguissero le parole di
Cristo citate sopra, come compito e regola. Si vestirono di
tonache color marrone scuro e si costruirono capanne di frasche.
Francesco e i suoi nuovi compagni, ogni giorno, rifiutando
l’antico principio dell’isolamento monastico, andavano a
predicare scalzi e senza un soldo. Capitava che restassero anche
per giorni, trovando ospitalità improvvisata in granai, ospizi
per lebbrosi o sotto il primo portico che capitava di una
chiesa. Quando ritornavano, Francesco aveva l’abitudine di
lavare loro i piedi e rifocillarli.
Cambiarono il codice di
linguaggio della loro comunità religiosa. Salutavano i loro
compagni e tutti quelli che incontravano per la strada con
l’antica formula orientale “Il Signore ti dia pace?. Non
avevano ancora adottato il nome di Francescani. Chiamavano sé
stessi Fratres Minores, frate come fratello, minori a
indicare che essi erano i più umili fra i servi di Cristo e mai
avrebbero esercitato autorità, ma sempre si sarebbero sottomessi
a essa; essi dovevano considerarsi subordinati anche al più
umile fra i preti e baciavano le mani a ogni sacerdote che
incontravano.
Pochi fra i primi seguaci di
Francesco, in questo periodo di formazione, avevano preso gli
ordini religiosi; Francesco stesso non fu mai niente più che un
diacono. All’interno della loro piccola comunità i “fratelli? si
aiutavano a vicenda e lavoravano manualmente, i pigri non erano
tollerati nella comunità. Lo studio intellettuale era
sconsigliato; Francesco riteneva la scienza del mondo niente
altro che un mezzo per accumulare ricchezze e raggiungere il
potere: “i miei fratelli che sono spinti dal desiderio di
conoscere si troveranno a mani vuote nel giorno della
tribolazione?. Secondo lo Specchio di perfezione o
Speculum perfectionis un'opera di scrittore anonimo scritta
intorno al 1318 sulla vita di San Francesco d'Assisi,
anticipando la frase di Goethe che ogni conoscenza, se non si
traduce in azione, è vana e dannosa, Francesco disse: Tantum
homo hahet de scientia, qmntum operatur (l’uomo possiede
solo quel tanto di scienza che mette nelle sue opere)?. I frati
non dovevano possedere nessun libro, nemmeno i Salmi. Quando
predicavano, oltre a parlare cantavano. Capitava che i frati
frati fossero derisi, picchiati e derubati di tutto tranne che
del loro l’abito; Francesco li esortava a "non opporre
resistenza?.
Le prove di privazione e umiltà
assoluta convincevano sempre di più la gente di avere di fronte
un santo. Si sparse addirittura la voce che un giovane frate
avesse visto Cristo e la Vergine intrattenersi con Francesco;
gli vennero attribuiti miracoli e furono condotti a lui ammalati
e “indemoniati? perché li guarisse. La sua carità divenne
leggendaria; non sopportava di vedere qualcuno più povero di
lui, cosi si toglieva spesso di dosso gli abiti per darli ai
poveri che incontrava per le strade.
Il suo amore andava verso tutte
le cose del creato, dagli uomini, agli animali, alle piante e
persino a cose inanimate. La sua sensibilità che gli suggeriva
fratellanza con ogni essere vivente. Intendeva chiedere e
supplicare l’imperatore Federico II, di varare una legge
speciale secondo cui nessuno potesse prendere o uccidere le
“nostre sorelle? allodole o fare loro alcun male. Tante altre
storie e leggende riguardarono il rapporto tra Francesco e gli
animali.
Dopo avere scoperto che per
costituire un nuovo ordine religioso, si doveva avere il
permesso del papa, Francesco ed i suoi discepoli andarono a Roma
nel 1210 e sottoposero a Innocenzo III la loro richiesta
e lo informarono sulla loro regola. Dopo un’iniziale titubanza
alla fine il papa approvò la Regola dell’Ordine Francescano.
I frati ebbero la tonsura, si sottomisero alla gerarchia
ecclesiastica e, dopo essere stati per un po’ di tempo in una
piccola baracca per animali a Rivorto (il Sacro Tugurio, dove
oggi si trova il Santuario di Rivotorno) ricevettero dai
Benedettini del Monte Subasio, vicino ad Assisi, la
cappella di Santa Maria degli Angeli. Quest’ultima era
così piccola (circa dieci metri in lunghezza) che la chiamarono
Porziuncola “piccola parte?. I frati si costruirono capanne
intorno ad essa e queste capanne costituirono il primo monastero
del primitivo Ordine di San Francesco. La chiesetta è ancora
visibile all'interno della Basilica di Santa Maria degli
Angeli.
Non passò molto tempo che il
nuovo Ordine Francescano acquisì nuovi membri, tra i quali una
ragazza di diciotto anni, Chiara Scifi, che raccolse a sé
altre ragazze e gli chiese il permesso di fondare un nuovo
Ordine Francescano per le donne (1212), le Clarisse.
Abbandonata la casa paterna anche Chiara fece votò di povertà,
castità e obbedienza e divenne badessa di un convento
francescano costruito intorno alla cappella di San Damiano. Nel
1221 alcuni laici fondarono un terzo Ordine di San Francesco: i
Terziari. Questi non erano completamente vincolati alla
regola francescana, ma desideravano conformarvisi per quanto era
loro possibile vivendo “nel mondo? e aiutando il primo e il
secondo Ordine nel loro lavoro e nelle loro opere di carità.
I Francescani, sempre più
numerosi, si espansero portando le loro idee nelle città
dell’Umbria e più tardi in altre province italiane. Nei
Fioretti di San Francesco, un elenco di miracoli attribuiti
e Francesco scritti nel XVI secolo da auto ignoto, a Siena
Francesco trovò la città impegnata in una guerra civile e la sua
parola fece sì che entrambe le fazioni si inchinassero a lui e
la lotta fu, per qualche tempo, sospesa. Durante questo giro di
missioni in Italia contrasse la malaria, che in seguito
l’avrebbe portato a morte prematura.
Nel corso del tempo, il numero di frati francescani crebbe
notevolmente e la rivoluzione pacifica di Francesco cominciò ad
espandersi verso Germania, Francia, Spagna e quasi tutti i paesi
europei. Nel 1219 Francesco salpò in Egitto e Palestina, dove
era in corso la quinta Crociata. Riuscì ad ottenere un incontro
con il Sultano Al-Malik al-K?mil, il nipote di
Saladino, in un campo saraceno assediato dai crociati.
Francesco suscitò grande ammirazione, fu trattato con grande
rispetto e gli furono offerti doni sontuosi. Non è chiaro se il
santo appoggiasse i crociati o se fosse lì come detrattore; in
realtà, fonti sia cristiane che arabe testimoniano che fu il
primo a dialogare con l'Islam.
Francesco restò inorridito dal
massacro compiuto dai Crociati sulla popolazione di Damietta
quando questa si arrese e se ne ritornò in Italia malato e
triste. In Egitto, sarebbe poi stato colpito da un’infezione
agli occhi che doveva più tardi togliergli quasi completamente
la vista. In sua assenza il numero di seguaci del “poverello? si
moltiplicarono. Molti di questi non erano tuttavia pronti e
lamentavano l’eccessiva severità della regola. Anche se
Francesco fece alcune concessioni, l’amministrazione di
un’Ordine, diviso in tante case sparse per tutta l’Umbria era
difficile da conciliare con la spiritualità e il misticismo
richiesti.
Nel 1220 Francesco fiaccato
dalla malaria, decise di ritirarsi dalla sua carica e chiese ai
suoi seguaci di eleggere un altro priore generale. Da allora si
considerò un semplice monaco. Un anno più tardi, tuttavia,
contrariato dal progressivo rilassarsi della Regola primitiva
(1210), scrisse una nuova Regola, il suo famoso testamento,
mirante a ristabilire la piena osservanza del voto di povertà e
a proibire ai monaci di allontanarsi dalle loro capanne presso
la Porziuncola per andare a stabilirsi nelle migliori dimore che
i cittadini avevano costruito per essi. Sottopose la nuova
Regola all’approvazione di papa Onorio III, questi la passò a un
consiglio di prelati perché la verificasse; quando usci dalle
loro mani, per metà gli articoli erano intatti e per il resto
erano stati modificati e mitigati perché ritenuti troppo duri.
Francesco, suo malgrado, ubbidì. Ma da quel momento la sua vita
fu dedicata quasi esclusivamente alla contemplazione e alla
preghiera.
Nel 1224 lasciò Assisi con tre
discepoli, attraversò pianure e colline e raggiunse il romitorio
sul monte Verna, vicino a
Chiusi. Il 14
settembre, dopo un lungo digiuno e una notte passata vegliando
in preghiera, credette di vedere un Serafino scendere dal cielo
verso di lui portando un’immagine di Cristo crocifisso. Quando
la visione svanì sentì strani dolori e scoprì che sulle mani,
sui piedi, e sul corpo erano apparsi dei tumori che richiamavano
per il luogo e il colore le ferite (stigmata) di Gesù sulla
croce. Francesco quindi ritornò ad Assisi. Un anno dopo la
comparsa delle stigmate durante una visita al convento della
futura Santa Chiara la vista improvvisamente gli mancò del
tutto. Chiara lo assistette, lo ospitò un mese a San Damiano,
cosa che lo fece migliorare. Mentre si trovava là compose in
prosa poetica italiana il suo Cantico del Sole, meglio
conosciuto come Cantico delle Creature.
Nel 1225 alcuni medici di Rieti,
spinti da buoni propositi unsero gli occhi del santo con
“orina di fanciullo casto?, quindi ricorsero a un altro
rimedio che consisteva nel passargli sulla fronte un piccolo
bastone di ferro incandescente che Francesco subì apparentemente
senza sentire dolore. In qualche modo “miracoloso? il rimedio
funzionò e il “poverello? riacquistata un po’ di vista parti per
un nuovo giro di predicazione. Ma ben presto i disagi del
viaggio lo stremarono ancora di più, la malaria e l’idropisia
(accumulo di liquidi che gonfia il corpo) ne fiaccarono le
forze, per cui dovette essere riportato ad Assisi.
Nonostante le sue proteste fu
ricoverato nel palazzo episcopale e quando chiese al medico di
dirgli la verità e venne a sapere che probabilmente non avrebbe
superato l’autunno, tra la meraviglia di tutti cominciò a
cantare.
Chissà se è vero, come scrisse
lo storico dell’arte Élie Faure nel suo libro sulla
storia dell’Arte medievale, che negli ultimi giorni della vita
Francesco si fosse pentito del suo ascetismo con il quale aveva
“offeso il suo fratello corpo?. In ogni caso,
approfittando del fatto che il vescovo fu chiamato altrove,
Francesco persuase i suoi monaci a riportarlo alla
Porziuncola. Qui dettò le sue volontà al tempo stesso umili
e autoritarie; comandò ai suoi seguaci di accontentarsi di
“chiese povere e abbandonate? e di non accettare dimore che
contrastassero con i loro voti di povertà; di consegnare al
vescovo i monaci eretici o abiuri e di non mutare mai la Regola.
Mori il 3 di ottobre del 1226,
cantando un salmo, aveva tra i 44 e i 45 anni. Il suo corpo
venne trasportato in tutta la città passando salutato un’ultima
volta dalla popolazione e dai suoi confratelli, e passando poi
per la chiesa di San Damiano dove Chiara e le sue consorelle lo
salutarono a loro volta; venne sepolto nella Chiesa di San
Giorgio e quattro anni dopo il suo corpo venne spostato
nella chiesa inferiore della basilica intitolata a lui, il suo
luogo di riposo fino ad oggi.
Due anni più tardi la Chiesa lo
santificò. Oltre a lui due uomini dominarono questo periodo
storico: il papa Innocenzo III e l’Imperatore Federico
II. Innocenzo portò la Chiesa ad altezze mai raggiunte prima
e dalle quali essa cadde nello spazio di un secolo; anche
Federico portò l’Impero ad altezze che franarono tuttavia nel
giro di dieci anni. Francesco portò nuovo vigore al mondo
cristiano riconducendolo allo spirito di Cristo. Oggi, soltanto
gli studiosi conoscono il Papa e l’Imperatore, ma il “Poverello?
di Assisi tocca ancora i cuori di milioni di uomini.
L’Ordine da lui fondato contava
alla sua morte circa 5000 membri e si era diffuso in paesi quali
Ungheria, Germania, Inghilterra, Francia e Spagna. Esso si
rivelò il baluardo della Chiesa nel ricondurre al Cattolicesimo
gli eretici dell’Italia del Nord e non solo.
Man mano che l'Ordine cresceva,
cominciarono a sorgere conflitti legati all’infinito conflitto
tra materialità e spiritualità. Le chiese francescane ricevevano
donazioni e lasciti e diventarono sempre più ricche, uscendo dal
solco iniziale di povertà tracciato da Francesco. Gli
aristocratici e i ricchi mercanti sovvenzionavano l’ordine a
patto di essere sepolti all’interno delle chiese francescane.
Il suo vangelo di povertà e di
ignoranza poteva essere accettato solo da una piccola minoranza.
Nel frattempo la Regola di cui Francesco aveva così a malincuore
accettato le modifiche, si era ulteriormente rilassata (1230);
né si poteva aspettarsi che degli uomini potessero restare a
lungo su quella punta estrema di ascetismo che aveva abbreviato
la vita di Francesco. I Frati Minori erano arrivati nel 1280 a
essere l’incredibile numero di 200.000 in 8000 monasteri.
Divennero grandi predicatori e trascinarono alla predicazione,
con il loro esempio, il clero secolare, mentre fino ad allora
tale attività era stata esclusivo monopolio dei vescovi. Dalle
loro schiere uscirono santi come San Bernardino da Siena
e Sant’Antonio da Padova, scienziati come Ruggero
Bacone, filosofi come Duns Scoto, educatori come
Alessandro di Hales.
Alcuni divennero agenti
dell’inquisizione, altri divennero vescovi, arcivescovi, papi;
molti intrapresero pericolose spedizioni missionarie in terre
lontane. I devoti elargivano doni e alcuni Francescani, come
frate Elia, impararono ad amare il lusso benché Francesco avesse
proibito loro di avere ricche chiese. Elia fece innalzare alla
memoria del fondatore l’imponente basilica che tutt’ora incorona
il colle di Assisi. I dipinti di Giotto e di Cimabue
furono le prime testimonianze dell’influenza esercitata da San
Francesco, dagli episodi storici e leggendari della sua vita
sull’arte italiana, influenza che doveva essere e restare
immensa e duratura.
Molti Minoriti protestarono
contro il rilassarsi della Regola di Francesco e si ritirarono a
vivere come “Spirituali? e “Zelanti? in romitori o piccoli
conventi sugli Appennini, mentre la gran maggioranza dei
Francescani preferiva spaziosi monasteri. Gli Spirituali
sostenevano che Cristo e i suoi apostoli non possedevano beni e
San Bonaventura fu d’accordo con loro; anche papa Nicola
III, nel 1279, approvò questa asserzione, ma papa Giovanni XXII,
nel 1323, la dichiarò falsa e da allora gli Spirituali che
insistettero nel predicarne la validità furono eliminati come
eretici. Purtroppo una pagina nera del susseguirsi di questa
affascinante storia di un uomo speciale e quasi incredibile è il
fatto che a un secolo di distanza dalla morte di Francesco i
suoi più fedeli seguaci, quelli che più tentarono di seguirne lo
spirito “follemente? ascetico venivano bruciati sui roghi
dell’Inquisizione. Ma lo spirito di Francesco, la sua visione
universale della vita, degli uomini e delle cose, ha
attraversato i secoli, nonostante tutto, arrivando fino a noi
quasi intatto.
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